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"AFFINITÀ ELETTIVE" E GUSTO PER IL "DEMONIACO" IN ETÀ ROMANTICA…

Lezione N.: 
15

Prof. Giuseppe Nibbi         Tra ‘700 e ‘800: il sorriso de La Gioconda 2005         9-10-11 febbraio 2005

"AFFINITÀ ELETTIVE" E GUSTO PER IL "DEMONIACO" IN ETÀ ROMANTICA…

   Uno dei personaggi, che abbiamo frequentato di più nel territorio del "romanticismo titanico" nella primavera 2004, è Johann Wolfgang Goethe (1749-1832): chi non lo ha sentito nominare? Questa sera incontriamo Goethe ancora una volta perché, questo scrittore, poeta, scienziato entra anche – secondo gli esperti – nell’ambito del "romanticismo galante". Purtroppo ora dobbiamo dire che non è possibile ripresentare tutti gli argomenti e tutte le questioni riguardanti la vita e le opere di questo complesso personaggio della Storia del Pensiero: ci vorrebbero settimane per riproporle, e noi dobbiamo rimanere nei limiti di questo itinerario, e il frammento su Goethe che proponiamo, è un tassello che fa parte di un paesaggio molto più ampio ma possiede un’autonomia e una comprensibilità anche di per sé stesso.

   Che cosa ha a che fare Goethe con l’argomento che – in queste ultime settimane –abbiamo incontrato sul nostro sentiero: la magia? Goethe è un esponente di spicco del "romanticismo titanico" e, noi sappiamo che il "romanticismo", nel suo complesso, nutre una forte curiosità per gli aspetti irrazionali della vita, quindi anche per il fenomeno della magia; sappiamo che gli intellettuali "romantici" rivalutano gli aspetti e le caratteristiche del mondo medioevale e di quello rinascimentale. Ebbene, un aspetto significativo della cultura medioevale e soprattutto di quella rinascimentale – in cui troviamo le radici del "romanticismo" – è rappresentato proprio dalla magia.

   E di che cosa parliamo quando parliamo di "magia"? A questa domanda abbiamo risposto nei due itinerari precedenti; e che cosa abbiamo conosciuto e che cosa abbiamo capito sul tema della "magia"? Nei due itinerari precedenti abbiamo conosciuto e capito che il "pensiero magico" e, in particolare, il pensiero magico rinascimentale, si basa su due concetti, su due idee-significative, su due nozioni fondamentali: queste nozioni fondamentali – due secoli dopo – monopolizzano, soprattutto in funzione letteraria, anche l’interesse di molti intellettuali romantici: uno di questi intellettuali – forse il più significativo – è Goethe.

   Quali sono queste due nozioni fondamentali su cui si basa il pensiero magico? La prima di queste nozioni, su cui si basa il pensiero magico, è stata chiamata: simpatia cosmica. La nozione della "simpatia cosmica" afferma che in ogni parte della Natura, anche nel mondo minerale, esistono attrazioni e repulsioni, esistono affinità – "affinità elettive" – fra i vari elementi naturali che si cercano ma anche si oppongono e si respingono.

   La seconda nozione è direttamente collegata alla prima e riguarda le "qualità occulte" presenti nella materia, presenti in natura: la materia possiede delle proprietà nascoste – da cui dipende la simpatia e l’antipatia tra i vari elementi – che è necessario conoscere e catalogare. Nel rinascimento, queste "proprietà nascoste" della materia, con le loro caratteristiche, sono considerate, prima di tutto, come un patrimonio della disciplina magica: la calamita, per esempio, è vista come un oggetto magico, ma siamo ormai nell’anticamera della scienza perché s’intuisce che una qualche spiegazione razionale ci deve essere dietro a questo fenomeno. Quindi, nel rinascimento, dietro la magia spunta la scienza.

   Nel romanticismo – circa duecento anni dopo, sulla scia del progresso scientifico – le "proprietà nascoste" della materia vengono catalogate, nel campo delle discipline scientifiche, nell’ambito della fisica, della chimica, della biologia, come particolarità di natura scientifica: Goethe è un grande catalogatore di fenomeni, è uno scienziato oltre che un poeta, e, questo intreccio, si dimostra produttivo dal punto di vista artistico.

   Succede che – anche alla luce della psicologia, del mito e della poesia – le "proprietà nascoste" della materia, pur con le loro caratteristiche fisiche, chimiche, biologiche, pur con le loro caratteristiche di natura scientifica, continuano a mantenere un alone magico, un alone derivante dalle nozioni del pensiero magico rinascimentale.

   Quindi, se nel rinascimento – abbiamo detto – dietro la magia spunta la scienza, ebbene, nel romanticismo dietro la scienza continua a spuntare la magia. Il "romanticismo", nel suo complesso, nutre una forte curiosità per la magia. E nutre una forte curiosità per due temi che, da questo fenomeno derivano: il tema del diabolico e il tema del demoniaco.

   Quindi – capite? – non è casuale il fatto che l’idea della "diabolicità" del sorriso de La Gioconda si sviluppi in quest’epoca di romanticismo "titanico" e "galante". La cultura del diabolico e del demoniaco – derivante dal pensiero magico rinascimentale – appartiene al clima dell’epoca romantica.

   In che rapporto stanno questi due termini – demoniaco e diabolico – che ci troviamo ad usare indifferentemente? Senza scendere troppo nei particolari – perché il discorso diventa lungo e complicato e tende ad uscire da questo sentiero – diciamo che i "demoni", in funzione della didattica della lettura e della scrittura, rappresentano una metafora: sono i sentimenti, piuttosto malvagi, che si agitano nell’intimo dell’essere umano. Il "diavolo" invece è una persona, quasi sempre un’anonima persona qualunque, che agisce coerentemente a fin di Male, spesso facendo finta di fare il Bene.

   Abbiamo citato l’espressione "affinità elettive": ebbene, questa espressione è il titolo di un famoso romanzo di Goethe che s’intitola appunto Le affinità elettive. Questo testo è stato pensato da Goethe come una novella da inserire nel romanzo Gli anni di pellegrinaggio di Guglielmo Meister ma poi, il materiale si amplia a tal punto che Goethe, tra il 1807 e il 1809, decide di farne un romanzo.

   Le affinità elettive (1809) è un romanzo il cui titolo è relativo a una formula chimica. Per affinità elettive s’intende un fenomeno chimico – studiato dallo scienziato svedese Torbern Bergman – per cui due elementi si separano per unirsi a quelli più affini a loro: in passato, questo fenomeno, veniva attribuito alle "corrispondenze magiche". Goethe applica il concetto delle "affinità elettive" agli esseri umani in modo che, nella valenza scientifica del fenomeno, possa però continuare ad emergere anche il seducente alone della magia con tutto il suo fascino conturbante. Goethe accosta il concetto delle "affinità elettive" alla sfera psicologica per narrare la storia della crisi matrimoniale di una coppia di sposi: Eduardo e Carlotta.

   Nel IV capitolo del romanzo, dopo aver messo in scena Eduardo e Carlotta, espone chiaramente la teoria chimica delle affinità elettive, come premessa e come base dell’intreccio della vicenda:

 LEGERE MULTUM….

Johann Wolfgang Goethe, Le affinità elettive (1809)

Delle sostanze che incontrandosi s’impadroniscono con rapidità l’una dell’altra, e si fissano reciprocamente, noi diciamo che hanno affinità tra loro. Questa affinità è abbastanza sorprendente nelle sostanze alcaline e negli acidi, che, nonostante la reciproca opposizione e forse a causa di questa stessa opposizione, si ricreano e si afferrano nel modo più assoluto, si modificano e formano insieme un nuovo corpo. Così accade anche delle persone. A volte s’incontrano come amici e vecchi conoscenti, i quali si uniscono, si confondono rapidamente, senza che l’uno snaturi l’altro (come invece l’acqua si mescola con il vino), a volte si ostinano a rimanere estranei uno accanto all’altro e non possono essere uniti neanche da una mescolanza (così l’acqua e l’olio, confusi insieme, si separano subito dopo).

    Lo stesso accade nel romanzo: Eduardo e Carlotta, che si erano voluti bene da ragazzi, erano stati separati per calcolo dei parenti con matrimoni di convenienza, poi, diventati vedovi, si erano rincontrati e sposati, credendo di concludere un antico sogno d’amore. Nel romanzo noi li troviamo soli e contenti in un castello circondato da una vastissima proprietà. Ma, aggiunge ancora Goethe:

 LEGERE MULTUM….

 Johann Wolfgang Goethe, Le affinità elettive (1809)

Come le persone possono essere unite dai costumi e dalle leggi, così nel regno della chimica vi sono intermediari per unire le sostanze che si separano: per esempio, si unisce l’acqua con l’olio per mezzo del sale alcalino. Non sono rari i casi in cui l’intima unione di due persone, unione che sembrava indissolubile è stata distrutta dall’associazione accidentale di una terza. I chimici fanno anzi intervenire una quarta sostanza, e le quattro sostanze, già unite a due a due, messe a contatto rinunciano alla prima unione e ne formano una nuova.

   Proprio secondo questa legge, avviene che Eduardo invita al castello un Capitano suo amico, che crede possa essergli utile. Probabilmente, sotto quel bisogno di aiuto materiale, c’è un’inconscia stanchezza della solitudine e anche dell’idillio con Carlotta. E Carlotta, a sua volta, che – proprio per non turbare quella placidità coniugale – aveva, sino ad allora, rinunciato ad invitare al castello Ottilia, una ragazza rimasta orfana e rinchiusa in collegio, finisce col mandarla a chiamare. Si forma così un quartetto – Eduardo, Carlotta, il Capitano e Ottilia – ed ecco che il fenomeno chimico delle affinità elettive si manifesta: in contatto tra loro, queste quattro sostanze, queste quattro anime, questi quattro sistemi nervosi, rivelano le loro vere affinità, non quelle che erano state combinate dalle convenienze e dalle leggi. E così Eduardo è sospinto verso Ottilia, e Ottilia verso Eduardo, e Carlotta verso il Capitano e il Capitano verso Carlotta. Ora, finché la passione è ancora latente, la vita in comune è un idillio sereno e rassicurante, pervaso da una beatitudine smemorata, quasi come se queste persone vivessero fuori dal mondo, ma, a poco a poco, essi prendono coscienza della realtà e allora il conflitto si precisa in tutta la sua drammaticità, determinando lo svolgimento del romanzo. Da questo momento l’equilibrio, che inizialmente si stabilisce tra i quattro, comincia ad essere incrinato da un turbinìo sempre più violento di sentimenti di odio e amore, che inevitabilmente arriva a sconvolgere la vita dei quattro personaggi. A questi quattro personaggi se ne aggiunge presto un quinto, il piccolo Otto, concepito dai coniugi Eduardo e Carlotta: questo bambino, però, si presenta con caratteri fisici e caratteriali stranamente somiglianti a quelli di Ottilia e del Capitano. Che cosa è successo, che cosa succederà e come si evolve la storia di questi personaggi?

   È bene non raccontare la trama, per dar modo ai lettori, che non hanno ancora letto questo romanzo e che vorranno leggerlo, di scoprirla per conto proprio. E di scoprire anche gli altri significativi personaggi che popolano il romanzo.

   Goethe naturalmente non si ferma al gioco dello scambio di coppia: vuole mettere in evidenza il comportamento dei protagonisti, i quali, si lasciano travolgere dalle loro passioni e infrangono l’ordine morale, rompono il fondamento essenziale su cui si regge una società armonica. La teoria chimica delle affinità elettive fa nascere la passione in chi si scopre affine, ma la rottura dell’ordine morale da parte dei protagonisti provoca il deterioramento della passione e ne determina il soffocamento della parte buona con il conseguente predominio della parte demoniaca. Il predominio della componente demoniaca, insita nella passione, provoca tragiche conseguenze e così, ne Le affinità elettive, la teoria chimica di natura scientifica finisce per lasciare il posto all’esperienza diabolica di natura mitica, magica.

   Alla sua uscita, il romanzo scandalizza l’opinione pubblica di Weimar e scatena una vivace polemica sul valore morale da dare a questo testo. Questo libro – si domandano soprattutto nell’ambito dell’aristocrazia – è un’apologia del matrimonio o è una negazione del matrimonio? Goethe è molto infastidito da questo dibattito che restringe – secondo lui – il campo dell’indagine culturale, scientifica e letteraria. E allora Goethe – siamo nel 1809 a Weimar – ne approfitta per colpire ancora una volta l’aristocrazia della città che lui giudica gretta, bacchettone e ignorante, ed emette un comunicato sarcastico nel quale dà una spiegazione che suona come una condanna.  Perché – comunica Goethe – ho scritto questo romanzo? Ho scritto Le affinità elettive per rappresentare da un punto di vista simbolico i rapporti sociali ed i loro conflitti. In altre parole, questa mia opera vuole essere un ritratto veritiero della società di quest’epoca, in particolare della classe sociale che ha ancora in mano le redini politiche, ma che preferisce venire meno ai doveri sociali e morali, coltivando una soggettività dominata dal vuoto fantasticare e dal misconoscimento totale delle esigenze poste dalla storia.  Insomma – risponde Goethe – io vi ho permesso di guardarvi allo specchio, di guardarvi in faccia e voi, invece di riflettere, v’indignate? Noi con serenità non c’indigniamo ma riflettiamo.

   Una critica ispirata a facili preoccupazioni moralistiche pone sempre di nuovo, ancora oggi, la questione se Goethe abbia voluto spezzare una lancia "in offesa o in difesa del matrimonio", e questo romanzo è stato esaltato per la sua "sensibilità e serietà etica", ma contemporaneamente anche deprecato come "apologia dell’adulterio". C’è chi ha scritto che, con Le affinità elettive: "Goethe ha minato la moralità dell’intera epoca nella quale è vissuto". Ma Goethe stesso – nel momento della pubblicazione, in contemporanea con il comunicato sarcastico contro l’aristocrazia di Weimar – mette le cose in chiaro: ammonisce i critici dicendo che il "proporre tesi" e "offrire soluzioni" non è compito del poeta, ma il compito del poeta è quello di presentare delle ipotesi e di far riflettere su di esse. Il compito del poeta è quello di far riflettere sulla "verità incalcolabile" della vita. In realtà il romanzo – commenta Goethe – non ha una tesi, ma fa tante ipotesi.

   Goethe dichiara, in modo provocatorio, che uno dei motivi per cui ha scritto è quello di voler ricordare ai cristianissimi cittadini più eminenti di Weimar "di buttare ogni tanto l’occhio a quel versetto del Vangelo che dice: "Chi guarda una donna, nel desiderarla, già ha commesso adulterio con lei"…"Ho scritto – continua Goethe – perché tutti dobbiamo stare più attenti a dove gettiamo l’occhio". L’ispirazione poetica in Goethe, è mossa, soprattutto, da un sentimento accorato per le "indistricabili problematicità a cui è esposta l’umana esistenza", e, contemporaneamente, da un sentimento di profonda pietà per il destino di dolore che scaturisce dal conflitto fra l’amore e il dovere, e che scaturisce dallo scontro tra l’elemento buono e l’elemento demoniaco presenti contemporaneamente nella passione amorosa. A Goethe, non interessa né fare l’apologia né negare il matrimonio, ma è piuttosto interessato a riflettere e a far riflettere sulle complicate alchimie che si determinano nelle relazioni umane, soprattutto nelle relazioni amorose.

   Quali rapporti ci sono tra i fenomeni chimici e le relazioni amorose? Quali attinenze ci sono tra le corrispondenze magiche e le relazioni amorose? E quali legami esistono tra gli influssi diabolici e le relazioni amorose? E che ruolo gioca la legge morale nelle relazioni amorose, quando la passione esplode? Questi sono gli interrogativi su cui il poeta invita a riflettere.

   Goethe, ne Le affinità elettive, mescola insieme magistralmente tre componenti.

   La prima componente è costituita dai risultati della sperimentazione scientifica a cui si dedica con passione nel campo della chimica, della mineralogia, della botanica. La seconda componente è costituita dalle conoscenze acquisite, attraverso i suoi studi, sul fenomeno della magia rinascimentale, in particolare sul tema delle corrispondenze, e sul tema del diabolico, per il quale nutre una grande curiosità, e sappiamo che, questo tema – del diabolico, del demoniaco – costituisce una componente significativa della cultura romantica tanto titanica quanto galante. La terza componente che Goethe mescola insieme ne Le affinità elettive riguarda le questioni fondamentali del romanticismo, cioè la riflessione sul primato dell’interiorità e la riflessione sul primato della morale.

   In che modo Goethe mescola insieme queste componenti, per cui Le affinità elettive sono da considerarsi un classico nella Storia del Pensiero Umano? Goethe mescola insieme queste componenti – scientifiche, magico-diabolico-demoniache, morali – utilizzando il registro della poesia. La poesia de Le affinità elettive ha la caratteristica di essere dolce e triste. La prosa poetica costruita da Goethe ne Le affinità elettive fa come immergere tutto il romanzo in un’atmosfera arcana, magica, dominata da una forza che ha una natura occulta, oscura, impenetrabile, e, questa forza, si sente dappertutto, la si percepisce come presente sotto la realtà viva e varia.

   Il personaggio del romanzo che ha maggior rilevanza rispetto agli altri è Ottilia, una giovane donna delicata, gentile, fragile, che ricorda il personaggio di Mignon nel romanzo Gli anni di noviziato di Guglielmo Meister. Gli occhi di Ottilia sono grandi e neri, affettuosi, penetranti, profondi, ed esprimono una creatura alla quale è affidato il compito di dire la verità. Gli altri personaggi – pur con la loro bontà, saggezza e prudenza – si muovono dentro a un’atmosfera viziata da compromessi e accomodamenti, che, invece di facilitare l’andamento della vita, spesso lo complicano.

   Che cosa possiamo leggere ancora per avvicinarci a Le affinità elettive? Questo romanzo – come tutti i romanzi – è un grande territorio che va esplorato un passo dopo l’altro, paesaggio dopo paesaggio. Noi abbiamo potuto solo leggere due frammenti, ma sappiamo che i frammenti hanno il loro valore nella logica del LEGERE MULTUM

REPERTORIO E TRAMA ...per dieci minuti al giorno di lettura e scrittura:

Affinità, simpatia, attrazione, intesa, reciprocità con chi? Affinità, relazione, attinenza, analogia, conformità con che cosa?

Racconta, scrivi quattro righe in proposito…

   Per concludere il nostro incontro con questo testo leggiamo ancora il più classico, il più emblematico dei frammenti de Le affinità elettive, quello che gli esperti hanno chiamato: il "finale in pianissimo di una levità senza peso". Che cosa significa? E, lo avete mai letto il finale de Le affinità elettive? Intanto leggiamolo:

 LEGERE MULTUM….

 Johann Wolfgang Goethe, Le affinità elettive (1809)

Così riposano gli amanti, l’uno accanto all’altra. Pace aleggia sopra la loro tomba, sereni volti fraterni di angeli guardano dalla volta sopra di loro, e quanto amabile sarà il momento, quando un giorno, di nuovo insieme si desteranno!

   "Che cosa si può volere di più cristiano?" Così ha esclamato Goethe rivolto verso i suoi detrattori, parlando di questo finale subito dopo la pubblicazione de Le affinità elettive. Questo finale difatti presenta un catalogo di sentimenti "romantici" che hanno le loro radici nel cristianesimo: dalla pietà all’attesa della risurrezione.

Goethe vuole concludere il suo romanzo con un riferimento al valore dell’arte: l’arte accompagna il sentimento dell’attesa della risurrezione: i "sereni volti fraterni degli angeli" dipinti sulla volta della tomba nella quale riposano gli amanti (quale delle coppie?), sulla quale aleggia la pace, ci fanno pensare – e Goethe ci ha pensato – alle figure di Raffaello, di Botticelli, di Filippo Lippi, del Beato Angelico, di Giotto.

 REPERTORIO E TRAMA ...per dieci minuti al giorno di lettura e scrittura:

Quante e quali figure di angeli – dipinti da questi o da altri artisti – ti vengono in mente in questo momento ? Fai l’inventario… C’è un angelo o un gruppo di angeli (dipinti, scolpiti, raffigurati, descritti…) che ti piace particolarmente?

Scrivi quattro righe in proposito…

   Questo finale – mettiamo in funzione la memoria – ci fa pensare a un’altra opera che abbiamo incontrato tre settimane fa: Il genio del Cristianesimo di René de Chateaubriand (1802), un’opera che non esalta la "dottrina" ma decanta la capacità che il cristianesimo ha avuto nei secoli nell’ispirare la produzione artistica, lo sviluppo "culturale". Nel finale Goethe contrappone figure di angeli agli elementi demoniaci che emergono in tutto il romanzo.

   Per quanto riguarda la forma, questo finale poetico, è di una straordinaria leggerezza. Sappiamo che la leggerezza è una caratteristica soprattutto del "romanticismo galante", e ancora una volta dobbiamo affermare che, in Goethe, le caratteristiche del romanticismo titanico e del romanticismo galante si fondono spesso.

   Infine, dobbiamo dire che, qualunque possa essere il giudizio sull’ortodossia di questa fusione o mescolanza di santità e di trasgressione amorosa, ebbene su una cosa il giudizio è concorde: la poesia che Goethe ha saputo creare è seducente. Forse nessun’altra sua opera è così ricca di penombre, di colori sfumati, di stati d’animo compositi, di intimità fluide e sfuggenti.

   Ciò che vi è di complicato nell’intimità della persona e di "problematico" nella vita esteriore dell’individuo, diventa per Goethe, un’occasione di scoperte continue nel profondo sempre velato e incerto del sentimento umano.

   Il romanzo Le affinità elettive di Goethe ha, senza dubbio, influenzato la Storia della letteratura e del Pensiero Umano. Due settimane fa abbiamo incontrato Thomas Mann che, nel romanzo breve La morte a Venezia ricalca alcuni elementi fondamentali de Le affinità elettive.

   A questo proposito non possiamo fare a meno di ricordare che, tra gli scrittori italiani, uno in particolare, ha guardato a Le affinità elettive con grande interesse: questo scrittore si chiama Antonio Fogazzaro. Il primo romanzo di Antonio Fogazzaro (1842-1911) s’intitola Malombra ed è uscito nel 1881 e prende il nome dalla protagonista, Marina di Malombra. Una sera, nel cassetto di un secretaire della propria camera, Marina trova una ciocca di capelli, un guanto, uno specchio e un biglietto, con le ultime parole di una sua antenata, Cecilia, scritte in quella camera, dove un marito geloso, la tiene prigioniera, per farle espiare una colpa d’amore: di che cosa si tratta? È una faccenda che non si può raccontare in poche parole: bisogna leggere il romanzo. Sul biglietto c’è scritto: "Tu che ti troverai a leggere queste parole, riconosci in te la mia anima sventurata". Marina s’immagina di incarnare in se stessa l’anima dell’antenata Cecilia e di dover ripassare per le fasi principali dell’esistenza di lei. Crede di riconoscere in uno zio col quale vive, e dal quale si considera perseguitata, una reincarnazione del marito di Cecilia, e le viene il sospetto che, in un giovane oscuro scrittore, Corrado Silla, che lavora presso lo zio come segretario, riviva l’anima dell’antico amante. Fogazzaro s’identifica nel personaggio di Corrado Silla.

REPERTORIO E TRAMA ...per dieci minuti al giorno di lettura e scrittura:

Come il suo personaggio anche Fogazzaro è una persona divisa fra il richiamo dei sensi e il richiamo dei valori dello spirito: una situazione nella quale tutti siamo coinvolti e, sulla quale, è bene riflettere…

Il tumulto passionale, lo slancio mistico e l’atmosfera magica, sono i caratteri di questo romanzo, Malombra, che merita di essere letto…

   Goethe ne Le affinità elettive coltiva il tema del diabolico e del demoniaco, ma questo non è un tema nuovo per lui, e non è un tema nuovo né per il romanticismo in generale, né per la storia della cultura.

   Quando, nel 1775, Goethe parte per Weimar e vi si trasferisce, aveva già composto il nucleo essenziale di un dramma che doveva costituire la prima parte di un’opera che – almeno per sentito dire – tutti conosciamo: il Faust. Per essere precisi questo primo nucleo è conosciuto nella storia della letteratura col nome di Urfaust, come dire: il Faust primordiale, originario. L’Urfaust sono appunti, sono brevi schizzi drammatici, sono versi, frammenti di liriche, e sono abbozzi in prosa, frammenti di confessioni. Su questo materiale originario Goethe opera, via via, molte aggiunte fino ad arrivare ad ampie stesure: lavora su questo argomento per circa sessant’anni…

   Nel 1808 il dramma esce nella sua redazione definitiva col titolo: Faust. Una tragedia. Ma, questa redazione non fu definitiva ma costituisce la prima parte del dramma, il quale, attraverso interruzioni e riprese, fu condotto a termine soltanto nel 1831, pochi mesi prima della morte di Goethe, e fu pubblicato postumo col titolo Faust. Seconda parte della tragedia in cinque atti. Quest’opera è molto complessa anche perché presenta varie stratificazioni liriche, concettuali e stilistiche per cui gli esperti l’hanno sempre considerata "un capolavoro anomalo", perché eterogeneo e disorganico. In verità Goethe non ha avuto, fin dall’inizio, una chiara idea di ciò che questo dramma avrebbe dovuto essere: era attratto da questo tema che, da oltre due secoli, affascinava molti intellettuali, molti artisti, molti scrittori. Anche per questo la gestazione dell’opera fu lenta e faticosa, e intervallata da pause ed arresti anche lunghissimi, senza che la figura di Faust abbandonasse peraltro mai la sua mente. Ma che cos’è il Faust?

   Faust è il nome di un personaggio al quale è legata una significativa leggenda medioevale, e questa leggenda esiste da molti secoli prima che il nome di Faust venga legato ad essa. Il tema di questa leggenda consiste nella vendita – con regolare contratto – dell’anima al demonio, ed è una delle tante leggende create, nei secoli dalla tradizione popolare, cantate e diffuse dagli aedi, dai trovatori, dai menestrelli. Questa leggenda, in Germania, è stata ripresa, rielaborata e messa per iscritto e ha dato origine ad un vero e proprio genere letterario. In Germania, questa leggenda, s’intreccia con la storia di un personaggio realmente esistito: il più celebre di tutti i maghi. Il più celebre dei maghi moderni è un medico tedesco che si chiama: Georg o Johannes Faust (1480 ca.-1536 o 1540). Subito dopo la sua morte comincia a circolare la storia che il dottor Faust avrebbe venduto l’anima al diavolo in cambio della giovinezza, in cambio della bellezza insita nella giovinezza. Questo personaggio, il dottor Faust, con il quale s’intreccia la leggenda della vendita dell’anima al diavolo, diventa il protagonista di moltissimi racconti.Questi racconti sono stati raccolti per la prima volta in un libro che s’intitola: Il libro di Faust ovvero Storia del dottor Johann Faust. Questo libro è stato pubblicato anonimo, in Germania nel 1587, e ha avuto uno straordinario successo popolare. Questo successo popolare fa sì che, sul personaggio di Faust, si concentri l’attenzione degli intellettuali, degli scrittori, degli artisti.

   Nel 1601 viene pubblicato a Londra il dramma La tragica storia del dottor Faust dello scrittore Christopher Marlowe (1564-1593), scrittore molto importante nella storia della letteratura rinascimentale, non solo inglese, ma europea. La leggenda di Faust giunge a Marlowe proprio attraverso la tradizione popolare tedesca. Questa leggenda lo affascina subito e lui la accoglie come un’occasione ideale per sviluppare i temi che preferisce, nei quali si riconosce: la volontà di potenza, la sete di sapere, l’attrazione per gli aspetti più cupi e demoniaci della personalità umana, il desiderio di piacere e di bellezza.

   La vita di Marlowe si è modellata su questi valori: era di modeste origini, era figlio di un calzolaio, ma è stato capace di introdursi, spinto da una fortissima ambizione, negli ambienti politici e intellettuali londinesi facendosi notare, ben presto, come una delle personalità più provocatorie e anticonformiste del suo tempo. La fama di libero pensatore lo condusse ad essere denunciato e condannato per ateismo quando già aveva ottenuto un largo successo come drammaturgo. Fu confinato nel villaggio di Deptford, nei pressi di Londra, e morì durante una rissa in una taverna.

   I suoi drammi – oltre al Faust, ricordiamo Tamerlano il Grande e L’ebreo di Malta – sono tutti accomunati da un’estrema violenza del linguaggio. Un linguaggio tenuto su un registro passionale che, nella seconda metà del ‘700, ha attirato gli intellettuali "romantici" e anche la scelta – che Marlowe fa – di rappresentare situazioni estreme e sconvolgenti, attrae gli scrittori "romantici". D’altra parte lo sapete già, le radici del "romanticismo" stanno nel rinascimento. La forza che si sprigiona dai testi di Marlowe è spesso eccessiva e questa tendenza al sensazionalismo spesso li rende retorici e iperbolici. Ebbene, questi limiti sono meno visibili nel Faust di Marlowe, in cui invece prevalgono i toni di una riflessione più composta e approfondita sui limiti che, fatalmente, la natura impone alla sete illimitata di conoscenza e di potere da cui dominato l’animo umano: un tema che, in quegli stessi anni, viene affrontato e sviluppato anche dal genio di William Shakespeare. Siamo in un momento storico – tra il 1500 e il 1600 – in cui, nell’Europa del nord, assistiamo ad uno scontro epocale fra l’aspirazione a un’esistenza di splendore e di grandezza e i princípi della Riforma protestante che impongono una visione austera della vita e sottoposta a un rigido autocontrollo.

   Il dramma in 5 atti dal titolo La tragica storia del dottor Faust di Marlowe ha una conclusione che, per noi, conoscitori del territorio della tragedia, è assai familiare: Faust cede definitivamente la sua anima al demonio in cambio dell’amore di Elena, la più bella fra tutte le donne, evocata per lui da Mefistofele.

 REPERTORIO E TRAMA ...per dieci minuti al giorno di lettura e scrittura:

Giocando con la fantasia e potendo stipulare un contrattino con il diavolo: che cosa chiederesti in cambio dell’anima ?

Scrivi (l’inchiostro va bene lo stesso, il sangue è meglio destinarlo all’AVIS) quattro righe in proposito…

   Attraverso queste opere rinascimentali Goethe conosce la leggenda e la figura di Faust. Queste opere hanno un afflato "romantico": anche Marlowe, come Shakespeare, costituisce un modello per la poetica del "romanticismo", e il personaggio del mago-scienziato che entra in contatto con il diabolico, e che sviluppa ciò che di "demoniaco" esiste nell’essere umano affascina Goethe e i "romantici".

   Perché il personaggio di Faust interessa a Goethe? Soprattutto perché vende la sua anima al demonio per trascendere i propri limiti umani e inserirsi nell’ordine degli spiriti che reggono la vita dell’universo: questo trascendimento sarebbe piaciuto a Goethe.

   La prima versione del Faust, rispecchia, in sostanza, una scelta esistenziale: che cosa significa? Il giovane Goethe è alla ricerca di una nuova religiosità titanica e demoniaca, esce dal perimetro dell’ortodossia cristiana, vuol rinunciare al sacramento dell’eucarestia e si rivolge alla magia. Il suo è uno sforzo per uscire dalla propria condizione umana e per venire in contatto con le forze insite nella natura, per intercettare le corrispondenze magiche che interagiscono tra l’essere umano e la natura. Sappiamo che Goethe è profondamente influenzato anche dal mito, dalla cultura mitica greca, e, con Faust, s’identifica anche con la figura di Prometeo, ma, mentre il Prometeo della tragedia – il Prometeo incatenato di Eschilo – opera entro i limiti di ciò che è terrestre ed è un personaggio sofferente ma orgogliosamente tranquillo e sicuro di sé, Faust invece cerca l’illimitato ed è perciò insoddisfatto ed ansioso. Prometeo appartiene alla terra e si sente dominatore della terra. Faust aspira a sollevarsi al di sopra della terra e a entrare nella regione degli spiriti che vivono tra la terra e il cielo, e mira alla fusione del proprio io con l’universo. Il Faust rappresenta la tragedia di Goethe in quanto essere umano limitato, e, al tempo stesso, delinea la tragedia, quasi simbolica, del romanticismo tedesco, del romanticismo titanico, che pur possedendo tante meravigliose energie spirituali tuttavia non ha la possibilità di convertirle in forze reali…

   Il Faust è un’opera che possiamo avvicinare, con le dovute proporzioni, alla Commedia di Dante: come la Commedia di Dante, anche il Faust è, al tempo stesso, una tragedia umana e una sacra rappresentazione. Ma la Commedia di Dante esprime la profonda e armoniosa unità del mondo medievale, mentre il Faust di Goethe rivela il travaglio dell’anima rinascimentale di fronte alla frammentazione del mondo moderno e rivela i vari aspetti della crisi europea dal Rinascimento al primo Ottocento.

   Il dramma ha un prologo teologico-metafisico che Goethe fa svolgere in cielo. Leggiamolo questo famoso prologo, questo famoso dialogo tra Dio e Mefistofele.

LEGERE MULTUM….

Johann Wolfgang Goethe, Faust. Una tragedia (1808)

Dio chiede a Mefistofele notizie del mondo e Mefistofele risponde:

"Non so dir nulla, o Signore, di mondi, di soli; osservo solamente come gli uomini si affatichino. Il piccolo Dio del mondo (l’uomo) è sempre tale e quale, e sempre strambo come il primo giorno. Vivrebbe un po’ meglio se tu, o Signore, non gli avessi dato una parvenza di luce del cielo. La chiama ragione e se ne serve unicamente per essere più bestiale di ogni altra bestia".

Il Signore risponde a Mefistofele:

"Eppure c’è un uomo, Faust, su cui si può fare affidamento e, anche se ora mi serve in modo un po’ disordinato, lo condurrò presto verso la chiarezza".

Mefistofele allora propone un patto ponendosi in gara temeraria col Signore:

"Che cosa scommettete, o Signore? Scommettiamo che perderete anche quest’essere umano, se mi permettete di condurlo, poco alla volta, sul mio sentiero?".

E il Signore risponde:

"D’accordo! Ti sia concesso! Svia questo spirito dalla sua prima fonte e, se ti riesce di sedurlo, conducilo pure giù con te, sul tuo sentiero. Ma vergogna a te se tu dovrai ammettere che un uomo buono è, sempre, nel suo oscuro istinto, conscio della retta via e, nonostante tutto, sempre pronto a cercarla, la retta via"

   Ecco che il prologo del Faust contiene il celebre patto tra Dio e il Diavolo. E Dio, alla fine, risulterà vincitore: Faust, al termine della vita, si salverà perché, nonostante tutto, sarà sempre in ricerca della retta via. E, anche se non la trova, persevera nella ricerca, quindi: è predisposto al bene. E anche Satana, senza saperlo e senza volerlo integra e asseconda i disegni di Dio e diventa partecipe della sua opera di salvezza.

   E nella storia della salvezza – pensa Goethe – anche il diavolo diventa necessario. Da questo momento l’essere umano è avvertito: tutto l’universo è pervaso da una travagliata volontà di ricerca, ed è questa travagliata volontà di ricerca che regge e vivifica il mondo. Senza questa volontà e senza questo travaglio – secondo la mente di Goethe – il mondo non sarebbe più il mondo, e l’essere umano non sarebbe più l’essere umano.

   Ora, per concludere, leggiamo il celebre monologo di Faust: il monologo con cui inizia la tragedia di Goethe. Faust è un dotto, è un sapiente, che, pervenuto all’età matura, constata il fallimento della propria vita. Ha studiato a fondo filosofia, giurisprudenza, medicina e anche, "purtroppo", teologia e si accorge di non sapere niente di niente. Perciò si propone di gettare a mare tutte le sue carte e di avviarsi, con l’aiuto della magìa, sul cammino della conoscenza intuitiva, per mezzo della quale gli si sveleranno – lui spera – i misteri della vita e l’essenza della natura. Per questa via egli conta di giungere alla chiarezza, a fare luce nel proprio intimo.

   In Faust – ci dicono gli esegeti – si rispecchia la crisi del pensiero moderno, che, dopo essersi disfatto delle tradizionali credenze religiose, comincia ad avvertire il vuoto della scienza intellettualistica che ha preso il posto dei miti. In Faust si rispecchia il momento in cui il pensiero critica se stesso e vorrebbe superare le propria astrattezza, vorrebbe creare strutture concrete, utili e buone.

LEGERE MULTUM….

 Johann Wolfgang Goethe, Faust. Una tragedia (1808)

NOTTE

Angusta stanza gotica con la vòlta a sesto acuto. Faust, inquieto, siede davanti al leggìo.

FAUST

Ed ho studiato, ahimè, filosofia, giurisprudenza nonché medicina: e anche, purtroppo, teologia. Da cima a fondo, con tenace ardore.

Eccomi adesso qui, povero stolto; e tanto so quanto sapevo prima.

Mi chiamano Maestro: anzi, Dottore.

Son dieci anni che vado prendendo per il naso i miei scolari, in su e in giù, per dritto e per traverso. Ma solo per accorgermi che non ci è dato di sapere, al mondo, nulla di nulla. E quasi, ardendo, mi si strugge il cuore.

In verità, la testa ho assai più fina di tutti i solennissimi baggiani che si chiaman Maestri, o vuoi Dottori, chierici e scribi sia giovani che anziani. Non soffro né di dubbi né di scrupoli. Non mi spaventa il demonio né l’inferno. Ma da ogni gioia ho sradicato il cuore. Più non m’illudo di sapere, ormai, nulla di buono. Più non m’illudo d’insegnarlo agli uomini, per convertirli e renderli migliori. E non basta. Son qui, nudo di beni, senza un quattrino, senza gloria nel mondo e senza onori. Non reggerebbe a una vita così, neppure un cane. Per ciò, mi sono dato alla Magìa, anelo di provare se la forza e la parola degli spiriti qualche segreto, almeno, mi possano svelare così che più non debba balbettare, sudando sangue, quello che non so; e mi sia dato di scoprir che cosa tiene congiunto alle radici, il mondo; scorga operare ogni linfa, ogni seme; e possa alfine smetterla di solo cavillar con le parole.

Oh fosse almeno l’ultimo tuo sguardo sulla mia pena, chiaror di luna piena, che io vegliando oltre mezzanotte, già troppe volte attesi, invano, presso il mio leggìo, in fin che sopra i libri e sulle carte non mi apparivi, o mia dogliosa amica.

Ah potessi per cuspidi di monti andar vagando alla tua cara luce, librarmi in antri alpestri con gli spiriti, aggirarmi sui prati al tuo chiarore. Oh potessi, deterso finalmente da tutti i fumi della scienza, immergermi, per risanarmi, nella tua rugiada. E ancóra in questo carcere sto chiuso? O maledetta, soffocante tana di anguste mura, dove, filtrando pei dipinti vetri, anche del cielo la cara luce giunge intorbidita e non perfettamente pura.

Carcere, ingombrato da mucchi di libri coperti di polvere, rosi dai tarli, tappezzato tutto, sino alla vòlta, di vecchie cartacce affumicate; sparso di vasi e ampolle in ogni dove; stipato di strumenti; zeppo di vecchie masserizie avite, cianfrusaglie accatastate. Ecco, il tuo mondo. E puoi chiamarlo un mondo? Lèvati e fuggi negli spazi immensi. Conoscerai, così, il corso ininterrotto delle stelle. E, se sarà la Natura ad ammaestrarti, in cambio dell’anima avrai una forza sovrumana, e ti si schiuderà il linguaggio che parlano gli spiriti fra loro. Non aspettar che l’arida ragione ti spieghi mai questi divini segni.

Spiriti, accanto a me, ora, aleggiar vi sento. Rispondete, Spiriti, se mi udite: che cosa devo chiedere a voi, potere, ricchezza, fama? Oppure la giovinezza, oppure la bellezza?

Sì, Spiriti, sì la giovinezza!

La giovinezza e la bellezza chiedo, o Spiriti, la giovinezza e la bellezza chiedo

   Nel finale del monologo di apertura del Faust, Goethe ci riporta al tema sul quale abbiamo riflettuto due settimane fa in compagna di Schiller e di Chateaubriand: il tema della bellezza, uno dei temi fondamentali del romanticismo titanico e galante. Sul tema della bellezza, nell’epoca del romanticismo, si è sviluppato un dibattito molto importante, che è andato oltre il romanticismo, intorno ad un interrogativo: la bellezza è di per sé dentro all’oggetto, oppure dipende da qualcosa di esterno all’oggetto?

   Il nostro incontro con Goethe – tra le "affinità elettive" e il "gusto per il demoniaco" – ci ha fatto capire ancor meglio che la bellezza è strabica: ha uno sguardo biforcuto: che cosa significa? Significa che – tra gli intellettuali romantici – c’è chi pensa, sulla scia di Schiller, che la bellezza abbia e trasmetta uno "sguardo benevolo". Il "bello sguardo", che si sprigiona da un’opera artistica verso chi la esplora, penetra nell’occhio che guarda, e, nella persona che osserva, nasce un sentimento orientato al bene: quando guardo una cosa bella, mi oriento verso il bene. Ma non tutti la pensano così. Tra gli intellettuali romantici c’è chi pensa, invece, che l’effetto della bellezza su chi guarda, produca un fascino, una fascinazione, un coinvolgimento emotivo, un turbamento dagli effetti misteriosi, inquietanti, enigmatici, perfino diabolici, e, di conseguenza, assai pericolosi: in questo caso la bellezza ha e trasmette uno "sguardo inquietante". L’opera d’arte – per esempio La Gioconda di Leonardo – è considerata "bella" perché contiene e trasmette l’idea del bene?

   La Gioconda di Leonardo possiede e trasmette uno "sguardo benevolo"? Oppure è considerata "bella" perché contiene e trasmette qualcosa che turba, qualcosa che inquieta? La Gioconda di Leonardo possiede e trasmette uno "sguardo inquietante"? E la bellezza – ci stavamo chiedendo due settimane fa prima di rincontrare Goethe – è presente, con le sue leggi autonome, dentro l’opera d’arte, come sostiene Schiller? Oppure la bellezza dipende da qualcosa di esterno all’opera d’arte come sostiene Chateaubriand? E non c’è forse – ci domandiamo – un equilibrio tra questo dentro e questo fuori? Qualcuno lo cerca, questo equilibrio? Sì, qualcuno lo cerca: noi dobbiamo tornare al Louvre e il nostro sentiero va in questa direzione, ma lungo il nostro cammino verso il sorriso de La Gioconda ci sono molti paesaggi intellettuali che attirano la nostra attenzione: non possiamo lasciarceli sfuggire.

   E, a proposito di paesaggi intellettuali: c’è un’ultima notizia della notte! Con il Faust di Goethe s’incontra un diavolo di prima categoria, Mefistofele. un diavolo con tutte le caratteristiche della tradizione medioevale: mantello rosso, piedi caprini, coda biforcuta, battute oscene. Ebbene, in questo stesso periodo (1814), nella Storia della Letteratura e del Pensiero Umano compare anche un altro tipo di diavolo: un povero diavolo – lo dice lui stesso – al quale non è rimasto nulla della tradizione medioevale né mantello rosso, né piedi caprini, né coda biforcuta, né battute oscene. Questo diavolo è molto dimesso, è allampanato, vestito fuori moda, è anzianotto: cosa inaudita per uno che è capace di promettere l’eterna giovinezza. A questo diavolo manca persino il nome. È un personaggio grigio, servizievole, un po’ stucchevole nel suo servilismo, è abituato anche a essere trattato male ed è capace addirittura di arrossire. Insomma è un diavolo ordinario, scadente, andante, mediocre, non è un diavolo eccezionale ma è un diavolo per tutti i giorni. E se lo invitassimo qui, la prossima settimana? Volete conoscerlo questo "povero" diavolo del 1814?

   Accorrete, la Scuola è qui…

 

 

 

 

 

 

 

Lezione del: 
Venerdì, Febbraio 11, 2005