Autorizzazione all'uso dei cookies

ALL’EPOCA DEL ROMANTICISMO TITANICO C’È CHI VIAGGIA IN ITALIA MENTRE “UN BIRBANTE IN MONGOLFIERA” SOLCA I CIELI LETTERARI MITTELEUROPEI ...

Lezione N.: 
8

ASSOCIAZIONE ARTICOLO  34 - «LA SCUOLA È APERTA A TUTTI»

PERCORSO DEL PENSIERO UMANO IN FUNZIONE

DELLA DIDATTICA E DELLA SCRITTURA

Prof. Giuseppe Nibbi

In viaggio sul territorio del Romanticismo titanico

5-6-7  febbraio 2025

ALL’EPOCA DEL ROMANTICISMO TITANICO

C’È CHI VIAGGIA IN ITALIA MENTRE “UN BIRBANTE IN MONGOLFIERA”

SOLCA I CIELI LETTERARI MITTELEUROPEI ...

     Questo è l’ottavo itinerario del nostro viaggio sul territorio del Romanticismo titanico e noi da qualche settimana sappiamo che Goethe vuole allontanarsi da Weimar dove si sta impegnando soprattutto sul piano sociale e politico, vuole fare nuove esperienze e finalmente si decide: nel settembre 1786 parte furtivamente in direzione di un paese che lo attrae particolarmente: l’Italia.

     Johann Wolfgang Goethe parte furtivamente da Weimar in carrozza e l’8 settembre 1786 arriva, stanco e contrariato, al passo del Brennero. Le strade sono accidentate, le carrozze non hanno ammortizzatori e immaginiamo stia pensando a come sarebbe bello poter viaggiare volando, come ha immaginato di fare un singolare personaggio, che abbiamo incontrato prima di concludere l’itinerario scorso e ora dobbiamo rincontrare: lo scrittore tedesco Johann Paul Friedrich Richter [1763-1825] che si fa chiamare Jean Paul, alla francese.

     Jean Paul, come sapete, ha scritto nel 1801 un’opera intitolata Giornale di bordo dell’aeronauta Giannozzo [della quale al termine dell’itinerario scorso abbiamo letto un breve brano]. Il protagonista Giannozzo, che rappresenta l’alter-ego dello scrittore, viene preso dal desiderio di volare in mongolfiera sopra i minuscoli Stati della Germania dichiarando di avere una motivazione ludica: «Io? [afferma Giannozzo] Non ho nessuno scopo, voglio soltanto divertirmi! Io voglio vivere lassù per il mio diletto e per il disgusto di vivere quaggiù». Ma questa motivazione è contraddittoria [e l’autore lo mette in evidenza] perché “il disgusto” contrasta profondamente con il divertimento e con il piacere. Ma, in realtà, Giannozzo [che è destinato a rompersi l’osso del collo], salito fra le nuvole, continua a infuriarsi per tutte le meschinità e le scelleratezze che vede perpetrare dai suoi simili sulla terra e che, di lassù, con l’allargarsi dell’orizzonte, appaiono ancora più assurde e scoraggianti: possibile che il pensiero del secolo dei Lumi non abbia prodotto alcun positivo cambiamento nella società, si domanda amareggiato Jean Paul facendo riferimento soprattutto alle Opere di Rousseau che lui ammira? Jean Paul vuole denunciare il fatto che «l’Umanità continua a rimanere prigioniera sotto il giogo di coloro che con la loro presunzione seguitano a perpetuare l’ingiustizia anche in una società che avrebbe dovuto essere rischiarata dai principi proclamati dai Lumi della ragione e, invece, questa casta di sfruttatori si è servita dei valori dell’Illuminismo [l’Aufklärung] solo per accreditare la propria perfidia e il proprio egoismo e per far crescere nei cervelli il livello della stupidità per meglio abbindolare, in modo uniforme, la popolazione ignorante». Jean Paul vuole condannare la boria, l’imbecillità e la corruzione in atto nelle corti aristocratiche, ma soprattutto denuncia la vanità tracotante dei borghesi [«L’inetta borghesia tedesca complice di tutte le dittature», scrive Jean Paul] che stanno trasformando le città in un’immensa fabbrica adibita a procurare l’alienazione collettiva delle lavoratrici e dei lavoratori, «e il finto oro di cui si fa sfoggio nelle corti [scrive Jean Paul] ha lo stesso falso luccichio delle monete nelle mani dei banchieri nelle città oppresse dal lavoro, e il Lume del progresso è diventato solo un lumicino precario, e la scienza è diventata pedanteria, la filosofia una noiosa tiritera, la poesia del sentimento una trappola per sedurre cuori femminili al lume di luna». Quindi, per denunciare tutto questo, più che per il divertimento, Giannozzo [con la penna di Jean Paul] ha preso il volo, per sfogare il suo bisogno di giustizia e per dichiarare la propria stizza contro un mondo convenzionale e conformista. Ma Giannozzo sa che il suo volo in picchiata non provocherà alcuna riflessione né alcun esame di coscienza, ma cagionerà solo qualche sbirciata verso il cielo e qualche scatto di rabbia nei suoi confronti da parte di un mondo immobile, pedante e mediocre: i suoi scherzi, anche quando vanno a segno [come quando con due pipistrelli riesce a rovinare una festa alla corte di Vierreuter, e quando con uno stratagemma fa deviare un corteo giubilare, o quando riproducendo il suono della Marsigliese mette in allarme la guarnigione di una fortezza, e via dicendo, e c’è da divertirsi a sentirlo raccontare ciò che appunta sul suo Giornale di bordo con la sua scrittura debordante] non vengono compresi come forma di denuncia nei confronti di stupide consuetudini ma vengono intesi come se fossero solo le facezie di un burlone non privo di talento e solo un po’ impertinente e, di conseguenza, succede che i cortigiani invece di riflettere sulla propria avidità, la propria brama, la propria cupidigia, chiedano il bis, reclamino un’altra burla spassosa; così Giannozzo finisce per diventare la vittima delle sue stesse provocazioni e non gli resta che fuggire per ritrovarsi isolato lassù nel cielo, felice solo per qualche breve istante nell’attesa dell’inevitabile schianto finale già preconizzato nell’incipit: «Se un giorno sulla terra troverete un uomo dai capelli neri avvolto in un mantello verde e che si sia rotto l’osso del collo, iscrivetelo nei vostri registri parrocchiali sotto il nome di Giannozzo e pubblicate questo giornale di bordo d’aeronauta con il titolo di Almanacco per marinai come dovrebbero essere, perché sia letto da tutti. E nutro buone speranze di mandare in bestia tutta la gente dall’anima qualunque.». E la catastrofe personale dell’aeronauta Giannozzo diventa con la penna di Jean Paul la metafora della catastrofe collettiva che subirà l’Umanità contaminata dalla stupidità.

REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Si riconsiglia di richiedere in biblioteca il Giornale di bordo dell’aeronauta Giannozzo di Jean Paul in modo da leggerne qualche pagina... C’è da dire che il personaggio di Giannozzo richiama la figura del protagonista del romanzo intitolato Il barone rampante scritto da Italo Calvino nel 1957 che racconta la storia, ambientata nel Settecento, del giovane nobile Cosimo Piovasco di Rondò il quale, in seguito a un litigio con i genitori, si arrampica in preda al disgusto su un albero del giardino di casa dichiarando di non voler più mettere piede a terra per il resto della vita... Leggete o rileggete [dopo averlo richiesto in biblioteca] il testo di questo romanzo “di formazione”  che, proprio in quanto tale, sarebbe piaciuto a Jean Paul...

     Ma chi è Jean Paul, e quali altre opere interessanti ha composto, e con che stile?

     Jean-Paul [Johann Paul Friedrich Richter] è nato nel 1763 nei pressi di Wunsiedel, una cittadina della Baviera [oggi di circa 10 mila abitanti]; il padre, che è un pastore protestante e anche il maestro elementare del suo villaggio, lo manda a studiare al ginnasio di Hof, uno dei ginnasi più antichi della Germania che oggi si chiama “Jean-Paul”.

REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Con la guida della Germania e navigando in rete fate una visita alla città di Hof in Baviera [che oggi ha circa 50 mila abitanti] per osservare i suoi monumenti medioevali e ottocenteschi, incuriositevi…

     Poi Johann Paul s’iscrive alla facoltà di teologia di Lipsia ma più che dedicarsi agli studi teologici preferisce scrivere racconti, molti dei quali [che lui firma, per ammirazione verso Rousseau, con lo pseudonimo francese di Jean-Paul, e falsificando la sua data di nascita] vengono pubblicati da alcune riviste di Lipsia. Nel 1779, alla morte del padre, deve iniziare giovanissimo, per mantenersi, a fare il precettore, e poi, nel 1790, nella cittadina bavarese di Schwarzenbach fonda e dirige la Scuola elementare, che ne era priva, perché a Jean Paul piace fare il maestro e scrivere in chiave pedagogica: nel 1795 con il romanzo intitolato Hesperus [nome latino del pianeta Venere] raggiunge la notorietà. Questo romanzo, dalla trama complessa, avvincente e a tratti oscura, racconta [dal 30 aprile 1792 al 31 ottobre 1793] la storia dell’innamoramento per Klotilde da parte di due amici, Victor e Flamin, e ottiene un successo pari a quello de I dolori del giovane Werther di Goethe di cui, per certi aspetti, ricalca la trama con la differenza che non finisce in tragedia ma, secondo lo stile di Jean Paul, ironicamente in commedia [purtroppo non esiste un’edizione italiana di questo romanzo]. Nel 1796, sulla scia del successo di Hesperus, Jean Paul viene invitato a Weimar nel cenacolo letterario della duchessa Anna Amalia, con la quale manifesta le sue idee fermamente repubblicane, e fraternizza con Wieland e con Herder, che apprezzano il suo modo di scrivere, ha un buon rapporto con Goethe, un po’ meno con Schiller, con il quale è in disaccordo sul tema dell’estetica, e Jean Paul scrive un trattato intitolato Introduzione all'estetica nel quale mette in evidenza e sostiene il valore artistico del Witz cioè della battuta arguta e del motto di spirito. Quindi, per il suo spirito ironico e mordace Jean Paul mantiene un atteggiamento indipendente e per un certo verso antagonista rispetto alla poetica di Weimar, sebbene ammiri le opere di Wieland e di Herder.

     Jean Paul fa ristampare La vita di Maria Wuz, il maestrino contento di Auenthal, un romanzo idilliaco scritto nel 1790, in cui l’idillio contiene anche un elemento comico perché l’amore deve invitare a prendere la vita con il senso dell’humour: questo racconto narra la felicità di Wuz, il maestrino che fin dall’infanzia tende a sapersi rallegrare di qualunque avvenimento della giornata [questo è un atteggiamento anche un po’ comico ma con virtuose ripercussioni di natura pedagogica], e la felicità di Wuz aumenta quando si fidanza con una fanciulla semplice e dolce [Justel]. L’esposizione dei fatti è talmente delicata che chi legge desidera impegnarsi per coltivare la gioia [secondo l’intento educativo dell’autore] perché Jean Paul, maestro di vocazione, vuole insegnare che non si deve attendere l’avverarsi di una grande gioia che dovrebbe scendere inaspettatamente a illuminare l’esistenza umana ma vuole educare a pensare che ogni persona deve far sì che la sua vita sia un susseguirsi di piccole gioie quotidiane perché il cielo va trovato sulla terra [anche lo spirito di questo testo contrasta con “i dolori del giovane Werther” in favore delle gioie del giovane Wuz].

REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Il testo del romanzo idillico La vita di Maria Wuz, il maestrino contento di Auenthal”di Jean Paul lo potete richiedere in biblioteca... Incuriositevi a saperne di più sull’arte di coltivare la gioia perché ci sarà pure [direbbe Jean Paul] un avvenimento della giornata che - pur ripetendosi ogni giorno - vi rallegra particolarmente: scrivete quattro righe in proposito...

     Le opere composte da Jean Paul hanno avuto molto successo per le caratteristiche che le contraddistinguono: purtroppo non è facile trovarne i testi. I testi delle opere di Jean Paul si contraddistinguono per il loro carattere pedagogico e politico: non vuole indottrinare chi legge ma si propone di ritrarre la felicità umana in modo da farla diventare un fenomeno esemplare; utilizza la leva dell’ironia e della comicità come strumento di denuncia nei confronti dell’ambiente sociale che rende le persone tristi, alienate, soggiogate e istupidite, tanto che siano persone nobili arroccate nei loro castelli o siano contadine e contadini relegati nei villaggi dell’Alta Franconia o siano borghesi dediti nelle città ad arricchirsi o siano operaie e operai vincolati alle macchine nelle fabbriche.

     Jean Paul è stato un fiero difensore della libertà di stampa, e il suo dissenso nei confronti della censura si manifesta nei testi dei suoi romanzi nei quali fa dire ai protagonisti, con apparente ingenuità, che «i Libri appartengono all’Umanità e devono avere un impatto su tutti i tempi, non solo sul momento presente»: quindi, impedire che un Libro venga pubblicato [o condannarlo al rogo] rende i censori colpevoli dello sviluppo della società futura. Jean Paul ricorda ai governanti, con la sua consueta ironia, che «le menti non possono essere controllate e che l’azione della polizia le farà solo esplodere alla fine come una bottiglia di champagne.». Alcuni romanzi di Jean Paul - La vita di Quintus Fixlein, Il viaggio di Schmelzle a Flaetz, Il viaggio balneare del dott. Katzenberger, Matrimonio, morte e nozze dell’avvocato dei poveri F. St. Siebenkäs o Setteformaggi - sono difficilmente reperibili anche in biblioteca [la disattenzione editoriale è anch’essa una forma, sebbene involontaria, di censura].

REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

In biblioteca provate comunque a richiedere - per leggerne qualche pagina - i romanzi citati di Jean Paul... I personaggi da romanzo nominati nei titoli di queste opere hanno ispirato molte scrittrici e scrittori delle generazioni successive perché ciascuno di loro svolge una funzione metaforica in chiave pedagogica e politica all’insegna della comicità...  Rinnovare la richiesta di queste opere significa ribadire che: «I Libri appartengono all’Umanità e devono avere, come scrive Jean Paul, un impatto su tutti i tempi»...

     È necessario inoltre citare il romanzo intitolato Il Titano [scritto dal 1800 al 1803, che io sarei curioso di leggere se fosse stato tradotto in italiano (il tedesco di fine Settecento mi risulta ostico)]; con la stesura di questo testo Jean Paul vuole dimostrare - ed è riuscito nell’intento - di essere in grado di scrivere un’opera secondo la poetica di Weimar; la trama di questa composizione è particolarmente complessa e intricata ma il pregio di questo romanzo - che unisce insieme lo spirito del sentimentalismo russo con quello dello Sturm und Drang tedesco, e gli accenti lirici del melodramma all’italiana con le arguzie della satira all’inglese - sta nella vivacità dei dialoghi, nella ricchezza delle immagini e nel disegno delle numerose figure che l’autore mette in scena, soprattutto dei personaggi femminili dei quali ritrae magistralmente la psicologia. Il personaggio-chiave, il Titano, che dà il titolo all’opera si chiama Rocquairol, ed è una figura tipicamente romantica: è violento, impetuoso, orgoglioso, ma anche nobile e generoso, soggetto alle passioni più veementi e potremmo dire che Jean Paul è riuscito a dare forma al Romanticismo titanico!

     Se è difficile poter leggere il testo de Il Titano è invece facile ascoltare come è stato interpretato in musica perché il compositore austriaco Gustav Mahler [1860-1911] ha intitolato Il Titano la sua prima Sinfonia in re maggiore ispirandosi nel 1888 al romanzo di Jean Paul. La prima esecuzione di quest’opera, avvenuta a Budapest nel 1889, per il suo carattere sinfonico inedito, è stata accolta piuttosto freddamente. Il più noto dei movimenti di questa sinfonia è il terzo, ed è una marcia funebre che ripropone una parodia della canzone per bambini Fra Martino nella forma di un canone in tonalità minore, seguita da una melodia cantabile e malinconica di ispirazione Klezmer [che in lingua yiddish significa “fare musica”, il genere musicale tipico degli ebrei aschenaziti dell’Est Europa e Mahler vuole fondere insieme elementi boemi, austriaci, tedeschi, francesi, italiani, ebraici].

     Ma in che senso trae ispirazione dal romanzo di Jean Paul? Mahler più che al contenuto del testo s’ispira alla forma, con un’orchestrazione di carattere titanico, perché, nel comporre l’apparato sinfonico, agisce nella maniera in cui Jean Paul scrive il testo dei suoi romanzi: Jean Paul utilizza una forma di scrittura contenente molti elementi chiamati di “paratesto” cioè prefazioni multiple, digressioni frequenti, intermezzi molto lunghi, cornici ripetute, note esplicative delle molteplici citazioni, per cui, oltre al racconto della trama la persona che legge è obbligata a riflettere sulle conseguenze degli avvenimenti narrati nella trama [e questo metodo ha condizionato la forma dei romanzi ottocenteschi e il sinfonismo di Mahler].

REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Dedicatevi [utilizzando la rete] all’ascolto della Sinfonia n.1 di Gustav Mahler, oltre che alla lettura dei testi di Jean Paul, tenendo conto di ciò che abbiamo detto a proposito dell’uso degli elementi formali relativi alla composizione: mettete alla prova la funzione dell’apprendimento… 

Anche il compositore tedesco Robert Schumann [1810-1856] si è ispirato a un capitolo dell’opera di Jean Paul intitolata Anni acerbi [o L’età della scapigliatura per comporre la raccolta Papillons per pianoforte: mettetevi in ascolto di questi brani e incuriositevi perché la curiosità serve per l’edificazione di una testa ben fatta...

     Nel 1800 Jean Paul, dopo la pubblicazione del primo dei quattro volumi del romanzo Il Titano, è stato invitato a Berlino dalle maggiori personalità culturali della città e qui ha conosciuto Karoline Meyer, figlia di un funzionario prussiano, con la quale si è sposato nel 1801 stabilendosi a Bayreuth. Nel 1817 l’Università di Heidelberg gli ha conferito la laurea honoris causa in Filosofia; Jean Paul è stato uno dei primi estimatori della filosofia di Schopenhauer: inizialmente bistrattata,  Jean Paul, nel 1819, ha scritto un saggio in difesa dell’opera di Schopenhauer Il mondo come volontà e rappresentazione. Gli ultimi anni della sua vita sono stati difficili, una malattia agli occhi lo ha colpito e la perdita dell’unico figlio lo ha molto amareggiato: Jean Paul è morto, a sessantadue anni, il 14 novembre 1825, ormai cieco, a Bayreuth.

REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Con la guida della Germania e navigando in rete fate visita a Bayreuth, il capoluogo dell’Alta Franconia nella regione della Baviera [che oggi ha circa 75 mila abitanti], una città ricca di monumenti [e famosa perché vi si tiene ogni anno un Festival dedicato al compositore  Richard Wagner che qui ha abitato] e a Bayreuth è anche viva la memoria di Jean Paul: c’è un Museo a lui intitolato, e su una delle piazze, che porta il suo nome, c’è una grande statua che lo ritrae con nella mano destra la penna e nella sinistra il quaderno: incuriositevi perché la curiosità ci fa capire che siamo destinate e destinati a imparare ad imparare...      

     Dell’importanza di imparare a imparare è consapevole anche Goethe quando, nel 1786, parte furtivamente in direzione di un paese che lo attrae: l’Italia.

     Il viaggio di Goethe in Italia dura quasi due anni, dal settembre 1786 al maggio 1788, e il resoconto di questa esperienza è diventato un Libro intitolato Viaggio in Italia: leggendolo si capisce come un viaggio incida sulle facoltà di apprendimento di chi lo compie. Viaggio in Italia è un Libro diviso in tre parti distinte tra loro: nella prima parte Goethe narra il tragitto che compie dal settembre 1786 al febbraio 1787 da Karlsbad al Brennero, dal Brennero a Verona, da Verona a Venezia, da Venezia a Ferrara, e poi, dopo aver attraversato la Toscana e l’Umbria, con visita a Perugia, descrive l’arrivo e il suo primo soggiorno a Roma: Goethe è particolarmente attratto dal fascino di Roma che per lui è la meta privilegiata. Nella seconda parte del Libro Goethe, dal 25 febbraio al 6 giugno 1787, narra il viaggio a Napoli, da Napoli in Sicilia e il suo ritorno a Napoli, mentre nella terza parte, pubblicata ben quarant’anni dopo, narra il suo secondo soggiorno a Roma dal giugno 1787 al 22 aprile 1788.

REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Qual è l’ultimo viaggio [breve o lungo che sia] che voi avete intrapreso, e avete tenuto un diario?... 

Scrivete quattro righe in proposito...

     Ora leggiamo l’incipit di Viaggio in Italia quando Goethe, il 4 settembre 1786, se la svigna da Karlsbad, e subito dopo leggiamo la descrizione del suo arrivo a Roma il 1° novembre 1786; il linguaggio di Goethe è semplice e diretto e si capisce che quest’opera, piuttosto che un diario o una guida turistica, è un romanzo di formazione redatto per favorire l’istruzione della persona che viaggia.

Johann Wolfgang Goethe,  Viaggio in Italia

Ratisbona, 4 settembre 1786

Alle tre del mattino me la svignai da Karlsbad [Karlovy Vary] temendo di non poter partire. Gli amici, avendo festeggiato il mio compleanno, si erano con ciò acquistato il diritto di trattenermi, ma io non potevo rimanere più lungamente. Portando con me soltanto un portamantello e una valigia mi buttai, solo, in una carrozza postale e giunsi a Zwoda alle sette e mezzo in un mattino nebbioso, ma bello e calmo. Le nubi a strisce lanose mi parvero di buon augurio: speravo di poter godere di un piacevole autunno dopo una cattiva stagione estiva. Arrivai alle dodici a Eger col sole ardente e fui contento di pranzare ancora una volta col cielo sereno e sotto il 50° parallelo. …

 

Johann Wolfgang Goethe,  Viaggio in Italia

Roma, 1° novembre 1786

Ecco, finalmente posso parlare e salutare i miei amici con gioia! Mi perdonino il segreto: sono partito furtivamente per un viaggio misterioso! Non osavo dire a me stesso dove andavo! Dubitavo ancora per via, e soltanto sotto Porta del Popolo fui sicuro di essere a Roma. Sì, sono finalmente arrivato in questa capitale del mondo! Mi stimerei più fortunato se l’avessi vista quindici anni fa in buona compagnia ma, siccome dovevo visitarla da me solo, è bene che questo godimento mi sia stato concesso un po’ tardi. Sono passato, per così dire, a volo sulle Alpi tirolesi. Ho visto bene Verona, Vicenza, Padova, Venezia. Sono passato fuggevolmente per Ferrara, Cento, Bologna, e Firenze l’ho vista appena. Il mio desiderio di arrivare a Roma era così intenso che non mi era possibile arrestarmi: e mi trattenni a Firenze tre ore soltanto. Ora eccomi qui, rassicurato per tutta la vita, pronto a osservare con gli occhi all’esterno l’insieme di ciò che la mente già conosce nel suo interno. Ora vedo vivere tutti i sogni della mia gioventù. Le prime incisioni di cui mi ricordo, le vedute di Roma situate da mio padre in un’antisala, ora le vedo nella loro realtà; e tanti oggetti d’arte che da lungo tempo conoscevo nei quadri, nei disegni, nelle incisioni su rame e su legno, nei gessi e nel sughero, tutto è raccolto davanti a me. Dovunque vado trovo e acquisisco una conoscenza: tutto è come me lo figuravo, ma tutto è come nuovo. …

     Il testo di Viaggio in Italia si è detto è stato composto da Geothe in tempi diversi.

     Il testo di Viaggio in Italia non è stato scritto da Goethe subito dopo il suo ritorno a Weimar ma quest’opera è stata composta in diversi tempi, a più riprese, e in un modo assai curioso e complesso, e solo alcuni brani [per esempio, quello intitolato Carnevale Romano] sono stati pubblicati nei primi anni dopo il ritorno a Weimar. Ma la stesura principale delle prime due parti è stata compiuta negli anni 1816-1817 cioè trent’anni dopo, e la terza parte è stata pubblicata addirittura nel 1829.

     Per comporre la prima parte [il viaggio fino a Roma] Goethe si è valso del diario scritto giorno per giorno per l’amica Charlotte von Stein e di un certo numero di Lettere di cui aveva conservato la brutta copia; per raccontare il suo primo soggiorno a Roma ha utilizzato le Lettere inviate a Charlotte von Stein, a Herder e al duca di Weimar Carlo Augusto; per la seconda parte [il viaggio a Napoli e in Sicilia] Goethe si è valso delle pagine del suo diario [il diario che, lui stesso, poi ha bruciato] e delle Lettere scritte a Herder;  per la terza parte infine ha cucito insieme Lettere ad amici e Lettere di amici, vecchi brani già pubblicati e nuove pagine di sutura e di introduzione, e da questa descrizione risulta che le prime due parti sono maggiormente fuse e unitarie in confronto al carattere frammentario e contraddittorio, un po’ misterioso, della terza parte.

     Le pagine più vive del Libro di Goethe si trovano nella prima e nella seconda parte dove a Venezia, a Verona, a Napoli e in Sicilia dice di essere venuto veramente a contatto con la vita italiana e racconta di essere uscito nelle strade mescolandosi al popolo, un popolo che lui trova straordinariamente festoso, allegro e gioioso di vivere, e il testo di Viaggio in Italia è da considerarsi “un’apologia della vita popolare”. Ma questo fatto ha creato anche uno stereotipo [un luogo comune] che ha continuato a riprodursi nel tempo, sulla festosità, sull’allegria, sulla gioia delle popolazioni italiche come se fossero imbevute di “un humus dionisiaco”: ma questa impressione è data soprattutto dalla differenza ambientale, dalla differenza di clima, che permette a queste popolazioni di vivere molto di più all’aria aperta rispetto a quelle nordiche.

     Nella prima e nella seconda parte di Viaggio in Italia anche certe visioni architettoniche suggeriscono a Goethe straordinarie immagini di vita popolare: «A Verona [che per noi non è propriamente una città del sud!] le case dei ricchi hanno tutte grandi portici sotto ai quali la folla s’accumula liberamente, dorme e provvede alle proprie necessità.». E questo dà a Goethe l’impressione di «un popolo che vive nelle strade, a contatto con l’aria, con le stagioni, con la natura; qui tutte le porte, scrive Goethe, sono aperte e il lavoro si svolge nelle strade.». Goethe è impressionato della folla viva e brulicante, felice di vivere anche se si trova in condizione di grande povertà; è impressionato dalla commistione tra ricchi e poveri. A Venezia, per esempio, assiste a un celebre processo a porte aperte in cui è imputata anche la Dogaressa [la moglie del Doge] la quale nel difendersi: «Ha [scrive Goethe] degli atteggiamenti e una vivacità popolaresca straordinaria. Anche perché persino il Doge, nonostante tutta la dignità della sua carica, nelle grandi feste, viene a contatto direttamente col popolo, e l’ho visto, alla rappresentazione di una tragedia in un teatro, fare esso stesso spettacolo, appassionarsi, chiamare ripetutamente alla ribalta gli attori e, tra gli attori, anche quelli che nella finzione scenica poco prima erano morti, lo si sentiva urlare: bravi i morti, bravi i morti!».

REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Qual è la cosa [il monumento, il rito, l’evento, la persona ...] più curiosa che ricordate di aver visto nel corso di un viaggio e perché vi ha impressionato particolarmente?… 

Scrivete quattro righe in proposito...

     Goethe utilizza l’esperienza del viaggio per “giocare con la memoria” e uno dei numerosi esempi in proposito riguarda il suo emozionante arrivo a Venezia, in gondola.

Johann Wolfgang Goethe,  Viaggio in Italia

Venezia, 28 settembre 1786

Era dunque scritto sulla mia pagina, nel Libro del Destino, che la sera del 28 settembre 1786, alle cinque, passando dal Brenta nelle lagune, dovevo scorgere la meravigliosa città insulare, posarvi il piede per visitare questa «repubblica di castori». Venezia non è più per me solo una parola, un nome vuoto che mi ha tormentato. Quando la prima gondola si avvicinò alla nave (per trasportare i passeggeri in città) mi ricordai di uno dei primi giochi della mia infanzia al quale, forse, non avevo più pensato da una ventina d’anni. Mio padre possedeva un bel modello di gondola che aveva portato dall’Italia. Egli la valutava molto e mi faceva una grande concessione quando, qualche volta, mi permetteva di giocarci. La gondola mi è venuta incontro come una vecchia conoscenza facendomi tornare all’infanzia e ho avuto una piacevole impressione che non godevo da tempo.  Sono bene alloggiato nell’albergo Regina d’Inghilterra non lontano dalla piazza di San Marco. A Venezia mi conosce una sola persona, ma non la incontrerò subito. …

     Chi deve incontrare Goethe a Venezia? Per saperlo bisogna leggere il seguito.

     Ma l’obiettivo del viaggio di Goethe in Italia è quello di confrontarsi direttamente con quello che ha studiato sui Libri: leggiamo un frammento, uno dei tanti su questo argomento, in cui Goethe ci ricorda che studiare è faticoso, che leggere è difficile, comporta impegno e, a volte, una dedizione quasi religiosa perché questo impegno è sempre vantaggioso: salva l’anima e il corpo.

Johann Wolfgang Goethe,  Viaggio in Italia

Venezia, 12 ottobre 1786

Io non vivo qui come se fossi disoccupato perché la novità mi dà da fare. L’architettura appare come un genio antico, ed essa mi chiama a studiare le sue Lezioni per venerare, nell’intimo della mia anima, le età passate dileguate per sempre. Siccome Palladio riferisce tutto a Vitruvio (al De Architettura, del 28 a.C.) mi sono procurato l’edizione di Galiani; ma questo volume in foglio pesa nel mio bagaglio, come lo studio di esso grava sul mio cervello. Ma Palladio (1508-1580) con la sua opera, la sua maniera di pensare e di produrre, mi ha già interpretato Vitruvio meglio del suo Libro. Vitruvio non è una lettura facile però il suo Libro, che leggo rapidamente, mi lascia delle nobili impressioni e lo leggo come un breviario, più per devozione che per istruirmi. Qui mi sento attratto da tutto ciò che apprezzavo fin dalla mia giovinezza! E nel corso del viaggio non mi sembra di vedere le cose per la prima volta, ma di rivederle. Sono da così poco tempo a Venezia e già mi sono abbastanza identificato con la vita di questo paese. E se l’idea che ne porto con me non è completa è però assolutamente chiara e fedele al vero. …

     Goethe in Italia, come abbiamo detto, è affascinato dall’esuberanza del popolo e la rivelazione vera dell’esuberanza popolare lo coglie, naturalmente, a Napoli.

     Goethe ha contribuito a creare un’iconografia di Napoli che nel bene e nel male si è diffusa in tutto il mondo. Se la folla a Venezia brulica, a Napoli deborda e impazza: «gli scugnizzi [scrive Goethe sbalordito], nelle giornate fredde di marzo, si scaldano le mani sulle pietre roventi dove un momento prima era stata tolta la brace; i frittellari, vociando allegramente, distribuiscono le frittelle al pubblico senza riguardi di carattere igienico;  i macellai, con carta variopinta di dubbia provenienza, cercano di nascondere lo spettacolo crudele delle carni sanguinolente» insomma, nella seconda parte di Viaggio in Italia ci sono pagine singolari dal punto di vista descrittivo. E Goethe a Napoli è colpito dalla gaiezza della vita popolare sebbene intraveda anche un altro aspetto, quello che lui chiama “l’impronta della malinconia”: «il popolo napoletano [scrive Goethe] vive tra il paradiso del suo mare e l’inferno del Vesuvio.», e in quel momento, per una fortunata circostanza, il Vesuvio è in eruzione: una debole attività che gli offre tuttavia l’occasione per scrivere pagine eccezionali [«Se si potessero regolare le eruzioni del Vesuvio quale grande attrattiva costituirebbe!» scrive Goethe]. A Napoli Goethe viene a contatto anche con molti pittori che sono, come lui, in viaggio in Italia, provenienti dalla Germania e dall’Inghilterra: la moda del viaggio in Italia ha già preso il via da parte degli artisti e delle intellettuali e degli intellettuali europei. A questi artisti Goethe domanda consigli sull’arte pittorica e prosegue poi con loro il viaggio in Sicilia. A Napoli Goethe entra in contatto con i membri dell’aristocrazia [napoletani e stranieri residenti a Napoli]: incontra il giurista Gaetano Filangieri e l’inglese lord Hamilton con sua moglie Lady Emma, e si può leggere come Goethe descriva con una certa ironia] questi personaggi.

     Anche in Sicilia Goethe trova una popolazione gioiosa e socievole; arriva a Palermo via mare ed entra subito in contatto col governatore della città, e poi descrive [in pagine che bisogna leggere] la visita alla madre e alla sorella di Cagliostro, Giuseppe Balsamo, il famoso avventuriero, studioso di medicina e ipnotista, che era stato condannato a morte come massone e, graziato dal papa, stava scontando l’ergastolo nella fortezza di San Leo dove morirà nel 1795. Goethe, dopo la conversazione con la madre e la sorella di Cagliostro, racconta la storia di questo affascinante personaggio dando forma ad un vero e proprio romanzo di avventura e di riflessione filosofica, le cui pagine meritano di essere lette.

     Goethe in Sicilia si sposta a cavallo accompagnato da guide locali: cavalca [come scrive] per campagne solitarie e bellissime, visita le miniere di zolfo, attraversa boschi di sambuchi e anche in questo caso le pagine in cui descrive il paesaggio, la Natura, la vegetazione meritano attenzione. Goethe passa per Alcamo, per Segesta, per Castelvetrano, per Girgenti, per Caltanissetta, e arriva sano e salvo a Catania nonostante, durante il tragitto, abbia letto sulla parete di una piccola locanda di campagna dove alloggia [il “Leon d’oro”] un avviso piuttosto inquietante scritto in versi, in lingua inglese: «Viaggiatore, se vuoi arrivare a Catania, guardati dall’albergo del “Leon d’oro”; sarebbe meglio per te cadere sotto il potere riunito del Ciclope, di Scilla e delle Sirene!»: Goethe non è riuscito a capire il perché di questo avviso visto che lui, invece, è stato proprio bene in questa locanda e, prima di ripartire, aggiunge sotto a quei versi: «Questo dappertutto fuorché al “Leon d’oro”!». Da Catania passa a Taormina dove scrive una serie di pagine poetiche [il proseguo di una composizione che diventerà una tragedia e che aveva già cominciato a scrivere a Palermo] dedicate al personaggio omerico di Nausicaa, “Colei che brucia le navi”, figlia di Alcinoo re dei Feaci e della regina Arete: «Qui, in questo posto stupendo [scrive Goethe], mi sono sentito come Ulisse.». Il viaggio in Sicilia di Goethe termina a Messina dove incontra il governatore della città, una figura talmente estrosa e bizzarra, che Goethe si è divertito a descriverla in tutti i suoi particolari con l’intento di far ridere chi legge.

     Da Messina, dopo una traversata avventurosa, Goethe ritorna a Napoli da dove scrive entusiasticamente a Herder dicendo di avere trovato in Sicilia “la pianta originaria” [Urpfianze]che «sarà [scrive Goethe] la creatura più meravigliosa del mondo e la Natura stessa me la invidierà»: questa affermazione molto famosa più che annunciare una scoperta di carattere botanico [comunque Goethe ha scritto un trattato intitolato Metamorfosi delle piante in cui cerca di giustificare l’origine comune di tutte le piante da una “pianta originaria”], risulta avere soprattutto un valore metaforico perché in questa dichiarazione [misteriosa, visto che non si capisce a quale pianta si riferisca (“l’equiseto”, altrimenti detta “erba cavallina”?)] c’è tutto l’entusiasmo di trovarsi in mezzo a una vegetazione, che Goethe descrive benissimo, che «è stata testimone della fioritura dell’Arte e della Cultura della Mega Ellas»[della Magna Grecia]. Si ha chiaramente l’impressione che Goethe sia entrato in una condizione psicologica particolare: «È come [scrive Goethe] se annusassi il profumo delle origini.», si capisce che subisce, o meglio, gusta tutto il fascino di questi luoghi.

     Goethe descrive i sentimenti che lui ha provato per invogliare chi legge a fare la sua stessa esperienza, e ha il merito di averli documentati insegnando che «un viaggio [scrive Goethe] è un’esperienza di riflessione da rivivere nell’interiorità, e va ripensato, va trasfigurato in modo che si possano ridisegnare nel nostro intelletto, per poi riportarli sulla carta in forma mitica, i luoghi visitati: solo così si può cogliere il fascino del viaggio.».

REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

E voi di quale luogo, viaggiando, avete gustato il fascino?...

Scrivete quattro righe in proposito…

     Goethe scrive: «Senza Napoli e senza la Sicilia non ci si può formare nessuna idea dell’Italia; è qui che si trova la chiave di tutto: non si loderà mai abbastanza questo clima» e per “clima” Goethe intende “l’atmosfera creata dal mito dell’antichità classica”: dicendo questo, rivendica per il Sud una straordinaria vitalità che è per lui come “una linfa rinnovatrice” perché «in questi luoghi  [scrive Goethe] il rapporto tra la persona e la Natura [tema forte del Romanticismo] è un ideale di compiutezza già realizzato; qui le persone sono più felici!». Goethe esagera? Su questo concetto - che “vivere in mezzo al mito aiuta a dare un senso all’esistenza” - riflette Roberto Rossellini quando, nel 1953, con Vitaliano Brancati, scrive e gira il film Viaggio in Italia, stesso titolo, non casuale, del Libro di Goethe.

REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Programmate [o ri-programmate] la visione del film di Roberto Rossellini Viaggio in Italia, lo trovate in rete...   Buona visione, a Goethe sarebbe piaciuto molto…

     Da Napoli Goethe torna a Roma, e scrive che durante il suo secondo soggiorno nella “città eterna” ha vissuto quasi in solitudine studiando e contemplando; leggiamo questo frammento.

Johann Wolfgang Goethe,  Viaggio in Italia

Vissi da solo con il mio sogno d’arte e di equilibrio interiore: il sogno di aprire nuove vie alla mia attività artistica e ai miei intendimenti estetici attraverso la conoscenza esatta, anche tecnica, di tutte le arti figurative; con il desiderio di arrivare a scoprire più profondamente i contrasti e i contatti fra il mondo nordico, tutto soggettivo, e l’oggettività del mondo classico. …

     Goethe scrive che a Roma si è dedicato principalmente allo studio per poter imparare a imparare: gli dobbiamo credere? E perché dubitiamo?

     Goethe scrive molto pudicamente nella terza parte di Viaggio in Italia: «La mia seconda permanenza a Roma è stata illuminata dal sorriso di alcune donne, una di nome Angelica, e poi la signora Maddalena Riggi detta “la bella Milanese” e poi una giovane di nome Faustina.» [e questa (Faust)ina la incontreremo prossimamente]. Goethe racconta che a Roma l’unico suo intento è stato quello di studiare le arti figurative antiche con il proposito “di diventare un vero pittore” ma poi rivela che il risultato del suo impegno è stato quasi nullo [ma si è impegnato davvero?] affermando di non esser nato per fare il pittore bensì per fare il poeta: in proposito, il viaggio gli ha certamente giovato visto che a Taormina compone parte della tragedia su Nausicaa, a Roma riprende il progetto del Faust e durante la traversata in nave da Napoli a Palermo concepisce la tragedia intitolata Torquato Tasso. Goethe afferma: «A Roma ho trovato il centro di gravità di un equilibrio che da tempo cercavo: l’equilibrio fra il mio Io e il Mondo, fra l’ideale e il reale, tra l’esperienza personale e l’esperienza universale dell’Arte classica.».

     Ora però, per concludere il nostro itinerario, dobbiamo dire che le studiose e gli studiosi [e noi con loro] ritengono che Goethe a Roma non abbia fatto la vita ritirata, quasi monastica, di cui racconta perché ci si può impegnare nello studio anche divertendosi un po’. Goethe, come sappiamo, pubblica la terza parte di Viaggio in Italia quarant’anni dopo questi avvenimenti, quando era quasi ottantenne ed era considerato un nume letterario dell’Europa intera e, quindi, ha operato una sorta di auto-censura e il soggiorno romano è stato trasformato nel resoconto di «una studiosa vacanza vissuta tra giovani artisti dediti solo alla scoperta dell’antico e del sublime, dediti alle passeggiate tra le rovine, alle notti di luna al Foro a declamare poesie latine e greche.». Ma allora perché, subito dopo il suo ritorno in Germania, Goethe ha scritto il primo Libro di Elegie romane dove si narra tutt’altro che una vacanza di studio? Certamente è stata una vacanza di studio, ma anche con molta ricreazione! In Elegie romane Goethe racconta in versi quello che lui chiama il periodo più entusiasmante e spensierato della sua vita: quindi, in quest’opera si legge una storia tutta diversa da quella narrata nella terza parte di Viaggio in Italia pubblicata quarant’anni dopo. Goethe nei versi di Elegie romane racconta di molte avventure galanti [non con le statue delle Giunoni, delle Diane e delle Afroditi], racconta di notti di baldoria nelle taverne a mangiare, a bere e a cantare [non solo nei Fori romani sotto la luna a declamare versi], racconta di serate all’Opera nei Teatri cittadini, che definisce punti d’incontro importanti dell’allegro divertimento. Quindi nei versi di Elegie romane c’è un racconto di vita vissuta fatta non solo di meditazioni e di esercitazioni sui temi classici.

     Tante opere sono state scritte sul tema delle descrizioni contraddittorie che Goethe fornisce in Elegie romane e poi in Viaggio in Italia in relazione al suo secondo soggiorno a Roma e, in proposito, si può citare lo studio [Bollati Boringhieri editore] di Roberto Zapperi intitolato Una vita in incognito, Goethe a Roma che riporta i risultati di un’avvincente ricerca piuttosto difficile da condurre perché Goethe ha accuratamente distrutto tutte le prove che potessero comprometterlo agli occhi della benpensante società aristocratica tedesca; ma, tuttavia, un po’ di documentazione è rimasta come per esempio una serie di disegni inequivocabili dei suoi amici pittori [una sorta di servizio fotografico], un biglietto amoroso profumato gelosamente custodito, il conto ben dettagliato di una cena [una delle tante probabilmente] di baldoria, un Libretto d’Opera [ricordo di una delle molte serate passate a Teatro]: ebbene, la lettura di questo saggio è interessante non solo per conoscere la vita di studio e di divertimento di Goethe ma soprattutto per documentarsi sulla vita quotidiana a Roma alla fine del Settecento.

REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Richiedete in biblioteca lo studio di Roberto Zapperi intitolato Una vita in incognito, Goethe a Roma, la lettura di questo saggio [come di molti altri] permette alla lettrice e al lettore di fare un viaggio con la macchina del tempo perché leggere allarga e allunga la vita...

Incuriositevi ...

     Goethe, quando torna a Weimar dopo aver compiuto il viaggio in Italia, dice di essere profondamente cambiato e, difatti, il Goethe che inizia subito a comporre i versi di Elegie romane, di Epigrammi veneziani e di un dramma che è diventato uno dei manifesti intellettuali del Romanticismo è effettivamente un Goethe diverso, rinnovato nello Spirito in senso dionisiaco [come lui ha scritto]!

     E in che cosa consiste questa diversità, e che cosa significa aver acquisito un rinnovamento dello Spirito in senso dionisiaco che produce frutti in campo letterario, artistico e filosofico?

     Per rispondere a questa e a molte altre domande dobbiamo procedere con lo spirito utopico che lo studio porta con sé consapevoli del fatto che non dobbiamo mai perdere la volontà di imparare, per questo la Scuola è qui [siamo a metà strada], e il viaggio continua…

 

 

 

Lezione del: 
Venerdì, Febbraio 7, 2025