Autorizzazione all'uso dei cookies

SUL TERRITORIO DEL ROMANTICISMO TITANICO RIVESTONO UN RUOLO SIGNIFICATIVO IL ROMANZO FILOSOFICO E IL POEMA FANTASTICO …

Lezione N.: 
7

ASSOCIAZIONE ARTICOLO  34 - «LA SCUOLA È APERTA A TUTTI»

PERCORSO DEL PENSIERO UMANO IN FUNZIONE

DELLA DIDATTICA E DELLA SCRITTURA

Prof. Giuseppe Nibbi

In viaggio sul territorio del Romanticismo titanico

22-23-24  gennaio 2025

SUL TERRITORIO DEL ROMANTICISMO TITANICO

RIVESTONO UN RUOLO SIGNIFICATIVO

IL ROMANZO FILOSOFICO E IL POEMA FANTASTICO 

     Questo è il settimo itinerario del nostro viaggio sul territorio del Romanticismo titanico e quindici giorni fa, come ricorderete, abbiamo conosciuto la rivista intitolata Il Mercurio tedesco fondata, a Weimar, da Christoph Martin Wieland nel 1773.

     Gli articoli pubblicati dalla rivista Il Mercurio tedesco fondata a Weimar da Christoph Martin Wieland nel 1773 [iniziativa editoriale sponsorizzata dalla duchessa Anna Amalia e che annovera Herder e Goethe tra i suoi collaboratori] ci hanno permesso di studiare i miti nordici conservati in forma poetica in quell’importante apparato letterario, contenente ventinove carmi in lingua norrena, l’antica lingua islandese, chiamato Edda, dall’antico termine norreno Eddjá che significa “fessura eruttiva”. Tramite la rivista Il Mercurio tedesco i racconti e i personaggi mitici dell’Edda [i Nibelunghi, le Valchirie, Brunilde, Sigfrido, Odino ...] sono entrati a far parte della Letteratura “romantica”, ma se Wieland avesse sentito fare questa affermazione - e avesse sentito dire che le sue opere e la sua rivista erano “romantiche” - non avrebbe capito, si sarebbe anche offeso, in quanto saranno le generazioni successive a utilizzare il termine “romantico” mentre Wieland definiva se stesso “un illuminista” e riteneva che le sue opere e la sua rivista appartenessero alla cultura dell’Illuminismo sebbene ritenesse che si dovesse andare oltre l’Illuminismo.

     Quindi dobbiamo fare una precisazione dicendo che noi siamo entrati in un territorio che chiamiamo del “Romanticismo titanico”, come lo definiscono i Manuali, ma questa dicitura verrà usata successivamente [passerà quasi un secolo prima che questo periodo venga definito “romantico” intorno al 1820] e le intellettuali e gli intellettuali che hanno vissuto in quest’epoca, durante la seconda metà del Settecento e i primi due decenni ottocenteschi, si sono, di conseguenza, sempre definiti “illuministi”.

     Abbiamo atteso questo momento per fare questa precisazione necessaria per capire quest’epoca, ebbene: la prima generazione cosiddetta “romantica” non sa di esserlo e, se lo sapesse, non vorrebbe esserlo, e questo vale soprattutto per Wieland del quale stiamo per presentare ancora due opere che meritano di essere prese in considerazione alle quali l’autore attribuisce, soprattutto la prima, caratteri di natura illuminista; ma per guardare oltre l’Illuminismo e, per Wieland, “gettare l’occhio oltre l’Illuminismo” significa rivolgere il proprio pensiero verso la vasta area della cultura classica greca e latina: per Wieland oltre l’Illuminismo c’è il campo di quello che verrà chiamato Neo-classicismo [Weimarer Klassik, il Classicismo di Weimar, di cui Wieland è il caposcuola].

     A Weimar, nel 1781, Wieland fa pubblicare un romanzo satirico che, in parte, aveva già messo in circolazione dal 1774, a puntate, sulle pagine della rivista Il Mercurio tedesco: questo romanzo s’intitola La storia degli Abderiti. Chi sono gli Abderiti? Gli Abderiti sono le cittadine e i cittadini di Abdera, l’antica città greca della Tracia, la regione che oggi si chiama Macedonia del Sud. Il romanzo La storia degli Abderiti è stato scritto da Wieland pensando anche ai racconti filosofici di Voltaire [e nella primavera del 2023 abbiamo letto Zadig, Micromegas, Candido] e difatti, per il contenuto ironico, quest’opera è stata composta secondo lo stile del racconto sarcastico [sferzante, tagliente, beffardo] di carattere illuminista. Voltaire fa satira per suscitare indignazione pubblica seguendo i canoni formali dello scrittore latino Persio, detto il Volterrano per far sì che lo sdegno si traduca in ribellione, mentre la composizione di Wieland, in particolare per quanto riguarda la forma, ha una struttura che si avvicina al romanzo di formazione: Wieland ironizza per provocare in chi legge una riflessione interiore che dovrebbe tradursi sul piano dell’impegno politico.

REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Con una guida della Grecia e navigando in rete fate, intanto, una visita alla moderna cittadina di Abdera, che oggi ha circa 19 mila abitanti, e al sito archeologico dell’antica polis di Abdera, edificata secondo la tradizione mitica da Eracle e dall’eroe-semidio Abdero da cui ha preso il nome: un personaggio (Abderòs-Figlio della battaglia) che – con un dizionario mitologico e navigando in rete – merita di essere conosciuto soprattutto in relazione alle Cavalle di Diomede, incuriositevi... Ma in realtà Abdera, secondo la narrazione storica di Erodoto, è stata fondata dai coloni ionici della polis di Clazomene intorno al 655 a.C.…  Mettetevi in viaggio cavalcando la curiosità...

     In funzione della didattica della lettura e della scrittura, ora facciamo un’escursione nel testo de La storia degli Abderiti citando il contenuto di alcuni episodi narrati da Wieland che hanno ispirato autrici e autori di Letteratura e artiste e artisti.

     Wieland ne La storia degli Abderiti narra una serie di episodi che avvengono in Abdera nel periodo della piena fioritura della civiltà ateniese. Gli Abderiti, nell’antichità, hanno avuto, soprattutto presso gli Ateniesi e i Romani, una fama particolare: erano considerati gente sciocca e credulona, e Wieland utilizza questo pretesto per ironizzare sulla superficialità, sulla banalità, sulla stupidità [Dummheit] che lui riscontra nella società in cui vive. Gli Abderiti, scrive Wieland, prendono ogni parola, detta in metafora, per pura verità, si lasciano trasportare dalla fantasia e agiscono sotto l’impulso delle prime impressioni, senza riflettere, passando con rapidità e senza alcun nesso logico da un’azione all’altra, ignorano l’importanza dell’arte, della filosofia e della scienza, mentre le frivolezze diventano eventi, diventano faccende di Stato, e una sola cosa importa agli Abderiti: imitare la grande Atene e sentirsi pari agli Ateniesi. Non tutti sono grulli [Dummkopf] ad Abdera anche se, purtroppo, le persone assennate sono un numero esiguo rispetto alla maggioranza rincretinita. Ebbene, sottolinea Wieland, questa città ha dato i natali a un personaggio importante per la sua capacità di investire in intelligenza, Democrito di Abdera, il quale [ve lo ricordate?] insieme a Leucippo ha scoperto gli atomi e ha fondato la Scuola atomista. Democrito, racconta Wieland, dopo dieci anni di viaggi per il mondo torna in patria con idee nuove perché ha imparato molte cose viaggiando, soprattutto in Oriente, e propone di riformare la vita, gli usi, i costumi della città, ma gli Abderiti non ne vogliono sapere, ritengono che ogni rinnovamento sia un male e sia un errore: anzi, per salvarsi dalla sventura di avere altri cittadini come Democrito, chiedono sia fatta una Legge con la quale si proibisce ai giovani di viaggiare, la conoscenza di idee nuove viene considerata deleteria. Un giorno, scrive Wieland, ad Abdera arriva Euripide con la sua rinomata compagnia teatrale per rappresentare una sua tragedia, ma gli Abderiti, che in un primo momento sono entusiasti della presenza del grande tragediografo nella loro città, non colgono il significato del testo euripideo e, visibilmente annoiati, abbandonano il teatro prima della fine della rappresentazione brontolando e auspicando una Legge che obblighi gli autori di teatro a produrre solo spettacoli di varietà: affaticare il cervello e farne troppo uso è considerato un fatto deleterio. La seconda parte del romanzo verte su un singolare processo intentato da un mercante d’Assiria a un dentista di strada: il mercante affitta un asino al dentista perché possa svolgere il suo lavoro muovendosi in città, e il dentista, essendo la città molto assolata, mentre opera si siede all’ombra dell’asino, e quando il mercante si accorge di questo fatto pretende di essere pagato anche per l’ombra fornita al dentista dal suo asino: ne nasce un caso giudiziario in cui tutta la città è coinvolta, e si forma il partito dell’ombra e il partito del cavadenti e la causa è ancora in corso e c’è pericolo che scoppi una guerra civile, scrive Wieland.

REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Nel 5° itinerario del nostro viaggio vi è stato proposto [utilizzando una guida della Germania e navigando in rete] di fare una visita a Biberach an der Riß anche perché sulla piazza principale di questa cittadina c’è un monumento chiamato “L’asino di Biberach” ispirato da La storia degli Abderiti di Wieland, e la figura di quest’asino [non sono gli asini a essere stupidi] è formata da corpi di persone perché quest’opera – dello scultore Peter Lenk [nato a Nuremberg nel 1947] - è dedicata Alla stupidità umana...  Andate a osservare ancor meglio questo monumento...

     E poi, scrive Wieland, ad Abdera si scatena una controversia religiosa di grandissima importanza intorno ai rospi sacri alla dèa Latona e, per stabilire in quale tonalità avrebbero dovuto cantare questi rospi per rendere onore alla dèa, ogni cittadina e ogni cittadino vuole dir la propria e, di conseguenza, in tutta la città non si sente altro che gracidare in modo sacrilego dalla mattina alla sera e dalla sera alla mattina e così i rospi sacri tacciono e la dèa è disonorata. E infine, scrive Wieland per cocludere, per tutta una serie di contrattempi è successo che gran parte della popolazione di Abdera è emigrata verso nuovi lidi, e così gli Abderiti si sono sparpagliati per il mondo e hanno esportato la loro mentalità, e molti di loro, scrive ironico Wieland, sono arrivati fin qui per cui ribadisce: «Il dramma della nostra epoca è che la stupidità si sia messa a pensare e l'ntelligenza abbia cominciato a rimbecillire.».

     Per comporre il testo del suo romanzo Wieland utilizza sistematicamente fonti provenienti dalla cultura classica, dalle opere di Ovidio, di Orazio, di Luciano, di Giovenale e di molti altri autori medioevali e moderni che si sono rifatti allo stile classico: per Wieland, come sappiamo, oltre l’Illuminismo c’è il campo del Neo-classicismo e lui, che si dichiara illuminista, vorrebbe come scrittore essere definito “neoclassico”. Wieland auspica la nascita di un movimento culturale che si rifaccia alle opere dei Classici utilizzando strumenti moderni per comporre “racconti filosofici, romanzi di formazione, poemi fantastici” in modo da mettere in luce i temi politici e i valori morali dell’Umanesimo greco e latino [l’uguaglianza, la giustizia, la pace, la solidarietà, la misericordia] trapiantandoli in epoca contemporanea. La società mitteleuropea di metà ‘700 non possiede, secondo Wieland, un progetto politico e non ha un’anima e, per “dare un’anima all’Europa” è necessario far appello alla cultura classica, e fare appello alla cultura classica significa, sostiene Wieland, riconoscere il valore della coscienza [come insegna Socrate], riconoscere l’importanza dell’Idea rispetto alla materia e della forma rispetto al contenuto [come insegna Platone] e riconoscere il primato della democrazia sull’impero e la rilevanza del genere letterario della tragedia in funzione della catarsi [della purificazione] e la necessità dell’areté [della formazione politica della persona perché diventi cittadina e cittadino, come insegna Aristotele].

     Le pagine più [drammaticamente, si dovrebbe dire] interessanti del romanzo La storia degli Abderiti di Wieland sono quelle in cui allude esplicitamente all’attualità del suo tempo rivolgendo, tra le righe, tutta una serie di ammonimenti tanto ai Tedeschi quanto agli Europei affinché, nei loro comportamenti, si guardino dal seguire l’esempio degli Abderiti. In proposito, Goethe, attento lettore delle opere di Wieland, riconosce e apprezza il suo stile, e scrive: «Wieland poetizza vivendo e vive poetizzando proprio come gli scrittori classici di Satira.». Wieland nel testo de La storia degli Abderiti ironizza soprattutto nei confronti degli abitanti di Biberach [Biberach an der Riß, dove ha soggiornato per un certo tempo], raffigurando sé stesso in Democrito, inascoltato e sbeffeggiato dai suoi concittadini sciocchi e superficiali i quali, non vedendo “gli atomi” e non volendo impegnarsi per comprendere la dottrina atomista, considerano pazzo il filosofo e lo costringono all’isolamento. Inoltre Wieland ironizza anche aspramente, in modo piuttosto mordace, sull’esaltazione eroica che manifestano [gli Stürmer] gli appartenenti al movimento dello Sturm und Drang [Tempesta e Impeto] scrivendo che «l’eroismo non è propriamente un fenomeno positivo ma bensì è un atteggiamento che si presta a spregiudicate strumentalizzazioni, e porta tanti giovani a farsi macellare sui campi di battaglia.». Wieland difende con ardore illuminista il cosmopolitismo [siamo tutte e tutti cittadini del Mondo] satireggiando contro il bieco nazionalismo che continua ad affermarsi fino a sfociare nel razzismo, e spiegando bene che lo studio delle tradizioni popolari [degli stampi, dei modelli culturali delle origini] deve servire per allargare gli orizzonti e non per far sì, scrive Wieland, che «la persona si chiuda in un localismo asfittico, inconcludente e pericoloso.».

     La lezione di Wieland è stata recepita in particolare dalle scrittrici e dagli scrittori [e dalle artiste e dagli artisti] negli anni dal 1919 al 1933 della Repubblica di Weimar e, in proposito, abbiamo già citato come esempio le opere teatrali e il romanzo Gioventù senza Dio di Ödön von Horváth. Durante il regime nazista i Libri contenenti i romanzi di formazione di Wieland vengono bruciati nei nefasti “roghi contro l’arte degenerata”. Molte citazioni tratte dalle opere di Wieland sono state inserite anche negli Opuscoli prodotti dai membri della Rosa bianca [Weiße Rose] che è il nome di una organizzazione di resistenza contro la dittatura nazista formata da un gruppo di studenti dell’Università Ludwig Maximilian di Monaco [Hans e la sorella Sophie Scholl, Christoph ProbstAlexander Schmorell, Willi Graf, tutti poco più che ventenni e dal professor Kurt Huber] animati da valori cristiani [in chiave interconfessionale: due erano cattolici, due protestanti, uno ortodosso e si erano formati seguendo le tesi del movimento giovanile cattolico “Quickborn” guidato dal sacerdote d’origine italiana Romano Guardini, incuriositevi ...] e hanno agito ispirandosi ai principi della non violenza e coltivando l’idea degli Stati Uniti d’Europa, divulgando Opuscoli nei quali invitavano la popolazione a ribellarsi alla dittatura mediante la resistenza passiva facendo appello all’intellighenzia tedesca di Weimar. Sono stati attivi dal giugno 1942 al febbraio 1943 quando sono stati arrestati, processati e condannati a morte mediante decapitazione [ricordiamo anche loro nella Giornata della memoria].

REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Quali sono gli atteggiamenti che voi considerate “superficiali, banali, impregnati di stupidità” che v’infastidiscono particolarmente [che rimandano ai comportamenti degli Abderiti]?... 

Scrivete quattro righe in proposito...

Il volume del romanzo di Christoph Martin Wieland intitolato La storia degli Abderiti dovreste trovarlo di biblioteca, leggetene qualche pagina, incuriositevi perché la curiosità ben orientata dallo studio può far argine nei confronti della stupidità dilagante...

     E ora leggiamo una pagina dal romanzo di Wieland: «È l'acqua che va alla fontana o è la fontana che va all'acqua, e quello che in alto sta sempre più bello è?».

Christoph Martin Wieland,  La storia degli Abderiti

Una volta venne loro in mente che una città come Abdera era giusto possedesse anche una bella fontana. Doveva essere eretta nel mezzo della loro grande piazza del mercato, e per sopperire alle spese fu istituita una nuova imposta. Fecero venire un celebre scultore da Atene per eseguire un gruppo di statue, le quali rappresentavano il dio del mare su un cocchio tirato da quattro cavalli marini e circondato da ninfe, tritoni e delfini. I cavalli marini e i delfini avrebbero dovuto schizzare dalle narici copiosi getti d’acqua. Ma quando tutto fu pronto, essendoci sulla piazza del mercato solo un umile pozzo, si trovò che vi era appena abbastanza acqua per inumidire il naso di un unico delfino, quindi al momento in cui si fece sprizzare l’acqua parve che tutti quei cavalli marini e tutti quei delfini avessero il raffreddore. Decisero allora di trasportare tutto il gruppo di statue nel tempio di Nettuno, ma, anche lì, dove sgorgava solo un esile zampillo naturale la fontana non funzionava! Ogni volta che il gruppo di statue veniva mostrato a qualche forestiero, il custode con grande serietà esprimeva in nome dell’esimia città di Abdera il rincrescimento che una così magnifica opera d’arte fosse condannata a rimanere inservibile per l’avarizia della natura, e quando il visitatore domandava: “Ma non vi eravate accorti prima che in quel luogo e in questo luogo c’è penuria d’acqua?”. La guida cittadina, piccata, rispondeva: “Ma non s’è mai visto che una fontana dedicata a Nettuno, bella e costosa per giunta, non attiri acqua di per sé, pensate forse che sia Nettuno che debba andare all’acqua? Sarà ben l’acqua che va a Nettuno! È l’acqua che va alla fontana, quando mai è la fontana che va all’acqua?”. Un’altra volta acquistarono una bellissima statua di Afrodite in avorio, che era annoverata tra i capolavori di Prassitele. Era alta cinque piedi circa e doveva esser posta su un altare della dea dell’Amore. Quando la statua giunse, tutta Abdera andò in visibilio per la bellezza della sua Afrodite: gli Abderiti infatti si spacciavano per fini intenditori ed entusiastici amanti dell’arte. “È troppo bella - esclamarono unanimi - per stare su un posto basso; un capolavoro che fa tanto onore alla città ed è costato tanto denaro, deve sorgere più in alto possibile: dev’essere la prima cosa che balzi all’occhio del forestiero quando entra in Abdera!”. Conforme a questa felice idea posero la piccola leggiadra immagine in cima a un obelisco alto ottanta piedi; e sebbene ormai fosse impossibile riconoscere se raffigurasse Afrodite o un caprone pretendevano che ogni forestiero dichiarasse che: una cosa più perfetta non si era mai vista! Infatti, l’Afrodite di Abdera, divenne famosa perché: non si era mai vista! Ma loro, gli Abderiti erano convinti che, quello che in alto sta, sempre più bello è. …  

     Si ride a denti stretti e ci si guada intorno. C’è ancora un’opera di Wieland che dobbiamo prendere in considerazione, si tratta di “un poema fantastico” scritto nel 1780 sempre con lo stesso intento: quello di far nascere un movimento culturale che si rifaccia alle opere dei Classici utilizzando strumenti moderni in modo da trapiantare i valori morali dell’Umanesimo in epoca contemporanea.

     L’ultima opera di Wieland di cui ci occupiamo [pubblicata nel 1780 e considerata un capolavoro della letteratura romantica] s’intitola Oberon e appartiene al genere del “poema fantastico”, ed è stata composta prendendo a modello i due grandi poemi italiani del ‘500 che Wieland traduce in tedesco: Orlando Furioso del 1532 di Ludovico Ariosto e La Gerusalemme liberata del 1593 di Torquato Tasso, e questi due rinomati poeti rinascimentali diventano, come Shakespeare, un punto di riferimento utile per la costruzione dello stile poetico romantico.

     Il poema Oberon - in dodici canti, in ottava rima - è considerato il primo esempio ben riuscito di poema fantastico in stile romantico anche se l’intenzione di Wieland, come sappiamo, è quella di scrivere un poema in chiave classica. Oberon, a detta di tutte le studiose e gli studiosi a partire da Goethe, è un’opera di notevole bellezza formale e per capirlo bisognerebbe poterla leggere in lingua originale. Per la creazione del contenuto dell’opera c’è tutta una trafila che Wieland ha seguito e che ora noi dobbiamo sintetizzare; anche nel testo di Oberon s’intrecciano i due motivi tipici su cui si basa il genere del poema fantastico: il motivo eroico-avventuroso e il motivo sentimentale. Il motivo eroico-avventuroso consiste, come per la maggior parte dei poemi, nella narrazione di un mitico viaggio, e Wieland questo motivo lo ricava da un racconto dello scrittore francese Louis Tressan de la Vergne pubblicato nel 1778 sulla rivista Il Mercurio tedesco il quale, a sua volta, si è ispirato a una cronaca del 1513 che narra le gesta di un cavaliere, Hüon di Bordeaux, già protagonista di un poema del XII secolo. Mentre il motivo di carattere sentimentale presente nel testo di Oberon è rappresentato dall’amore di Hüon e Rezia, una bellissima fanciulla orientale che, a metà poema, in fuga da Bagdad verso la Francia, prende il nome di Amanda, e poi nella relazione sentimentale tra Hüon e Amanda si rispecchia quella tra Oberon e Titania. Infatti, il protagonista principale, da cui il poema prende il nome, è Oberon che nell’opera di Wieland impersona il re degli elfi, e questo personaggio deriva da una figura mitica più antica, il nano Alberico, protagonista della leggenda [eddica-islandese] dei Nibelunghi [e voi sapete che i Nibelunghi, a dispetto del nome, sono nani], e il personaggio di Oberon compare nelle canzoni di gesta francesi dell’alto medioevo nelle vesti di un mago potente e sapiente. Oberon, il re degli elfi, e sua moglie Titania, la regina delle fate, hanno già raggiunto la notorietà alla fine del ‘500 come personaggi teatrali in quanto sono stati utilizzati da Shakespeare nella commedia Sogno di una notte di mezza estate, composta intorno al 1595; e, in proposito, dobbiamo ricordare che dal 1726 al 1768, Wieland ha tradotto in tedesco ben 22 opere di Shakespeare.

REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Se in biblioteca richiedete il testo della commedia Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare, dopo averlo letto, potete vedere il film omonimo girato nel 1999 dal regista Michael Hoffman che ha ambientato [con un nutrito cast hollywoodiano] la storia in Toscana, in Val chi Chiana e Montepulciano, alla fine dell’800... Dopodiché potete esercitarvi a cogliere le affinità e le differenze tra il testo teatrale originale e la sceneggiatura cinematografica: incuriositevi perché la curiosità invoglia la mente a fare ricerca...

     Wieland, quindi, per comporre Oberon, mette insieme queste fonti, tutti questi elementi [che abbiamo elencato e anche altri che dobbiamo ancora elencare] e ora possiamo sintetizzare la trama piuttosto complessa di questo poema? Ci sono alcuni motivi che inducono a esporre le fasi salienti della trama di quest’opera: il primo motivo è in funzione della didattica della lettura caso mai qualcuna o qualcuno di noi volesse leggere qualche pagina di questo poema [da richiedere in biblioteca]; il secondo motivo è di natura formale per capire a quanti elementi letterari diversi l’autore attinge e quali pretesti narrativi usa per creare la struttura di un poema fantastico, considerato un capolavoro della letteratura poetica romantica; il terzo motivo è in funzione dell’ascolto musicale, ma ne parleremo tra poco.

     Nell’Oberon si racconta che Hüon di Bordeaux uccide involontariamente - perché non lo ha riconosciuto - Charlot, il figlio secondogenito di Carlo Magno: lui pensava fosse un suo nemico che voleva impossessarsi del suo feudo e per questo stava in guardia. L’imperatore Carlo Magno, affinché Hüon possa espiare, lo condanna a compiere una strana impresa nel corso della quale deve portare a termine tre prove pericolose: deve procurarsi un ciuffo della barba e quattro denti molari del Califfo di Bagdad, dopo aver abbracciato la fanciulla seduta alla destra del Califfo e decapitato l’emiro alla sua sinistra [si capisce che Wieland ha tradotto in tedesco anche Mille e una notte” di Galland!]. Il prode cavaliere Hüon parte in compagnia di Cerasmino, il vecchio servo di suo padre, e questo viaggio naturalmente diventa il pretesto affinché il poeta possa cimentarsi nel narrare fantastiche avventure. Le avventure hanno inizio quando Hüon e Cerasmino si ritrovano in un mondo popolato da fantasmi e da strani animali dagli occhi umani, ed è in questo contesto che, su una carrozza tirata da leopardi, compare Oberon che si presenta come “un fanciullo bello come il dio dell’amore uscito dal grembo di Venere con in mano un giglio, il simbolo della purezza”: Cerasmino, superstizioso e credulone, fugge spaventato trascinando con sé Hüon; Oberon, che è uno spirito padrone degli elementi, li insegue facendo scatenare un gran temporale che costringe Hüon e Cerasmino a rifugiarsi in uno strano convento dove, cessato il maltempo, Oberon riappare e dà fiato al suo corno d’avorio, al suono del quale tutti coloro che amano solo d’amor sensuale piuttosto che cordiale sono presi da una danza frenetica: Hüon rimane impassibile perché è puro e ama di cuore una fanciulla che ha vista solo in sogno e che ha invano cercata nel Mondo. Quando la danza si arresta Oberon si rivolge a Hüon e gli consegna il corno d’avorio e un calice d’oro, due oggetti magici dei quali potrà avvalersi per portare a termine l’audacissima e rischiosa impresa che deve compiere. Frattanto alla Corte di Bagdad c’è Rezia, la figlia del Califfo, che è anch’essa fedele a “un cavaliere dalla chioma d’oro” che ha sognato e non ha mai incontrato. Rezia è costretta dal padre a sposare un emiro che lei non ama, e Hüon giunge a Bagdad proprio il giorno delle nozze, e con l’aiuto di Oberon, libera Rezia, uccide l’emiro in duello, taglia un ciuffo di barba e ruba la dentiera del Califfo e, quindi, compie l’impresa impostagli dall’imperatore: Rezia e Hüon si riconoscono, capiscono di essersi sognati a vicenda e fuggono imbarcandosi felici per la Francia; Rezia sulla nave decide di farsi battezzare e di prendere il nome cristiano di Amanda, e Oberon è soddisfatto di aver aiutato i due amanti ma mette una condizione alla loro felicità [il complicare la trama ad arte è l’espediente formale principale nel genere del poema fantastico in chiave romantica]: i due amanti dovranno conservarsi puri fino al giorno delle loro nozze che verranno benedette dal Papa, e questo arcano vincolo dipende dal fatto che il destino di Hüon e Rezia è indissolubilmente legato a quello di Oberon e di sua moglie Titania che, a causa di un misterioso sortilegio, potranno ricongiungersi soltanto quando una coppia umana avrà mostrato che esiste un amore puro e fedele. La separazione tra Oberon e Titania è avvenuta perché Titania, trasgredendo alle regole del Regno degli elfi, dove vige l’obbligo dell’amore puro, si è impietosita e ha aiutato una donna adultera vessata ed emarginata. Hüon e Amanda promettono di mantenersi puri ma, sulla nave, durante una notte al chiaro di luna, cadono in tentazione e non riescono a trattenersi, e subito si scatena l’ira di Oberon che si manifesta con una violenta tempesta che fa naufragare la nave e i due amanti sono gettati su un’isola deserta dove riescono a sopravvivere con grande sacrificio: Amanda mette al mondo un bambino e, ancora una volta, Titania, compassionevole, la aiuta e prende con sé il bambino piuttosto denutrito, e i due amanti, pentiti, fanno voto di essere sempre fedeli. Titania procura a Hüon e Amanda un vascello perché possano raggiungere la Francia ma l’imbarcazione viene assalita dai pirati: Hüon riesce a fuggire su una scialuppa mentre Amanda viene rapita e finisce nell’harem del signore di Tunisi dove, dopo molte peripezie, giunge anche Hüon. Il principe di Tunisi s’innamora di Amanda e fa di tutto per sedurla, mentre la favorita del principe di Tunisi s’innamora di Hüon e fa di tutto per ammaliarlo, ma i due amanti - ora che si sono ritrovati -  respingono il corteggiamento e rimangono fedeli l’una all’altro e preferiscono farsi condannare al rogo ma, al momento dell’esecuzione, Oberon li salva e Titania riporta loro il bambino che ha allevato amorevolmente. Finalmente vengono celebrate le nozze e gli sposi col loro bambino fanno ritorno a Parigi dove Hüon arriva in tempo per partecipare e vincere il torneo nel quale era stato messo in palio, come premio, il suo feudo, e lui lo riconquista. E così anche Oberon e Titania possono riconciliarsi e, quindi, alla fine [si potrebbe dire] tutti vissero felici e contenti.

REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Il volume contenente il testo del poema Oberon di Christoph Martin Wieland lo potete richiedere in biblioteca anche solo per sfogliarlo e leggerne qualche verso... Quest’opera è stata tradotta in italiano da Elena Croce [1915-1994, la figlia primogenita di Benedetto Croce e Adele Rossi] la quale è stata una valente traduttrice, un’autrice [di opere significative come: L’infanzia dorata, La patria napoletana, Le due città, Lo snobismo liberale] e un’ambientalista ante litteram: nel 1956 ha fondato l’associazione Italia Nostra per difendere il territorio dal degrado...

Navigando in rete andate a incontrare Elena Croce, incuriositevi perché la curiosità stimola la mente a investire in intelligenza...  

     Perché Oberon di Wieland è considerata un’opera di grande genialità poetica? Oberon di Wieland è considerata un’opera di grande genialità poetica perché nel testo l’autore fa emergere: la leggerezza della Letteratura francese delle canzoni di gesta, e anche le atmosfere narrative medioevali con il loro alone di mistero, e anche lo stile poetico rinascimentale di Ariosto e di Tasso ricco di giochi dell’immaginario, e anche l’intreccio di carattere fiabesco e onirico delle commedie di Shakespeare. Inoltre Wieland, nella costruzione del testo poetico, utilizza tutti gli ingredienti di cui dispone, per cui accosta con metodo gli eventi della storia reale con le avventure fantastiche, presenta ad arte tanto l’amore erotico con le sue seduzioni e i suoi valori quanto l’amore solidale con le sue virtù - la sapienza, la temperanza, la fortezza, la giustizia - che sono radicate, prima che nel catechismo cristiano, nella cultura classica e nel pensiero neoplatonico. L’opera di Wieland dimostra che quello che poi verrà chiamato il Romanticismo è un laboratorio di generi letterari classici “rinnovati”: con Storia di Agatone e La storia degli Abderiti Wieland compone due romanzi-filosofici che inaugurano il nuovo genere del “romanzo di formazione” che avrà una notevole popolarità, e così con Oberon prende forma il moderno poema fantastico romantico-sentimentale, un genere anch’esso destinato ad avere un grande successo. Il Romanticismo è una fucina nella quale prendono forma i generi letterari contemporanei, con i quali si continuano a creare opere: romanzi di formazione, romanzi sentimentali, i poemi fantastici.

     Abbiamo detto che la conoscenza delle fasi salienti riguardanti la trama di Oberon di Wieland è utile anche per l’ascolto musicale e, infatti, da questo poema è stato tratto un Libretto dal drammaturgo inglese James Robinson Planché, musicato dal compositore Carl Maria von Weber [1786-1826]. Oberon in tre atti di Carl Maria von Weber, considerata un’opera romantica per eccellenza, è stata rappresentata per la prima volta con enorme successo a Londra il 12 aprile 1826 ed è l’ultima fatica di questo eminente autore morto due mesi dopo, il quale riesce a dare voce, con l’orchestra attraverso effetti timbrici di grande valore, agli elementi fantastici, magici e pittoreschi del racconto, e la maestria nella strumentazione di Carl Maria von Weber ha contribuito a determinare il carattere fantastico e magico della musica sinfonica “romantica”.

REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Navigando in rete potete ascoltare, prima di tutto, l’Ouverture dell’opera Oberon di Carl Maria von Weber e potete anche conoscere la storia di questa composizione che, nonostante sia considerata un capolavoro, l’autore avrebbe voluto rivedere nella sua struttura... 

Incuriositevi perché la curiosità giova a educare l’orecchio...

     Wieland, nello scrivere il testo di Oberon, intende utilizzare la poesia di carattere romantico-sentimentale con un obiettivo pedagogico d’impronta classica, in quanto vuole prescrivere una morale di carattere illuminista per spronare la persona che legge a combattere le proprie debolezze e a controllare le proprie passioni perché, come si legge in un verso di Oberon: «Bisogna cercare la virtù per poter trovare la felicità.».

     L’intento di Wieland è quello di far esprimere al personaggio di Oberon le qualità del suo carattere [e del carattere di chi opera nel cenacolo culturale di Weimar]: «Le persone che si dedicano a investire in intelligenza è bene abbiano [scrive Wieland] una personalità e un temperamento versatile, duttile, cosmopolita, ironico», e l’Oberon del poema di Wieland è uno spirito leggero che ha perso la pesantezza tipica della figura dello gnomo [benigno o maligno che sia] da cui deriva. E, alla fine del poema, nessuno è più contento di Oberon quando vede le sue protette e i suoi protetti, che aveva dovuto mettere duramente alla prova, riuniti e felici alla corte di Parigi perché è uno spirito colmo di profonda umanità che sa trovare, e invita a trovare, nel Mondo così com’è, senza rifugiarsi in altri mondi, il bene e la felicità. «Se oggi Wieland potesse dare un giudizio sul suo lavoro di scrittore [scrive Elena Croce nell’Avvertenza alla sua traduzione italiana di Oberon] direbbe che il suo poema fantastico romantico predica le migliori idee illuministe derivate dal mondo dei Classici.». Ma Oberon, re degli elfi, e sua moglie Titania, la regina delle fate, oltre che nelle biblioteche li troviamo anche quasi ai confini del sistema solare: infatti l’astronomo inglese di origine tedesca Wilhelm Herschel, nel 1781, con il suo cannocchiale, ha scoperto l’esistenza del pianeta Urano, il settimo del sistema solare, e nel 1787 ha individuato i primi due satelliti di questo pianeta, ed essendo anche un appassionato lettore di poemi fantastici li ha chiamati: Titania [che è il terzo satellite, il più grande del pianeta Urano] e Oberon [il quarto satellite del pianeta Urano] visto che la sonda Voyager 2 nel 1986 ha scoperto che il pianeta Urano ha ben 28 lune.

REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Fate una visita - navigando in rete - al pianeta Urano...  A volte per viaggiare soprattutto in un luogo poco ospitale basta poco: è sufficiente un incentivo di carattere letterario perché leggere e viaggiare sono azioni complementari…

     Leggiamo un frammento da Oberon: nel momento in cui questo mitico personaggio entra in scena.

Christoph Martin Wieland,  Oberon

Oberon appare sulla porta d’oro di un castello, che par tessuto di tramonto, bello

avanza nei bagliori dell’aria lucenti, guidando un carro tirato da leopardi ruggenti.

Il suo aspetto è quello del dio dell’amore, fanciullo, dal grembo di Afrodite partorito, fanciullo sì ma con una forza che sconvolge la Natura solo levando un dito.

Oberon appare come figura strana: re delle fate e degli elfi dalla fama arcana,

potentissimo domatore di elementi, dall’aspetto di un angelo neonato,

porta con sé un corno d’avorio che pende dal suo fianco alato. È bellissimo,

sebbene spaventoso agli astanti per il terribile suo sguardo irato.

Convive in lui una parte umana e bonaria ma con caratteri demoniaci e tenebrosi

che lo rendono implacabile giudice, ispiratore di violenti uragani fragorosi.

Tiene in mano il suo bastone di comando, il giglio magico e potente, il simbolo

della purezza del cuore affettuoso perché Oberon è il protettore dell’amor virtuoso.

Appare e scompare per magia, genio fatato e leggero, fantasma, spirito iridescente

è vibrante potenza non afferrabile, ma sempre e comunque onnipresente.

La sua ira è giustizia, e insegna la costante via dell’espiazione, e con la sua benigna     

comprensione aiuta ogni persona a intraprendere il cammino verso la perfezione. …

     Goethe, a Natale del 1781 [proprio quando Wilhelm Herschel, con il suo cannocchiale, scopriva l’esistenza del pianeta Urano] manda una corona d’alloro all’amico Wieland, a lode del suo Oberon, e sul biglietto d’accompagnamento scrive: «Finché un poeta rimarrà poeta, l'oro oro e il cristallo cristallo, Oberon verrà amato ed ammiratocome un capolavoro dell'arte poetica.». E a Goethe [come sappiamo da qualche settimana] è venuta voglia di viaggiare anche per allontanarsi un po’ da Weimar, comunque ci metterà ancora qualche anno per decidersi, e poi, nel 1786, partirà furtivamente.

     Goethe parte da Weimar in carrozza per raggiungere l’Italia e - dopo aver fatto tappa a Ratisbona - l’8 settembre 1786 arriva al passo del Brennero: è stanco e contrariato. Le strade sono accidentate, le carrozze non hanno ammortizzatori e, forse, Goethe sta pensando che sarebbe stato bello poter partire in volo, e questo suo pensiero ci fa incontrare prima di concludere un altro personaggio del quale conosceremo meglio vita e opere nel prossimo itinerario prima di seguire Goethe in Italia. Si tratta di uno scrittore tedesco che ha scelto per sé lo pseudonimo di Jean Paul [alla francese] ma che all’anagrafe si chiama Johann Paul Friedrich Richter [1763-1825]. Anche lui, nel 1796, ha frequentato il cenacolo di Weimar, è stato amico di Wieland e di Herder [che apprezzano le sue opere] e anche di Goethe e di Schiller, però, per il suo spirito ironico, burlone e pessimista, come vedremo, mantiene un atteggiamento indipendente e per un certo verso antagonista rispetto alla poetica di Weimar [anche se ha imparato molto soprattutto dalle opere di Wieland].

     Ora - in relazione a Goethe che sta pensando che sarebbe stato meglio poter partire in volo - ci occupiamo di una curiosa opera di Jean Paul, scritta nel 1801 [e accessibile, perché tradotta e pubblicata in italiano], intitolata Giornale di bordo dell’aeronauta Giannozzo. Giannozzo è l’alter-ego dello scrittore e questo personaggio è un birbante che viene preso dal desiderio di un’ascensione in mongolfiera all’udire la parola “revenant” [fantasma]. Giannozzo fugge da uno zio spilorcio e diffidente, e novello Oberon spiega «le azotiche ali» della sua mongolfiera e, munito di un piccolo corno da postiglione e di un binocolo, vola sui minuscoli Stati della Germania: le città gli appaiono «come banchi di ostriche, abitate da figurine di piombo, semplici comparse senza spirito né ideali» [come gli Abderiti]. Giannozzo, per puro divertimento, compie improvvise incursioni gettando lo scompiglio in queste terre, e sul suo Giornale di bordo annota i numerosi scherzi beffardi che compie mentre osserva dall’alto «tutti i teatri della vita». Ma il suo occhio spazia anche tra monti e ghiacciai, laghi e boschi, e nelle radure individua cervi e caprioli, e sulle pietraie in prossimità delle vette è attratto dai salti del camoscio e, nel cielo terso e abbagliante, vola, con il suo aereo pallone, insieme ai falchi. Giannozzo aleggia senza meta con la sua mongolfiera affidata al capriccio dai venti e descrive puntigliosamente tanto gli straordinari eventi accaduti quanto le singolari riflessioni maturate nel corso dei suoi quattordici viaggi aerei, e l’euforia del volo si mescola, fin dall’inizio, con il presagio pungente della catastrofe del possibile schianto che prevede la rottura dell’osso del collo, e la catastrofe personale è la metafora di quella collettiva dell’Umanità contaminata dall’ingiustizia e dalla presunzione. Leggere la prosa di Jean Paul ricca di idee buffe e bizzarre, colma di estri geniali, straripante di metafore “selvagge” [come sono state definite], di trame “labirintiche”, di citazioni colte [da seguire in nota] e contenente tutta una serie [così dicono le esperte e gli esperti] di “incantevoli farneticazioni tutte fornite di senso”, è un esercizio [un LEGERE MULTUM...] che comporta pazienza, ma è divertente [una volta entrato nell’orecchio] e utile per la mente in quanto produce un aumento delle competenze che la lettrice e il lettore deve poter affinare.

REPERTORIO E TRAMA … per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Richiedete in biblioteca Giornale di bordo dell’aeronauta Giannozzo di Jean Paul e leggetene qualche pagina, incuriositevi che leggere e volare sono sinonimi...

     In attesa di incontrare ancora Jean Paul [altre sue opere sono degne di nota] leggiamo una pagina da Giornale di bordo dell’aeronauta Giannozzo.

Jean Paul, Giornale di bordo dell’aeronauta Giannozzo

La prima idea di questa ascensione mi venne udendo la parola: revenant. Qualcuno la pronunciò per caso davanti a me: io immaginai la gioia ineffabile di essere un fantasma - mi si aprì subito un vaso di Pandora, un otre eolio di fantasie. O beati voi, spiriti! Come sarei pronto a spostare pietre confinarie e recuperare beni illegalmente acquisiti, se ne ottenessi in cambio quella libertà di cui, al pari delle maschere, godono gli spiriti: potrei aggirarmi qua e là in forme terrificanti e trasformare a mio piacere la faccia di qualche furfante in un anagramma fisionomico. Trasformato in mite pescecane, mi metterei a sbadigliare davanti al commissario generale dell’esercito, e di fronte a un nobile consesso in abito di gala che già intinge i suoi tentacoli di coleottero in un bel pasticcio di carne, ne balzerei fuori vivo e bagnato come un’orrenda arpia, e non passerebbe giorno senza che io non facessi saltar fuori dalle loro misere bottegucce piene di consunte idee e logore convinzioni queste comparse, questi umuncoli settecenteschi, gretti, senza né spiriti né ideali, spaventandoli con qualcosa di soprannaturale (potrei volare come un angelo attraverso la sala) sorprendendoli e stringendo i pugni pensando al maledetto Due cioè all’ingiustizia e alla presunzione qualità di una mostruosa quantità di briganti e di cialtroni che possono fare quello che vogliono in tanti paesi e in tante epoche, senza che a questi galletti io possa tagliare a chi gli speroni a chi la cresta in modo che smettano di succhiare, pungere, colpire, spennare impunemente … Ah che dolci sogni idilliaci, rompere loro la testa piombando in picchiata dall’alto del cielo! …

     Goethe, l’8 settembre 1786 arriva al passo del Brennero dove c’è un unico albergo chiamato “Casa postale del Brennero” e lì, dopo aver scritto la sua pagina di diario giornaliera, decide anche di disegnare questo albergo che lo ospita. Scrive Goethe: «Quando ebbi finito di scrivere le pagine del mio diario volli disegnare l'albergo: ma non riuscii a trovare la giusta ispirazione e rientrai nel mio alloggio molto stanco e un po' contrariato.». Ebbene, come avete capito, si potrebbe dire che “a Goethe girano i pensieri!” ma appena penetra in territorio italiano gli torna il buon umore. Perché il viaggio in Italia mette Goethe di buon umore?

     Per rispondere a questa e a molte altre domande dobbiamo procedere con lo spirito utopico che lo studio porta con sé consapevoli del fatto che non dobbiamo mai perdere la volontà di imparare, per questo la Scuola è qui, e il viaggio continua…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lezione del: 
Venerdì, Gennaio 24, 2025