Autorizzazione all'uso dei cookies

SUL TERRITORIO DEL SETTECENTO SI PARLA DI “STRABISMO DEI LUMI” …

Lezione N.: 
4

ASSOCIAZIONE ARTICOLO 34 - «LA SCUOLA È APERTA A TUTTI»

PERCORSO DEL PENSIERO UMANO IN FUNZIONE

DELLA DIDATTICA DELLA LETTURA E DELLA SCRITTURA

Prof. Giuseppe Nibbi

La sapienza poetica e filosofica nel secolo dei Lumi

23-24-25  novembre e 2  dicembre 2022

SUL TERRITORIO DEL SETTECENTO

SI PARLA DI “STRABISMO DEI LUMI” …

     Questo è il quarto itinerario del nostro viaggio sul territorio del Settecento, un secolo durante il quale, negli Studi fatti negli ultimi decenni, si sente parlare di “strabismo dei Lumi”. Tutte e tutti noi conosciamo il significato della parola “strabismo” e, a questo proposito, credo si possa citare [e rileggere] un breve brano, un apologo, tratto da un libro intitolato Scrivere a mezzanotte che è stato stampato nel 1990 a cura dell’Associazione intercomunale dell’Area fiorentina e dai Comuni di Impruneta e di Bagno a Ripoli, ed è un libro che contiene testi prodotti nell’Officina di apprendistato cognitivo della nostra Scuola durante il primo decennio di questa esperienza scolastica. Ebbene, in questo apologo si capisce in quale ottica ci si debba avvicinare alla parola “strabismo” anche quando ci si riferisce a “lo strabismo dei Lumi”, un fenomeno sul quale cercheremo di fare il punto questa sera.

da Scrivere a mezzanotte [testo di Mario Rosi]

Il Billi di San Polo era un uomo anziano. Viveva da solo ed era anche senza casa, ed abitava nella capanna di Noello, un contadino della zona. Di mestiere il Billi ammazzava i maiali e aveva una caratteristica particolare: era strabico. Un giorno andò ad ammazzare il maiale del Palle, un contadino curioso e pronto di battuta che abitava in Valle, una località verso il Poggio alla Croce. Il Palle reggeva il maiale e il Billi era pronto a bucarlo con lo spillone guardando all’insù. Il Palle, fingendosi preoccupato, gli disse: «O Billi! Che miri in do’ tu guardi?». «Certo!» rispose il Billi. E il Palle ribatté ridendo: «Allora aspetta, che vo’ io nel posto del maiale!». …

     In questo apologo si evidenzia il fatto che il difetto non impedisce allo strabico di mirare nel modo giusto, e chi sta vicino a lui lo sa e vuole ironicamente sottolineare che spesso il bersaglio lo si colpisce proprio guardando in un’altra direzione.

     Ora non c’è dubbio che la dicitura “lo strabismo dei Lumi”, un fenomeno che si verifica alla fine del secolo, risulti per noi poco comprensibile visto che su questo territorio abbiamo fatto, per ora, poca strada e, quindi per conoscere, per capire e per applicarci, dobbiamo procedere con ordine.

     Nell’itinerario precedente abbiamo incontrato Vittorio Alfieri il quale come sapete, prima di morire, scrive un’opera molto polemica che s’intitola Misogallo, un’espressione che possiamo tradurre: “Contro tutto quello che è francese”: e, difatti, con questo testo Alfieri vuole opporsi all’invadenza degli intellettuali francesi e all’uso spropositato della lingua francese che, gradualmente, nel corso del ‘700, ha colonizzato la cultura europea. Alfieri  scrive quest’opera nel 1796 e, quindi, stiamo parlando di un evento editoriale che avviene alla fine del secolo dei Lumi, e Alfieri, con la mente già proiettata oltre l’Illuminismo, denuncia una situazione e riflette sulle ragioni per cui si è verificata.

     Nell’itinerario scorso abbiamo anche incontrato la contessa d’Albany [compagna di Vittorio Alfieri] che, per vent’anni, “tiene salotto” a Roma e a Firenze, oltre che a Parigi, e la lingua che si parla nei salotti, la lingua dell’Europa che conta nel ‘700 è il francese, e su questa questione, come ci ricorda Alfieri, dobbiamo riflettere per capire per quanto è possibile i molteplici aspetti di quel complesso movimento che chiamiamo l’Illuminismo.

     E allora [procediamo con ordine, e a orecchio], se dalla prima metà del ‘700 mettiamo l’orecchio nelle corti, nei salotti, nei circoli culturali di Vienna, di Varsavia, di Stoccolma, di San Pietroburgo, ebbene, in questi posti si sente conversare nella stessa lingua che si parla a Parigi, e per riflettere su questa questione come ricorderete abbiamo appuntamento con una persona molto ben informata: l’abate Louis-Antoine Caraccioli.

     L’abate [e marchese] Louis-Antoine Caraccioli [1719-1803] è nato a Parigi in una nobile famiglia di origine napoletana ed è stato uno scrittore assai prolifico che si è espresso - mediante una lunga serie di Saggi - su una vasta gamma di argomenti [ci ricorda Plutarco di Cheronea (46-125 d.C.) che scrive 83 Opuscoli sui temi più disparati].

     L’abate Caraccioli nelle sue opere [nei suoi panphlets] ci ha lasciato moltissime informazioni soprattutto sui costumi e sulla moda del suo tempo, poi si è cimentato come poeta, come storico e come biografo di due papi della sua epoca, dei quali è amico e confidente, due pontefici spesso incerti sul da farsi e anche succubi a fasi alterne dei monarchi del loro tempo.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

A questo proposito - utilizzando una “Storia dei papi” che trovate in biblioteca e navigando in rete - andate a documentarvi su Clemente XIII [il veneziano Carlo Rezzonico papa dal 1758 al 1769] e Clemente XIV [Giovanni Vincenzo Antonio Ganganelli originario di Sant’Arcangelo di Romagna papa dal 1769 al 1774] entrambi coinvolti nelle vicissitudini riguardanti l’ordine dei Gesuiti…

Questo tema è di attualità visto che, per la prima volta nella storia, assistiamo al pontificato di un papa gesuita, ed è, di conseguenza, opportuno informarsi in proposito...

     L’abate Caraccioli ha inoltre esercitato soprattutto la sua passione di bibliofilo [ama i libri e ama curarne la fattura impegnandosi sul piano editoriale (per questo ha speso tutte le sue risorse ed è morto in povertà)], e poi si è occupato di filosofia e ha viaggiato in tutta Europa e sono istruttive le sue Relazioni sui viaggi che ha compiuto.

     Nel 1771 l’abate Caraccioli [ed è questo il motivo principale per cui noi lo stiamo incontrando] scrive un saggio che s’intitola Europa francese [un’opera inserita in uno scritto molto più ampio intitolato Il viaggio della ragione in Europa] nell’incipit del quale si legge: «L’universalità della lingua francese è un dato di fatto e questa straordinaria riuscita avviene sotto il segno della gioia e del piacere. La forza di attrazione della Francia e, quindi, della sua lingua, e l’irradiazione della sua cultura per tutta l’Europa, non dipendono  né dal prestigio della monarchia, né dalla potenza dei suoi eserciti, né della sua diplomazia. La Francia seduce per la sua filosofia di vita che consiste nel pensare che esiste una provvidenza divina e, quindi, esiste l’ottimismo, e i cosiddetti nuovi filosofi parigini hanno messo ben in evidenza questi aspetti positivi».

     Ebbene, l’abate Caraccioli che, facendo il biografo, giustifica il comportamento di due papi reazionari che mettono all’Indice L’Enciclopedia [un’impresa editoriale di cui ci occuperemo] e condannano le idee dell’Illuminismo [sulle quali ci documenteremo strada facendo], come può contemporaneamente esaltare, apparentemente con grande enfasi, “la filosofia di vita” della Francia messa in evidenza dai filosofi dei Lumi che incontreremo?

     Da che parte sta l’abate Caraccioli [al quale vien da domandare: «Che miri in do’ tu guardi?»]? L’abate Caraccioli sa bene quello che fa: osserva il mondo che lo circonda utilizzando la tecnica dello strabismo e se, da una parte, come biografo, non intende inimicarsi la Chiesa di Roma alla quale vuole essere fedele, dall’altra, nel suo Saggio, elenca con apparente entusiasmo i punti fondamentali della “nuova filosofia” che ha conquistato l’Europa e ha fatto sì che si diffondesse la lingua francese mediante la quale è stata messa in evidenza “la centralità della ragione”, la principale idea-cardine dell’Illuminismo. A Parigi “i [cosiddetti] nuovi filosofi” [che incontreremo] hanno promosso, scrive Caraccioli, il progresso delle scienze e delle arti, hanno sostenuto la diffusione del sapere, hanno favorito una maggiore socievolezza che permette alle persone di comunicare meglio tra loro; “i nuovi filosofi” [che incontreremo] hanno incoraggiato la diffusione dell’istruzione, delle buone maniere e il senso del buon gusto. Ecco, scrive Caraccioli, qual è “il materiale da esportazione francese” che ha conquistato l’Europa: la scienza, l’arte, la socievolezza, l’educazione e il buon gusto! C’è però [scrive con lungimiranza Caraccioli, assumendo un tono critico] un elemento negativo: il fatto che l’Europa di cui si parla è quella delle corti, dei salotti, dei circoli culturali e non l’Europa delle genti che continuano a essere tagliate fuori dai processi educativi.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Quale di queste parole-chiave - scienza, arte, socievolezza, educazione, buon gusto – scegliereste per prima scrivendo anche, volendo, quattro righe in proposito per motivare la vostra scelta …

     Il “materiale da esportazione francese” costituito dalla scienza, dall’arte, dalla socievolezza, dall’educazione e dal buon gusto a prima vista si potrebbe conciliare [sostiene Caraccioli, usando il condizionale] con gli ideali contenuti nella Letteratura dei Vangeli che sono orientati verso la pace, la generosità e la fraternità, e per questo il Vangelo, scrive Caraccioli, potrebbe essere predicato e venir presentato in un’ottica meno esigente, più affettuosa, più conciliante perché, in effetti, la società è composta da persone [tanto gli aristocratici quanto i borghesi, che sono gli individui che contano] dotate di una certa frivolezza, di un’indubbia superficialità e sempre alla ricerca di cose che procurino piacere; e si richiede [lo richiedono le classi aristocratica e borghese] che queste debolezze, scrive Caraccioli, siano capite e compatite da parte della Chiesa anche perché servirebbero a stemperare l’aggressività e a orientare gli animi verso la pratica di un cristianesimo più indulgente e anche più amabile. Ebbene, dopo aver fatto questa analisi [tutta al condizionale] guardando in alto, l’abate Caraccioli, nel saggio intitolato Europa francese del 1771, tiene lo spillone in mano [come il Billi] pronto a colpire un bersaglio che sta dalla parte opposta rispetto a dove guarda e, così facendo, contribuisce a dare forma a quello che è stato chiamato “lo strabismo dei Lumi”.

     Scrive l’abate Caraccioli nel saggio Europa francese [del 1771]: «Nella nuova filosofia di vita che si è sviluppata in Francia alla luce della ragione, la società cristiana si presenta come provvidenziale, ottimista, indulgente, amabile, sotto il segno della gioia e del piacere, e in questo fenomeno sta il successo della cultura e della lingua francese in Europa. Questo è lo spirito che ha conquistato l’intero continente. Ma [si domanda l’abate Caraccioli in tono critico] è proprio vero ciò che stiamo affermando oppure occorre, proprio alla luce della ragione, utilizzare più cautela? Di fronte a questa realtà - che pone oggi la Francia al centro dell’Universo - ogni persona dotata di raziocinio non dovrebbero esimersi dal fare una necessaria riflessione per valutare se questo, che è venuto a crearsi, sia davvero il mondo migliore possibile». Questa riflessione ci fa capire che all’abate Caraccioli non va a genio un cristianesimo poco esigente, affettuoso, conciliante e decorativo [come lui lo chiama], non gradisce un cristianesimo che dispensa una sorta di “consolatoria beatitudine” in una società che, alla luce della ragione, è, o pretenderebbe di essere, permeata dalla gioia e dal piacere.

     E, di conseguenza, proprio alla luce della ragione, secondo il pensiero dei Lumi, l’abate Caraccioli sente la necessità di imbastire una riflessione sul concetto di “beatitudine” utilizzando contenuti che noi abbiamo avuto occasione di studiare ultimamente. Il tessuto culturale francese, scrive Caraccioli, è influenzato da secoli dal pensiero di una storica corrente di impronta benedettina, il pensiero di Port-Royal, che ha una visione rigorosa del cristianesimo e che considera privilegiate dal Vangelo le classi sociali senza potere: secondo la Letteratura dei Vangeli, scrive Caraccioli, i soggetti depositari di beatitudine sono, inequivocabilmente, i poveri, i diseredati, gli afflitti, gli sfruttati, i deboli, gli emarginati e, quindi la storia della salvezza, alla luce della ragione, non passa per quei posti di finta beatitudine che sono le corti, le dimore dell’aristocrazia e i palazzi della borghesia, ma la storia della salvezza, alla luce della ragione, passa per la via delle Beatitudini evangeliche.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

E, in proposito, potete leggere o rileggere i capitoli 5, 6 e 7 del Vangelo secondo Matteo e potete scrivere qualche versetto che, nel testo di questi capitoli, vi ha colpito maggiormente e, di conseguenza, ritenete sia doveroso metterlo in evidenza... 

     Il pensiero di Port-Royal, a cui l’abate Caraccioli fa riferimento, è [come molte e molti di voi sanno] inviso alla corte francese e alla società aristocratica e, di conseguenza, nel 1710, Luigi XIV [il Re Sole, colui che si considera l’uomo più potente della Terra e monarca per volontà di Dio] aveva ordinato di radere al suolo le due abbazie di Port-Royal. Il potere assoluto fa abbattere le strutture [perseguita le monache benedettine e i Solitari di Port-Royal, tra i quali c’è anche Blaise Pascal] ma non riesce a estirpare i principi di ordine morale ed educativo che l’esperienza di Port-Royal ha seminato in Europa e che permangono sotto traccia: l’abate Caraccioli, a distanza di oltre mezzo secolo, vuole rievocare con la dovuta circospezione questi avvenimenti [che nessuno conosce perché su di essi è stato steso un velo in quanto scomodi per chi gestisce il potere] per chiarire che la filosofia del secolo dei Lumi è entrata in incubazione proprio in merito al pensiero di Port-Royal. E, quindi, per condurre la sua riflessione, l’abate Caraccioli utilizza contenuti che noi abbiamo avuto occasione di studiare negli ultimi anni.

     L’abate Caraccioli - nella sua opera intitolata Europa francese [del 1771] - ci mette al corrente del fatto che la nuova filosofia del secolo dei Lumi si sviluppa, in tutta Europa, all’interno di una società cristianizzata dove il cristianesimo continua a rivelare, come sempre fin dalle origini, le sue diverse anime e la sua eterogeneità dottrinale [c’è un’anima cristiana ottimista, benevola, amabile gradita all’aristocrazia e ce n’è un’altra scettica, rigorosa, esigente, d’impronta evangelica che privilegia le classi umili] e, di conseguenza, proprio a causa di questa frammentazione ideologica, si deve capire [prima di cominciare a studiarlo] che “il movimento dei Lumi” è un fenomeno complesso, con molte sfaccettature al suo interno. Alla nascita e alla crescita del pensiero illuminista, scrive l’abate Caraccioli, hanno contribuito - spesso in modo contraddittorio e conflittuale - personaggi che operano su fronti intellettuali diversi, e il lavoro da editorialista dell’abate Caraccioli risulta di grande utilità per chi vuole per motivi di studio avventurarsi sul territorio del secolo dei Lumi.

     L’abate Caraccioli è uno scrittore, un filosofo, un viaggiatore che frequenta assiduamente le corti europee dove, nei salotti, intrattiene rapporti con persone entusiaste della nuova filosofia e soddisfatte per l’ottimismo provvidenziale che il pensiero dei Lumi veicola negli ambienti aristocratici dove già si coltiva una mentalità cristiana perbenista e accomodante. Il fatto è che l’abate Caraccioli, come sappiamo, non condivide questo atteggiamento che lui considera superficiale e, quindi, [dissimulando] visita anche altri ambienti [e conduce una doppia vita] perché, a Parigi, in rue Saint-Jacques, frequenta certe case dove si riuniscono clandestinamente quegli intellettuali che intendono continuare a coltivare “lo spirito rigoroso” di Port-Royal mantenendo un rapporto con le classi umili della popolazione angariate dal potere assoluto. Naturalmente l’abate Caraccioli si guarda bene dal rivelare le sue frequentazioni, però, nel testo del saggio Europa francese [del 1771], fa delle indicative allusioni in chiave bibliografica quando accenna al fatto che non disdegna quegli ambienti in cui s’incontrano gli estimatori dell’opera di Fénelon-

     Fénelon [François de Solignac de la Mothe, 1651-1715] è un nobile prelato e uno scrittore che ha composto tra molte altre opere un romanzo educativo pubblicato nel 1699 intitolato Le avventure di Télemaco [Continuazione del quarto libro dell’Odissea di Omero] in cui descrive il viaggio avventuroso, e di formazione, di Telemaco alla ricerca di suo padre Ulisse. Questo romanzo è stato scritto per educare il giovane duca di Borgogna perché impari e sappia ben governare, e questo Libro - per le idee che contiene - ha avuto successo in tutta Europa, e il Re Sole vi ha visto una critica al suo modo assolutista di regnare e ha condannato quest’opera come eversiva e ha imposto a Fénelon, che intanto era stato nominato arcivescovo di Cambrai, di non uscire dai confini di questa diocesi. I nuovi filosofi parigini hanno apprezzato quest’opera come manifesto di una dottrina per un governo politico illuminato.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Utilizzando l’enciclopedia e navigando in rete andate a conoscere Fénelon, e a visitare il castello dove è nato [il Castello di Fénelon nel Périgord] e la diocesi di Cambrai, nel nord della Francia, dove è morto in esilio...

In biblioteca potete richiedere  Le avventure di Telemaco  per leggerne qualche pagina …

     Se potessimo osservare l’abate Caraccioli mentre partecipa negli anni ’70 e ’80 del ‘700 ai ricevimenti che si svolgono presso le più importanti corti europee dove si parla francese, scopriremmo che riscuote molto successo mentre conversa esaltando il valore del “materiale da esportazione” [la scienza, l’arte, la socievolezza, l’educazione, il buon gusto] con il quale la Francia ha conquistato l’Europa ma, come ci lascia intendere nel saggio Europa francese, s’impegna anche, con circospezione, a sollevare il velo di silenzio imposto dal potere assoluto su una questione: la vicenda di Port-Royal.

     L’abate Caraccioli, utilizzando la massima prudenza, ritiene opportuno informare quelle che lui giudica “le persone più intelligenti e senza pregiudizi”, che incontra nei salotti europei, sul fatto che la filosofia del secolo dei Lumi ha preso spunto da una grande esperienza culturale ed educativa che è maturata a Port-Royal e, quindi, dell’Illuminismo, ribadisce Caraccioli, sono validi, e rimarranno impressi nella Storia del Pensiero Umano, soprattutto quei principi che fanno riferimento a quella feconda stagione intellettuale. Tutte le persone con le quali l’abate Caraccioli stabilisce una relazione fondata sulla complicità intellettuale ignorano la storia e il pensiero di Port-Royal perché il monarca assoluto [il Re Sole] si è premurato dal 1710 di far calare il silenzio su Port-Royal e, difatti, questo nome ricorda a tutte le interlocutrici e gli interlocutori dell’abate Caraccioli solo una condanna per eresia. Si capisce che, in privato, l’abate Caraccioli ha raccontato che cosa è stato Port-Royal e in che modo i principi maturali a Port-Royal abbiano influenzato il pensiero dell’età dei Lumi e, a questo proposito, dissemina il testo del saggio Europa francese di concetti riguardanti l’eredità culturale ed educativa di Port-Royal mettendo in evidenza quale contribuito abbia dato il pensiero di Port-Royal alla nascita del movimento illuminista perché ha sempre tenuto in grande considerazione l’attività della Ragione purgata dall’astuzia, e ha coltivato fin dalle origini quell’ideale di ragionevolezza che costituisce la radice da cui germoglia il pensiero dell’Illuminismo.

     La nostra Scuola, nel viaggio dell’anno 2019-2020, ha dedicato quattro itinerari allo studio della storia e del pensiero di Port-Royal e ora noi non possiamo far altro che procedere mettendo in evidenza in modo sintetico quegli aspetti - presenti nell’opera dell’abate Caraccioli - che dimostrano come i cosiddetti nuovi filosofi parigini [che incontreremo strada facendo] siano eredi della tradizione intellettuale di Port-Royal [su questa questione - l’eredità di Port-Royal nei confronti dell’età dei Lumi - l’abate Caraccioli intende informare il maggior numero di persone possibile!].

     E che cosa eredita l’età dei Lumi da Port-Royal? Molte e molti di voi sanno che Port-Royal è un luogo che corrisponde a due siti diversi e a due diverse abbazie, e sanno che questo nome rimanda anche a una significativa metafora perché richiama l’impegno per realizzare una riforma della Chiesa e della cristianità in senso evangelico [il termine Port-Royal significa “il porto dove attracca la navicella di Cristo-Re”]. Quindi ricorderete che nella Storia di Port-Royal esistono due abbazie: una risalente al Medioevo, la più antica, situata in campagna a est di Parigi, nella paludosa e insalubre valle della Chevreuse a sud di Versailles, detta Port-Royal des Champs e una seconda abbazia risalente all’età moderna collocata, dal 1625, nella periferia parigina, nel quartiere di Saint Jacques, detta Port-Royal de Paris. L’abbazia di Port-Royal des Champs, come ricorderete, è stata fondata nel 1204 da Matilde di Garlanda, una nobildonna tedesca che, dopo essere rimasta vedova, porta in Francia, con l’aiuto di quattro consorelle e investendo i suoi averi, la regola benedettina secondo lo stile monastico inaugurato mezzo secolo prima da quel grande personaggio che è Ildegarda di Bingen [(1098–1179), la visionaria scrittrice, la curatrice, la filosofa, la musicista, la consigliera di papi, di re e di imperatori, la prima badessa con pieni poteri, la guida della “consorteria delle badesse”, la monaca già beata in vita] che, come abbiamo studiato in molti contesti, pone al centro dell’impegno delle comunità religiose femminili da lei promosse l’attuazione del concetto di “viridità” [in latino la parola “viriditas” rimanda ai termini “disponibilità, salute, rigoglio”]. Ildegarda, nella sua opera intitolata Scivias (Conosci le vie), attacca senza alcun timore e con piglio visionario “i dottori” [gli ecclesiastici] e “i superiori” [i feudatari] che non conoscono la giustizia ma praticano solo la repressione, e non sanno che la libertà nasce dalle regole perché se non c’è un limite alla libertà il mondo creato diventa una cloaca e una prigione: il modello della virilità [il maschilismo] va sostituito, sostiene Ildegarda, con quello della viridità, la condizione che riassume “gli attributi femminili” [uno stato di grazia che contiene la predisposizione alla disponibilità, alla salute, al rigoglio] che devono diventare le prerogative di tutte le persone indipendentemente dal genere di appartenenza [Ildegarda propugna l’abolizione della servitù della gleba con l’introduzione nella società della Regola benedettina (quattro ore per lavorare, quattro ore per studiare, quattro ore per pregare, quattro ore per prendersi cura di sé e delle altre persone e otto ore per riposare)]. Matilde di Garlanda, emigrata nella paludosa e insalubre valle della Chevreuse venticinque anni dopo la morte di Ildegarda, pone a fondamento della Regola benedettina del monastero di Port-Royal il concetto di “viridità”: in termini ambientali e materiali [perché bisogna dare rigoglio alla valle della Chevreuse], in termini spirituali [perché bisogna procurare la salute alle anime] e in termini politici [perché una badessa deve avere la stessa disponibilità, lo stesso potere di un abate]. Matilde di Garlanda è consapevole del fatto che Ildegarda è stata “una visionaria” che ha ragionevolmente tenuta nascosta questa sua “attitudine” fino al 1136 quando, all’età di trentotto anni, viene eletta badessa del convento di Disibodenberg e allora decide di uscire gradualmente allo scoperto stando sempre molto attenta a che il contenuto delle sue “visioni” [del suo pensiero filosofico] rimanga nel perimetro dell’ortodossia. Matilde di Garlanda è consapevole del fatto che Ildegarda, muovendosi con grande saggezza e ragionevolezza, decide di mostrarsi ai suoi contemporanei comportandosi come se fosse “una profetessa in contatto con l’aldilà celeste” e si presenta come “una figura mistica” proclamando che “la Fede sovrasta la Ragione ma senza la Ragione la Fede non trova espressione” e, di conseguenza, decide di scrivere il contenuto delle sue “visioni” [e conquista il diritto alla scrittura, un esercizio che alle monache era vietato]. Matilde di Garlanda è consapevole del fatto che Ildegarda vuole scrivere per dare una forma intellettuale, razionale, ben precisa al fenomeno visionario che la riguarda perché vuole che sia valutato in chiave dialettica come pensiero filosofico, perché, se la Fede [secondo la tradizione della Filosofia scolastica] è superiore alla Ragione tuttavia Ildegarda pensa e scrive che la Ragione debba sempre accompagnare la Fede.

     In questa considerazione - che Matilde di Garlanda condivide pienamente - troviamo un elemento significativo che gradualmente [per quanto possa sembrare remoto] porta la Storia del Pensiero Umano verso l’emancipazione della Ragione che troverà, sostiene l’abate Caraccioli, il suo coronamento nel secolo dei Lumi. Ora noi [come abbiamo detto] sul tema riguardante la storia e il pensiero di Port-Royal dobbiamo procedere in modo sintetico sulla scia degli spunti presenti nell’opera dell’abate Caraccioli.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Chi volesse ripassare nel suo insieme la storia e il pensiero di Port-Royal può - collegandosi ai nostri siti www.inantibagno.it e www.scuolantibagno.net - usufruire dei testi e delle registrazioni delle Lezioni n. 6, 7, 8 e 9 del Percorso dell’anno scolastico 2019-2020 intitolato La sapienza poetica e filosofica dal secolo della Scienza a quello dei Lumi ...  Repetita iuvant...

     E ora - sulla scia delle sollecitazioni che ci vengono dall’opera dell’abate Caraccioli [Europa francese] - passiamo dal Medioevo all’Età moderna per dire che all’inizio del XVII secolo l’esperienza monastica in chiave benedettina di natura intellettuale ed educativa di Port-Royal attira molte donne, compresa la sorella di Blaise Pascal, che abbracciano la vita conventuale e attrae anche molti uomini, compreso Pascal, ma anche La Fontaine e Racine, alla ricerca di spiritualità tanto che…

     Nel 1625, utilizzando il denaro di un’eredità che ha ricevuto, la badessa Mère Angélique, al secolo Jacqueline Arnauld, compra una casa alla periferia di Parigi, nel faubourg Saint-Jacques, in rue Saint-Jacques, e apre un nuovo monastero che prende il nome di Port-Royal de Paris. Qui, nel 1635 si stabilisce, chiamato da Mère Angélique come direttore spirituale, l’abbé Jean Duvergier de Saint Cyran, un grande studioso, un monaco agostiniano molto intransigente nei confronti degli ecclesiastici che gestiscono il potere nella Chiesa di Roma e di Francia; a questi ecclesiastici, in particolare agli appartenenti alla corrente più mondana dei Gesuiti, si contesta un comportamento fatto di troppi compromessi con il mondo economico e con gli apparati del potere politico, e si disapprova un tipo di esegesi gesuitica che ha trasformato la figura di Paolo di Tarso in un guerriero della religione piuttosto che in un apostolo [un inviato speciale] della Fede evangelica: memorabili - a questo proposito (come li definisce l’abate Caraccioli nel saggio Europa francese) - sono i corsi tenuti a Port-Royal dall’abate di Saint Cyran sull’Epistolario di San Paolo, l’opera che dà origine alla Letteratura dei Vangeli. Alle attività colturali [di istruzione] promosse dal monastero di Port-Royal de Paris partecipano molti intellettuali cartesiani dediti allo studio della Matematica e della Fisica, i quali portano nella cultura di Port-Royal l’idea che la Ragione è, con i suoi limiti, lo strumento fondamentale per interpretare la realtà: ed ecco, afferma l’abate Caraccioli in Europa francese, che il pensiero dei Lumi entra in incubazione.

     Questi studiosi sono alla ricerca di spiritualità e di rigore morale, e decidono, nel 1637, di riunirsi in associazione e di chiamarsi i Solitari di Port-Royal, e i coordinatori di questo gruppo sono il filosofo Antoine Arnauld [1612-1694] e il pedagogista Pierre Nicole [1625-1695]: questi due personaggi, entrambi insegnanti alla Sorbona, [ricorda l’abate Caraccioli in Europa francese] sono i protagonisti dell’evento educativo più importante di Port-Royal e molto significativo a livello universale: la fondazione nel 1645 del programma delle Petites Ecoles [le Piccole Scuole di Port-Royal aperte a tutti]. Il programma delle Piccole Scuole di Port-Royal ha una base razionalista [si vuole educare la Ragione a non subire il ricatto dell’astuzia] e prescrive che la bontà, la pietà, la misericordia, l’amore di Dio va perseguito insegnando alla persona “a essere ragionevole” perché la Ragione è la facoltà che - per dono divino - ci rende esseri capaci di riflettere sulla nostra condizione “umana”. Se la persona diventa capace di governare la propria ragionevolezza [sostiene il programma delle Piccole Scuole di Port-Royal] è in grado di elevare il proprio pensiero, e può rinvigorire il proprio carattere, può sollevarsi dalla miseria materiale e dalla fragilità spirituale.

     Le proposte didattiche delle Piccole Scuole di Port-Royal sono all’avanguardia per quanto riguarda lo studio della lingua, delle scienze e della matematica [riporta l’abate Caraccioli in Europa francese] e hanno come obiettivo quello che ha formulato Michel de Montaigne nel 1580 nei suoi Saggi: «Compito dell’educazione è quello di far sì che la testa della persona diventi ben fatta piuttosto che ben piena».

     Antoine Arnauld e Pierre Nicole scrivono insieme i testi di due trattati molto importanti, il primo s’intitola Grammatica generale e ragionata, pubblicato anonimo nel 1660, un’opera di notevole rilevanza perché fa riflettere sull’insegnamento del linguaggio che si presenta come la struttura logica necessaria per la costruzione del pensiero umano; mentre il secondo trattato s’intitola Logica o l’arte di pensare, pubblicato anonimo nel 1662, un’opera [forse la più importante, secondo l’abate Caraccioli] che fa da battistrada al movimento illuminista perché al centro di questo manuale di teoria della conoscenza gli autori spiegano il funzionamento delle operazioni fondamentali dell’intelletto che sovrintendono all’attività razionale, e descrivono quelle che ritengono essere le principali operazioni necessarie per investire in intelligenza: percepire, giudicare, riflettere e associare. Ebbene, sulla scia di queste quattro azioni [afferma l’abate Caraccioli in Europa francese] ha preso l’avvio novant’anni dopo quel movimento che ha portato [come studieremo strada facendo] alla creazione de L’Encyclopédie. Nonostante questi meriti il monarca assoluto [il Re Sole] condanna e perseguita l’esperienza di Port-Royal ma non la estirpa idealmente anche se ne fa distruggere materialmente le strutture [e l’abate Caraccioli nel suo saggio Europa francese ne è testimone].

     I problemi per Port-Royal cominciano [come molte e molti di voi ricorderanno] dopo la pubblicazione, nel 1640, di un Libro che s’intitola Augustinus [Sul pensiero di Sant’Agostino] scritto dal teologo olandese Cornelis Jansen [che era già morto nel 1638] e che conosciamo col nome latino di Giansenio, il quale - prima di essere nominato vescovo di Ypres - è stato professore all’Università di Lovanio insieme all’abate di Saint Cyran, il direttore spirituale di Port-Royal, che è un convinto sostenitore delle idee di Giansenio. Di conseguenza, Port-Royal diventa un centro attivo del movimento giansenistico e, quindi, le monache e i Solitari di Port-Royal subiscono la sorte del Giansenismo perché cinque tesi del pensiero di Giansenio vengono denunciate dal Sant’Uffizio come contrarie alla dottrina ufficiale della Chiesa e, nel 1653, vengono condannate dal papa Innocenzo X [G.B. Pamphili, 1644-1655] con la bolla Cum occasione: in questo documento si contesta a Giansenio di aver negato l’efficacia dei sacramenti, ma Giansenio non nega il valore dei sacramenti, bensì sostiene che i sacramenti sono efficaci solo se c’è la Grazia di Dio, in quanto, di per sé, i sacramenti non danno la Grazia perché “lo stato di Grazia” si acquista per volontà di Dio e non per volontà della Chiesa. Se una persona [afferma Giansenio] non riceve in dono la Grazia di Dio - come scrive San Paolo nelle Lettere ai Tessalonicesi e ai Corinti - i sacramenti sono solo dei segni esteriori inefficaci che non si possono comprare. La bolla papale sostiene che spetta alla Chiesa amministrare i sacramenti in nome di Dio e che la Grazia di Dio si acquista solo dopo aver ricevuto i sacramenti amministrati dalla Chiesa. Giansenio sostiene che ci si salva “per fede nella grazia di Dio” e, siccome questa è anche la tesi luterana, il Sant’Uffizio ha buon gioco a dichiarare eretico Giansenio e, di conseguenza, anche le monache e i Solitari di Port-Royal vengono accusati di Giansenismo e condannati nonostante la strenua difesa di Arnauld e di Nicole che, alla Sorbona, tentano di giustificare le tesi di Giansenio. Ha inizio una lotta durissima tra la monarchia assoluta e il potere ecclesiastico da una parte e i due monasteri di Port-Royal dall’altra [di tutto questo che abbiamo detto e che stiamo dicendo, l’abate Caraccioli, per prudenza, nel testo della sua opera Europa francese non parla ma mette la pulce nell’orecchio di chi sta leggendo facendo continue allusioni].

     Le Piccole Scuole di Port-Royal resistono nella loro opera educativa fino al 1660, poi vengono chiuse d’autorità e Luigi XIV, nel 1705, ottiene dal papa Clemente XI [Gian Francesco Albani di Urbino] il permesso [scritto su carta intestata] di chiudere i due monasteri e le suore benedettine e i Solitari di Port-Royal vengono cacciati e dispersi ma lo spirito religioso e pedagogico di Port-Royal sopravvive e risulta fruttuoso per gli sviluppi intellettuali e politici successivi [e l’abate Caraccioli nel saggio Europa francese ne è testimone]: il programma delle Piccole Scuole di Port-Royal ha messo in incubazione il pensiero del secolo dei Lumi.

     Nel 1710 Luigi XIV [il Re Sole] ordina di abbattere le due abbazie, che vengono rase al suolo, spogliate dei loro simboli e persino i cimiteri annessi ai due monasteri vengono profanati: il potere assoluto fa abbattere le strutture, ma non riesce ad affossare i principi di ordine morale ed educativo che Port-Royal ha seminato.

     Che cosa rimane, oggi, di Port-Royal? Ebbene, a Parigi, si può andare - visto che l’abbazia non esiste più [al suo posto c’è una piazza] - alla scoperta dei luoghi di Port-Royal de Paris, e poi è necessario uscire da Parigi per vedere ciò che resta di Port-Royal des Champs. Dell’abbazia di Port-Royal des Champs, oggi, rimangono pochi resti, ma il luogo conserva il suo fascino, e poi, avendo studiato questo argomento, Port-Royal diventa una meta di grande valore intellettuale e spirituale per tutti.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Nel testo della Lezione n. 9 del Percorso dell’anno scolastico 2019-2020 intitolato La sapienza poetica e filosofica dal secolo della Scienza a quello dei Lumi - che potete leggere collegandovi ai nostri siti www.inantibagno.it e www.scuolantibagno.net - trovate la descrizione di un lungo itinerario per viaggiare nel mondo di Port-Royal... Adesso non abbiamo tempo per riproporlo ma voi con tranquillità potete ripercorrerlo usufruendo dell’Atlante geografico, di una guida della Francia e della rete... Buon viaggio...

     Quindi [facciamo il punto!] l’abate Caraccioli mentre, nei salotti, davanti a un pubblico più superficiale racconta i meriti della filosofia di vita della Francia che “sotto il segno della gioia e del piacere” si è imposta in Europa, contemporaneamente, si premura di informare, sotto traccia, le persone che ritiene “più intelligenti e senza pregiudizi” sull’esperienza intellettuale ed educativa di Port.Royal che ha messo in incubazione il pensiero del secolo dei Lumi.

     L’abate Caraccioli intende con il saggio Europa francese mettere ben in evidenza questo paradosso: il pensiero dell’Illuminismo ha le sue radici in un movimento, quello di Port-Royal, rigoroso nei principi evangelici, intellettuali ed educativi ma poi, ribadisce Caraccioli, le idee dell’Illuminismo che vengono esportate sono quelle che rimandano alla spensieratezza, al piacere, all’edonismo e questo, secondo lui, non è propriamente un fatto edificante. L’abate Caraccioli scrive per portare le sue lettrici e i suoi lettori [e noi lo seguiamo] in visita alla corte di Russia a S. Pietroburgo, a quella di Prussia a Berlino, a quella di Svezia a Stoccolma e a quella di Polonia a Varsavia [è un grande viaggiatore!] e ci presenta i sovrani di questi paesi: Caterina II di Russia [1729-1796], Federico II di Prussia [1712-1786], Gustavo III di Svezia [1746-1792] e Augusto Stanislao II Poniatowski di Polonia [1732-1798].

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Se volete conoscere questi quattro personaggi o anche solo vedere la loro immagine – di Caterina II di Russia, di Federico II di Prussia, di Gustavo III di Svezia e di Augusto Stanislao II Poniatowski di Polonia - potete farlo agevolmente utilizzando l’Enciclopedia che avete in casa e navigando in rete… Chi di questi quattro personaggi avreste voluto incontrare nella loro dimora reale e perché?... 

Scrivete quattro righe in proposito…

     L’abate Caraccioli afferma che i sovrani appena citati vengono influenzati dalla filosofia [dalle parole-chiave e dalle idee-cardine] dell’Illuminismo [che studieremo strada facendo] ma deve constatare con rammarico che questo influsso non ha prodotto una ricaduta positiva nella società europea della seconda metà del ‘700: la quasi totalità degli aristocratici e dei borghesi è attratta esclusivamente dal fenomeno de “la moda francese” che stimola il desiderio del godimento delle cose belle e buone della vita e non fa nascere delle motivazioni per riflettere sulle reali condizioni dell’esistenza umana, e il popolo, naturalmente, è escluso, per ora, da ogni processo di trasformazione in atto.

     Il modo di vivere “alla francese” comincia a prendere campo nelle corti e nei centri di potere europei con l’immagine che dà di sé la monarchia sfarzosa del Re Sole a Versailles; e prende campo con la maniera di concepire un tipo di cristianesimo tollerante, persino permissivo e indulgente nei confronti delle classi privilegiate, un cristianesimo che, di conseguenza, perseguita l’esperienza rigorosa e fastidiosa per le coscienze di Port-Royal; il modo di vivere “alla francese” prende campo attraverso la diplomazia francese in Europa, e i diplomatici sono i più accreditati esportatori di eleganza, di raffinate formalità, di maniere cortesi, dell’edonismo, della galanteria, e tutto questo contribuisce a esportare la lingua francese, e conversare alla francese - nelle corti, nei palazzi, nei salotti - fa tendenza, e la conoscenza della lingua offre certamente un vantaggio perché permette, a chi è interessato, di accedere a quel grande laboratorio culturale che è il pensiero dei Lumi con le sue idee innovative proiettate al superamento del vecchio mondo e dell’oscurantismo superstizioso, ma il fatto è che [afferma l’abate Caraccioli nel saggio Europa francese] sono poche le persone disposte ad approfondire i temi innovatori dell’Illuminismo, sono poche le persone che vanno oltre la moda “alla francese”. I sovrani che abbiamo citato - Caterina di Russia, Federico di Prussia, Gustavo di Svezia e Stanislao di Polonia - tra gli anni ‘50 e gli anni ‘80 del ‘700 vengono sollecitati dai loro consiglieri più attenti [visto che conoscono la lingua francese per seguire la moda] ad acquisire le idee de L’Encyclopédie [che studieremo a breve] e il pensiero dei nuovi filosofi parigini [che stiamo per incontrare].

     E allora, come vengono questi sovrani a contatto con le idee illuministe?

     L’abate Caraccioli, nel saggio Europa francese, ci rivela che questi sovrani apprendono le idee del pensiero illuminista perché sono abbonati a una rivista che s’intitola Correspondance littéraire [Corrispondenza letteraria]. Questa rivista viene mano-scritta [ed è così che nasce il fenomeno delle riviste nel secolo dei Lumi in modo molto artigianale] a Parigi dal 1753 al 1773, e viene inviata per posta a una quindicina circa di abbonati che sono sovrani [quelli citati], principi, nobili e ricchi borghesi europei. La rivista Correspondance littéraire - che mette al corrente i suoi abbonati sulle novità intellettuali e letterarie francesi - viene redatta da Denis Diderot [un personaggio che incontreremo a breve] e dal barone Melchior Grimm [che incontriamo subito].

     Il barone Melchior Grimm è uno scrittore e un filosofo tedesco [è nato a Ratisbona nel 1723 ed è morto a Gotha nel 1807] che si proclama di fede luterana sebbene non abbia una particolare propensione per la religione, ed è un assiduo frequentatore di tutti i salotti parigini, soprattutto quello di Madame d’Épinay con la quale intrattiene una relazione sentimentale, ed è amico intimo dei nuovi filosofi illuministi ma tacitamente [e fattivamente] osteggia  - così come fa Vittorio Alfieri - l’invadenza della Francia in Europa [l’abate Caraccioli conosce l’atteggiamento del barone ma non ne fa parola nel suo saggio]. Il barone Grimm, mentre esalta le novità culturali della vita intellettuale francese e le divulga con convinzione [insieme a Denis Diderot], contemporaneamente, facendo in modo che la censura del regime assolutista di Luigi XV non si allarmi, e recitando lui stesso la parte del ferreo censore, fa finta, scrivendo i suoi articoli, di controbattere alle affermazioni di personaggi immaginari ai quali lui fa esprimere tutto il suo livore e la sua rabbia contro la corruzione delle gerarchie cattoliche e della monarchia francese: il barone Melchior Grimm [così come l’abate Caraccioli] è un classico esempio di cultore dello strabismo dei Lumi, infatti, il suo sguardo lo si vede diretto in una direzione, ma poi la freccia che parte dal suo arco colpisce dalla parte opposta.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Voi avete mai fatto finta di andare in una direzione per sviare lo sguardo altrui in modo da poter poi dirigervi da un’altra parte?... È certamente una domanda impertinente ma se volete potete scrivere quattro righe in proposito...

     Il barone Melchior Grimm conduce la sua battaglia con abilità e con coerenza di pensiero e, a questo proposito, ne troviamo testimonianza nel testo di una Lettera [datata 1791] tratta da uno dei tanti Epistolari che, per fortuna, si sono conservati e che rappresentano una miniera di dati utili da utilizzare in funzione dello studio.

     L’Epistolario di cui stiamo parlando è quello della principessa Sofia di Hessen-Darmstadt, abbonata alla rivista Correspondance littéraire. Il barone Grimm di lavoro fa il rinomato precettore e spesso accompagna in viaggio di studio i figli della nobiltà europea, e la principessa Sofia di Hessen-Darmstadt dovendo affidare suo figlio al barone perché lo istruisca e lo accompagni in visita in Inghilterra gli scrive preoccupata perché teme che il barone possa esercitare un’influenza negativa sul ragazzo perché leggendo gli articoli che il barone scrive sulla rivista Correspondance littéraire viene colta da almeno due dubbi che lei non vorrebbe avere. Ma leggiamo il testo di questa Lettera significativa in cui la principessa dimostra di aver capito tutto: c’è del marcio in quello che dovrebbe essere il migliore dei mondi possibile [la Francia dei Lumi] e non sa se sia meglio che suo figlio lo sappia oppure se sia più opportuno che, per ora, lo ignori.

Sofia di Hessen-Darmstadt, Epistolario  Lettere e Allegati

   Caro barone Grimm,

devo confessare che trovo il vostro linguaggio assai pericoloso … Ho letto con molta attenzione l’ultimo articolo da voi redatto per la nostra Rivista e ho preso atto del modo in cui avete difeso la monarchia francese sollecitando la pena capitale in relazione a quelle che voi definite le false dicerie di un imbroglione, il marchese *** di cui non fate il nome, che ha l’ardire di considerarsi nobile perché denuncia il fatto che il Monarca Bene-Amato [Luigi XV], per vestire di abiti e gioielli la sua giovane amante [Madame du Barry], ha investito una risorsa pari a quella che sarebbe stata idonea a finanziare la costruzione di cento fattorie utili a sollevare dalla miseria gli abitanti di almeno altrettanti villaggi, e avete aggiunto che il codardo ha avuto la spudoratezza di condire le sue menzogne affermando che non comprendeva come fosse necessario, per spogliare la favorita, farla prima vestire di così tanti ingombranti beni! E, infine, dopo aver dissertato, nel vostro articolo, in modo molto interessante di letteratura, di arte e di filosofia, citate e condannate aspramente le chiacchiere impertinenti di una, non nominata, contessa di *** la quale afferma che il venerabile Vescovo di *** pretende di introdursi, la prima notte di nozze, nel letto delle contadine della sua giurisdizione al posto del marito per constatare se sono giunte davvero illibate al matrimonio …Ebbene, caro barone, il vostro modo di raccontare e persino la vostra indignazione contro i calunniatori, per i quali sollecitate pene severe, mi ha fatto però venire un dubbio, anzi due, uno nei confronti del Re che si ritiene illuminato da Dio e uno nei confronti dei Vescovi di Santa Romana Chiesa che prendono fin troppo sul serio la dote della verginità, ed è per questo che ritengo il vostro linguaggio pericoloso: sembra che il vostro sguardo sia diretto in una direzione ma poi la freccia che fa partire il vostro arco colpisce dalla parte opposta! 

Voi, barone, siete un galantuomo ma permettete che vi dica che sono un po’ preoccupata nell’affidare mio figlio alle vostre cure. … 

     La principessa ha conservato la Lettera, brevissima [sembra un telegramma], di risposta del barone Grimm - pubblicata negli Allegati dell’Epistolario - il quale, un po’ seccato scrive:

Sofia di Hessen-Darmstadt, Epistolario  Lettere e Allegati

   Mia cara principessa,

Degnate di essere persuasa, che il giornalista e il precettore, che vostra altezza destina al principe vostro figlio, non parlano lo stesso linguaggio. …

     Il barone tranquillizza la principessa - che lo reputa “un gentiluomo” - affermando che terrà distinti i suoi due ruoli, ma sarà davvero disposto a farlo? Perché dove porta la nostra riflessione?

     Se, utilizzando l’enciclopedia e la rete, andate a leggere la storia dei sovrani che abbiamo citato - Caterina, Federico, Gustavo e Stanislao - scoprirete che parlano e scrivono correttamente in francese e sono interessati al pensiero dei Lumi, e come si comportano in proposito? Caterina di Russia e Federico di Prussia apprezzano i nuovi filosofi parigini [e potremo constatarlo strada facendo], si dichiarano loro amici, li invitano a tenere conferenze, assegnano loro cariche onorifiche, pensioni, lodi, incoraggiamenti ma non metteranno mai, Caterina e Federico, in pratica le idee dei Lumi: delle teorie illuministiche se ne servono con spregiudicatezza per conquistare il favore dell’opinione pubblica. Gustavo di Svezia e Stanislao di Polonia invece tentano concretamente di modernizzare i loro paesi secondo le idee illuministe ma il loro coraggio non viene premiato. Gustavo di Svezia adotta una Costituzione che contiene una serie di riforme che danno maggiore incidenza al Parlamento, avvantaggiano il popolo e limitano il potere dei nobili, e così accade che nel 1792 viene assassinato da un nobile durante un ballo in maschera, e alla corte di Svezia tutto torna come prima.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Un ballo in maschera” è un’opera composta da Giuseppe Verdi [nel 1859] su Libretto di Antonio Somma che s’ispira a un dramma dello scrittore francese Eugène Scribe [1791-1861] basato sull’uccisione del re Gustavo III di Svezia… L’opera inizialmente s’intitolava Una vendetta in domino ed era ambientata alla corte di Svezia ma la censura proibisce che si rappresenti un regicidio e, quindi, l’azione drammatica è stata trasferita a Boston e il protagonista è diventato il governatore di questa a città, il conte Riccardo...

Cogliete l’occasione per ascoltare o riascoltare  Un ballo in maschera...

     A Stanislao di Polonia va ancora peggio: fa eleggere un’Assemblea costituente affinché venga scritta una nuova Costituzione con caratteristiche democratiche ma questa scelta politica viene interpretata come una minaccia dagli Stati limitrofi, la Russia e la Prussia, e così Caterina e Federico trovano il pretesto per invadere [l’una da est e l’altro da ovest] la Polonia, occuparla e smembrarla [che bravi sovrani illuminati si sono dimostrati!] e Stanislao è morto in esilio prigioniero in Russia. L’unico fatto positivo è che ci restano L’Epistolario di Gustavo di Svezia e le Memorie di Stanislao di Polonia: due interessantissime opere di storia scritte [secondo la tendenza del momento] in francese, un francese [ci dicono le studiose egli studiosi] stilisticamente di pregevole valore persino superiore a quello degli scrittori francesi dell’epoca [ed è un peccato che queste due opere non siano state mai tradotte in italiano, né mai pubblicate in Italia].

     L’itinerario che abbiamo percorso in compagnia dell’abate Caraccioli e del barone Grimm è costellato da molti interrogativi, e ad alcuni dei quali dovremo dare una risposta a breve: che cosa s’intende per “dispotismo illuminato” e per “costituzionalismo rappresentativo” [due temi tornati di stringente attualità], e che cos’è l’Encyclopédie, e quali personaggi hanno progettato e realizzato questa impresa? Quante domande! Ebbene, non perdete il prossimo [il quinto] itinerario perché è l’ultimo prima della pausa natalizia, ed è, quindi, anche l’ultimo itinerario dell’anno 2022!

****************************************************

... e vi ricordo che - dovendo rispettare la festività dell’Immacolata Concepita che cade l’8 dicembre ed è un giovedì ,

la prossima Lezione, come da calendario, si terrà …       

                                                           a Firenze per il primo gruppo      il  09 dicembre  2022

                                                           a Bagno a Ripoli                            il  14 dicembre  2022

                                                           a Tavarnuzze                                  il  15 dicembre  2022

                                                           a Firenze per il  secondo gruppo  il  16 dicembre  2022

****************************************************

     Ma anche nell’anno che verrà il nostro intento è quello di procedere per cogliere lo spirito utopico che lo studio porta con sé consapevoli che non bisogna mai perdere la volontà di imparare, e per questo motivo la Scuola è qui e, di conseguenza [che miri un do’ tu guardi?], il viaggio continua…

 

 

 

 

 

 

 

Lezione del: 
Venerdì, Dicembre 2, 2022