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ASSOCIAZIONE ARTICOLO 34 - «LA SCUOLA È APERTA A TUTTI» PERCORSO DEL PENSIERO UMANO IN FUNZIONE DELLA DIDATTICA DELLA LETTURA E DELLA SCRITTURA Prof. Giuseppe Nibbi La sapienza poetica e filosofica sulla via che porta verso il secolo dei Lumi III

Lezione N.: 
10

ASSOCIAZIONE ARTICOLO 34 - «LA SCUOLA È APERTA A TUTTI»

PERCORSO DEL PENSIERO UMANO IN FUNZIONE

DELLA DIDATTICA DELLA LETTURA E DELLA SCRITTURA

Prof. Giuseppe Nibbi

La sapienza poetica e filosofica sulla via che porta verso il secolo dei Lumi III

09-10 marzo 2022 a Bagno a Ripoli e Tavarnuzze

a Firenze il primo gruppo l’8 marzo 2022 e il secondo gruppo il 18 marzo 2022

SULLA VIA CHE PORTA VERSO IL SECOLO DEI LUMI

LA LEGGE DI GRAVITAZIONE UNIVERSALE FAVORISCE LA NASCITA

DELLA CORRENTE DELL’EMPIRISMO MODERNO ...

     Questo è il decimo itinerario del nostro viaggio sulla via che porta dalla metà del Seicento al secolo dei Lumi. La scorsa settimana abbiamo incontrato Isaac Newton il quale, con le sue ricerche e i suoi studi, cominciati in quarantena, ha svelato che “il movimento degli astri è un gioco di forze gravitazionali, di attrazioni, un gioco perfettamente calcolabile come un teorema”. Il Sole esercita lo stesso tipo di attrazione su ogni pianeta, così come la Terra su ogni corpo terrestre, e ogni corpo terrestre su ciascun altro corpo terrestre secondo la Legge della gravitazione universale che Newton ha formulato. Un secolo dopo [nel 1788, come abbiamo già ricordato la volta scorsa] il matematico Giuseppe Luigi Lagrange dirà, con una certa invidia: «Beato Newton. C'era una sola legge universale di natura, e lìha scoperta lui!». Qual è la tesi contenuta nell’opera di Newton intitolata Principi matematici della filosofia naturale fatta pubblicare dal giovane astronomo Edmund Halley [quello della cometa]? Prima di rispondere: rinfreschiamoci la memoria.

     Succede che, come ricorderete, nel gennaio del 1684 il giovane astronomo Edmund Halley riceve una sfida da quaranta scellini [voi sapete che gli Inglesi da sempre scommettono su tutto!] in cui per vincere avrebbe dovuto, entro due mesi, dimostrare l’espressione matematica della forza con cui il Sole attrae i pianeti. Halley perde la scommessa ma vorrebbe risolvere questo problema e per farlo pensa di sottoporlo a un matematico esperto, cattedratico di Cambridge: Isaac Newton. Nell’agosto del 1684 Halley cerca Newton a Cambridge ma viene a sapere che si trova in campagna nella contea di Lincoln [è andato in vacanza nella regione dove è nato], e allora Halley decide di raggiungerlo per fare la sua conoscenza e proporgli il quesito che lui non è riuscito a risolvere. Halley trova Newton, si presenta, e gli propone [senza scommettere nulla] di dimostrare l’espressione matematica della forza con cui il Sole attrae i pianeti, e Halley riceve da Newton una risposta sorprendente: gli dice che lui ha già risolto questo problema vent’anni prima, al tempo dell’epidemia di peste, ma non ricorda dove ha messo il quaderno con le operazioni e la soluzione, rassicurandolo che l’avrebbe cercata. Halley torna a Londra incredulo, ma a novembre riceve una lettera di poche pagine in cui Newton riporta, in sintesi, la dimostrazione che: «Il Sole attrae i pianeti con una forza inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza». Halley rimane impressionato dalla precisione e [aggiunge] dall’eleganza della dimostrazione, e incita Newton a scrivere una tesi su questo argomento e, dopo tre anni, Newton gli invia 460 pagine con formule e diagrammi: è un trattato, scritto in latino, che contiene una delle più impressionanti esplosioni creative del Pensiero Umano. Halley legge queste pagine [vi aggiunge alcune considerazioni da astronomo] e le fa pubblicare a sue spese e, nel 1687, esce in 350 copie quello che viene considerato il Libro più importante di tutta la Storia della Fisica: Principi matematici della filosofia naturale [ in latino: “Philosophiae naturalis principia mathematica”].

     In che cosa consiste la Legge di gravitazione universale formulata da Newton nell’opera Principi matematici della filosofia naturale? Io [avendo una formazione scientifica pressoché elementare] ho pochi strumenti a disposizione per poter dare una risposta esaustiva a questa domanda, ma so [da manovale della didattica] che le azioni cognitive principali [conoscere, capire, applicare, analizzare, sintetizzare, valutare], se utilizzate con la necessaria consapevolezza, permettono alla persona di compiere comunque un produttivo investimento in intelligenza [così come - per usare una metafora - anche con pochi ingredienti e pochi attrezzi a disposizione si può preparare una colazione o un pranzo o una cena soddisfacenti]: e allora avventuriamoci insieme a Newton su questo territorio con gli strumenti che abbiamo a disposizione.

     È stato Galileo Galilei [che abbiamo incontrato a suo tempo] a enunciare per primo la Legge sulla caduta dei gravi: «Quando un corpo cade [scrive Galileo] la sua accelerazione è costante »[ma bisognava ancora tener conto della resistenza dell’aria per poter essere certe e certi di questa affermazione]. Nel 1654, sulla scia degli studi e delle realizzazioni di Torricelli e di Pascal, è stata costruita una pompa pneumatica che permette di creare il vuoto, e questo strumento ha permesso di sperimentare la caduta dei pesi nel vuoto, e la Legge di Galileo sulla caduta dei gravi è stata confermata: i corpi [senza che ci sia differenza tra una piuma e una palla di piombo] cadono nel vuoto con un’accelerazione costante e la velocità [alla latitudine di Roma] aumenta di 9 metri e 8 centimetri per ogni secondo di caduta.

     Ma perché un corpo cade? Gli studiosi della Meccanica [da Aristotele in avanti] sostengono che: «Per inerzia, un corpo in movimento persevera nel suo moto in modo uniforme e rettilineo», a meno che qualche forza particolare non modifichi questo movimento, e qual è la forza che fa cadere un proiettile dopo un certo percorso anche se il tragitto avviene nel vuoto? Il meccanicismo antico non riesce a dare una spiegazione, e anche Cartesio ha concepito il movimento come “l’estendersi della materia”. Ebbene, Newton risponde alla domanda introducendo un nuovo elemento: il concetto di massa, che Newton fa diventare una misura, la misura, scrive Newton, della tendenza di un corpo a opporsi a una sollecitazione esterna che ne provoca il movimento: «Se uno mi dà una spinta, scrive Newton, la mia massa è la misura della mia tendenza a oppormi, a resistere a quella sollecitazione». E questo perché: «La materia, scrive Newton, non è una sovrapposizione di parti estese [secondo la Fisica antica degli Aristotelici], ma [come sostenevano gli Atomisti] è un aggregato di corpuscoli, tra i quali [e qui gli Atomisti non c’erano arrivati] c’è uno spazio vuoto, e questi corpuscoli stanno insieme perché si attraggono tra loro, e si attraggono con una forza che dà luogo a coesioni più o meno intense, più c’è forza di attrazione tra i corpuscoli, scrive Newton, più la materia è solida, e più “fa massa”». E questa Legge di attrazione reciproca tra i corpi, sia quelli terrestri che quelli celesti che quelli piccolissimi che quelli immensi, è fondamentale perché, scrive Newton, è questa Legge di gravità a rendere solido l’oggetto che tocco con la mano, e a reggere [scrive Newton] in armoniosa corrispondenza l’intero sistema dell’Universo. Scrive Newton: «Ogni corpo ha una sua massa che è il prodotto tra la densità di quel corpo e il suo volume, e ha una sua forza di attrazione che è proporzionata alla sua massa. Il proiettile in movimento cade perché è attratto dalla Terra. Per moto d’inerzia esso procederebbe in modo rettilineo all’infinito mentre, per l’attrazione terrestre, esso tende a cadere. La combinazione di questi due movimenti dà una parabola. Ed è lo stesso principio [scrive Newton] per cui la Luna gira attorno alla Terra e la Terra gira intorno al Sole». Con questo stesso principio sono stati messi in orbita i satelliti artificiali.

     Il problema più delicato da risolvere era quello di calcolare la forza di attrazione, e Newton, da matematico esperto, si mette al lavoro e calcola la forza di attrazione codificando questa celebre formula: «Due punti materiali sono attratti l’uno verso l’altro da una forza direttamente proporzionale alle loro masse e inversamente al quadrato delle loro distanze».

     Io che non sono né un matematico né un fisico mi domando [e domandatevelo anche voi]: “Come posso contemplare la realtà che mi circonda tenendo conto del fatto che è la Legge di gravità a rendere solido l’oggetto che tocco con la mano, e a reggere, come scrive Newton, in armoniosa corrispondenza, l’intero sistema dell’Universo?”. Dobbiamo imparare a essere consapevoli dell’esistenza di questa Legge universale in modo da poter percepire, guardando il cielo e utilizzando le azioni cognitive, il fatto che la Terra attrae la Luna, e anche la Luna attrae la Terra perché non si può non fare i conti con il grandioso fenomeno dell’attrazione che si esplicita universalmente. Uno degli avvenimenti più eclatanti del fenomeno dell’attrazione è quello delle maree.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Avete avuto occasione di osservare il fenomeno della marea?...  Dove, quando?... 

Scrivete quattro righe in proposito…

     Con la Legge dell’attrazione universale di Newton il Mondo diventa un sistema architettonico regolato, in ogni sua parte e nell’insieme, dalla Legge di gravità. La Legge di gravità non risulta più una forza occulta e misteriosa come era per esempio “la simpatia” dei filosofi rinascimentali. La Legge di gravità si basa su una forza matematicamente calcolabile e alle scienziate e agli scienziati è sembrato che, una volta per sempre, la ragione, utilizzando soltanto i propri principi conoscitivi [i suoi Lumi], avesse fatto piena luce sul Mondo. Scrive il poeta Alexander Pope: «La Natura e le sue leggi giacevano nella notte. Dio disse: Newton sia, e ogni cosa fu nella luce» e, come possiamo constatare, Dio, in quest’epoca, è ancora un grande protagonista in campo scientifico e quale ruolo riveste Dio nel pensiero di Newton? Newton svela che il movimento degli astri è un gioco di forze perfettamente calcolabile come un teorema dove il Sole esercita lo stesso tipo di attrazione su ogni pianeta e la Terra la esercita su ogni corpo terrestre e ogni corpo terrestre su ciascun altro corpo terrestre. Ma Newton intuisce che anche la Legge sulla gravitazione universale non ha un valore assoluto e, difatti, è rimasta valida fino al 1905 quando Einstein enuncia i principi di una nuova Legge: la Legge della relatività e, nel 1916, Einstein dimostra che la Legge di gravitazione universale è solo un’approssimazione di un’altra Legge. Anche perché Newton con la sua Legge gravitazionale non era riuscito a spiegare tutti i fenomeni: aveva risolto il problema della massa del Sole e della forma della Terra, delle maree e degli equinozi, del moto della Luna e delle orbite delle comete, ma non aveva risolto il problema di quale fosse la natura di questa misteriosa forza che agisce a distanza istantaneamente. Scrive Newton: «Non sono ancora riuscito a dedurre la gravità dai fenomeni, ma non voglio inventare ipotesi». La risposta verrà nel 1916 quando Einstein spiegherà la gravità come “l’effetto della curvatura dello spazio-tempo prodotta dalla materia”, ma questa è un’altra storia collocata in un paesaggio intellettuale che fa parte di un altro territorio [sul quale viaggeremo a suo tempo].

     Noi adesso ci dobbiamo occupare di quali problemi non indifferenti il sistema creato da Newton ha messo in evidenza sul piano filosofico sulla via che dalla metà del Seicento porta verso il secolo del Lumi.

     Quali problemi ha messo in evidenza sul piano filosofico il sistema creato da Newton? Molte pensatrici e pensatori, in parte favorevoli e in parte contrari, vedono nel sistema di Newton le premesse dell’ateismo: della caduta dell’ipotesi di Dio come creatore dell’Universo. E, infatti, la logica interna del sistema di Newton è quella dell’autosufficienza del Mondo, dato che i movimenti dei corpi hanno origine da una qualità insita nei corpi stessi. Il fatto è che Newton - che personalmente è un credente [è uomo di fede come Keplero, come Copernico, come Galileo] - è convinto che la sua filosofia naturale possa fornire una prova dell’esistenza di Dio perfettamente in linea con la ragione scientifica e, quindi, anche Newton finisce col deporre la veste dello scienziato per indossare quella del teologo e del filosofo.

     Per dare un senso alla sua forza di gravità Newton sente il bisogno di appoggiarsi ancora su un fondamento razionale assoluto, non sperimentale, e il fondamento lo trova, alla maniera classica, nel concetto di “Artefice supremo della Natura”. Anche lo scienziato Isaac Newton crede che sia Dio l’Artefice supremo dell’opera creatrice dalla quale scaturisce la forza di gravità, ma la sua non è un’affermazione sperimentale bensì è un atto di fede. Newton [con l’approvazione di Halley] conclude la sua opera scientifica Principi matematici della filosofia naturale [Philosophiae naturalis principia mathematica] con queste parole composte, sotto forma di preghiera con lo stile del Libro dei Salmi: «Dio non è l’eternità o l’infinità ma è eterno e infinito; non è la durata e lo spazio, ma dura ed è presente. Dura sempre ed è presente ovunque ed esistendo sempre e ovunque fonda la Natura e lo Spazio. Poiché ogni particella dello spazio è sempre, e ogni momento indivisibile della durata è ovunque, certamente l’Artefice e il Signore di tutte le cose sarà sempre e ovunque». Newton è il continuatore di una tradizione, quella che tiene insieme Scienza e Teologia.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Prendetevi le vostre responsabilità: se voi foste l'Artefice, fareste qualche ritocco al Mondo? … Scrivete quattro righe in proposito, non delegate ma siate avvedute e avveduti ...

     Sul tema della preghiera, e in relazione al Libro dei Salmi, non possiamo - sulla scia di ciò che abbiamo detto a proposito di Newton - non chiamare in causa la nostra compagna di viaggio Adriana Zarri che nel suo eremo si è dedicata in modo particolare all’esercizio della preghiera spiegandone l’importanza e anche chiarendo il motivo per cui si compongono e si ritraducono testi destinati alla preghiera. Leggiamo quindi questi suoi appunti sempre tratti dal Libro Un eremo non è un guscio di lumaca.

Adriana Zarri, Un eremo non è un guscio di lumaca

Accanto al rischio di individualismo, più facile in chi vive solitario, c’è anche il rischio di massificazione cui soggiace più facilmente chi vive nelle comunità; e la ripetizione, insieme, delle medesime preghiere, spesso non rispondenti al sentire dei singoli, può facilmente indurre a una recitazione un po’ formale, magari penitenziale; e io ho sempre ritenuto inopportuno confonder la preghiera con la penitenza (certe recite del rosario, a braccia alzate, quanto spazio lasciano all’effusione del dialogo con Dio e quanto invece non si esauriscono in uno sforzo doloroso che è certo mortificazione ma assai discutibilmente orazione?). La penitenza è soprattutto tensione e la preghiera invece è soprattutto distensione. Non si digiuna quando c’è lo Sposo, ammonisce il Vangelo, e la preghiera è appunto il tempo in cui ci incontriamo con il Consorte misterioso che ha voluto sposare l’intera sorte dell’Umanità.

... continua la lettura ...

     Questi appunti di Adriana Zarri [dove misticismo e sensualità si fondono insieme] sarebbero piaciuti certamente a Newton e anche al personaggio che stiamo per incontrare perché adesso ci dobbiamo domandare: come si sviluppa sul piano filosofico e teologico il pensiero di Newton? Il newtonismo si espande procedendo su due linee, su due direttrici ambedue costitutive della cultura dell’Illuminismo che, anche con il pensiero di Newton, entra in incubazione, e questo fatto ci fa camminare più speditamente sulla via che conduce al secolo dei Lumi.

     Il pensiero di Newton si sviluppa su due linee significative e profondamente diverse e contrastanti.

     La prima di queste due direttrici è stata denominata di tipo meccanicistico, e coloro che la sostengono dichiarano che Dio è un’ipotesi inutile, affermano che la personificazione della divinità è un’idea artificiosa della mente umana, e Dio non esiste perché il concetto di assoluto sussiste di per sé e corrisponde all’autosufficienza del Cosmo e, quindi, il principio assoluto consiste nell’affermazione che: il Cosmo è autosufficiente e vive, si sviluppa e si evolve con Leggi propri.

     La seconda linea di carattere teologico e filosofico derivante dal pensiero di Newton è quella chiamata del deismo, cioè della fede in Dio ridotta però rigorosamente nei termini della ragione, e questa è la linea tipicamente newtoniana: che cosa vuol dire ridurre la fede rigorosamente nei termini della ragione? Storicamente vuol dire svuotare il cristianesimo degli aspetti fondati sulla Rivelazione: Dio non si rivela attraverso la Sacra Scrittura ma attraverso la ricerca scientifica, attraverso lo studio della natura, attraverso l’uso corretto della ragione. La ricerca, lo studio, l’uso corretto della ragione avvicinano la mente a Dio, e quindi sono la ricerca, lo studio, l’uso corretto della ragione che rendono la persona più buona e disponibile a esercitare l’uguaglianza, la fraternità, la solidarietà. La fede diventa di dominio della ragione, senza barriere interne e senza autorità esterne.

     Un esempio concreto e significativo di deismo di derivazione newtoniana è la nascita di una associazione, fondata nel 1717 a Londra, che prende il nome di Grande Loggia d’Inghilterra”, e il nucleo centrale, l’idea-cardine del documento costitutivo di questa associazione è dato dall’affermazione che: Dio è il Grande Architetto del Mondo da Lui progettato, e i suoi adepti sono dei “muratori” [massoni, in francese] che devono costruire il Mondo [devono dar corpo al progetto del Grande Architetto] facendo una scelta ragionata di carattere etico: coltivando la filantropia [una delle parole-chiave che portano verso il secolo dei Lumi], perseguendo ragionevolmente [non sentimentalisticamente ma prima con la ragione e poi col cuore] l’amore per gli esseri umani [questo è il significato, dal greco, del termine “filantropia”], impegnandosi con spirito mutualistico [e compare anche la parola-chiave “mutua” sulla via che conduce verso il secolo dei Lumi] per realizzare un tipo di solidarietà, di fraternità, di assistenzialismo ragionato e ragionevole [in proposito è spiacevole pensare che alcuni nostri indegni compatrioti, imbroglioni e delinquenti, abbiano ridotto la massoneria a una associazione a delinquere mentre ha un nobile passato che studieremo ancora]. L’associazione che ha preso il nome di “massoneria” è un’organizzazione di carattere “deista” che raccoglie proseliti nei salotti inglesi e francesi, queste e questi nobili e borghesi cominciano ragionevolmente a pensare [in linea con il giusnaturalismo di Ugo Grozio, che abbiamo già incontrato] che Dio ha creato gli Uomini con uguali diritti, tutti fratelli e sorelle e che la solidarietà è un dovere assoluto [nel senso etico del termine].

     Queste idee meritevoli vengono però professate di nascosto [ecco la regola della segretezza legata alla massoneria] perché invise ai poteri assoluti [nel senso illecito del termine in quanto considerano gli Uomini non creati uguali ma in superiori e inferiori] e, quindi, è di nascosto [segretamente] che questi nobili e borghesi, uomini e donne, filantrope e filantropi, raccolgono in certi magazzini [nei quartieri popolari delle città] beni di consumo [alimentari, vestiario, farmaci] e, notte tempo, travestiti da popolane e popolani, vanno a ridistribuire [viene da pensare che siano un po’ ipocriti questi ricchi nobili e borghesi, ma qualche sofferenza la alleviano]. Questa rete di confraternite laiche clandestine viene ad assumere ben presto un carattere socio-politico perché saranno proprio i membri di queste organizzazioni a guidare i cosiddetti moti che caratterizzeranno la storia del secolo dei Lumi. Dobbiamo riflettere con la dovuta attenzione sulla parola-chiave “filantropia” che assume un ruolo nella Storia del Pensiero Umano sulla scia delle scoperte di Newton.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Quale di queste parole - bontà, generosità, solidarietà, carità, beneficenza, altruismo – preferite mettere per prima accanto al termine “filantropia”?…

Scrivetela, pensando che ognuno di questi termini, tutti di valore, ha però un suo specifico significato lessicale utile a indirizzare il sentimento filantropico… 

     Le scoperte di Newton incidono sulla Storia del Pensiero Umano e Newton ha spesso incitato le filosofe e i filosofi a studiare la matematica e ha scritto i suoi Princìpi in modo tale che anche le filosofe e i filosofi, e non solo le scienziate e gli scienziati e i matematici, potessero capire. Newton c’insegna che bisogna avere la passione per l’Assoluto [nel senso di ciò che è Universale, Cosmopolita, Ecumenico, Planetario], di qualunque natura sia, ed è per questo che il concetto di “Assoluto” va tradotto in termini razionali a beneficio dell’Umanità.

     Leggiamo un significativo frammento tratto dall’opera di Isaac Newton.

Isaac Newton, Principi matematici della filosofia naturale

La filosofia deve essere sensibile alle problematiche e ai metodi della scienza, perché deve contribuire a migliorare la scienza. E non potrebbe essere che così perché una filosofia sensibile ai problemi e ai metodi della scienza vede molto lontano in quanto è seduta sulle spalle di due giganti: Joannes Kepler [Giovanni Keplero] e Galileo Galilei, due grandi perché hanno tradotto in termini razionali la loro passione per l’Assoluto [nel senso di ciò che è Universale, Cosmopolita, Ecumenico, Planetario].…

     Se esiste la Legge dell’attrazione universale la nostra patria non può che essere il Mondo intero, e per poter tradurre in termini razionali la passione per l’Assoluto è necessario camminare sulla via dell’apprendistato cognitivo in modo da poter imparare a investire in intelligenza. E il primo pensatore che segue la raccomandazione di Newton è John Locke che, nel 1690, fa pubblicare un’opera intitolata Saggio sull’intelletto umano che provoca la nascita di un’interessante corrente di pensiero. Di che cosa si tratta, e chi è John Locke?

     Con John Locke ci troviamo ancora in Inghilterra e, di conseguenza, ancora a diretto contatto con i tumultuosi avvenimenti storico-politici [le cosiddette due Rivoluzioni inglesi, con le lotte violente tra la monarchia e il parlamento, tra il partito dei conservatori (tory) e quello liberale (whig)], avvenimenti con i quali abbiamo avuto a che fare strada facendo, in particolare, quando [come ricorderete] abbiamo incontrato Thomas Hobbes il quale, come sapete, è un sostenitore della monarchia, mentre John Locke, che stiamo per incontrare, è invece schierato in senso opposto: ma procediamo con ordine.

     John Locke nasce nel 1632 a Bristol in una famiglia borghese di tendenza puritana e, quindi, schierata contro la monarchia: suo padre ha combattuto nell’esercito della repubblica come colonnello nella guerra contro il re Carlo I.

     Il giovane Locke dal 1652 studia medicina a Oxford e, dopo la laurea, compie una serie di viaggi di studio in Olanda e in Francia e, successivamente, insegna a Oxford nella facoltà di medicina. Nel 1666 Locke incontra e diventa amico di Anthony Ashley Cooper, il primo conte di Shaftesbury, uno dei leader dell’ala più progressista del partito liberale [whig], di cui Locke diventa il segretario e, quindi, entra con lui in Parlamento e si dedica con impegno ai lavori parlamentari e, di conseguenza, gli interessi di Locke si spostano dalla medicina ai temi politici e filosofici. Il suo impegno si concretizza con la composizione di due opere significative di carattere politico: i Saggi sulla legge di natura [1664] e il Saggio sulla tolleranza [1667].

     Dal 1675 al 1679 John Locke soggiorna a Parigi e naturalmente, anche lui frequenta assiduamente il circolo Mersenne [di cui conosciamo i meriti], frequenta gli ambienti cartesiani e cresce il suo interesse per le scienze naturali. E poi il suo interesse per la filosofia aumenta ancora quando legge, con grande attenzione e ammirazione, i Pensieri di Pascal: in quest’opera [che abbiamo studiato prima della pandemia] lo appassiona il tema, trattato da Pascal con grande rigore, dei limiti della ragione. Quando Locke torna a Londra la situazione è critica: la lotta tra il re, Giacomo II Stuart, e il Parlamento degenera in guerra civile, il conte di Shaftesbury deve fuggire e Locke lo segue nel 1683 in Olanda. L’esilio olandese di John Locke è molto fecondo tanto dal punto di vista politico [lì gli esuli politici inglesi preparano la riscossa repubblicana contro gli Stuart] quanto dal punto di vista intellettuale, compreso lo studio dell’opera di Newton fatta pubblicare da Halley nel 1687 e subito giunta in Olanda.

     La Rivoluzione inglese del 1688, con la vittoria del Parlamento e di Guglielmo d’Orange [un olandese che viene nominato nuovo re d’Inghilterra per fare da arbitro tra le parti in lotta], riporta a Londra gli esiliati e, di conseguenza, dal 1689, Locke torna a lavorare in Parlamento partecipando a scrivere la Costituzione liberale che rappresenta la prima forma di democrazia borghese. Locke si sente gratificato dai risultati ottenuti e la gratificazione lo stimola a comporre nuove opere che hanno lasciato il segno nella Storia del Pensiero Umano: i Due trattati sul governo e, soprattutto, il Saggio sull’intelletto umano del 1690; dopodiché, si ritira dalla vita pubblica per dedicare più tempo allo studio e compone ancora due opere importanti: Pensieri sull’Educazione [1693] e Ragionevolezza del cristianesimo [1695].

     Poi John Locke lascia Londra e va a vivere in campagna in una casa colonica nella contea agricola dell’Essex facendo il contadino, conducendo una vita in stile monastico sebbene profondamente laico [Adriana Zarri ride sotto i baffi]. Locke se ne va da Londra facendo un’affermazione che avrebbe dovuto far riflettere la borghesia al potere sui limiti della ragione: «Ma come si fa [afferma Locke] a vivere a Londra con tutto questo smog?».

     Quindi, mentre la Costituzione liberale borghese risulta essere un documento “pulito” [dichiara i diritti naturali di cui ogni persona deve godere compreso quello alla salute], la Rivoluzione industriale borghese [che ha iniziato il suo corso inesorabile bruciando sempre più carbone e riducendo sempre più i diritti] crea la situazione che porta alla diffusione su larga scala dell’inquinamento dell’aria che respiriamo.

    John Locke, riflettendo sulla scrittura in frantumi taglienti dei Pensieri di Pascal, prima di morire nel 1704, intuisce i limiti della ragione borghese [purtroppo non ha fatto a tempo a mettere nero su bianco le sue riflessioni].

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Il fatto è che la parola “carbone” è molto evocativa, sia che si tratti di carbon fossile da bruciare per riscaldarsi e per dare propulsione, che di carbonella per cucinare, che di carbone vegetale come farmaco o carbone dolce per la calza della Befana…

Che cosa vi fa venire in mente la parola “carbone”?…

Scrivete quattro righe in proposito…  

     Che cosa ci ha lasciato in eredità il pensiero di John Locke? John Locke viene considerato il primo rappresentante di una corrente di pensiero che ha preso il nome di “empirismo moderno”, e si afferma anche che John Locke abbia continuato sul piano metafisico il lavoro che Newton ha svolto sul piano della fisica. Che cosa significa?

     John Locke ha studiato e ha trasformato la metafisica come se si trattasse di “una fisica sperimentale dell’anima” [così la chiama]. Mentre la fisica, spiega Locke, raccoglie con cura i fatti e cataloga i dati dei corpi per capirne le regole in modo da formulare delle Leggi, la metafisica è una disciplina che deve raccogliere, in modo ragionevole, i fatti e i dati provenienti dai moti dell’anima umana per stabilire dei principi generali che possano essere conosciuti e messi a disposizione - da parte di chi studia filosofia - di ogni persona. Questa intenzione costituisce un preambolo che fa di John Locke, se non l’iniziatore, uno degli ideatori della Pedagogia moderna, perché Locke ha cominciato a prendere in considerazione le bambine e i bambini non come se fossero delle donne e degli uomini in miniatura ma come soggetti di una educazione adeguata alla loro età, in linea con la loro psicologia. John Locke è convinto che l’educazione non può avere “un fine addestrativo”, bensì l’Educazione [con la E maiuscola] non può che avere “un fine morale” e, di conseguenza, nella società il tema dell’Educazione deve essere al primo posto. Questo è il preambolo relativo al pensiero “empirico” di John Locke, considerato come abbiamo detto il primo rappresentante del cosiddetto “empirismo moderno”.

     Intanto come sapete la parola “empirico” proviene [e c’è un empirismo antico] dalle dottrine del filosofi ionici, i Presocratici greci, che hanno operato circa 2500 anni fa, al tempo della piena maturità dell’Età assiale della Storia. Nella radice della parola greca “empeirikòs”, c’è il termine “peîra” che significa “esperienza”, quindi, «empirico è ciò che si coglie e si conosce attraverso l’esperienza». L’Educazione nasce e si sviluppa con l’esperienza, non con l’imposizione.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Chissà quante volte avete detto: «Adesso voglio fare questa esperienza!»…

Quale esperienza – che desideravate fare - avete fatto: quando, dove, come, perché?… 

Scrivete quattro righe in proposito…

     Locke aderisce alla tradizione scientifica di Francesco Bacone e di Thomas Hobbes ma si discosta dalla loro esperienza, perché?

     John Locke aderisce alla tradizione scientifica di Francesco Bacone e di Thomas Hobbes [due personaggi di cui abbiamo studiato il pensiero a suo tempo] ma si discosta dalla loro esperienza perché pensa che il loro metodo empirico sia ancora fondato su principi dogmatici. Francesco Bacone, per esempio, [scrive Locke] senza darne dimostrazione ritiene che la realtà esterna sia già formata così come appare al nostro intelletto. E Thomas Hobbes [scrive Locke], senza fornire una dimostrazione, pone la materia [la corporeità] come preesistente al pensiero, ma nessuno [scrive Locke] ha ancora dimostrato che la materia esiste prima del pensiero, quindi, può darsi “che sia così” [in senso dubitativo] e non “che è così”. E, di conseguenza, su questa strada, Locke passa a criticare anche l’opera di Cartesio affermando che il grande matematico fa ancora di più dal punto di vista dogmatico; infatti, prima ancora di indagare razionalmente [scrive Locke] Cartesio prestabilisce l’impianto organico della conoscenza: Cartesio [scrive Locke] afferma che il sistema matematico è il modello per conoscere la realtà ma, applicando questo metodo, abbiamo solo una conoscenza matematica non “una conoscenza generale” del Mondo e della realtà. Tutti questi stimatissimi e ammirevoli pensatori [scrive Locke] hanno trascurato una questione decisiva: «L’occhio, scrive Locke, quando vede non ha consapevolezza di se stesso, non si mette davanti a se stesso per vedere, così fa l’intelligenza»: difatti, spiega Locke, quando non vediamo bene cerchiamo di capire come funziona l’occhio e poi proviamo ad aggiustarlo per continuare a vedere meglio possibile. Ebbene, anche l’intelligenza, per conoscere, deve capire come funziona [anche noi abbiamo iniziato questo viaggio cercando di capire come funziona il processo di apprendimento per imparare a imparare].

     L’intelligenza, scrive Locke, deve ripiegarsi a osservare i processi mediante i quali arriva alle nozioni che noi abbiamo delle cose, facendo “la storia di se stessa”, così l’intelligenza può cercare di stabilire quali siano i fondamenti e quali siano i limiti delle proprie certezze, e non ha senso protestare perché ci sono “cose che rimangono fuori dalla portata del raggio di azione dell’intelligenza”. Il metodo che Locke vuole costruire - codificandolo nel trattato intitolato Saggio sull’intelletto umano [del 1690] - lo chiama “metodo semplice e storico” perché la ragione [scrive Locke] deve umilmente e con semplicità “ripiegarsi su sè stessa” e percorrere pazientemente la propria storia [deve, diciamo oggi, sottoporsi a un apprendistato cognitivo]. La ragione umana [scrive Locke], invece di lasciarsi prendere dall’impulso di ridurre tutta la realtà in “un sistema”, e invece di ricondurre tutto a una grande sintesi generale, deve capire nel miglior modo possibile  quali sono le sue astuzie e deve imporsi di accettare i suoi limiti invalicabili senza lasciarsi tentare dal costruire dogmi in quanto [scrive Locke] un dogma [tanto religioso quanto morale o scientifico] non è mai risolutivo.

     John Locke, influenzato dai Pensieri di Pascal, fa cadere il dogma secentesco - creato dal pensiero di Cartesio - che proclama “la simmetria tra la struttura della ragione e la struttura del mondo”: Cartesio sostiene che le idee con cui è fatto il Mondo sono innate in noi, e le idee matematiche ce l’abbiamo già tutte in testa ed è con queste che riconosciamo la realtà e la verità delle cose, ma Locke osserva che è assurdo pensare che una persona possa avere un’idea in testa senza saperlo, perché un’idea esiste solo se, e in quanto, è presente nella coscienza, ed è ridicolo pensare che le idee siano virtualmente presenti nella mente anche se una persona non è in grado di farne uso: che senso ha [scrive Locke] una verità non percepita? Lo stesso ragionamento vale [scrive Locke] per i principi pratici: se ci guardiamo attorno capiamo che non esiste una forma universale della condizione umana ma esiste piuttosto una pluralità di condizioni, ciascuna delle quali ha le sue regole di condotta. Di universale [scrive Locke] c’è solo l’inclinazione alla felicità, ma questa tendenza riguarda i sensi prima di coinvolgere l’intelletto.

     John Locke, naturalmente, non può non occuparsi anche di teologia e coltiva “il [cosiddetto] teismo ragionevole di natura evangelica” [e pensa che la dottrina evangelica corrisponda alla legge morale della natura],. Quindi, prende in considerazione anche la madre di tutte le idee innate: l’idea di Dio e, anche in questo caso, coglie l’occasione per criticare Cartesio il quale sostiene che l’idea di Dio - che corrisponde a quella di infinito [nel senso matematico del termine, come ricorderete] - è come se fosse il sigillo di fabbrica impresso dal Supremo Artefice nella sua creazione: ma [si domanda Locke] come ha potuto l’Artefice Supremo imprimere negli spiriti molteplici idee di se stesso così diverse e contraddittorie?

     Mettendo in discussione la teologia cartesiana John Locke vuole criticare l’innatismo secentesco per la sua natura ideologica affermando che questa dottrina filosofica di stampo platonico è stata strumentalizzata da chi detiene il potere per cui [certi dogmi] certe norme autoritarie [dichiarate esistenti da sempre come se fossero innate nella natura umana] non debbano essere mai messe in discussione in modo che il popolo debba accettare molti nefasti comportamenti, e gli individui diventino persone “avvezze alla credulità” [scrive Locke] e possano essere governate a piacimento di chi comanda. John Locke afferma che i principi logici e i principi morali non sono innati ma derivano dall’esperienza e mutano da luogo a luogo e nel tempo, e allora è ragionevole pensare [scrive Locke] che tutte le nostre idee - che sono gli oggetti della conoscenza umana - derivano dall’esperienza e, di fronte all’esperienza, il nostro intelletto è come “una tabula rasa”, come una lavagna sulla quale niente sia ancora stato scritto. Scrive Locke nel Saggio sull’intelletto umano: «Le idee s’imprimono mediante l’esperienza nell’intelletto. E l’intelletto le riceve passivamente. Nihil est [scrive Locke che utilizza il latino quando vuol dare più vigore a certe definizioni] in intellectu quod prius non fuerit in sensu [nell’intelletto c’è tutto quello che è passato attraverso i sensi]», e questa considerazione preliminare, tratta dal Saggio sull’intelletto umano, crea una serie di conseguenze logiche che John Locke codifica: l’intelletto riceve le idee e combina le idee semplici attraverso l’attività della sintesi, dell’analisi e della comparazione, e produce così idee complesse. Le idee complesse possono essere relative alle sostanze, ai modi e alle relazioni, e le idee complesse producono nell’intelletto delle idee generali con le quali la persona percepisce la realtà esterna che, afferma Locke, si compone di tre gradi: l’Io, che si capisce che c’è, per intuizione; Dio, alla cui comprensione si giunge per dimostrazione, e le Cose, che si percepiscono con la sensazione, ma, circa la sostanza delle cose [afferma Locke], l’idea che ce ne facciamo è del tutto arbitraria perché la sostanza delle cose non è conoscibile. Se si osservano i comportamenti umani [scrive Locke] attraverso le esperienze che le persone fanno si capisce che, in campo pratico, prevale l’utilitarismo: la persona tende al proprio utile, al proprio vantaggio, al proprio piacere e, di conseguenza, l’azione morale consiste nell’adeguarsi volontariamente a una serie di norme dettate dal comune buon-senso per concertare la possibilità di ottenere ciò che è utile, di conseguire ciò che è vantaggioso e di usufruire di ciò che dà piacere.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Una cosa può essere definita “utile” perché è buona o perché è conveniente o perché è efficace o perché è vantaggiosa…  Che cosa vi fa venire in mente, di concreto, la parola “utile”?… 

Scrivete quattro righe in proposito...

     Abbiamo detto che in campo teologico John Locke coltiva “il [cosiddetto] teismo ragionevole di natura evangelica” [e pensa che la dottrina evangelica corrisponda alla legge morale della natura].

     John Locke, come scrive nel trattato La ragionevolezza del cristianesimo com’è tramandata nelle Scritture, ritiene che la Legge divina s’identifica con la Legge naturale e, quindi, la dottrina evangelica coincide con la Legge morale della Natura e se viene ragionevolmente seguita procura il ben-essere e la felicità dei singoli, e questo stato di cose porta al formarsi di una società prospera. Ma per le singole persone, scrive Locke, è utile delegare allo Stato, con un contratto sociale, la definizione delle norme che garantiscono il ben-essere della società, perché, di conseguenza, il ben-essere della società porta il benessere alla singola persona. Lo Stato, afferma Locke, deve garantire alle persone i diritti inviolabili: il diritto alla vita, alla libertà, alla proprietà dei beni necessari, e se lo Stato viola questi diritti fondamentali viene meno allo scopo per cui è stato creato e, quindi, le cittadine e i cittadini hanno il dovere di ribellarsi.

     La cosa più importante, scrive Locke, che una società civile possa programmare e uno Stato moderno possa promuovere e organizzare è [come abbiamo detto e ci fa piacere sottolinearlo] un efficiente sistema educativo, un sistema educativo che sia al servizio delle cittadine e dei cittadini fin da bambini. Abbiamo detto che John Locke è l’iniziatore del moderno sistema pedagogico e che, a cominciare da lui, l’educazione cessa di essere considerata un semplice esercizio di addestramento, perché l’Educazione [scrive Locke nel trattato intitolato Pensieri sull’Educazione] ha un fine morale e deve rispettare la psicologia, la libertà e l’autonomia della persona in formazione attraverso tre gradi di Educazione: fisica, intellettuale e morale. Le bambine e i bambini [scrive Locke, e qui il suo pensiero è davvero innovativo, moderno] devono iniziare il loro percorso educativo attraverso il gioco, ed è fondamentale l’Educazione fisica, non per preparare alla guerra ma per insegnare il controllo della propria persona. L’Educazione intellettuale, afferma Locke, deve mirare a uno scopo pratico e utile ed è quindi necessario studiare le lingue vive per comunicare le idee, e la geometria, e l’aritmetica, e le scienze, e la contabilità, e la storia. L’Educazione morale, scrive Locke, consiste nell’imparare a costruire ragionevolmente la virtù con l’intelligenza, e la virtù principale che è necessario imparare è quella della prudenza. La persona saggia, scrive Locke, sa essere previdente [perché Dio è Provvidenza e l’Essere umano è stato creato a immagine di Dio], di conseguenza, il valore che lega Dio, l’Io e lo Stato è la solidarietà, e il fine morale che ha l’Educazione è quello di far crescere e formare persone che sappiano “creare solidarietà umana” ed è per questo che il processo educativo deve partire dal gioco.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Qual era il vostro gioco preferito da bambine e da bambini?…

Scrivete quattro righe in proposito…

John Locke dice che “la prudenza” è la virtù principale. Voi siete persone prudenti? …  In quali circostanze, di solito, siete più prudenti?… 

Scrivete quattro righe in proposito…

     Certo che John Locke mette [come si suol dire] tanta carne al fuoco: e tutti i temi e i problemi su cui punta l’attenzione sono molto interessanti e di attualità.

     Locke afferma che la sostanza delle cose non è conoscibile ma, tuttavia, si sa che sono stati fatti - e continuano a essere fatti - molti tentativi per definire “la sostanza” delle cose! E poi: viviamo davvero una vita esclusivamente alla ricerca dell’utile? E se sulla strada della conoscenza c’è anche la ricerca della felicità, ebbene, dipende solo dai sensi la felicità, ed è sempre ciò che è utile a dare la felicità? Chi si pone nell’immediato - insieme a molte altre - tutte queste belle domande?

     Nel prossimo itinerario [e non perdetelo perché è l’ultimo prima della pausa pasquale] incontreremo due personaggi, che sono considerati entrambi due giganti della Storia del Pensiero, i quali consigliano che si deve sempre procedere sollecitate e sollecitati dallo spirito utopico che lo studio porta con sé consapevoli del fatto che non dobbiamo mai perdere la volontà di imparare, e il nostro viaggio, in compagnia di Baruch (o Benedetto) Spinoza [forse lo avete sentito nominare] e di un altro personaggio che ora non posso citare [per non avvantaggiare l’Inquisizione che lo sta cercando e tra quindici giorni deve essere qui con noi]: ebbene, in compagnia di questi due personaggi che hanno fatto e che fanno Scuola, il nostro viaggio continua …

 

 

 

 

 

Lezione del: 
Venerdì, Marzo 18, 2022