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LA SAPIENZA POETICA E FILOSOFICA AFFIDATA AGLI ANIMALI - L’ADUNATA DEGLI ANIMALI ...

Lezione N.: 
3

ASSOCIAZIONE ARTICOLO 34  -  «LA SCUOLA È APERTA A TUTTI.»

PERCORSO DI STORIA DEL PENSIERO UMANO IN FUNZIONE

DELLA DIDATTICA DELLA LETTURA E DELLA SCRITTURA

La sapienza poetica e filosofica dalla seconda metà del ‘600 al secolo dei Lumi

La sapienza poetica e filosofica affidata agli animali

Prof. Giuseppe Nibbi

    PRIMO ITINERARIO [in attesa di tornare a viaggiare in presenza] ...   13 gennaio 2021

L’ADUNATA DEGLI ANIMALI  ...

     Care compagne e cari compagni di Scuola, in questo periodo la mia attività onirica è piuttosto feconda [insomma, sogno più del solito, e mi domando se succeda anche a voi!], e se raccontassi al dott. Freud il contenuto dei miei sogni, che è tutto incentrato sulla preoccupazione per l’interruzione  dell’attività didattica in presenza, lui, dopo essersi acceso un sigaro, sentenzierebbe che questo è un fatto normale, e direbbe con la sua solita ironia: «Mio inquieto amico, lei, in questo momento, non potendo frequentarla, la Scuola se la sogna! » e si sa che il luminare viennese ha sempre la battuta pronta!

     Ma veniamo al dunque: l’altra notte ho sognato che sono andato a incontrare Jean de La Fontaine - il padre della Favola moderna, e vi ricordo che il nostro Viaggio, appena iniziato, è rimasto fermo su questo argomento: sul tema della “favola” - e sapevo che avrei trovato La Fontaine nella chiesa di Saint-Étienne-du-Mont a Parigi in meditazione e in preghiera [come sapete] sulla tomba di Pascal! Nella chiesa deserta mi sono avvicinato a lui, pur mantenendo il doveroso distanziamento prescritto e, dopo averlo salutato con deferenza, gli ho comunicato a malincuore che, a causa della pandemia in corso, la seconda e la terza Lezione del Percorso di Storia del Pensiero Umano in funzione della didattica della lettura e della scrittura - che sono appunto le due Lezioni che lo vedono protagonista - non si sarebbero potute tenere in presenza e che non avevo intenzione di registrale ma di rimandarne l’affabulazione ad un momento favorevole in cui la Scuola sarebbe tornata a manifestarsi dal vivo.

     La Fontaine, comprensivo, mi ha sorriso e poi mi ha detto: «Lasciale pure in sospeso queste Lezioni, verranno tempi migliori in cui potrò realmente - come genere letterario - comparire davanti al popolo della Scuola, intanto però, in attesa di riprendere il Viaggio in presenza, tu dovresti e potresti leggere una favola per tutte e tutti coloro che la vorranno ascoltare: una favola dove la Sapienza poetica e filosofica è affidata agli animali perché, come tu sai, de te fabula narratur, vale a dire che, da sempre, la favola parla di te [de te fabula narratur], dalla notte dei tempi la favola parla di chi l’ascolta. Ma, purtroppo, gli esseri umani - a causa della loro debolezza cognitiva e del loro istinto predatorio - hanno dimenticato che sono gli animali, con il loro mondo mitico, a raccontare in metafora la realtà delle cose e, quindi, io ti consiglio di leggere [rivisitata in questo tempo pandemico] “la favola selvaggia” di Filelfo [il noto umanista rinascimentale Francesco Filelfo nato a Tolentino nel 1398 e morto a Firenze nel 1481, sepolto nella basilica della Santissima Annunziata]. E tu, facendo il tuo lavoro da manovale dell’apprendistato cognitivo, ne puoi chiosare il testo mettendo in evidenza i riferimenti letterari in esso contenuti in modo che le studentesse e gli studenti della tua Scuola possano continuare, sebbene a distanza, ad esercitarsi a conoscere, a capire, ad applicare, ad analizzare, a sintetizzare e a valutare cioè possano continuare a tenere attivo nella loro mente il funzionamento delle principali azioni dell’Apprendimento. E poi t’invito a seguire il paradosso che ora ti propongo e che tu puoi, a tua volta, proporre alle persone che animano la Scuola: la scrittura si raccoglie in libri ma, se vogliamo puntualizzare semanticamente, la vera lettrice e il vero lettore è una persona che non legge libri - il libro, di per sé, è una bella scatola, è un utile contenitore, è un oggetto straordinario inventato per essere il deposito della scrittura - e, di conseguenza, la vera lettrice e il vero lettore è una persona che “va incontro al pensiero scritto” per cimentarsi nell’interpretazione della scrittura [sa fare l’esegesi, per dirla in greco] e, soprattutto, fa muovere la mente per sostenere “il carico della scrittura” tanto nelle sue forme quanto nei suoi contenuti. La lettura - come tutte le persone dovrebbero sapere - è un’arte difficile da praticare, e sono capaci a leggere nel vero senso della parola solo le persone che sanno conoscere il significato delle parole-chiave, che sanno capire la rilevanza delle idee-cardine, che si sanno applicare metodicamente, che sanno analizzare i pensieri che il testo contiene, che sanno sintetizzare il contenuto del testo e che sanno valutare il grado di soddisfazione che hanno provato leggendo. Ebbene, mio caro, succede che, la maggior parte delle poche persone che leggono, si accontenta solo di leggiucchiare usufruendo della stessa attenzione che ha un pesce rosso»

     A questo punto mi sono svegliato, era ancora buio, l’orologio segnava le quattro e un quarto: era però l’ora giusta per mettersi al lavoro. E il lavoro, che ora dobbiamo svolgere assieme, consiste, su suggerimento di Jean de La Fontaine, nella lettura di una favola che ci possa permettere di farci carico della scrittura e di andare incontro al pensiero scritto. De te fabula narratur [ha sempre sostenuto La Fontaine], da sempre “la favola parla di chi la legge e di chi l’ascolta”, e allora iniziamo a leggere il testo del proemio e del primo capitolo della Favola selvaggia di Filelfo intitolata L’assemblea degli animali.

     Nel corso della lettura ci fermeremo più volte a riflettere perché leggere è un esercizio di ermeneutica, di interpretazione, di spiegazione, di chiarimento, di complicazione, di analisi, di esegesi e, di conseguenza, un testo va letto sempre nell’ambito di un’Officina di apprendistato cognitivo.

Filelfo, L’assemblea degli animali

«Cantami o musa. No, cantami o muso, di cane, gatto o cavallo, tigre, orso

o scimmia, asino, mucca o cammello, l’ira funesta della Terra contro l’essere umano.

Chi sono io? Chiamatemi Filelfo. Si può credermi? Non ha importanza.

Non dico nulla di mio. Ripeto, come nei tempi ai quali con umiltà mi ispiro, parole altrui.

Dettate non dalle muse, ma da una progenie altrettanto antica: gli animali.

Sono stati loro, abitanti delle foreste, del cielo e dei mari, a parlarmi della natura,

dell’anima del mondo, dell’arca che l’essere umano ha dentro di sé. Di come ritrovarla.

È una storia vera? È un racconto morale, un mito, una fiaba, o è una favola?

Giudicate voi. Al nessuno che sono, nell’Anno del Topo,

le bestie hanno affidato un messaggio: semi e raccolti, freddo e caldo,

estate e inverno, giorno e notte non cesseranno - ma solo finché dura la Terra».

Capitolo I.  L’adunata degli animali

Ultimo viene il corvo. E lui, il corvo, ultimo stava arrivando alla grande assemblea degli animali. Era in ritardo e non riusciva a perdonarselo. Non capita spesso, nella vita di un uccello, di assistere a un simile evento. L’ultimo dei suoi antenati che aveva partecipato a una grande assemblea lo si ricordava molte generazioni prima, quando ancora il cielo non era attraversato dai grandi uccelli meccanici creati dall’uomo e le luci delle città non abbagliavano le notti rendendo difficile orientarsi con le stelle. Un tempo gli umani si servivano dei corvi per interpretare i presagi e osservavano le traiettorie dei loro voli per orientare le proprie azioni. Credevano ancora che ciò che sta in alto sta anche in basso e ciò che sta in basso è come ciò che sta in alto. E che tutte le cose sono una cosa sola, che si può chiamare natura. …

     Adesso, però, è necessario fermarci a riflettere sul testo che stiamo leggendo in modo da farci carico della scrittura, e la scrittura si presta ad essere aperta come un ventaglio per mostrarsi in tutta la sua pienezza allegorica - una pienezza capace di dilatare il tempo e lo spazio - e allora, prima di tutto puntiamo la nostra attenzione sull’espressione «Ultimo viene il corvo» che, proprio perché di matrice umanistico-rinascimentale, contiene un’interessante proposta per leggere un’opera contemporanea alla quale, probabilmente, avrete già pensato.

     Ultimo viene il corvo è il titolo di una raccolta di racconti [sono trenta racconti] di Italo Calvino pubblicata per la prima volta nel 1949. In particolare la lettura di uno di questi racconti – che potete leggere per primo - intitolato Una rapina in pasticceria ci permette di fare un esercizio di comparazione tra generi diversi perché questo racconto ha ispirato l’esito fallimentare della rapina raccontata da Mario Monicelli nel film I soliti ignoti che avrete sicuramente visto più di una volta …   

     Questo è il momento per leggere o per rileggere i racconti della raccolta intitolata Ultimo viene il corvo che trovate in biblioteca.

     Dopodiché è necessario fermarci anche a riflettere sull’espressione «ciò che sta in alto sta anche in basso e ciò che sta in basso è come ciò che sta in alto». Questa dicitura la si trova nella famosa opera, composta da più trattati, intitolata Corpus ermeticus attribuita al mitico autore Ermete Trismegisto [un’opera più volte incontrata nei nostri viaggi]; un’opera non facile da leggere ma della quale è bene conoscere l’esistenza: la si può anche solo prendere in mano e sfogliare [dopo averla richiesta in biblioteca] sapendo che fonde insieme lo stoicismo con il neoplatonismo e con i miti gnostici ed ebraici e con l’astrologia, l’alchimia e le scienze occulte, per dimostrare che «l’Universo è un unico corpo vivente per cui si può dire che ciò che sta in alto sta anche in basso e ciò che sta in basso è come ciò che sta in alto e, quindi, il volo degli uccelli costituisce un vero e proprio linguaggio che bisogna saper interpretare».

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Vi sarete certamente soffermate e soffermati più volte ad osservare gli uccelli in volo o all’opera nel loro habitat, quindi, scrivete quattro righe in proposito...

     E ora riprendiamo a leggere il testo del capitolo primo della Favola selvaggia di Filelfo.

Filelfo, L’assemblea degli animali

Capitolo I.  L’adunata degli animali

Un tempo gli umani credevano che tutte le cose sono una cosa sola, che si può chiamare natura. Ma ora non guardavano più il cielo. Avevano alzato sul mondo una nebbia di polveri e fumi e cattivi odori che coprivano il soffio della primavera in arrivo, come già all’equinozio d’autunno i primi refoli dei venti invernali, confondendo tanti uccelli migratori, facendone saltare i programmi, ritardando arrivi e partenze e trasformando le rotte verso sud in uno di quei grovigli di autostrade intasate che gli umani usavano per spostarsi freneticamente da un posto all’altro senza che il corvo riuscisse a capire le ragioni nascoste di quel vano e continuo fuggire da se stessi.

Affannato e preoccupato per il ritardo, si preoccupava di volare più velocemente possibile per raggiungere il luogo dell’appuntamento, quel luogo segreto, lo stesso da milioni di anni, che tutti gli animali conoscono perché lo imparano quando vengono al mondo. Tutti, nessuno escluso, sanno con certezza due cose: il segreto della vita (ma di questo non è possibile fare parola qui) e dove si trova il luogo nascosto della grande assemblea degli animali per essere pronti nel caso sia convocata. Si dice che anche gli esseri umani un tempo conoscessero entrambe le cose e che, anzi, proprio a loro fosse stato concesso di custodire il mondo e proteggere il suo equilibrio. Ma poi si sa come andò a finire e il corvo, già abbastanza in ansia per il ritardo, non voleva ricordare quella storia che tutti gli animali si tramandano, la storia della caduta e del grande esodo. …

     Adesso è necessario fermarci ancora a riflettere sul testo che stiamo leggendo in modo da farci carico della scrittura e, quindi, puntiamo la nostra attenzione sull’espressione «le ragioni nascoste di quel vano e continuo fuggire da se stessi» che ci rimanda al poema intitolato De rerum natura [Sulla natura] di Lucrezio [che abbiamo studiato a suo tempo]. Nel Libro III, ai versi 1063-1069 si legge: «Corre alla villa di campagna frustando ansiosamente i cavalli, | neanche la casa stesse andando a fuoco e dovesse domarne le fiamme; | dopodiché, appena toccata la soglia, all’istante sbadiglia, | o piomba in un sonno profondo cercando l’oblio, | o se ne riparte in fretta e furia perché gli manca la città. | Così ciascuno fugge se stesso, quel se stesso al quale ovviamente | non si dà di potere sfuggire».

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Quale di questi termini - evitare, schivare, scansare, eludere, mandare, sottrarsi, dileguarsi, scappare - mettereste per primo accanto al verbo “fuggire”...

Scrivetelo, non fuggite, esercitatevi nella scelta, scegliere è sintetizzare, e sintetizzare è venire al punto e in ogni punto c’è l’Universo intero...

     E adesso riprendiamo a leggere il testo del primo capitolo della Favola selvaggia di Filelfo.

Filelfo, L’assemblea degli animali

Capitolo I.  L’adunata degli animali

Ma il corvo, già abbastanza in ansia per il ritardo, non voleva ricordare quella storia che tutti gli animali si tramandano, la storia della caduta e del grande esodo. Sotto di lui il mare canuto si increspava, prossimo alla riva, nelle creste di spuma delle sue piccole onde e in quelle sollevate dagli ultimi delfini che si attardavano a scherzare, e poi l’acqua facendosi più trasparente mostrò le specie multicolori dei pesci e sulla mezzaluna di sabbia bianca arrampicarsi veloci le delegazioni dei granchi.

Più lentamente, ma con ponderato anticipo, alcune tartarughe s’avviavano all’interno lasciando sulla sabbia le enormi scie dei loro carapaci. Sull’anfiteatro di scogli si erano già disposte le stirpi delle foche, a debita distanza dai cugini trichechi, che con aria di importanza si nettavano i baffi dopo il viaggio. I pinguini estenuati dal caldo nelle loro pesanti livree stavano muti, allineati come paracarri in una geometria che contrastava con le linee scomposte dei gabbiani appollaiati poco più in là, che mai riuscivano a trattenersi dal loro vociare, nemmeno alla vigilia di un appuntamento così importante. …

     E adesso è necessario fermarsi ancora a riflettere sul testo che stiamo leggendo perché dobbiamo puntare la nostra attenzione sull’espressione speciale: «il mare canuto».

     Risulta senza dubbio una scelta azzardata quella di accostare al sostantivo “mare” l’aggettivo “canuto” il cui significato rimanda, in prima istanza, a “una persona con i capelli bianchi”, e la licenza semantica prende forma dal fatto che, in effetti, la spuma che increspa le onde rende plausibile questo attributo che permette di personificare uno degli elementi naturali più antichi. Infatti per la sapienza poetica epica sviluppatasi tra l’VIII e il VII secolo a.C.: «Sul mare, per sua natura, biancheggiano le spumeggianti creste dell’onde così come biancheggiano le chiome canute dei vecchi»: questo concetto emerge nella poesia omerica e, di conseguenza, la formula «il mare canuto» compare più volte nel testo dell’Iliade e dell’Odissea, due opere che certamente arricchiscono la vostra biblioteca domestica.

     La formula omerica «il mare canuto» nel Libro primo dell’Iliade ricorre ben due volte in modo ravvicinato, nel verso 350 e nel verso 359. Leggiamo dal verso 349 al verso 351 del Libro primo dell’Iliade: «… e Achille | scoppiando in pianto sedette lontano dai compagni, in disparte, | in riva al mare canuto, guardando l’interminata distesa, | e molto implorava la madre, stendendo le mani …». La madre di Achille è una nereide, una divinità marina che si chiama Teti, ed è la figlia di Nereo, il divino Vecchio del mare che vive nelle profondità dell’Egeo. E ancora leggiamo dal verso 357 al verso 361 del Libro primo dell’Iliade: «…l’udì la dea madre [Teti udì Achille piangente], | seduta negli abissi del mare, vicino al padre vegliardo [Nereo, il Vecchio del mare]: | subito emerse dal mare canuto, come nebbia, | e si mise a sedere vicino a lui [ad Achille] che piangeva, | lo carezzò con la mano e le disse parole …». Il mare, quindi,  per la sapienza poetica epica, si identifica con il vecchio Nereo che, come tutti i vecchi, è canuto così come - per trasposizione poetica - il mare è canuto.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Da quanto tempo non rileggete [non li avete mai letti?] i versi del Libro primo dell’Iliade?… Questo testo va periodicamente riletto: in esso si spiegano non solo le ragioni del pianto e de l’ira funesta di Achille ma viene messa in evidenza anche una didascalia [un insegnamento] per cui il mare, essendo canuto, è come se fosse un vecchio il quale oggi soffre di molti più acciacchi di quelli che già soffriva al tempo di Omero e, di conseguenza, rientra in una categoria a rischio…

Ci siamo davvero rese e resi conto che “il mare canuto” va urgentemente protetto?...

     E ora riprendiamo a leggere il testo del capitolo primo della Favola selvaggia di Filelfo: continuiamo a seguire il corvo nel suo volo, ma dobbiamo soffermarci ancora a riflettere su ciò che il testo ci offre.

Filelfo, L’assemblea degli animali

Capitolo I.  L’adunata degli animali

Il corvo sorvolò la spiaggia e gli scogli cabrando lungo la parete scoscesa del monte. Vide arrampicarsi le delegazioni in arrivo da ogni parte della terra. Saltavano veloci i camosci dorati, salendo accanto alle capre, le renne si affiancavano ai muli, le gazzelle e le antilopi, come di solito non accade, andavano gentilmente al passo di cammelli, pecore, mucche, rinoceronti e maiali. E poi conigli e lepri, castori e scoiattoli, e più lenti gli istrici vestiti delle loro faretre di bronzo e le iguane dallo scudo di smeraldo e d’ambra.

Per quanto abituato fosse lo sguardo del corvo alla brulicante molteplicità del regno vivente, mai aveva visto, nella sua esperienza, una così grande e variegata moltitudine di animali, né un tale ordine. Del resto la legge di natura, in occasione delle grandi assemblee, è sospesa: né predatori né prede, né forti né deboli, né grandi né piccoli, così è stato stabilito dal principio, così accadde ai tempi dell’arca. E così, sta scritto, avverrà alla fine dei tempi: il lupo dimorerà con l’agnello, la pantera si distenderà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno fianco a fianco e un fanciullo li guiderà. La vacca e l’orsa pascoleranno insieme; si sdraieranno insieme i loro piccoli. Il leone si ciberà di fieno, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca dell’aspide; il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi...

     Ci fermiamo ora a riflettere sulla citazione che abbiamo appena letto: «il lupo dimorerà con l’agnello, la pantera si distenderà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno fianco a fianco e un fanciullo li guiderà. La vacca e l’orsa pascoleranno insieme; si sdraieranno insieme i loro piccoli. Il leone si ciberà di fieno, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca dell’aspide; il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi». Questa celebre citazione è tratta dal capitolo 11 del Libro di Isaia, e quest’opera l’avete tutte e tutti voi a portata di mano perché in ogni casa, in ogni biblioteca domestica, c’è un volume della Bibbia: volete forse lasciarlo inutilizzato?

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Leggete i primi 9 versetti del capitolo 11 del Libro di Isaia dove si descrive in modo efficace l’auspicabile fenomeno della pacificazione universale: «Come l’acqua riempie il mare, così l’aspirazione alla pace deve riempire tutta la terra».… 

C’è una persona con cui dovete pacificarvi?...

Scrivete quattro righe in proposito e, utilizzando lo strumento della scrittura, cercate la via della riconciliazione...    

     E ora riprendiamo la lettura del testo del primo capitolo della Favola selvaggia di Filelfo scrutando il territorio con l’occhio del corvo.

Filelfo, L’assemblea degli animali

Capitolo I.  L’adunata degli animali

L’occhio del corvo non smetteva di scrutare. Nell’erba della boscaglia i serpenti dalle squame screziate strisciavano benevoli, senza insidie, al ritmo delle colorate e svagate colonne dei bruchi e dei lombrichi che le pesanti zampe dei cinghiali cercavano meticolosamente di non schiacciare. Il grande popolo dei topi montava come una marea grigia, impercettibile come sempre, salvo il fruscio di code sottili tra gli sterpi. Con cieco zelo le talpe aravano i fianchi della montagna, lasciandosi dietro piccole trincee di terra smossa. Tra i rami degli alberi saltavano rumorose le famiglie delle scimmie facendo a gara con quelle dei gatti silenziosi, lasciando indietro qualche incurante bradipo sotto l’occhio socchiuso dei camaleonti. Stormi di allodole, pettirossi, passeri, scriccioli, rondini in formazione volavano bassi, attorniati dal ronzio vibrante dei colibrì che si mescolavano ai bengalini, ai parrocchetti e a tutto l’arcobaleno degli uccelli tropicali che ascendevano dalle pendici del monte come scintille che si levano da un falò in una foresta.

Molto più in alto di loro, invisibili a ogni sguardo che non sia di uccello, i rapaci imperiali, il falco, l’aquila, lo sparviero, volavano in ricognizione disegnando intorno alla vetta uno scudo invisibile. Già in postazione, tra i nodi dei tronchi, il popolo delle civette, degli allocchi, dei gufi spalancava lo sguardo ai nuovi arrivi. Quando il corvo fu giunto quasi in cima, gli si mostrò palpitante, intorno agli alberi e ai cespugli fioriti, la fantasmagoria delle farfalle, dei sacri scarabei dalla corazza iridescente, delle libellule immobili nell’aria, delle infinite e tremule legioni degli insetti.

Era quasi arrivato. Poteva scorgere i seggi più alti dell’assemblea, gli scranni di roccia riservati alle grandi fiere, alle tigri regine della simmetria, ai leoni, re per diritto di nascita, al divino elefante, all’orso, sovrano in esilio, al nobile cavallo dalla criniera ritta nel vento delle cime.

Disposti intorno, in cerchi quasi concentrici, distribuiti tra alberi e anfratti della foresta, stavano i rappresentanti delle savane, delle giungle, dei deserti, delle brughiere e delle tundre, degli atolli sconosciuti, delle nevi perenni delle montagne. Incrociò lo sguardo altezzoso delle giraffe, percepì la timidezza dei cervi, la violenza contenuta dei tori, la fatua eccentricità delle zebre, il ghigno sottile della volpe, la risata folle della iena, il richiamo buio del lupo. Al centro dell’emiciclo, a fare da specchio agli immensi fusti secolari, l’acqua grigia, metallica del lago rimbombava della giaculatoria delle rane: Brekekekex-koax-koax, e si increspava del guizzo muto dei salmoni arcuati, zampillando sul grande muso dell’ippopotamo e scomponendo le sagome coriacee dei coccodrilli, semisommerse come tronchi abbandonati. …

     L’affermazione «alle tigri regine della simmetria» su cui dobbiamo riflettere è interessante. Questa affermazione è interessante perché ci permette di fare la conoscenza del poeta, pittore e incisore William Blake, nato a Londra nel 1757 e morto, sempre a Londra, nel 1827. William Blake ha composto poesie nelle quali non solo esplora la convivenza del bene con il male nella creazione ma si domanda come un creatore - definito buono e misericordioso - abbia potuto creare sia la bellezza che l’orrore, per cui certe domande non possono che rimanere senza risposta: perché le persone buone soffrono? E come mai anche le persone buone fanno cose cattive?

     Nei versi della poesia La tigre - composta nel 1794 - il poeta mostra i due contrari stati dell’anima umana: «Tigre! Tigre! che bruci luminosa | nelle foreste della notte, | quale mano o occhio immortale | ha potuto disegnare la tua terrificante simmetria? » Il termine “simmetria” si riferisce alle striature del mantello della tigre, una creatura nella quale la bellezza e la ferocia convivono in armonia.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Le poesie di William Blake, tradotte in italiano da Giuseppe Ungaretti, le trovate in biblioteca in un volume intitolato Canti dell’innocenza e dell’esperienza, e poi sulla rete potete osservare anche le incisioni di William Blake, comprese quelle riguardanti la Divina Commedia di Dante, e poi trovate altre notizie su questo personaggio che vale la pena conoscere...

     Infine la dicitura: «Brekekekex-koax-koax» non è solo un gioco di parole ma è parte integrante del testo dei versi 209 e 210 della commedia Le rane di Aristofane, rappresentata per la prima volta ad Atene nel 405 a.C. Questo classico della commedia greca continua ad essere di attualità perché affronta la cruciale questione del ruolo politico che dovrebbe avere la cultura, l’arte, la poesia, il teatro nella società civile a cominciare dal fatto che non ci può essere cultura, arte, poesia, teatro nella società civile senza un permanente processo di alfabetizzazione della collettività. «Come si può salvare una città che non sa distinguere il bene dal male?» si domanda Aristofane, e la risposta non è semplice e, quindi, il commediografo conduce il pubblico, con l’ironia del suo testo, in un viaggio agli inferi surreale e sgangherato alla ricerca di valori ai quali i protagonisti della politica, ieri come oggi, quando diventano sguaiati politicanti, non vogliono più credere. Il testo de la commedia Le rane - e le rane sono le protagoniste del coro - parla del giorno d’oggi, di una società in decadimento - una società in disfacimento a causa della debolezza cognitiva che affligge tutta la collettività -, e Atene, nel 405 a.C., è una città in mano alla corruzione dove lentamente si sgretola una tradizione basata sull’esercizio democratico e sulla raffinatezza intellettuale: Aristofane, dunque, ingaggia Dioniso, il dio del teatro e della finzione, e lo manda nell’Ade alla ricerca di due antichi poeti tragici, Eschilo ed Euripide che, risuscitando e dibattendo comicamente con veemenza tra loro, possano restituire alla città i valori perduti. Leggiamo solo una battuta da Le rane di Aristofane, una delle tante battute di stringente attualità: «I poeti non devono rappresentare troppo e sempre il male: si sa che il male attira di più l’attenzione del pubblico perché la gente è avvezza a fare i conti più con la corruzione che con la rettitudine. I poeti devono essere maestri per gli adulti che, a loro volta, devono essere d’esempio alle ragazze e ai ragazzi - e, quindi, è quasi esclusivamente del bene che i poeti devono parlare, anche se il bene sembra non far notizia nel sempre più sfilacciato tessuto della polis».

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Su Rai play potete assistere alla rappresentazione de Le rane di Aristofane con il duo di attori Ficarra e Picone. La commedia è stata registrata e poi trasmessa su Rai1 nel settembre del 2018 dal Teatro Greco di Siracusa per la regia teatrale di Giorgio Barberio Corsetti e quella televisiva di Duccio Forzano

Da 2500 anni Le rane di Aristofane continuano a gracidare, ascoltatele…

     E ora concludiamo la lettura del testo del primo capitolo della Favola selvaggia di Filelfo che descrive l’adunata degli animali riuniti in assemblea, e nel posto segreto del raduno degli animali ci siamo arrivate e arrivati seguendo il volo del corvo.  

Filelfo, L’assemblea degli animali

Capitolo I.  L’adunata degli animali

Il corvo avrebbe voluto guardare ancora dall’alto, ma non c’era più tempo. Allargò le ali nere e planò più a valle. Scrutò i seggi rimasti. Nel folto di una quercia trovò il suo posto accanto alla colomba. E la colomba non stringeva nel becco il ramoscello di ulivo. Stavolta la colomba non era venuta a parlare di pace, ma, come tutti gli animali in assemblea, era qui per parlare di guerra. …

     Per ascoltare i discorsi degli animali che interverranno in assemblea non perdete la prossima tappa di questo Percorso che si compie in attesa di tornare a viaggiare in presenza sulla via che dalla metà dei Seicento conduce al secolo dei Lumi.

     Vi invito, insieme a Jean de La Fontaine, ad esercitarvi rileggendo, tutto di seguito, il testo del primo capitolo della favola presa in esame, e poi vi esorto a fare il compito come è richiesto da ogni punto del REPERTORIO ...  perché il desiderio di apprendere stimola il sistema immunitario e corrobora, rinfranca e ritempra lo spirito.

     Ci risentiamo prossimamente [presumibilmente fra quindici giorni] per compiere il secondo itinerario di questo Percorso per continuare a studiare insieme in attesa di poter riprendere a viaggiare in presenza consapevoli del fatto che lo studio è cura.

     E per concludere: un abbraccio a tutte e a tutti voi, nell’ambito di quel significativo paradosso che consiste nel mantenere le distanze restando uniti…


 

Lezione del: 
Mercoledì, Gennaio 13, 2021