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SULLA VIA CHE PORTA DAL SECOLO DELLA SCIENZA A QUELLO DEI LUMI MATURA IL PENSIERO GIUSNATURALISTA ...

Lezione N.: 
17

ASSOCIAZIONE ARTICOLO 34  -  «LA SCUOLA È APERTA A TUTTI.»

PERCORSO DI STORIA DEL PENSIERO UMANO IN FUNZIONE

DELLA DIDATTICA DELLA LETTURA E DELLA SCRITTURA

Prof. Giuseppe Nibbi 

La sapienza poetica e filosofica dal secolo della Scienza a quello dei Lumi   1- 2-3 aprile  2020

SULLA VIA CHE PORTA DAL SECOLO DELLA SCIENZA A QUELLO DEI LUMI

MATURA IL PENSIERO GIUSNATURALISTA  ...

     Un cordiale saluto a tutte e a tutti voi che mi state ascoltando, alle quali e ai quali non posso dire: ben venute e ben venuti a Scuola visto che sto registrando questa Lezione rigorosamente a porte chiuse in modo che il nostro Percorso didattico possa continuare a tenere il passo perché lo studio è cura.

     Questo è il diciassettesimo itinerario del nostro viaggio sulla via che porta dal secolo della Scienza [il ‘600] a quello dei Lumi [il ‘700] e questo è anche l’itinerario prepasquale.

     Come ricorderete, la scorsa settimana abbiamo incontrato Giambattista Basile, l’ideatore di un particolare modello narrativo, il racconto fiabesco, e questo è avvenuto con la produzione di un’opera pregevole intitolata Lo cunto de li cunti [Il racconto dei racconti], un’opera redatta in lingua napoletana e pubblicata postuma a Napoli, tra il 1634 e il 1636, su iniziativa della sorella dell’autore la celebre cantante Adriana Basile. Quest’opera, Lo cunto de li cunti, costruita con una raffinata architettura, contiene una serie di personaggi e di intrecci narrativi che hanno avuto, in seguito, una larga diffusione nella moderna cultura europea e mondiale. Basile, mediante la straordinaria coloritura della lingua napoletana, è riuscito a fondere insieme il linguaggio teatrale della commedia dell’arte con il racconto rituale e con il formulario magico e ha modellato “lo stile fiabesco”.

     Nell’itinerario precedente non abbiamo incontrato il signor Palomar [anche lui in rigorosa quarantena], il protagonista che ben conoscete del Libro dal titolo omonimo di Italo Calvino, pubblicato nel 1983; tuttavia, l’aggettivo “fiabesco” non è sfuggito al signor Palomar, e lo utilizza [oggi è al telefono con noi] per la meticolosa descrizione di una particolare esperienza che lui analizza nei minimi particolari [al modo di Montaigne] nel tentativo [sulla scia di Pascal] di entrare in rapporto con l’universo.

     Come abbiamo detto, il genere fiabesco fonde insieme il poema, la favola, il dramma, il romanzo, ed è probabilmente per questo motivo che il signor Palomar associa l’aggettivo “fiabesco” agli storni, quegli uccelli che, a centinaia, sincronizzano insieme il loro volo per formare una nuvola scura nella quale ogni individuo perde la propria identità per dar vita a un nuovo oggetto, per creare un prodotto diverso da ogni elemento singolo che lo genera. Ma il signor Palomar mette sempre in dubbio la sua capacità di conoscere il mondo, anche se è consapevole del fatto che è proprio il dubbio lo strumento più utile per stimolare la riflessione e la volontà di imparare: e ora leggiamo.

LEGERE MULTUM….

Italo Calvino,

Palomar

L’invasione degli storni.

C’è periodicamente una cosa straordinaria da vedere in città ed è il cielo gremito d’uccelli. Il terrazzo del signor Palomar è un buon posto d’osservazione, da cui lo sguardo spazia sopra i tetti per un’ampia cerchia d’orizzonte. Questi uccelli sono storni che, provenienti dal Nord, si raccolgono a migliaia in attesa di partire tutti insieme per le coste dell’Africa. Di notte dormono sugli alberi della città, e anche se la loro apparizione sembra avere un qualcosa di fiabesco, chi parcheggia la macchina sui viali, al mattino è obbligato a lavarla da cima a fondo e non pensa certo al candore delle fiabe anche se le fiabe non possiedono quel candore che si vorrebbe loro attribuire.  

... continua la lettura ...

     Gli storni, con tutte le loro caratteristiche descritte dal signor Palomar, non sono entrati in scena casualmente perché questi uccelli, dediti ad un comportamento “collettivo” che fa pensare all’idea che la Natura funzioni con principi propri e con proprie Leggi sembra abbiano ispirato il grande scienziato cosentino Bernardino Telesio [che abbiamo incontrato a suo tempo nel corso del viaggio di alcuni anni fa].

     Bernardino Telesio, nel 1580, fonda a Cosenza la sua Scuola e la chiama Accademia degli Storni che poi, dopo la sua morte avvenuta nel 1588 viene denominata Accademia Telesiana. Probabilmente Telesio utilizza il nome di questi volatili perché il loro comportamento “collettivo” [influenzato dal caldo e dal freddo?] fa pensare all’idea che la Natura funzioni con principi propri e con proprie Leggi. Nell’opera [che molte e molti di voi ricorderanno] intitolata De rerum natura iuxta propria principia [Della natura delle cose secondo i loro propri principi] Bernardino Telesio scrive che per conoscere la Natura bisogna eliminare ogni elemento di carattere metafisico e di stampo trascendente perché è necessario ricorrere solo a principi che siano propri della Natura stessa e, quindi, lo studioso ha il compito di cercare le prove per dimostrare che la Natura si comporta in modo autonomo: «iuxta propria principia » [secondo principi che le sono propri]. La Natura, così intesa nella sua autonomia, viene concepita da Telesio tutta e soltanto composta di “materia”, una sostanza che risulta in perpetua trasformazione per opera di due forze opposte, afferma Telesio, che sono il caldo e il freddo, che hanno due sorgenti, il sole e la terra]: il caldo dilata, mentre il freddo contrae e restringe, ed è in tal modo [scrive Telesio, pensando anche al comportamento in volo degli storni] che si spiega tutto il movimento che esiste nella Natura.

     La vita nelle sue varie forme [minerale, vegetale, animale, psichica] si spiega in base al calore, afferma Telesio, più o meno limitato dal principio opposto del freddo. Quanto più equilibrato [bilanciato, adeguato] è il calore tanto più elevata è la forma di vita che ne deriva, e anche la vita psichica [l’attività sensitiva e intellettiva] è dovuta, scrive Telesio, a un grado di calore speciale che si distingue - rispetto al calore puramente fisico necessario per le manifestazioni vegetali e animali - sotto il profilo qualitativo: un calore di tipo emozionale, appassionato, sapienziale, “cordiale”, lo definisce Telesio.

     Abbiamo fatto questo seppur breve passo indietro verso Telesio per puntare l’attenzione sul fatto che anche Pascal - che conosce bene l’opera scientifica di Telesio [e probabilmente l’aggettivo “cordiale” lo ha fatto riflettere] - quando afferma che “la conoscenza viene dal cuore prima che dalla ragione” ha certamente pensato, sul piano filosofico, che il cuore è in possesso di un particolare “calore sapienziale”; anche una folta schiera di poeti del ‘600 sono portati ad affermare, sul piano letterario, che la vita psichica [l’attività sensitiva e intellettiva] è dovuta a un grado di calore speciale di carattere emozionale e appassionato che “scaturisce dal cuore” e, difatti, quando, all’inizio del Seicento, nasce e si sviluppa un vasto e decentrato movimento poetico questo prende il nome dalla parola del motto che accompagna l’Accademia telesiana degli Storni: di “Hoggidì” [Accademia dell’Hoggidì] che traduce la dicitura latina “modus hodiernus”, da cui deriva il termine “moderno”.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Se consultate, richiedendolo in biblioteca, un volume di “Storia della Letteratura” e una “Antologia della poesia italiana del Seicento”, trovate dei corposi capitoli sui “poeti del movimento dell’Hoggidì” e potete informarvi meglio in proposito, magari in rete...

     Noi ora dobbiamo necessariamente semplificare [altrimenti altro che “hoggidì”, stiamo qui tutti i dì fino alla fine del viaggio!], ma a noi, in funzione della Storia del Pensiero Umano, preme mettere in evidenza un concetto-chiave: il movimento dei poeti dell’Hoggidì favorisce [dalla fine del ‘500 per tutto il ‘600] il diffondersi delle Accademie, soprattutto sul territorio della Penisola italiana [l’Italia come nazione non esiste e non esisterà ancora per molto ma nel suo complesso risulta essere un’importante fucina letteraria].

     Le Accademie dell’Hoggidì si strutturano come vere e proprie “officine dell’Apprendimento” sull’esempio di quella telesiana degli Storni. La scorsa settimana, per esempio, abbiamo potuto constatare come Giambattista Basile svolga la sua attività di intellettuale [di letterato e di poeta] in diverse Accademie, due in particolare: l’Accademia degli Stravaganti fondata da Andrea Cornaro sull’isola di Creta [Candia] e l’Accademia degli Oziosi di Mantova. La cosa significativa è che le Accademie secentesche [dove si studia, si legge, si scrive] non sorgono solo nelle tradizionali grandi capitali dell’Umanesimo - come Venezia, Firenze, Roma e Napoli - ma vengono fondate anche in molti centri “di provincia” e si distinguono per vivacità e continuità di voci: nelle Accademie [primordiali moderne officine dell’Apprendimento] si pratica l’esercizio poetico, si studia il metodo scientifico, si fanno fiorire attività artistiche di vario genere e, inoltre, tra i membri prende forma il dibattito politico moderno [è nei cenacoli delle Accademie secentesche che si comincia a parlare, seppur in modo larvato, sul perché e sul come dovrebbe e potrebbe esistere una nazione italiana].

     Adesso è interessante fare un piccolo inventario delle voci e dei luoghi in Italia dove le Accademie hanno operato in modo che, chi vuole, possa fare ricerca e possa approfondire la materia con l’enciclopedia e navigando in rete.

     Partiamo da Genova e da Savona dove opera il poeta [sperimentatore di metrica] Gabriello Chiabrera, con Giovanni Andrea Rovetti, con Bernardo Morando, con Anton Giulio Brignole Sale; poi andiamo a Torino con Carlo Emanuele I, e in Friuli con Ciro di Pers e Giuseppe Salomoni, e a Bologna con Claudio Achillini, Girolamo Preti, Cesare Abbelli, e a Piacenza con Francesco Durante e Antonino Galeoni, e a Rimini con Filippo Marcheselli e Ludovico Tingali, e a Pesaro con Pier Francesco Paoli e Agostino Augustini, e a Urbino con Giovan Leone Sempronio e Giambattista Pucci, e ad Ascoli Piceno con Marcello Giovanetti, e in Calabria [la Calabria di Bernardino Telesio] con Francesco Della Valle e Giacomo D’Aquino, e nel Salento con Antonio Bruni e Giuseppe Battista, e a Brindisi con Giovanni Palma, e in Sicilia con Scipione Errico, Giuseppe Artale, Andrea Ferrucci.

     Ebbene, l’elemento più significativo che dobbiamo mettere in evidenza è che alla nascita e allo sviluppo delle Accademie partecipano, in buon numero, sempre più intellettuali appartenenti alla borghesia [è nelle Accademie che la borghesia comincia ad assumere una propria coscienza di classe]. La borghesia - pur non avendo ancora acquisto, nella sua complessità, la consapevolezza del suo peso politico - sta continuando, a diversi livelli, la sua lenta e inesorabile marcia verso la conquista del potere istituzionale. I monarchi europei, nella gestione degli affari di Stato, si servono sempre più spesso di persone appartenenti alla classe borghese soprattutto nella gestione dell’economia e delle finanze. C’è da dire che i borghesi [parliamo degli appartenenti all’alta borghesia mercantile], da prima, partecipano volentieri alle attività di governo per ottenere soprattutto dei titoli nobiliari [ci tengono ad acquisire il blasone per entrare nella classe che conta, e aspirano alla nobiltà anche per sostituirsi ai re]: i borghesi chiamati a governare a corte, i borghesi di governo, non hanno ancora maturato una coscienza di classe, mentre gli intellettuali borghesi che partecipano attivamente alla vita delle Accademie, mediante l’acquisizione degli strumenti della cultura antica e moderna, intendono dare una fisionomia e “una coscienza autonoma” alla propria classe di appartenenza. Nasce, nel ‘600, sulla via che porta dal secolo della Scienza a quello dei Lumi, un concetto, in via di sempre più precisa definizione, che prende il nome di “ragione borghese” una forma di ragione che pretende di essere particolarmente illuminata.

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Nel caso foste interessate e interessati a fondare una, seppur domestica, Accademia [con le caratteristiche dell’Officina dell’Apprendimento] che nome vorreste darle?...

L’attribuzione di un nome dipende dalla fantasia, dalla ragione e dal cuore: non rinunciate a fare questa esperienza filologica...

     La ragione borghese si fonda sul metodo conoscitivo messo in atto da Bacone, da Galileo, da Cartesio, [a suo modo] da Montaigne e da Pascal, e si sviluppa a dispetto di quegli apparati di potere che temono qualunque tipo di cambiamento di mentalità per paura di perdere la loro supremazia. Che caratteristiche ha “la [cosiddetta] ragione borghese” che matura nelle Accademie per poi diffondersi nella società?

     Il pensiero su cui si basa quella che definiamo “la ragione borghese” tende a mettere da parte “l’agire per tradizione”, e questo motivo ha l’effetto di mettere in discussione “il principio ereditario del potere” [il potere non si può ereditare], e “i titoli giuridici privilegiati” [si acquisiscono titoli per merito e non per privilegio]. “La ragione borghese” mette in primo piano “lo spirito critico” e nel momento in cui il metodo scientifico, applicato all’Astronomia con Galileo in primis, ha, una volta per tutte, definito le caratteristiche del movimento dei corpi celesti [stabilito inequivocabilmente che la Terra e gli altri Pianeti ruotano attorno al Sole] succede che una parola, nata osservando il cielo, diventa anche la chiave per muovere le cose sulla terra: questa parola è “rivoluzione”. E nel XVII secolo assistiamo alle prime Rivoluzioni borghesi, ma noi ora non abbiamo né lo spazio né il tempo per mettere in evidenza tutti gli avvenimenti storici relativi alla lotta per la conquista del potere in questo secolo.

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Non è difficile, utilizzando l’enciclopedia e la rete, trovare un quadro riassuntivo dei più significativi avvenimenti del ‘600 verificatisi in Europa e nel resto del Mondo: informatevi…

     Noi ora mettiamo in evidenza una serie di concetti relativi alla Storia del Pensiero Umano, e per prima cosa dobbiamo dire che le prime rivoluzioni borghesi consistono nel rinnovamento di quello strumento che è il Parlamento che diventa non più l’assemblea ristretta dei nobili consiglieri del re ma il luogo istituzionale dove la borghesia chiede, e ottiene, di essere rappresentata. In Inghilterra, e ancor prima in Olanda, ovvero nei Paesi Bassi, dove è stata combattuta una lunga guerra di liberazione contro la Spagna sotto la guida della famiglia nobile degli Orange nasce una forte alleanza tra cittadini borghesi - artigiani, commercianti, navigatori, banchieri - con la creazione di solide forme di organizzazione commerciale, “le compagnie”, e la più importante è la Compagnia delle Indie orientali. Sulla scia di questo tipo di organizzazione la borghesia [capitalista], che investe i propri capitali nel mercato, va alla conquista dell’egemonia del commercio marittimo, con una grande produzione di beni. L’Olanda, ovvero i Paesi Bassi, approfitta della situazione di guerra civile continua [dal 1555 al 1648] che c’è in Inghilterra, per avvantaggiarsi economicamente, e Amsterdam diventa la capitale commerciale d’Europa, e del mondo: la capitale della modernità.

     Sapete già [perché lo abbiamo studiato a suo tempo] che Cartesio, la prima volta che fugge ad Amsterdam per sottrarsi all’Inquisizione parigina, scrive a padre Mersenne: «Qui non c’è disoccupazione, e sono tutti attivi nel commercio». Si forma, quindi, una società che esce dal rigido sistema feudale e tende a liberalizzare tutto, e anche il clima ideologico è temperato: ci sono meno intransigenze confessionali che dalle altre parti [non ci sono i tribunali dell’Inquisizione nei Paesi Bassi], anche se, ogni tanto, il forte partito calvinista dà segni di intolleranza soprattutto verso certe situazioni economicamente vantaggiose ma palesemente immorali come la tratta degli schiavi ben organizzata [per la prima volta in Età moderna] da commercianti olandesi senza scrupoli. Tuttavia, nel complesso, si sviluppa un modo di pensare contenuto in un’affermazione che può essere sintetizzata con queste parole: «Sotto al credo di ciascun individuo ci sono valori comuni, c’è la persona. Prima c’è la persona, con i suoi valori umani, poi c’è l’essere cattolico, protestante, ebreo, musulmano, [persino] eretico». La conseguenza di questa affermazione che fa risuonare il pensiero di Montaigne porta alla nascita di “magistrature di controllo” sui diritti di ciascuna persona. In Olanda, nei Paesi Bassi, la nascita di magistrature di controllo è favorita da una serie di limiti.

     Il territorio olandese, o meglio, dei Paesi Bassi - dopo la vittoriosa guerra di liberazione contro la Spagna - non ha una struttura politica unitaria, e i cittadini di questo territorio preferiscono federarsi piuttosto che amalgamarsi e, di conseguenza, nasce l’Unione dei Paesi Bassi, o meglio ancora, la Confederazione delle sette Province Unite dei Paesi Bassi, e il garante di questa Unione è un supremo magistrato detto “Statolder” il quale non deve avere ambizioni monarchiche [in seguito questa ambizione si concretizzerà quando questa magistratura, col tempo, diventerà un diritto ereditario della famiglia Orange]. Quindi per chiarire le cose, inizialmente ogni Provincia è governata da un Reggente, e i sette Reggenti sono coordinati da un alto magistrato: il Gran pensionario dei Reggenti [lo Statolder] che deve difendere il diritto di autonomia di ogni Provincia e deve garantire il dovere all’unità delle Province e alla solidarietà tra le Province stesse. Su queste due magistrature di controllo e di garanzia - il Reggente di ogni Provincia e lo Statolder, il Gran pensionario dei Reggenti - si fonda il sistema politico olandese e intorno allo Statolder nasce “il partito orangista” conservatore e monarchico, mentre intorno ai Reggenti nasce “il partito progressista” liberale e borghese, e queste due forze costituiscono l’ossatura del Parlamento della Province Unite dei Paesi Bassi. Questo sistema fondato sull’autorevolezza delle magistrature di garanzia crea un clima di tolleranza, e molte singole persone [come Cartesio e altri cattolici ricercati dall’Inquisizione] e gruppi di persone perseguitate [come gli Ebrei] trovano nei Paesi Bassi rifugio e lavoro: la frontiera è aperta. Quindi, le Province Unite dei Paesi Bassi diventano “un [moderno] laboratorio politico” [nel quale ha grande voce in capitolo la ragione borghese] all’interno del quale cominciano a essere poste una serie di grandi moderne questioni: nascono “le idee liberali basate sui diritti dell’Uomo e del cittadino”, anche se non mancano le contraddizioni – e Pascal direbbe che l’astuzia della ragione ci mette sempre lo zampino – perché, come abbiamo detto, nasce anche uno spregiudicato “liberismo” [una forma di economia senza regole] per cui, per esempio, molti mercanti olandesi diventano anche i primi famigerati mercanti di schiavi dell’età moderna [un commercio che procura redditi altissimi].

     E allora “i diritti dell’Uomo” che fine fanno in questo caso? Vale di più il profitto o valgono di più i diritti dell’Uomo? Di fronte a questo interrogativo si manifesta una differenza tra essere “una persona liberale” e l’avere una mentalità “liberista” e la borghesia si ritrova ad essere una classe divisa ideologicamente [un tema che continua a essere d’attualità].

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Abbiamo detto che Amsterdam nel Seicento diventa la capitale commerciale d’Europa, e del mondo, tanto da essere considerata la capitale della modernità

Dopo aver consultato una guida cartacea di Amsterdam o aver utilizzato la rete, scrivete quattro righe per dire che cosa c’è, secondo voi, di significativo in questa città dal punto di vista urbano, naturalistico e, soprattutto, artistico: componete il vostro resoconto...

     Nel laboratorio politico olandese prendono forma interessanti modelli istituzionali e questi avvenimenti suscitano un vasto dibattito nell’ambito delle Accademie sorte in tutta Europa, e le innovazioni in atto nelle Province Unite dei Paesi Bassi vengono subito fatte proprie dal sistema inglese, e che cosa succede in Inghilterra?

     L’Inghilterra è il paese che assimila per prima i modelli istituzionali olandesi. A Londra, dal Medioevo, al vertice del potere politico ci sono due istituzioni fondamentali: il Re e il Parlamento. Sulla scia di ciò che succede nelle Province Unite dei Paesi Bassi intorno al Re britannico si forma “il partito conservatore” [tory] la cui ideologia si basa sul principio che “la monarchia trae la sua autorità dalla volontà di Dio” e, quindi, tutto il potere decisionale appartiene, in termini assoluti, al Re. Ma non sempre il Re ritiene di dover gestire tutto il potere da solo, così come nel partito conservatore ci sono correnti più intransigenti e più realiste del Re ma anche correnti moderate i cui membri ritengono che il Re debba essere supportato nella gestione del potere. Nel Parlamento, invece, nasce “il partito progressista” [whig] la cui ideologia si basa sul principio che “i poteri vengono dal popolo e devono essere esercitati in funzione del popolo” e, quindi, tutto il potere deve essere gestito dal Parlamento. Anche nel partito progressista ci sono diverse correnti: i più radicali che vogliono dare al Parlamento poteri assoluti, e i moderati che vogliono ci sia un’equa distribuzione dei poteri tra il Parlamento e il Re.

     I due raggruppamenti che abbiamo descritto [che diventano un modello universale] animano tanto la vita del Parlamento dei Paesi Bassi quanto quella del Parlamento inglese e si assiste a un’agguerrita competizione tra queste due formazioni per accaparrarsi il potere.

     In Inghilterra dal 1629 al 1688 si verificano tutta una serie di avvenimenti drammatici che ricordiamo a grandi linee: un Re, Carlo I Stuart, attua un colpo di Stato contro il Parlamento privandolo per undici anni di tutte le sue prerogative, e questo avvenimento fa scoppiare una guerra civile nella quale l’esercito fedele al Parlamento sconfigge quello dei fedeli del Re il quale viene arrestato, processato, condannato a morte e, nel 1649, giustiziato [si parla di prima rivoluzione inglese]. Il risultato è la nascita di una Repubblica di stampo dittatoriale e assolutista, diretta dal leader dei puritani Oliver Cromwel. Nel 1660 viene però restaurata la monarchia con Carlo II, il quale inizia la repressione dei dissidenti più agguerriti nei confronti della sua riconquista del potere. Tra i dissidenti ci sono anche i quaccheri [quachers, i tremolanti perché pregano oscillando con la testa], un gruppo religioso intransigente, puritano, senza gerarchie, senza culto esteriore, che predica la non violenza.

     Il leader dei quaccheri, il predicatore George Fox, dopo anni di galera, si imbarca per l’America [per le Indie occidentali] dove raduna i suoi seguaci che erano già emigrati dal 1620 per sfuggire alle repressioni [i cosiddetti “Padri Pellegrini”] e, lì c’è tanta terra, e viene fondata una colonia, che diventa uno Stato, la Pennsylvania. Altri Stati nasceranno sulla scia della migrazione dall’Europa e, uniti insieme, [questi Stati Uniti] avranno una storia non da poco.

     Ma torniamo a Londra: il successore di Carlo II, suo fratello Giacomo II, ha un figlio da una principessa cattolica [la sua seconda moglie Maria Beatrice d’Este] e lui stesso aderisce al cattolicesimo assumendo [seguendo l’esempio di Luigi XIV in Francia con cui si allea] un atteggiamento autoritario nei confronti del Parlamento [lo esautora dalle sue funzioni]: questi avvenimenti fanno esplodere l’opposizione anglicana anticattolica che insorge e costringe il Re all’esilio in Francia e, quindi, il Parlamento inglese riprende la sua funzione. In attesa di risolvere il problema del trono vacante, chiama a governare, con la funzione di arbitro, il magistrato supremo olandese, lo Statolder Guglielmo d’Orange-Nassau, che era il marito della figlia di primo letto [Anna] di Giacomo II.

     Lo Statolder Guglielmo d’Orange-Nassau, nel 1689, instaura a Londra lo stile del laboratorio politico olandese e propone in Parlamento, per regolare i rapporti istituzionali, sociali e umani, l’introduzione di una Dichiarazione dei diritti: un documento storico [si parla di seconda Rivoluzione inglese] perché contiene il pensiero di quella che abbiamo definito: “la ragione borghese”.

     È chiaro che per avere un quadro esaustivo della situazione è utile leggere uno dei tanti Libri di Storia dell’Inghilterra del Seicento [o anche i capitoli contenuti nei manuali di Storia della Scuola Media o di quella Superiore]: la nostra sintesi ci fa capire [con il pensiero rivolto alla Letteratura] che la Storia dell’Inghilterra del XVII secolo assomiglia molto alle tragedie di Shakespeare.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Il diritto di avere una cittadinanza, il diritto al lavoro, il diritto alla tutela della salute, il diritto all’istruzione [sono alcuni dei diritti costituzionali]...

Scrivete quattro righe sull’importanza che ha avuto per voi acquisire questi diritti, visto che l’acquisizione di diritti deve stimolare la consapevolezza di avere dei doveri...

     La borghesia, cominciando da Amsterdam e da Londra, s’insedia gradualmente al potere parlando di “diritti” [con una Dichiarazione di diritti], ma viene spontaneo chiedersi di che diritti si tratta e bisogna domandarsi quale sia la riflessione culturale che matura attorno al concetto di “diritto” e bisogna chiedersi chi la fa maturare.

     Il personaggio che, in base alla sua riflessione filosofica, è diventato l’ideologo de “la ragione borghese” è uno studioso che - qualche anno prima di Cartesio - ha voluto definire “i diritti naturali della persona” dei quali la persona non può essere privata da parte di nessuna istituzione, ma che ogni istituzione deve garantire.

     Il pensatore olandese che [qualche anno prima di Cartesio] ha enunciato il suo programma di fondazione del “diritto naturale” si chiama Huig de Groot, meglio conosciuto con il nome latino [visto che il latino è la lingua internazionale del momento] di Ugo Grozio. Ugo Grozio è nato a Delft il 10 aprile 1583 in una famiglia dedita all’attività mercantile [suo padre è stato anche borgomastro della città], e dal 1603 - dopo aver studiato Giurisprudenza all’Università di Leida, alunno di Giusto Lipsio e di Giuseppe Giusto Scaligero - riceve, pur essendo molto giovane, vari importanti incarichi tra cui quello di storiografo ufficiale e di Consigliere della Provincia di Rotterdam.

     Ugo Grozio è stato un precoce polemista: egli critica una consuetudine - da lui ritenuta innaturale e incivile - adottata da tutte le nazioni colonialiste europee che ha preso il nome di “diritto di preda sul” mare [ciò che si trova sul mare, in balia dei flutti, diventa di proprietà di chi lo raccoglie, e questo presunto diritto, non governato da regole, è una chiara giustificazione della pirateria]: Grozio, in proposito, scrive nel 1609 un saggio intitolato Mare liberum nel quale sostiene che: «Sui mari ci deve essere libera e sicura navigazione per tutti, il mare è un grande territorio che si presenta spesso ostile e su questo spazio acqueo deve valere una legge, la Legge del mare, che scaturisce dal principio cristiano di affratellamento, con il vincolo morale di dare soccorso a chi è in difficoltà, e con l’obbligo per ciascuna nazione di tenere sempre aperti i propri porti agli equipaggi non armati delle navi che presentano danni alle strutture causate dalle intemperie o da attacchi indiscriminati e che abbisognano dei necessari approvvigionamenti, a cominciare dalla riserva di acqua potabile».

     Ugo Grozio come giurista [moderno] s’impegna a studiare per rendere valida l’idea di “una Legge naturale” che possa costituire una base su cui poggiano gli ordinamenti dello Stato e le relazioni internazionali. Scrive Grozio nell’introduzione al suo programma di ricerca: «Mi sono preoccupato di produrre le prove di ciò che si riferisce alla Legge di natura e a dimostrare che sono condizioni fondamentali e indiscutibili che nessuno può negare senza far violenza a se stesso. I principi di questa Legge, se solo voi ne fate oggetto di attenzione, sono infatti in sé chiari ed evidenti, quasi altrettanto evidenti di ciò che noi percepiamo per mezzo dei sensi esterni».

     Grozio, in quanto intellettuale attivo nel partito liberale, è stato coinvolto nelle lotte politiche olandesi e quando il partito liberista ha preso il potere nel 1619, Grozio, per le sue idee [soprattutto la proposta - considerata troppo restrittiva - di dare regole giuste ed eque al commercio], ha subito la repressione attuata dai vincitori ed è stato arrestato,  processato e condannato all’ergastolo ma è riuscito a evadere di prigione nascosto in una cassa di libri, ed è fuggito a Parigi dove il re Luigi XIII lo ha accolto e ne ha utilizzato la competenza inviandolo come ambasciatore francese in Svezia, a Stoccolma. Quando Grozio torna in Francia si stabilisce a Parigi dove, nel 1625, pubblica la sua opera più importante intitolata De iure belli ac pacis [Sul diritto di guerra e di pace] che è il trattato fondamentale del pensiero del giusnaturalismo.

     Che cos’è il giusnaturalismo? Il giusnaturalismo secondo Ugo Grozio è la corrente di pensiero che sostiene l’esistenza di norme di diritto naturale: regole fondate sulla natura razionale della persona, quindi, principi anteriori alla formazione delle istituzioni. Le norme di diritto naturale, sostiene Grozio, sono valide perché fondate sulla ragionevolezza in quanto patrimonio dell’essere umano, e prima di essere scritte nei Documenti queste norme sono incise su quella “Tavola di bronzo” [afferma Grozio] che è la ragione: la principale facoltà umana che la persona ha avuto in dono dalla Natura. Scrive Grozio: «È norma per la ragione umana astenersi da ciò che è degli altri. È norma la restituzione di ciò che possiamo aver tolto agli altri, con tutti i guadagni che possiamo averne tratti. È norma l’obbligo di mantenere le promesse [“pacta sunt servanda”, le promesse vanno mantenute]. È norma riparare a una perdita avvenuta per colpa nostra e l’applicazione di penalità a ciascuna persona secondo il suo merito. Nessuno può modificare queste norme, nemmeno Dio perché bisogna sganciare il concetto di diritto divino, inventato dai monarchi ad uso dei loro fini spesso illeciti, da quello di diritto naturale costituito da norme inserite per Natura nella mente della persona tanto che, se non rispettate, fanno affiorare il rimorso, che continua a riemergere perché solo apparentemente sedato dall’astuzia della ragione».

     Dal diritto naturale, sostiene Grozio, deriva “il diritto volontario” [civile o positivo] basato sulla volontà del legislatore, e deriva “il diritto delle genti” [ius gentium] che deve nascere dal consenso di tutti i popoli. E questo diritto, sostiene Grozio, deve sopravvivere, a regolamentare i comportamenti, anche quando i popoli sono in guerra tra loro, perché Ugo Grozio vorrebbe che il suo pensiero incidesse per porre fine, o perlomeno per limitare i danni, di quella tragedia in corso [come lui la chiama] che è la guerra dei Trent’anni. Scrive Grozio molto realisticamente: «Purtroppo anche la guerra è un prodotto della natura umana, e cerchiamo almeno che in questo avvenimento drammatico non ci sia un vuoto di norme di comportamento per attutirne, almeno in parte, i danni, anche se pur sempre ingiustificati».

     Grozio - che è considerato il fondatore del diritto internazionale [è stato il primo a definire l’autonomia del diritto internazionale come un ambito giuridico autonomo che possa limitare i motivi di guerra teorizzando “una Società degli Stati mondiali”] - pensa che, così come nella natura umana c’è una Legge innata che sta prima delle Leggi civili, così c’è anche “una religione naturale”, anteriore a tutte le religioni. E il cristianesimo, afferma Grozio, potrebbe essere una buona religione naturale se i cristiani si lasciassero guidare dal Vangelo: questa come ricorderete è un'idea di Tommaso Campanella [la religio indita, innata] che Grozio sviluppa tenendo conto anche dell’opera di un altro pensatore olandese che ben conosciamo, Erasmo da Rotterdam. L’idea di una religione naturale che sta alla base di tutte le religioni è utile, sostiene Grozio, per stabilire una base di concordia tra le persone in modo da favorire la tolleranza reciproca e il dialogo. Ed è necessario [afferma Grozio, e il tema continua a essere di attualità], in un’epoca di feroci contrasti, fare un tentativo per riportare la religione “dentro le misure della ragione, nell’ambito della ragionevolezza” ma, purtroppo, anche il tentativo di Grozio, come quelli di Erasmo e di Campanella, fallisce per i troppi egoismi, le troppe ipocrisie, i troppi interessi di potere, per cui afferma Grozio: «i sistemi forti preferiscono dichiarare la guerra piuttosto che onorare l’humanitas».

     Per Grozio il potere deve nascere da “un contratto sociale”, che è un patto di unione tra le cittadine e i cittadini che decidono di assoggettarsi allo Stato, di sottostare alle norme naturali che lo Stato deve fare proprie. E stipulare “un contratto”, sostiene Grozio, è la cosa più ragionevole che si possa fare, ed è un patto in cui le parti si assumono obblighi e pongono anche delle condizioni ma pur sempre secondo una logica condivisa perché la persona, in vista di un bene e di un vantaggio comune, deve anche rinunciare ad alcune libertà e deve conferire poteri di controllo ad altri.

     Il pensiero giusnaturalista istituzionalizza l’idea che la sovranità appartiene al popolo che, nel contratto, la delega al Re, a condizione che il Re ne faccia buon uso; di conseguenza, il popolo può deporre il Re se non usa la sovranità in funzione del bene comune ma la usa per i suoi interessi privati.

     Il giusnaturalismo, teorizzando un diritto naturale e una religione naturale, ci fa capire che il concetto di cristianità si è volatilizzato, e il Dio dei giusnaturalisti non è il dio delle religioni «che ci fa dire [afferma Grozio]: quanti dèi ci sono in Europa?». Il Dio dei giusnaturalisti dona la sua Grazia alla persona - indipendentemente dalla religione a cui appartiene - che si impegna a costruire onestamente il bene comune utilizzando la propria ragionevolezza.

     Il giusnaturalismo ratifica l’inizio del pensiero laico nella Storia dell’Europa, e la guerra dei Trent’anni [1618-1648] si conclude con una serie di accordi che vengono chiamati Pace di Westfalia. La Westfalia è una storica regione della Germania occidentale tra il Reno a est e il confine con l’Olanda a nord-ovest, il cui capoluogo storico è Münster:la Pace di Westfalia ribadisce l’indipendenza degli Stati e la libertà di culto. Termina la pretesa di egemonia dell’Impero, dell’Impero nato con Carlo Magno la notte di Natale dell’800 col titolo di Sacro Romano Impero. Termina dopo 130 anni dalle Tesi di Lutero del 1517 lo scontro sanguinoso tra cattolici e protestanti, e tutto ciò perché alcuni princìpi del giusnaturalismo penetrano nella coscienza europea: Grozio, però, non ha fatto a tempo a vedere gli effetti positivi del suo pensiero perché è morto tre anni prima, a Rostock, il 28 agosto 1645.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Quanti e quali contratti avete stipulato nella vostra vita, in quali occasioni?...

Scrivete quattro righe in proposito...

     Fare la pace è un gesto pasquale per eccellenza, e il fare la pace però presuppone che ci sia stata la guerra. La guerra rimanda alla morte e la pace alla vita e, in tutte le culture, si è sempre riflettuto, attraverso i simboli, sulla continuità della vita e della morte, perché la vita è vita in quanto porta con sé la morte, e la morte è morte perché senza la morte non c’è la vita: senza passione e morte non c’e risurrezione.

     In quale luogo il signor Palomar, durante la vacanza pasquale, si trova a riflettere sulla continuità tra la morte e la vita? Leggiamo.

LEGERE MULTUM….

Italo Calvino,

Palomar

Serpenti e teschi.

In Messico il signor Palomar sta visitando le rovine di Tuia, antica capitale dei Toltechi. Lo accompagna un amico messicano, conoscitore appassionato ed eloquente delle civiltà preispaniche, che gli racconta bellissime leggende. Il tempio della Stella del Mattino è una piramide a scale. In cima s’alzano quattro cariatidi cilindriche dette «atlanti» che portano sulla schiena una farfalla simbolo della Stella, e quattro colonne scolpite, che rappresentano il Serpente Piumato, il dio sotto forma animale.  Tutto questo non c’è che crederlo sulla parola; d’altra parte sarebbe difficile dimostrare il contrario. Nell’archeologia messicana ogni statua, ogni oggetto, ogni dettaglio di bassorilievo significa qualcosa che significa qualcosa che a sua volta significa qualcosa.

... continua la lettura ...

     E, ora, per concludere come è tradizione, per celebrare la Pasqua cogliamo l’esortazione scritta da papa Gregorio Magno quando, nell’anno 590, ha redatto - nel secondo Libro dei suoi Dialoghi - la Regola di San Benedetto che corrisponde ad un progetto politico che, attuato concretamente, ha risollevato le sorti dell’Europa dopo “la [cosiddetta] caduta dell’Impero romano d’Occidente” :nel momento drammatico, che stiamo vivendo a livello planetario, in cui si sente quotidianamente ripetere che “niente sarà più come prima”, ebbene, sul significato del “benedetto progetto politico gregoriano” bisognerebbe promuovere una riflessione universale.

     Per noi - popolo della Scuola - questa riflessione ha già avuto inizio in quanto l’itinerario del nostro viaggio ci ha portato a conoscere [facendolo risorgere dalle ceneri per dare linfa, con lo studio, ai nostri intelletti] il pensiero maturato nelle due abbazie benedettine di Port-Royal [dove un giusto equilibrio tra il lavoro, lo studio, la riflessione, la cura, il divertimento e il riposo ha dato sollievo anche al corpo e all’animo di Blaise Pascal].

     Scrive papa Gregorio Anicio nei suoi Dialoghi.

LEGERE MULTUM….

Gregorio Magno,

Dialoghi

La luce che risplende nelle tenebre dell’ignoranza è generata dallo studio, e chi studia comincia a risorgere.

     Bisogna, quindi, ribadire che “studiare” [cioè prendersi cura della propria anima, del proprio intelletto e, di conseguenza, del proprio corpo] è un gesto pasquale per eccellenza da coltivare con impegno per rivendicare il nostro diritto-dovere all’Apprendimento permanente.

     Le regole di prevenzione [come sapete] sono state prorogate e, probabilmente, saranno prorogate ancora per un certo periodo di tempo: ci risentiamo tra quindici giorni per continuare il nostro viaggio, e faremo, virtualmente, ancora una visita ai Paesi Bassi, all’Inghilterra e alla Spagna [lo studio permette di viaggiare senza pericoli di contagio].

     E adesso - nel momento in cui, secondo la tradizione, ci stiamo accingendo [rimanendo in casa] a far ruzzolare l’uovo [oggetto di fecondità materiale e spirituale] - scenda su di noi l’augurio di una buona Pasqua di studio perché il desiderio di apprendere stimola il sistema immunitario e corrobora, rinfranca e ritempra lo spirito: studiare è cominciare a risorgere perché lo studio è cura.

     Un ideale abbraccio fraterno a tutte e a tutti voi!...

 

 

Lezione del: 
Mercoledì, Aprile 1, 2020