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LE OPERE DEL RINASCIMENTO METTONO IN EVIDENZA, AGLI ALBORI DELL’ETÀ MODERNA, LA PAROLA “AUTONOMIA” ...

Lezione N.: 
28

ASSOCIAZIONE ARTICOLO 34  -  «LA SCUOLA È APERTA A TUTTI.»

PERCORSO DI STORIA DEL PENSIERO UMANO IN FUNZIONE

DELLA DIDATTICA DELLA LETTURA E DELLA SCRITTURA

Prof. Giuseppe Nibbi

La sapienza poetica e filosofica agli albori dell’età moderna    24-26  maggio 2017

LE OPERE DEL RINASCIMENTO METTONO IN EVIDENZA,

AGLI ALBORI DELL’ETÀ MODERNA, LA PAROLA AUTONOMIA  ...

     Durante il viaggio di quest’anno [il 33° anno di attività di questa esperienza didattica nell’ambito della Scuola pubblica degli Adulti] abbiamo attraversato il territorio del Rinascimento anche per poter entrare nella Cappella Sistina e osservare, con cognizione di causa, il soffitto di questo famoso edificio.

     Abbiamo capito che il Rinascimento è un complesso movimento culturale [che parla il greco, il latino, l’ebraico, l’arabo] che ha inaugurato l’Età moderna immettendo sulla scena della Storia del Pensiero Umano una serie di opere composte da un nutrito numero di personaggi che, a cominciare da Marsilio Ficino e Pico della Mirandola che sono i filosofi rinascimentali per eccellenza, abbiamo incontrato sul nostro cammino.

     Le opere composte nel corso del Rinascimento si distinguono per aver messo in risalto una parola-chiave: il termine che caratterizza l’Età moderna è la parola “autonomia”. Lorenzo Valla [dal 1449] ci spiega che la parola greca “autonomia” è composta da due termini significativi: “autós” [da se stesso] e “nómos” [la regola, la legge] come dire che “una persona è autonoma quando è in grado, da se stessa, di darsi una regola di vita” e, quindi [pensano Lorenzo Valla e Giorgio Vasari], la persona deve avere gli strumenti per raggiungere questo obiettivo e, di conseguenza, sul scia di questa riflessione filologica compare la parola “studio”, e non c’è autonomia senza studio.

     Il concetto di “autonomia”, secondo il pensiero rinascimentale, si traduce nella capacità di investire in intelligenza che ciascuna persona deve acquisire facendo  funzionare in modo efficiente le azioni proprie [conoscere, capire, applicare, analizzare, sintetizzare, valutare] dell’Apprendimento e, sulla scia di questo ragionamento pedagogico, compare la parola “scuola” e, di conseguenza, se c’è scuola c’è studio e se c’è studio c’è autonomia.

     Una di queste opere - che mette in risalto la parola-chiave “autonomia” – è, come sappiamo, anche  l’affresco del soffitto della Cappella Sistina, che non si presenta come un’opera “scritta” [perché tecnicamente non lo è] ma, siccome durante il nostro Percorso abbiamo potuto constatare quanti Libri sono stati dipinti su questo soffitto, ci siamo rese e resi conto che l’intenzione di Michelangelo, di papa Giulio II e, prima ancora, di Fedra Inghirami, è quella di invitarci a leggere e, di conseguenza, a riflettere. L’affresco del soffitto della Cappella Sistina inaugurato il 31 ottobre 1512 può essere definito “bello” perché, prima di tutto, riproduce l’area di “una biblioteca” per richiamare l’idea che ogni persona dovrebbe potersi dedicare all’esercizio della lettura in modo autonomo in quanto c’è una relazione tra l’autonomia della persona e l’esercizio della lettura [un tema di drammatica attualità visto che il numero delle lettrici e dei lettori non solo non cresce ma diminuisce anche perché è in aumento il numero delle persone che non hanno dimestichezza con l’alfabeto].

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Quale pannello dell’affresco del soffitto della Cappella Sistina vi piace di più   in ragione del suo significato?...

Basta una riga per rispondere, scrivetela...

     Dentro la Cappella Sistina e sul territorio europeo nei primi anni del 1500 si mette in moto la Storia culturale dell’Età moderna. E quando inizia l’Età moderna?

     Voi sapete che le ipotesi relative all’inizio dell’Età moderna sono molte, e sono tutte legate a validi motivi che ne hanno determinato la formulazione, ma vengono privilegiate le ipotesi che danno risalto al concetto di “autonomia” che caratterizza l’epoca moderna. L’inizio dell’Età moderna [secondo un’ottica di natura filologica] è stato collocato nell’arco di sei anni - dal 1512 al 1517 - in ragione della pubblicazione di una serie di opere che noi, tranne una, abbiamo già incontrato nel corso di questo viaggio. Tra queste opere c’è anche l’affresco del soffitto della Cappella Sistina e, come sapete, c’è una corrente di pensiero che considera la data del 31 ottobre 1512 [il giorno dell’inaugurazione dell’affresco della Volta Sistina] come l’inizio dell’Età moderna in cui si proclama l’idea dell’autonomia dell’Arte [l’Arte ha un suo linguaggio].

     Poi nel 1513 Niccolò Machiavelli pubblica Il Principe un’opera che abbiamo studiato, nella quale emergono i concetti su cui si basa la concezione dello Stato moderno e l’idea dell’autonomia della Politica.

     Poi nel 1515 Erasmo da Rotterdam pubblica gli Adagia [una straordinaria raccolta di motti, di sentenze, di proverbi che abbiamo studiato] e in quest’opera l’autore mette in evidenza quello che, secondo lui, è il vizio di fondo della cristianità: secondo Erasmo il messaggio evangelico è stato subordinato al Diritto romano, e la morale cristiana si è conformata alla tradizione della legislazione romana e, quindi, ha perso lo slancio propulsivo e, di conseguenza, per Erasmo, è necessario ridare autonomia al messaggio evangelico, proclamare l’idea dell’autonomia del Vangelo.

     Nel 1516 Tommaso Moro pubblica Utopia, un’opera che abbiamo studiato in cui immagina un mondo non più funestato dagli scontri teologici e dalle sanguinose guerre di religione. In quest’opera Moro manifesta l’idea di una città ideale nella quale non c’è odio perché le Istituzioni garantiscono i diritti inviolabili di ogni singolo individuo, e per Moro è necessario insegnare alle persone ad acquisire la propria autonomia morale e intellettuale, proclamare l’idea dell’autonomia della Morale.

     Nel 1517 Martin Lutero affigge sulla porta della cattedrale di Wittenberg Le 95 Tesi per chiarire come abbiamo studiato l’inefficacia delle indulgenze, e il filo conduttore de Le 95 Tesi di Lutero è il concetto dell’autonomia della Coscienza di ogni singolo individuo: nel testo delle Tesi si proclama l’idea dell’autonomia della Coscienza.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Quale aspetto dell’autonomia auspicata dall’Età moderna - l’autonomia dell’Arte, della Politica, del Vangelo, della Morale, della Coscienza - vorreste mettere in primo piano?...

Basta una riga per rispondere, scrivetela...

     Nella sequenza cronologica che abbiamo dipanato c’è rimasto un vuoto: quello dell’anno 1514. Ebbene, nel 1514 c’è stato un avvenimento, molto importante, un evento che è passato quasi inosservato come tutti i veri grandi eventi. Non è passato, però, inosservato a coloro i quali, all’epoca, gestiscono il potere. Questo avvenimento è risultato marginale anche perché è successo fuori dall’Europa: è successo nel così detto Nuovo Mondo, l’America [una terra comparsa agli occhi dell’Europa dal 12 ottobre 1492], per la precisione è successo in quella che verrà chiamata l’America Latina perché diventa una colonia delle superpotenze europee, visto che si tratta di un vasto e ricco territorio di rapina alla mercé delle nazioni del vecchio continente. Il territorio centro americano, tra il golfo del Messico e il Mar dei Caraibi di cui stiamo parlando era stato denominato il territorio delle Indie settentrionali, e diventa, nel 1514, il luogo di nascita della “teologia della liberazione”. La “teologia della liberazione” è una disciplina che ha preso forma più ampia solo alla fine del secolo scorso e che ha avuto una vasta eco con il Concilio Ecumenico Vaticano II [1962-1965], e quello che è accaduto il giorno di Pasqua del 1514 è, quindi, un evento proiettato verso il futuro: che cosa è successo il giorno di Pasqua del 1514 sull’isola di Hispaniola? L’isola di Hispaniola oggi si chiama Haiti, e si trova nel Mar dei Caraibi. Chi domina a Hispaniola [ad Haiti] nel 1514?

     Nel 1514 sull’isola di Hispaniola [Haiti] comanda, in nome del re di Spagna [perché è la corona spagnola ad essersi impossessata - di nome e di fatto - di questa terra con la forza delle armi e con la scusa di convertire le popolazioni locali all’unica vera religione],  un “encomendero” [alla lettera, un affidatario] cioè “l’amministratore di una proprietà della corona spagnola”, una proprietà costituita da terre da far coltivare dalla popolazione indigena ridotta in schiavitù. La funzione di encomendero di solito viene affidata a un religioso che, con l’appellativo di “padre-prete”, appartiene all’ordine domenicano, ed è per questo motivo che il villaggio più importante di Hispaniola è stato chiamato Santo Domingo e, tuttora, continua a chiamarsi così [oggi è un nome che evoca qualcosa di esotico più che religioso]. L’encomendero di Hispaniola ha un potere simile a quello di un vescovo e si chiama Bartolomé de Las Casas, chi è costui?

     Bartolomé de Las Casas è nato a Siviglia nel 1474 e, nel momento in cui lo incontriamo [nel 1514], ha quarant’anni, è un bell’uomo, aitante, intelligente e caparbio che ha fatto carriera e vuole continuare a salire nella scala gerarchica del potere. Nel 1502 sbarca, come cappellano militare con l’esercito dei “conquistadores”, con il titolo di “padre-prete” perché così vengono chiamati i religiosi inquadrati nell’esercito spagnolo. Bartolomé de Las Casas è testimone di molte cose orribili: assiste e partecipa ai massacri, agli eccidi, alle violenze brutali compiute contro le popolazioni indigene, inermi e mansuete.

     Pochi anni dopo i primi viaggi di Cristoforo Colombo la penetrazione spagnola in queste terre dell’America centrale ha assunto le forme di una brutale colonizzazione con il genocidio delle popolazioni locali. I frati domenicani sono arrivati da principio insieme a Cristoforo Colombo il quale, però, aveva una mentalità cosmopolita, pensava che questi “indiani” fossero cittadini del mondo, Uomini a pieno titolo, sebbene da civilizzare ma non da brutalizzare.

     La prima generazione di frati domenicani ha questa stessa mentalità, sono “missionari” che vogliono convertire al Cristianesimo [le campagne di conversione sono sempre negative] però questi primi frati si disperdono pacificamente sul territorio e cercano di comunicare e di integrarsi con le popolazioni locali con l’intenzione di coniugare le loro tradizioni con il messaggio evangelico. I primi missionari pensano che gli “indigeni” siano figli di Dio al pari degli europei, e pensano che abbiano un’anima anche loro, e per questo motivo gli atti di violenza contro le popolazioni dell’America centrale e meridionale suscitano [in nome del Vangelo] le denunce e le proteste di questa prima generazione di domenicani “filo-indigeni” e naturalmente, ad un certo momento, la corona spagnola [che si prefigge solo obiettivi imperialisti] non li riconosce più e non li finanzia più ma li etichetta come falsi missionari e come traditori e, di conseguenza, vengono inviati altri religiosi, i veri missionari, chiamati “padri-preti”, che sono integrati e hanno un grado nell’esercito spagnolo e si guadagnano, da subito, per la loro crudeltà, una pessima fama. In un Libro Maya della metà del 1500 si leggono queste parole: «Che tristezza! Che sventura quando essi sono arrivati! Questo Dio vero, che viene dal cielo, parla solo di peccato e solo peccato sarà il suo insegnamento. Inumani saranno i suoi soldati, crudeli i suoi mastini feroci. Così è stato l’inizio dell’opera degli spagnoli e dei padri-preti, l’inizio dei tiranni! Ma arriverà il giorno in cui saliranno fino a Dio le lacrime del popolo e scenderà la giustizia di Dio, di colpo!».

     Il dio dei “padri-preti” è una costruzione ideologica della cristianità europea per giustificare il nuovo slancio di espansione, per legittimare la conquista imperialista del nuovo continente. «Un dio che ha in una mano la verità e nell’altra la spada non può essere né creatore né  provvidente»: così la pensano Marsilio Ficino, Pico della Mirandola, Savonarola, Erasmo da Rotterdam, Tommaso Moro, i domenicani filo-indigeni, ma il Sant’Uffizio con “la dottrina dell’unica e vera religione” si fa complice delle “cristianissime” monarchie europee impegnate [anche facendosi guerra tra loro] nella conquista e nel genocidio.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Utilizzando l’atlante geografico, una guida e navigando in rete fate visita all’isola di Hispaniola che ospita due Stati: la Repubblica di Haiti e la Repubblica Domenicana ...  

     A Bartolomé de Las Casas non sfuggono certo tutta una serie di contraddizioni, e capisce perfettamente che la politica imperialista delle nazioni europee contrasta con i principi del Vangelo e anche l’incarico che lui riveste nell’apparato colonialista non si addice propriamente al ruolo che dovrebbe avere un domenicano e, quindi, da mesi è inquieto e la mattina di Pasqua del 1514, quando si accinge a celebrare la messa all’aperto - l’altare è posto su di un palco davanti ad una vasta spianata in riva al mare - sono molte le cose che lo turbano nel suo intimo. Da più di un’ora, a gruppi, stanno arrivando centinaia di persone: è il popolo di Hispaniola che è formato da qualche decina di ricchi coloni spagnoli proprietari di terre e da centinaia di indigeni ridotti in schiavitù.

     Bartolomé de Las Casas, in quanto encomendero, sovrintende a tutta l’attività di sfruttamento economico dell’isola ed è anche il comandante della guarnigione dei soldati spagnoli, dell’esercito di occupazione, trecento soldati ben armati ai suoi ordini perché lui è anche addestrato militarmente. Bartolomé de Las Casas osserva dal palco, dove è sistemato l’altare, questa processione ed è profondamente turbato: lì, in quel posto meraviglioso che assomiglia al giardino dell’Eden, ha cominciato a rileggere i Libri dell’Antico Testamento e ha scoperto molte cose alle quali non aveva mai fatto caso, soprattutto leggendo i Libri sapienziali e poetici. Ma non è solo questo elemento intellettuale a farlo riflettere, un’altra cosa lo turba profondamente: sa che ci sono altri Domenicani sull’isola, che sono sbarcati più di dieci anni prima, e che si fanno chiamare “liberi-frati”. Vivono nell’entroterra dove, per i conquistatori, è difficile inoltrarsi e dove si sono rifugiati gli indigeni che sono riusciti a sfuggire alla cattura e alla schiavitù. Bartolomé de Las Casas lo sa, e da buon diplomatico, cerca di mettersi in contatto con loro e, approfittando del clima di tranquillità che lui è riuscito a creare a Hispaniola, tesse dei rapporti con il superiore dei “liberi-frati”, una persona che lui conosce bene.

     Bartolomé de Las Casas conosce bene di fama e di fatto la persona che guida i “liberi-frati” sul territorio di Hispaniola perché è uno dei suoi professori universitari, quello che ha sempre ammirato di più: è il padre domenicano Antonio Montesinos che è stato un famoso magister nelle Università iberiche di Coimbra, di Salamanca, di Avila e di Toledo. Nel 1498 quando, da Firenze, arriva a Madrid la notizia del rogo di Savonarola e dei suoi due compagni domenicani, padre Montesinos capisce che l’Europa non è più il posto per lui: «Dio è altrove, tra gente più semplice e degna», così scrive in un biglietto per il suo superiore e poi, clandestinamente, s’imbarca per il nuovo mondo con un gruppetto di “liberi-frati”.

     Quando Bartolomé de Las Casas lo incontra segretamente per la prima volta rimane colpito: padre Montesinos, sebbene sia ormai un uomo anziano, è ancora molto valido e ha un aspetto del tutto nuovo perché si è integrato nella vita degli Indios, parla la loro lingua, rispetta profondamente i loro usi e costumi e, soprattutto, non ha imposto il cristianesimo ma ha proposto il Vangelo come strumento per migliorare le condizioni di vita di queste popolazioni. Il Vangelo - dice padre Montesinos a Bartolomé de Las Casas - non prevede assolutamente il “requerimiento”, cioè l’esproprio con la violenza della terra e della libertà personale delle popolazioni indigene. «Come si può concepire, afferma padre Montesinos, che il Battesimo possa essere imposto a queste persone per poterle ridurre più facilmente in schiavitù: questo è inaudito! Il Battesimo, afferma padre Montesinos, io lo somministro insieme ai riti di purificazione che rappresentano la tradizione culturale di queste popolazioni e il Battesimo serve per renderli più liberi perché Dio ha creato tutti gli Uomini liberi, e non ci possono essere schiavi per natura, e noi invasori, afferma padre Montesinos, stiamo commettendo un crimine gravissimo contro l’Umanità e contro Dio».

     Bartolomé de Las Casas dopo alcuni colloqui segreti con padre Montesinos comincia a riflettere e capisce di aver sbagliato qualcosa, di aver molto da imparare e di trovarsi in una posizione assai delicata, e decide di seguire la via della riconciliazione con i “liberi-frati” e chiede a padre Montesinos se, per l’inizio della Quaresima, vuole celebrare la messa davanti ai coloni, ai soldati e agli schiavi. Padre Montesinos accetta e, il mercoledì delle Ceneri del 1514, si presenta vestendo il suo vecchio abito da magister domenicano e, con un modo di fare molto rassicurante, comincia a celebrare la messa ma all’omelia cambia tono, e il testo di questa predica è diventato famoso e lo possiamo leggere perché Bartolomé de Las Casas lo ha riportato nei suoi scritti.

     Padre Montesinos, inizialmente, si rivolge ai ricchi coloni spagnoli in modo molto accorato parlando delle impossibili condizioni di vita degli indigeni nelle isole caraibiche, accusandoli di essere responsabili delle ingiustizie che subiscono, e minacciandoli di eterna perdizione. I coloni, da prima, rimangono sbigottiti, poi assumono un atteggiamento ostile e minaccioso ma padre Montesinos, per niente intimorito, alza la voce e dice: «Ricordatevi che voi siete tutti in peccato mortale [e dà un’occhiata significativa anche a Bartolomé de Las Casas che appare molto preoccupato e anche pentito di aver invitato il suo ex magister], sappiate, continua padre Montesinos, che vivete e morirete in peccato mortale per la crudeltà e la tirannia che usate contro queste genti innocenti. Dite, con quale diritto e con quale giustizia tenete in sì crudele e orribile servitù queste Creature? Con quale autorità avete condotto sì detestabili guerre contro queste genti che vivevano mansuete e pacifiche nelle loro terre? In queste terre dove in numero infinito li avete annientati facendo scempio di loro come mai s’era udito e visto prima. Come potete tenerli così oppressi e fiaccati, senza nutrirli né curarli nelle loro malattie, sì che per eccessiva fatica vi muoiono tra le mani o, per meglio dire, li uccidete onde cavarne oro da accumulare un giorno dopo l’altro? Sappiate che, a cagione del modo in cui vivete, non potrete salvarvi l’anima perché con il vostro comportamento voi vi burlate della fede in Gesù Cristo che si fonda sull’uguaglianza, la giustizia, la pace, la solidarietà e la misericordia».

     Ricordate le parole-chiave dell’Umanesimo? Naturalmente le conosce bene [e le pratica] anche padre Montesinos [che è un umanista rinascimentale].

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Questa sera, a fine viaggio, quale di queste parole - l’uguaglianza, la giustizia, la pace, la solidarietà e la misericordia - mettereste per prima?...

Basta una riga per rispondere, scrivetela...

     A questo punto i coloni proprietari cominciano a urlare e, sicuri del loro diritto di possedere queste terre e questi schiavi, si fanno minacciosi. Il capitano dei soldati guarda Bartolomé de Las Casas e aspetta gli ordini. Bartolomé de Las Casas fa segno a tutti di stare calmi: è un momento molto difficile, ma padre Montesinos non si ferma e si rivolge agli Indios nella loro lingua con parole di conforto e di benedizione e loro rispondono cantando e muovendosi ritmicamente a passo di danza.

     La tensione è altissima, Bartolomé de Las Casas si avvicina a padre Montesinos e lo invita a tacere e lo sollecita a scappare dicendogli: «Ma che cosa vi è venuto in mente di dire queste cose?». E padre Montesinos risponde con sicurezza: «Mi chiedi che cosa mi sia venuto in mente? Lo sai che tutte le parole che ho pronunciato sono scritte nella Bibbia, fanno parte della Sacra Scrittura, sono parola di Dio? Mi viene il dubbio, figliuolo, che tu non l’abbia mai letta la Bibbia sebbene tu sia stato un alunno assai diligente!». Detto questo padre Montesinos salta giù dal palco - nonostante l’età, è ancora agile - e sparisce nella selva da dove è venuto.

     Bartolomé de Las Casas prende in mano la situazione, riporta la calma con la sua autorità, e continua la celebrazione del rito quaresimale ma, naturalmente, questo avvenimento lo ha turbato profondamente e, da questo momento, non è più la stessa persona di prima, comincia a pensare che la Chiesa debba essere autonoma nei confronti degli interessi degli Stati colonialisti, che il messaggio del Vangelo debba essere autonomo rispetto alle convenienze della nazioni imperialiste e, quindi, una persona che si definisce cristiana debba coltivare una coscienza autonoma per realizzare una politica autonoma sorretta da una morale autonoma che sappia opporsi ai sistemi di sfruttamento.

     Il giorno di Pasqua del 1514 Bartolomé de Las Casas, mentre aspetta che il suo popolo si sistemi davanti al palco per assistere alla celebrazione della messa, cerca di concentrarsi perché non sa ancora che cosa dire all’omelia. Sul leggìo accanto all’altare c’è il volume della Bibbia e lui lo sfoglia per cercare un’ispirazione, e i suoi occhi, a caso, capitano sulle pagine del Libro del Siracide che Gerolamo, nel V secolo, ha tradotto in latino con il titolo di Ecclesiastico, e comincia a pensare che lui non ricorda più nulla del contenuto di questo Libro che ha di fronte perché - [e aveva ragione padre Montesinos] dal tempo in cui era uno studente, nel grande monastero domenicano di Siviglia - non ha mai più studiato i Libri della Bibbia in quanto gli ultimi due decenni della sua vita li ha passati non certo a leggere la Sacra Scrittura ma a farsi strada nella politica e nella diplomazia. Però ora, insieme ad un certo senso di colpa, nel suo intelletto si sta accendendo una luce e comincia a ricordare che il Libro del Siracide è uno dei testi della sezione deuterocanonica dell’Antico Testamento [sezione nata - come sappiamo - sulla scia della polemica sviluppatasi a proposito della traduzione in greco dei Libri della Bibbia], e si ricorda che questo Libro è stato scritto in ebraico a Gerusalemme da un saggio e autorevole scrivano verso il 180 a.C., un certo Gesù, figlio di Sirac [come si legge all’inizio del Libro, ed è per questo che è stato intitolato il Siracide], e poi si ricorda che, circa cinquant’anni dopo, un nipote di questo saggio ha tradotto quest’opera in greco [nel corso della polemica tra filotraduzionisti e controtraduzionisti, della quale siamo al corrente], e si ricorda anche che il testo di questo Libro [formato da 51 capitoli, capitoletti] contiene una riflessione sulla sapienza mediante la quale l’autore fa un ragionamento sui vari aspetti concreti della vita [l’amicizia, il rapporto tra uomini e donne, il governo, le apparenze, la morte, l’avarizia, la libertà, la ricompensa, la creazione, la lingua, la pigrizia, i giuramenti, i prestiti, la salute, il vino, le cene, i viaggi, i medici, i lavori manuali e quelli intellettuali, le stelle, i patriarchi, i profeti].

     Bartolomé de Las Casas fissa l’attenzione sulla parte finale del capitolo 34 del Libro del Siracide, dove legge: «Sacrificare il frutto dell’ingiustizia è un’offerta da burla. Il Signore non gradisce le offerte degli empi. Chi offre un sacrificio con i beni dei poveri è come se sacrificasse un figlio davanti al proprio padre ». Queste parole così esplicite [visto che è proprio questo che lui sta facendo] bastano perché si completi in lui l’opera di cambiamento [iniziata dopo l’incontro con padre Montesinos] e durante la predica della messa di Pasqua del 1514 [ecco che cosa succede!] Bartolomé de Las Casas legge questi passi del Siracide e poi, prima di dare le dimissioni dalla carica di encomendero, libera gli schiavi e li invita a seguirlo nella sierra dove darà vita allo Stato autonomo degli Indios.

     Prima che la notizia arrivi in Spagna e si scateni la reazione, Bartolomé de Las Casas si trasferisce a Cuba e poi nel continente dell’America centrale dove organizza e guida, anche militarmente, la lotta per l’indipendenza degli Indios ma, soprattutto, organizza le Scuole perché “la liberazione avviene attraverso l’acquisizione degli strumenti che forniscono la sapienza” e “la cultura colta [la cultura umanistica, il concetto dell’unitarismo] deve servire per la raccolta e lo sviluppo delle tradizioni popolari”.

     Bartolomé de Las Casas viene dichiarato fuori legge, viene ricercato e combattuto, ma lui vive e resiste in territori liberi e inaccessibili agli eserciti colonialisti, e passano gli anni. Naturalmente scrive un’opera significativa, che termina nel 1542, intitolata Brevissima relazione della distruzione delle Indie.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Questa significativa e drammatica relazione la trovate in biblioteca e potete leggerne qualche pagina  

     La relazione di Bartolomé de Las Casas è un terribile memoriale d’accusa contro il colonialismo europeo nella quale l’autore con taglio giornalistico descrive, nei minimi particolari, l’allucinante barbarie della macchina coloniale che distrugge intere popolazioni e rapina le loro ricchezze. Questo memoriale è un’inquietante testimonianza degli orrori del colonialismo e, nello stesso tempo, è un invito vibrante perché l’evangelizzazione non diventi un processo di conversione forzata che favorisce lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo: “l’evangelizzazione è, prima di tutto [scrive Bartolomé de Las Casas], un cammino di conversione personale e la teologia della liberazione prende forma nel momento in cui siamo in grado di liberare noi stesse e noi stessi dalla iniqua volontà di sottomettere il prossimo ai nostri voleri”.

     Nel 1544 a settant’anni, sotto mentite spoglie, Bartolomé de Las Casas ritorna in Spagna, entra in contatto con i domenicani legati ai “liberi-frati” e cura la pubblicazione della sua opera e la Brevissima relazione della distruzione delle Indie comincia a circolare a partire dai monasteri domenicani, e poi se ne torna in America [nelle Indie] a continuare la lotta per l’autonomia dei popoli in nome del Vangelo. La vita attiva fa bene a questi frati e compiuti i novant’anni Bartolomé de Las Casas vuole dire la sua ultima parola nel cuore del potere: nel 1566 - dopo aver compiuto novantadue anni - torna clandestinamente in Spagna. A Madrid si presenta nel grande Monastero di Santo Domingo de la Calzada, nel cuore del potere domenicano e, quando dichiara le sue generalità, si crea una situazione di grande disagio e il generale dell’ordine è in difficoltà quando Bartolomé de Las Casas lo saluta cordialmente ma risolutamente dicendo: «Caro fratello, o meglio, caro nipotino, sono qui perché ho vissuto da frate in nome del Signore e questo è il mio posto. Se volete denunciarmi alle autorità fate pure ma sappiate che, come domenicano, ho la coscienza a posto». Il superiore piuttosto impaurito, ma anche affascinato, gli dice: «Ma padre, lei ci mette nei guai, è stato condannato, è ancora ricercato, perché non è rimasto nelle Indie! Lo sa che non può vivere qui?». E lui gli risponde ridendo: «Figliuolo, non sono venuto a vivere qui, sono venuto a morire qui, e a dirvi che il mio lavoro non è finito, è appena cominciato, e siete voi che lo dovete continuare». È il 2 luglio 1566, e il 17 luglio, quindici giorni dopo, Bartolomé de Las Casas muore mentre un giovane frate domenicano gli sta leggendo, come lui aveva chiesto, il Libro del Siracide.

     Saranno molti i frati che partiranno clandestinamente alla volta delle Indie a continuare la lotta per l’autonomia dei popoli in nome del Vangelo, e fonderanno soprattutto delle Scuole dove vengono elaborati i concetti della teologia della liberazione.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Leggete il Libro del Siracide, troverete degli ammonimenti che oggi fanno sorridere perché sono legati a una mentalità ormai superata ma, complessivamente, la maggior parte delle riflessioni sono più che mai ancora di attualità soprattutto sul tema dell’istruzione delle persone di tutte le età perché il dono più importante a cui dobbiamo aspirare è quello della sapienza

     Leggiamo l’incipit del Libro del Siracide [i primi 10 versetti del capitolo 1] e poi leggiamo la conclusione [gli ultimi 8 versetti del capitolo 51]. Le parole del testo di questi due brani si commentano da sole.

LEGERE MULTUM….

Libro del Siracide 1 1-10

Ogni dono della sapienza viene dal Signore, e soltanto lui la possiede in tutta la sua pienezza. I granelli di sabbia sulle rive dei mari, le gocce della pioggia, i giorni di tutta la storia chi mai potrà contarli? L’altezza del cielo, l’estensione della terra, la profondità degli abissi chi mai potrà esplorarle? Prima di tutte le cose fu creata la sapienza. La capacità di scegliere e progettare saggiamente esiste dall’eternità. Ma l’origine della sapienza a chi è stata rivelata? E i suoi segreti chi li potrà scoprire? Uno solo possiede la sapienza nella sua pienezza: il Signore, e bisogna riconoscerlo. Il Signore stesso ha creato la sapienza, l’ha conosciuta e l’ha pesata. Lui l’ha diffusa su tutte le sue opere. Siccome il Signore è generoso, l’ha data a ogni persona, e alle persone che lo amano l’ha donata in abbondanza.

LEGERE MULTUM….

Libro del Siracide  51 23-30

Come ricompensa il Signore mi ha dato la capacità di parlare. Venite a me [dice il Signore], voi che avete bisogno di istruirvi, venite a stabilirvi nella mia Scuola.

Perché restate a lungo senza istruzione, mentre già la desiderate e ne siete assetati?

Io posso proclamare queste parole: «Potete acquistare la sapienza anche senza denaro. Piegate il vostro collo e mettete il giogo della sapienza, così riceverete un’istruzione approfondita. Sappiate che la sapienza è vicina a chi la cerca. Acquistate l’istruzione a qualsiasi costo perché la sapienza sarà per voi un tesoro. Cominciate a studiare di buon mattino, un poco prima di mettervi a lavorare e, quando verrà il momento, troverete soddisfazione ad averlo fatto»

     Bartolomé de Las Casas [nato nel 1474 e morto nel 1566] e Michelangelo Buonarroti [nato nel 1475 e morto nel 1564] sono due personaggi che senza conoscersi hanno vissuto e operato contemporaneamente, e Bartolomé de Las Casas è una di quelle figure che riassume in sé tutte le istanze intellettuali e morali che si concentrano nell’affresco realizzato da Michelangelo sul soffitto della Cappella Sistina: l’autonomia dell’Arte, della Politica, del Vangelo, della Morale, della Coscienza.

     I personaggi che hanno contribuito a scrivere la Storia del Pensiero Umano agli albori dell’Età moderna cominciano a osservare, con sempre maggior interesse, il cielo, e prendono atto che non si può più far finta di continuare a considerare la volta celeste come se fosse un soffitto perché l’apparato stellare non è, evidentemente, qualcosa di fisso ma è uno spazio dove tutto si muove e, quindi, in autunno, dobbiamo ripartire tenendo conto di questa constatazione: stiamo per entrare in un territorio per intraprendere un viaggio che ci porta nel Seicento agli esordi della scienza.

     Il calendario prevede [salvo imprevisti] che si parta mercoledì 11 ottobre [alle ore 20.30] alla Scuola Francesco Redi di Bagno a Ripoli, e giovedì 12 ottobre [alle ore 20.30] alla Scuola Primo Levi di Tavarnuzze [Impruneta], e venerdì 13 ottobre [alle ore 17] presso lo Spazio-Soci della Coop. di Ponte a Greve a Firenze.

     E infine, per concludere in modo poetico, ho seguito il suggerimento di Dante Alighieri che mi ha ordinato [in sogno] di leggere questi quattro versi apocrifi.

Suggerimento apocrifo di Dante Alighieri

E così, dalla Cappella Sistina,

che di Michelangelo contien l’opra divina,

per imboccare nuove strade belle

dobbiamo uscire a riveder le stelle

     Anche questo viaggio [il 33° Percorso di Storia del Pensiero Umano in funzione della didattica della lettura e della scrittura] si è concluso, e la pausa estiva deve servire per rafforzare in noi la convinzione che non bisogna perdere mai, ma bensì far crescere, la nostra volontà d’imparare perciò: buona vacanza di studio a tutte e a tutti voi, e arrivederci [al 34° viaggio] quando “per imboccare nuove strade belle dovremo anche seguire il corso delle stelle”…

 

ASSOCIAZIONE ARTICOLO 34  -  «LA SCUOLA È APERTA A TUTTI.»

PERCORSO DI STORIA DEL PENSIERO UMANO IN FUNZIONE

DELLA DIDATTICA DELLA LETTURA E DELLA SCRITTURA

Prof. Giuseppe Nibbi

Nel territorio della sapienza poetica e filosofica del ‘600 agli esordi della scienza …

 

Calendario delle Lezioni  del Prof Giuseppe Nibbi

 

Lezione prima                       11-12-13  ottobre  2017

Lezione seconda                   18-19-20  ottobre  2017 

Lezione terza                        25-26-27  ottobre  2017

Lezione quarta                           08-09-10  novembre  2017

Lezione quinta                      15-16-17  novembre  2017

Lezione sesta                        22-23-24  novembre  2017 

Lezione settima                     29-30 novembre  01 dicembre  2017

Lezione ottava                            13-14-15 dicembre  2017       pre natalizia   

Lezione nona                        10-11-12  gennaio  2018 

Lezione decima                     17-18-19  gennaio  2018  

Lezione undicesima              24-25-26  gennaio  2018 

Lezione dodicesima              31 gennaio  01-02  febbraio  2018 

Lezione tredicesima              07-08-09  febbraio  2018 

Lezione quattordicesima      14-15-16  febbraio  2018 

Lezione quindicesima           21-22-23  febbraio 2018 

Lezione sedicesima              28 febbraio  01-02 marzo 2018 

Lezione diciassettesima       07-08-09  marzo 2018  

Lezione diciottesima            14-15-16  marzo 2018  

Lezione diciannovesima       21-22-23  marzo  2018       pre pasquale 

Lezione ventesima               04-05-06  aprile  2018  

Lezione ventunesima           11-12-13  aprile  2018  

Lezione ventiduesima          18-19-20   aprile  2018 

Lezione ventitreesima          02-03-04   maggio  2018 

Lezione ventiquattresima     09-10-11   maggio  2018 

Lezione venticinquesima     16-17-18   maggio  2018 

Lezione ventiseiesima         23-24-25   maggio  2018 

 

ASSOCIAZIONE ARTICOLO 34  

«LA SCUOLA È APERTA A TUTTI.»

PROMUOVE L’ALFABETIZZAZIONE CULTURALE E FUNZIONALE

PER GARANTIRE IL DIRITTO ALL’APPRENDIMENTO PERMANENTE

 

PER L’ANNO SCOLASTICO 2017 - 2018

In Viaggio sui Territori del Seicento

agli Esordi della Scienza...

 

PERCORSO DI STORIA DEL PENSIERO UMANO

IN FUNZIONE DELLA DIDATTICA DELLA LETTURA E DELLA SCRITTURA

UN VIAGGIO DI STUDIO PER ACQUISIRE LA BUONA ABITUDINE

A LEGGERE QUATTRO PAGINE AL GIORNO

A SCRIVERE QUATTRO RIGHE AL GIORNO

A RIFLETTERE SULLE PAROLE-CHIAVE DELLA STORIA DEL PENSIERO UMANO

A ESERCITARSI NELL’ INVESTIRE IN INTELLIGENZA

 

Il Percorso - gratuito e graduale - si articola in ventisei itinerari settimanali

per complessive ottantaquattro ore di Lezione che introducono alla conoscenza

e alla comprensione dei temi più significativi presenti nel corso dell’Età moderna:

mettiti in viaggio per non perdere mai la volontà d’imparare...

 

Sui siti:    www.inantibagno.it    e    www.scuolantibagno.net

 

Percorsi di Storia del Pensiero Umano

in funzione della didattica della lettura e della scrittura

Dove come quando …

Tutti i mercoledì: dall’11 ottobre 2017 al 23 maggio 2018 dalle ore 20.30 alle 23.30

presso la Scuola Media F. Redi, Antella - Bagno a Ripoli, Firenze [tel. 055 640645]

 

Tutti i giovedì: dal 12 ottobre 2017 al 24 maggio 2018 dalle ore 20.30 alle 23.30

presso la Scuola Media P. Levi, Tavarnuzze - Impruneta, Firenze

 

Tutti i venerdì: dal 13 ottobre 2017 al 25 maggio 2018 dalle ore 17 alle 19.30

Centro Soci Coop. di Ponte a Greve, Firenze

 

 

 

 

 

 

 

 

Lezione del: 
Venerdì, Maggio 26, 2017