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L’INGRESSO NEL TERRITORIO DELLA SAPIENZA POETICA ELLENISTICA ...

Lezione N.: 
1

Prof. Giuseppe Nibbi     Lo sapienza poetica ellenistica     7-8-9 ottobre 2009

L’INGRESSO NEL TERRITORIO DELLA SAPIENZA POETICA ELLENISTICA ...

     Ben tornate e ben tornati!

     Ben tornate alle persone che frequentano da tempo la Scuola pubblica degli Adulti e ben venute alle persone che sono qui per la prima volta.

     L’anno scolastico, nel contesto di un Percorso di alfabetizzazione come questo, di Storia del Pensiero Umano in funzione della didattica della lettura e della scrittura, inizia – deve iniziare, come succede da venticinque anni (dal 1° ottobre 1984) – con il tradizionale rituale della partenza. Un Percorso di alfabetizzazione culturale e funzionale corrisponde ad un "viaggio di studio" e ogni viaggio – virtuale o reale che sia – ha inizio con l’atto della partenza. Quindi, prima di intraprendere questo viaggio di studio e di "cura" (visto che in latino la parola "studium" e la parola "cura" sono sinonimi) – un viaggio che si compone di trenta itinerari didattici mediante i quali attraverseremo il cosiddetto territorio della sapienza ellenistica (come da programma) – dobbiamo ancora una volta riflettere su ciò che comporta "l’essere sul punto di partire"; ed è soprattutto in concomitanza di un Percorso virtuale come il nostro che si deve fare i conti con la "partenza" (ora molte e molti di voi subiscono da anni il rituale della partenza, ma si sa che i rituali sono ripetitivi ma sono necessari perché non si vive senza riti).

     L’atto del "partire" comporta sempre dei problemi: mettersi o rimettersi in cammino è spesso un’operazione un po’ difficoltosa e, per giunta, il viaggio che ci accingiamo a fare – come tutti quelli che abbiamo intrapreso in questo quarto di secolo – non è facile. Questo non significa che gli itinerari proposti settimanalmente non siano percorribili: se non fossero percorribili da tutti (indipendentemente dai livelli di scolarizzazione di ciascuno) questa esperienza di Educazione permanente sarebbe rimasta circoscritta al gruppetto iniziale di sedici persone e non si sarebbe strutturata, nel tempo, in tre grandi gruppi (presso la Scuola "Primo Levi" di Impruneta dove l’esperienza ha avuto inizio, e poi presso la Scuola "Redi-Granacci" di Bagno a Ripoli e la Scuola "Don Milani" di Firenze); se questa esperienza non fosse praticabile non vedrebbe una partecipazione di circa trecento cittadine e cittadini che sentono la necessità di misurarsi con ciò che è meno convenzionale proprio perché sanno che le difficoltà intellettuali (il "sapere di non sapere": ci ha insegnato Socrate attraverso i Dialoghi di Platone lo scorso anno scolastico) stimolano la curiosità, spingono alla ricerca e risvegliano il desiderio di investire in intelligenza.

     E ora – secondo la natura del nostro Percorso che è "in funzione della didattica della lettura e della scrittura" – accompagniamo la nostra riflessione (il nostro rituale della partenza) con la lettura di un racconto che costituisce anche un tratto d’unione tra l’ultimo Percorso che si è concluso a giugno e questo nuovo viaggio.

     Il trentunesimo e ultimo itinerario dello scorso anno scolastico (è stato un itinerario conviviale e la Lezione vera e propria è durata pochi minuti) si è concluso con la lettura di un brano – tratto dal romanzo intitolato La caverna – dello scrittore portoghese (premio Nobel 1998) José Saramago. Ebbene, quattro mesi fa vi ho detto: «Incontreremo questo scrittore nel corso del rituale della partenza del prossimo Percorso, ad ottobre». Ottobre è arrivato, ed è arrivato il giorno della partenza, e – come potete constatare – Saramago è puntuale all’appuntamento: ci ha portato un suo brevissimo romanzo (pubblicato nel 1997) che s’intitola Il racconto dell’isola sconosciuta.

     Un uomo si presenta al re e dice: Datemi una barca. Il re domanda: A che scopo volete una barca. Per andare alla ricerca dell’isola sconosciuta, risponde l’uomo. Sciocchezze – ribatte il re – isole sconosciute non ce ne sono più. Le isole sono tutte sulle carte. Sulle carte geografiche – risponde l’uomo – ci sono soltanto le isole conosciute. E qual è quest’isola sconosciuta – controbatte il re – di cui volete andare in cerca. Se ve lo potessi dire – risponde l’uomo – allora non sarebbe sconosciuta.

     Leggiamo l’incipit di questo racconto:

LEGERE MULTUM….

José Saramago, Il racconto dell’isola sconosciuta

 Un uomo andò a bussare alla porta del re e gli disse, Datemi una barca. La casa del re aveva molte altre porte, ma quella era la porta delle petizioni. Siccome il re passava tutto il tempo seduto davanti alla porta degli ossequi (degli ossequi che rivolgevano a lui, beninteso), ogni volta che sentiva qualcuno chiamare da quella delle petizioni si fingeva distratto, e solo quando il risuonare continuo del battente di bronzo diventava, più che palese, chiassoso, togliendo la pace al vicinato (cominciavano tutti a mormorare, Ma che razza di re abbiamo noi, che non risponde ?), solo allora dava ordine al primo segretario di andare a informarsi su cosa mai volesse il postulante, che non c’era modo di far tacere. Il primo segretario, allora, chiamava il secondo segretario, questi chiamava il terzo, che trasmetteva l’ordine al primo assistente, che a sua volta lo trasmetteva al secondo, e così via fino alla donna delle pulizie, la quale, non avendo nessuno a cui comandare, socchiudeva la porta delle petizioni e domandava dalla fessura, Che cosa volete ?.

 ... continua la lettura ...

     Stavamo dicendo che, in partenza, ci sono sempre delle difficoltà da affrontare: due, in particolare, che tutti conosciamo, che tutti gli anni abbiamo ricordato, e che sono tipiche di qualsiasi partenza per un viaggio impegnativo.

     La prima difficoltà consiste nel fatto che, quando ci si mette in cammino, bisogna "prendere il passo", e la nostra introduzione cerca di far sì che ciascuna e ciascuno di noi possa "prendere il proprio passo". Siamo viandanti con diverse esperienze (di vita, di studio, di relazioni, di nazionalità), e ciascuna e ciascuno di noi deve trovare il suo passo, armonizzandolo, per quanto è possibile, con il passo della comitiva, della carovana, della compagnia. Molte e molti di voi ricorderanno che cosa ha scritto Aristotele nel Secondo libro di un’opera che s’intitola Politica (327 a.C.): "La riuscita di un viaggio – scrive Aristotele – dipende soprattutto dalla compagnia", e questo è, quindi, un invito ad essere solidali. E, nel momento in cui stiamo prendendo il passo, la Scuola deve raccomandare alle studentesse e agli studenti di essere pazienti, tenaci e determinati.

     Ebbene, voi, queste qualità, queste virtù – la pazienza, la tenacia, la determinazione – le possedete (lo dimostra il fatto che siete qui) ma c’è una seconda difficoltà che si presenta nell’affrontare un Percorso di natura culturale, intellettuale, e che non dipende dalla nostra mancanza di qualità. Questa seconda difficoltà è di natura comunicativa e riguarda l’essenza e la qualità della "comunicazione" come strumento di "studio". Che cosa significa?

     Prima di rispondere a questa domanda proseguiamo, con un altro brano, nella lettura de Il racconto dell’isola sconosciuta:

LEGERE MULTUM….

 José Saramago, Il racconto dell’isola sconosciuta

L’inopinata comparsa del re (una cosa che non era mai accaduta da quando aveva la corona in testa) provocò un’immensa sorpresa, non solo ai suddetti candidati, ma anche ai vicini che, attratti dalla repentina agitazione, si erano affacciati alle finestre delle case, dall’altro lato della strada. L’unico a non mostrarsi sorpreso fu proprio l’uomo che era venuto a chiedere una barca. Aveva calcolato costui, e aveva colto nel segno, che il re, pure avesse tardato tre giorni, avrebbe dovuto sentirsi curioso di vedere la faccia di chi senza batter ciglio, e con notevole audacia, l’aveva fatto chiamare. Incerto, dunque fra la curiosità che non era riuscito a reprimere e il fastidio di vedere tanta gente riunita, il re, nel peggiore dei modi, gli rivolse tre domande una dietro l’altra, Che cosa volete ?, Perché non avete detto subito che cosa volevate ?, Pensate forse che io non abbia altro da fare ?, ma l’uomo rispose soltanto alla prima, Datemi una barca, disse. 

 ... continua la lettura ...

     Stavamo dicendo che, nel momento in cui stiamo prendendo il passo, c’è anche un’ulteriore difficoltà che ci si presenta di fronte nell’affrontare un Percorso di natura culturale, intellettuale, e che non dipende dalla nostra mancanza di qualità. Questa ulteriore difficoltà è di natura comunicativa e riguarda l’essenza e la qualità della "comunicazione" come strumento di "studio". Che cosa significa? Significa che siamo tutti (da circa 25 anni in modo massiccio) abituati a vivere in un contesto dove la "comunicazione di base" non favorisce propriamente l’esperienza di "studio" intesa come "cura" della propria anima e del proprio intelletto, e questo fatto è un po’ paradossale perché siccome la "comunicazione di base" si è ampiamente e positivamente diffusa attraverso utili strumenti (gli strumenti mediatici) dovrebbe quindi essere meglio in grado di favorire la diffusione dell’esperienza di "studio".

     E invece sul piano della quantità la comunicazione ha raggiunto livelli altissimi, ma sul piano della qualità, nella gestione della comunicazione e dell’informazione – con la scusa che il cittadino medio è in preda all’ignoranza, ed è quindi avvezzo all’indottrinamento ed è predisposto alla beotaggine – è stata utilizzata quasi esclusivamente la regola del basso (dell’infimo) livello culturale puntando sulla banalità, sulla spettacolarizzazione, su quel fenomeno che è stato chiamato il "conformismo facilese".

     La sagoma comunicativa che ha conquistato preminenza (soprattutto in funzione della pubblicità e dell’addestramento a certi stili di vita e modi di pensare) è quella dello "spot": un genere che utilizza (e impone) un linguaggio schizofrenico, ripetitivo, iperbolico nell’uso dell’immagine e morbosamente accattivante. Un genere che manipola metafore provenienti dal linguaggio mitico e stereotipato delle Letterature antiche (in preminenza dal mondo orfico-dionisiaco e biblico) trattandole e rimaneggiandole al livello esegetico più basso per cui si riproduce ignoranza di massa e si costruisce un ordine mentale costituito da modelli che rimandano continuamente a letture e a interpretazioni infantili e banalizzate della Storia del Pensiero Umano.

     Ora su questo tema, da anni, c’è un (uno sterile) dibattito in corso perché mentre da una parte le addette e gli addetti ai lavori etichettano, senza ombra di dubbio, il sistema della comunicazione con il temine "spazzatura", dall’altra non hanno ancora – se non molto larvatamente – messo in chiaro che mancano sul territorio le necessarie e diffuse reti di alfabetizzazione funzionale per combattere il fenomeno (la "spazzatura") dell’estensione del dominio della manipolazione delle menti.

     Quindi il "linguaggio" (nelle sue forme e nei suoi contenuti) che ci viene prepotentemente imposto dai potenti mezzi di comunicazione di massa non serve per favorire il pensare, il riflettere e l’investire in intelligenza ma è dichiaratamente (tanto il tasso di riflessione risulta irrilevante: chi fa sondaggi sul tasso di riflessione?) costruito per addestrare al consumo e per indurre al consenso.

     È chiaro – scrivono le esperte e gli esperti delle tecniche dell’apprendimento – che questa situazione, che cuce insieme bassissimi livelli culturali con ignobili sistemi di seduzione, inibisce il sistema comunicativo e la persona trova molta difficoltà a seguire un "ragionamento progressivo" che è il meccanismo proprio dei "percorsi di natura intellettuale" utili per accompagnare le persone a leggere un libro, a seguire un discorso articolato, a osservare un’opera d’arte, a trovare la soluzione di un problema, a costruire un proprio catalogo di conoscenze, a scrivere frammenti della propria autobiografia.

     Per svolgere queste "attività intellettuali" è necessario imparare a investire in intelligenza. Che cosa significa "investire in intelligenza"? Per capire di che cosa parliamo quando usiamo la dicitura "investire in intelligenza" dobbiamo – secondo il rituale della partenza – presentare gli obiettivi che il nostro Percorso di studio si propone: perché dobbiamo frequentare la Scuola, la Scuola pubblica degli Adulti, per qualche ora la settimana?

     Il primo obiettivo didattico di questo Percorso, di questo viaggio di studio, è quello di imparare ad ascoltare, vale a dire di imparare a selezionare le parole, a controllare le idee, a catalogare i pensieri e, quindi, a seguire un ragionamento progressivo.

     Il secondo obiettivo è quello di incentivare l’esercizio della lettura e della scrittura: la lettura e la scrittura sono due attività fondamentali per la riflessione e per lo sviluppo del processo di apprendimento. L’esercizio della lettura e della scrittura mette in moto l’attività cognitiva che ci permette di imparare. La persona – e quasi tutte e tutti noi lo sappiamo a memoria ma il tradizionale rituale della partenza c’impone di ripetere (e i riti sono ripetitivi) – impara attraverso sei azioni fondamentali (e di questa realtà la persona che usufruisce del diritto-dovere all’apprendimento deve essere consapevole); le azioni cognitive che ci permettono di imparare ad imparare sono: conoscere, capire, applicarsi, analizzare, sintetizzare e valutare. Ogni itinerario, (l’andamento di ogni Lezione) che di settimana in settimana percorreremo, si sviluppa sotto forma di "ragionamento progressivo" seguendo le azioni attraverso cui si sviluppa l’apprendimento e, di conseguenza (e questo è il compito principale che ha la Scuola) ci eserciteremo a conoscere, a capire, ad applicare, ad analizzare, a sintetizzare e a valutare.

     Ci eserciteremo a "conoscere": a "conoscere" che cosa? A conoscere le "parole-chiave" più importanti (una o due) del repertorio previsto per ogni tappa: senza "conoscere" le parole chiave della Storia del Pensiero Umano non s’impara a leggere.

     Ci eserciteremo a "capire": a "capire" che cosa? A capire le "idee più significative" che troveremo, strada facendo, sul territorio che attraverseremo: non si impara a leggere senza "capire" le idee significative della Storia del Pensiero Umano.

     Ci eserciteremo ad "applicare" e, nel nostro Percorso, "l’applicarsi" corrisponde all’esercizio della lettura e della scrittura. Come sapete queste due attività sono sistematicamente trascurate dai cittadini: solo il 14% degli Italiani (questo dato complessivo è del 2008) si dedica – a diversi livelli – alla lettura e alla scrittura e la disaffezione dipende, prima di tutto, dal fatto che l’81% della popolazione, nella fascia tra i 18 e i 65 anni (secondo la ricerca Eurostat del 2006-2007) versa in condizione di grave semianalfabetismo. Il ripetitivo rituale della partenza ci obbliga a dire quanto e come ci dobbiamo applicare nella lettura e nella scrittura. Dobbiamo imparare a leggere dieci minuti al giorno e a scrivere dieci minuti al giorno: prendere la buona abitudine di leggere e di scrivere (di applicarsi intellettualmente) per dieci minuti al giorno crea, dal punto di vista qualitativo, un buon accumulo di esercizio intellettuale e, di conseguenza, un produttivo investimento in intelligenza. Per quanto riguarda la quantità, l’esercizio del leggere dieci minuti al giorno ("legere multum", per dirla in latino che significa: "leggere in modica quantità ma costantemente e con la dovuta attenzione") significa leggere quattro pagine e quindi circa 1500 pagine in un anno, vale a dire un certo numero di libri. Scrivere quattro righe al giorno, poi, significa riempire per intero il proprio quaderno.

     Ci eserciteremo ad "analizzare": che cosa significa esercitarsi ad "analizzare"? Significa mettere a fuoco e disporre in ordine i pensieri che ci vengono in mente attraverso la "trame" proposte dai repertori del nostro Percorso: senza "corteggiare i nostri pensieri, non c’è conversazione con noi stesse, con noi stessi e, di conseguenza, con il nostro prossimo". Con questa riflessione ha inizio uno dei più significativi dialoghi di Diderot, che si intitola Il nipote di Rameau (1761), un’opera che abbiamo incontrato in uno dei nostri viaggi passati.

     Ci eserciteremo a "sintetizzare": che cosa significa esercitarsi a "sintetizzare"? Significa "mettere per iscritto" un nostro pensiero, uno di quelli (quello che ci piace di più) che siamo state, che siamo stati capaci di mettere a fuoco e di ordinare: la scrittura e l’esercizio sintetico vanno di pari passo, e bastano quattro righe scritte per materializzare un nostro pensiero. Quattro righe di scrittura autobiografica sono una bella cedola di investimento in intelligenza che serve anche ad allargare e ad allungare la nostra vita.

     Infine dobbiamo esercitarci a "valutare", ad "auto-valutare" l’andamento del nostro cammino intellettuale, e questo dispositivo dell’auto-valutazione è legato allo svolgimento del "compito" che – sebbene facoltativo – la Scuola propone di eseguire invitando ciascuna e ciascuno di voi a dedicarsi all’uso del repertorio E TRAMA da utilizzare, in un tempo che va dai dieci minuti alle due ore, nel corso della settimana, nell’intervallo tra un itinerario e l’altro.

     Il conoscere, il capire, l’applicarsi, l’analizzare, il sintetizzare e il valutare sono le azioni cognitive attraverso le quali è possibile misurare il tasso di apprendimento visto che la finalità del nostro viaggio è quella di stimolare il funzionamento dei meccanismi utili per investire in intelligenza.

     Probabilmente nel corso del nostro viaggio, durante il quale osserveremo tanti "paesaggi intellettuali" e verremo a contatto con tanti "contenuti" imparando nozioni, dati, date, luoghi, personaggi, ragionamenti, succederà che – come dicono i manuali di tecnologia dell’apprendimento – "dei contenuti di una Lezione, nella fase del primo impatto (dell’affabulazione), in media, oltre il 70% andrà disperso, mentre circa il 30% rimarrà, in modo più o meno frammentario, nella nostra mente", e questo per tutta una serie di limiti che ciascuna e ciascuno di noi, in quanto essere umano, possiede. Quindi, di questa conversazione, su dieci cose, tre dovrebbero rimanere nella mia testa in modo più o meno frammentario, ma a questo punto – siccome abbiamo cominciato a prendere il passo – noi sappiamo che l’obiettivo principale in un Percorso di didattica della lettura e della scrittura non consiste nell’immagazzinare contenuti (questo lo possiamo fare in un secondo momento leggendoci il testo integrale della Lezione che viene inserito sui nostri siti), ma l’obiettivo principale in un Percorso di didattica della lettura e della scrittura consiste nell’esercitare la mente all’ascolto, alla selezione, alla catalogazione, in modo da imparare a trovare e a ri-trovare le forme contenute nella nostra mente.

     E a questo proposito è sempre doveroso (nel tradizionale rituale della partenza) citare ancora una volta il signor Montaigne che nei suoi Saggi (1580-1588) ci ricorda che l’obiettivo dell’Educazione e della Scuola consiste nel favorire la formazione di "una testa ben fatta, piuttosto che di una testa ben piena".

     E così, un passo dopo l’altro, il nostro viaggio – dell’anno scolastico 2009-2010 – sta per iniziare. Chissà quanti viaggi avete fatto quest’estate, e chissà perché avete fatto proprio quel viaggio? E chissà quante volte vi sarete chieste, vi sarete chiesti: che senso ha viaggiare?

     Ma prima di riflettere, sollecitate e sollecitati da questa significativa domanda, facciamo ancora un passo avanti, leggendo, nel testo de Il racconto dell’isola sconosciuta:

LEGERE MULTUM….

 José Saramago, Il racconto dell’isola sconosciuta

 Cammina cammina, l’uomo giunse al porto, si recò al molo, domandò del capitano, e mentre aspettava che arrivasse cercò di indovinare quale poteva essere, fra le tante imbarcazioni che c’erano, quella che sarebbe stata la sua, grande si sapeva già che non lo era, il biglietto da visita del re era chiarissimo su questo punto, di conseguenza si potevano escludere i piroscafi, le navi da carico e quelle da guerra, né d’altro canto poteva essere tanto piccola da non resistere alle forze del vento e alle inclemenze del mare, anche su questo punto il re era stato categorico, Che navighi bene e sia sicura, erano state queste le sue parole formali, escludendo così implicitamente le lance, le feluche e le scialuppe, che, pur essendo buoni natanti, e anche sicuri, a seconda della condizione di ciascuno non erano nate per solcare gli oceani, che è dove si trovano le isole sconosciute. Un po’ discosta, celandosi dietro certi bidoni, la donna delle pulizie passò in rassegna con gli occhi le imbarcazioni attraccate, Per i miei gusti, quella, pensò, ma la sua opinione non contava, e non era neppure stata ancora assunta, ma prima sentiamo che cosa dirà il capitano del porto. 

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     Chissà quanti viaggi avete fatto quest’estate, e chissà perché avete fatto proprio quel viaggio? chissà quante volte vi sarete chieste, vi sarete chiesti: che senso ha viaggiare? L’antropologia culturale ha studiato il concetto di "viaggio" chiedendosi: perché l’homo sapiens-sapiens ha cominciato a muoversi dando – intorno al X secolo a.C. – una struttura a questo suo "movimento" e creando quella cosa che noi chiamiamo il "viaggio".

     Perché si viaggia? Si viaggia per mille ragioni personali, ma ce ne sono alcune – di queste ragioni – che costituiscono la base profonda del "perché" si viaggia. L’antropologia dice che il concetto del "viaggio" nella storia dell’Umanità e del Pensiero si forma attorno a tre motivi fondamentali, più uno, uno che è più profondo degli altri.

     Si viaggia per "migrare": per motivi di sostentamento e di sopravvivenza, e questo motivo è legato all’idea del "lavoro".

     Si viaggia per "conoscere": per motivi di curiosità e di apprendimento, e questo motivo è legato all’idea dello "studio".

     Si viaggia per "andare in pellegrinaggio": per motivi legati al mito, al rito, alla cerimonia, al racconto, e questo motivo è legato all’idea della "riflessione".

     Si viaggia, quindi, per migrare, per conoscere, per andare in pellegrinaggio: tre motivi di carattere antropologico, più uno – abbiamo detto prima, di carattere più psicologico.

     Attenzione: il "viaggio" non è uno spostamento qualsiasi. Si sa che, oggi, nell’era del turismo, spesso tra la partenza e la meta non c’è nulla: c’è uno spostamento, che viene effettuato spesso in aereo. Ma il viaggio non è uno "spostamento", bensì è quella "situazione" che sta tra la partenza e la meta. Il viaggio è una situazione che ci offre un’esperienza particolare: quale esperienza? Il viaggio è una situazione che ci offre l’esperienza dello "spaesamento". E che cos’è lo "spaesamento"? Lo "spaesamento" è un’esperienza che ci fa uscire dall’abituale, dalle nostre consuetudini, e ci espone di fronte all’insolito. Sicuramente è un’esperienza che abbiamo provato e che merita un pensiero scritto.

     Quando sentiamo di essere in questa situazione di "spaesamento", allora siamo in viaggio. Lo "spaesamento" da viaggio è una situazione culturale propulsiva, una situazione culturale che fa venire voglia di ricordare, di documentare, di descrivere i momenti di un’esperienza insolita. Lo "spaesamento" crea memoria, la memoria crea racconto e il racconto crea scrittura e, di conseguenza, ciò che abbiamo detto del viaggio vero e proprio vale anche e soprattutto per l’esperienza di un viaggio intellettuale (di carattere metaforico) fatto di itinerari culturali strettamente legati all’esercizio della scrittura e della lettura.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Hai fatto un viaggio quest’estate: dove ? Perché hai fatto questo viaggio ?…

Scrivi quattro righe in proposito…

     Dei viaggi che intraprendiamo resta sempre qualcosa, ebbene, che cosa resta del viaggio di studio al quale molte e molti di voi hanno partecipato lo scorso anno scolastico? Rimane la forma che voi – attraverso le vostre scelte attuate mediante un questionario – avete dato al territorio e allo spazio che abbiamo attraversato.

     Lo scorso anno scolastico (2008-2009) abbiamo viaggiato contemporaneamente su due corsie e abbiamo attraversato il territorio antico dell’Ellade caratterizzato dalla sapienza di Socrate, di Platone e di Aristotele e, contemporaneamente, lo spazio moderno (rinascimentale) caratterizzato dall’affresco intitolato La Scuola di Atene.

     Quali parole-chiave e quale immagine abbiamo scelto per dare forma al territorio e allo spazio che abbiamo attraversato lo scorso anno? Il questionario (al quale hanno risposto 254 persone) ci ha proposto 27 parole-chiave che rappresentano le parole significative riguardanti i temi inerenti alla sapienza di Socrate, di Platone e di Aristotele.

     Il primo riquadro, intitolato parola per parola …, riporta – secondo la grandezza dei caratteri – la quantità di consensi che la parola ha avuto: osserviamolo insieme.

parola per parola …

la saggezza la giustizia  la sapienza la ricerca

l’intelligenza la politica la felicità l’idea l’eros il parto il dèmone l’essenza

il coraggio la sostanza il concetto l’arte la scienza

il ricordo la temperanza la pietà il motore l’universale l’atto l’artefice la potenza l’unità l’abito

     Le parole "saggezza, giustizia, sapienza e ricerca" sono, in ordine di grandezza, quelle più scelte, quelle che rappresentano meglio – secondo la nostra riflessione collettiva – il pensiero di Socrate, di Platone e di Aristotele quindi il punto di arrivo, ma poi queste parole fanno anche da battistrada: sono il punto di partenza per il nostro viaggio che sta per avere inizio nel territorio della "sapienza poetica ellenistica".

     Poi il questionario chiedeva di scegliere un’immagine – su sei immagini – raffigurante un quadro de La Scuola di Atene. Il quadro che ha ricevuto il maggior numero di consensi è quello centrale: quello raffigurante Platone e Aristotele.

     Il rituale della partenza sta per concludersi perché, adesso, siamo tutte e siamo tutti radunati nel punto da cui cominciamo (virtualmente) a muoverci.

     I due riquadri che illustrano i risultati del questionario – di cui abbiamo preso visione – hanno determinato il punto di arrivo del Percorso dello scorso anno scolastico ma automaticamente indicano anche il punto di partenza del nuovo viaggio che sta per iniziare durante il quale le figure di Platone e di Aristotele (le figure più scelte) avranno ancora un’importanza considerevole.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Oggi, delle 27 parole-chiave del questionario – quale (una sola) sceglieresti ?

Scrivila…

     E allora: con questa immagine nella mente e sulla scia di queste parole-chiave entriamo nel territorio della "sapienza poetica ellenistica".

     Questa dicitura rimanda ad un termine che tutte noi e tutti noi abbiamo sentito nominare e conosciamo: il termine "Ellenismo". Ma che cos’è l’"Ellenismo"? Non è facile dare una definizione di questo termine con una battuta: è necessaria una riflessione, è necessario imbastire un ragionamento progressivo.

     Ma prima dobbiamo fare ancora un passo avanti nella lettura de Il racconto dell’isola sconosciuta:

LEGERE MULTUM….

 José Saramago, Il racconto dell’isola sconosciuta

 La donna delle pulizie andò nell’ufficio del capitano a ritirare le chiavi, poi salì sulla barca, a quel punto due cose le furono di aiuto, lo spazzolone del palazzo e l’avvertimento contro i gabbiani, non aveva ancora finito di attraversare la passerella che collegava la murata al molo che già le maledette bestie le si precipitavano addosso stridendo, furiose, con il becco spalancato, quasi volessero divorarla. Non sapevano con chi avevano a che fare. La donna delle pulizie posò il secchio, s’infilò le chiavi in petto, puntò bene i piedi sulla passerella e, facendo vorticare la scopa come fosse uno spadone di tempi remoti, sbaragliò lo stormo assassino. Ma solo quando salì sulla barca comprese l’ira dei gabbiani, c’erano nidi dappertutto, molti abbandonati, altri ancora con le uova, e qualcuno con dei piccoli dal becco spalancato, in attesa del cibo, Ebbene sì, ma è meglio se vi trasferite, una barca che va in cerca dell’isola sconosciuta non può avere questo aspetto, sembra quasi un pollaio, disse. Buttò a mare i nidi vuoti, quanto agli altri li lasciò stare, poi vedremo! 

 ... continua la lettura ...

     E così, dopo aver preso il passo, il nostro viaggio è cominciato, e mentre entriamo nel territorio della "sapienza poetica ellenistica", per prima cosa, ci dobbiamo domandare: che cos’è l’Ellenismo?

     Come sappiamo Aristotele – che abbiamo incontrato da vicino nel Percorso dello scorso anno scolastico – è stato anche il precettore di Alessandro Magno (Mega-Alexandros) e questi due personaggi ci accolgono all’ingresso del territorio nel quale stiamo per inoltrarci. È la morte di questi due personaggi – legati tra loro – a determinare, dal punto di vista temporale, il concetto di "ellenismo".

     Con la morte del giovane Alessandro Magno, nel 323 a.C., e del vecchio Aristotele, nel 322 a.C., ha inizio, nella Storia del Pensiero Umano, una nuova fase dai confini cronologici e geografici non molto precisi, ma con caratteristiche originali e qualificanti: questa fase è stata chiamata delle studiose e dagli studiosi con il nome di "ellenismo".

     Il termine "Ellenismo" contiene, prima di tutto, l’idea della dilatazione della cultura dell’Ellade: la cultura dell’Ellade esce dallo spazio delimitato e angusto delle polis greche e si dilata in uno spazio molto vasto e, in questo processo di apertura, la cultura dell’Ellade non rilascia soltanto qualcosa di suo ma ingloba ed elabora anche nuovi elementi che ne modificano i caratteri originari.

     Tutto ha inizio con quella straordinaria avventura politico-militare compiuta da Alessandro Magno: un’impresa ritenuta addirittura "opera di un dio". Alessandro Magno, con il suo esercito, si dirige verso est e conquista un territorio vastissimo fino all’India, costruendo un’enorme entità statale e come ha scritto un anonimo poeta: "seminando gli elementi della cultura greca fino alle soglie del paradiso".

     Ma – come abbiamo già accennato – la grande avventura di Alessandro oltre ad avere una fase di andata, che comporta l’ellenizzazione dell’Oriente, ha anche una fase di ritorno attraverso la quale la cultura orientale penetra nelle città greche, e questo straordinario processo di interscambio culturale (questa contaminazione tra Oriente e Occidente) trasforma la terra abitata – in greco "oikumèné" – in un solo grande paese che si estende dal Mar Mediterraneo fino al fiume Indo. Su questo grande territorio – dove cadono le frontiere (rimangono i confini naturali) – il passaggio di un esercito di migliaia di soldati con tutti i suoi cariaggi determina lo sviluppo di una rete di piste, e il collegamento tra le varie piste dà luogo al consolidamento di alcune importanti strade intercontinentali (le vie euroasiatiche). Su queste strade ha inizio (dapprima in sordina) quell’importante fenomeno che è il "pellegrinaggio culturale" soprattutto da Occidente verso Oriente. Assistiamo quindi alla prima considerevole trasformazione del modo di vedere il mondo: nella cultura dell’Ellade il mondo, per la persona, è tutto contenuto dentro la polis (dentro le mura della città-stato), con l’ellenismo la persona vede che il mondo si dilata sulla terra abitata, sull’ecumene.

     Il termine "ecumene" ("fin dove si estende la terra abitata") è la prima parola-chiave che incontriamo sul nostro Percorso.

     Con questo non è che le città perdano di importanza ma la loro fisionomia si trasforma: le città cominciano a debordare oltre le mura e vengono rifondate con un carattere universale e cosmopolitico e quindi sorge un nuovo modello di città in antitesi al carattere particolaristico tipico delle polis dell’Ellade. Nelle nuove città ellenistiche tendono a scomparire le differenziazioni specifiche tra genti di regioni diverse che le abitano. Alessandro Magno fonda sul vastissimo territorio del suo impero molte città con queste caratteristiche di universalità e di cosmopolitismo.

     Questa sera, in partenza, abbiamo incontrato due parole-chiave: il termine "ecumenico " (il mondo corrisponde a tutta la terra abitata) e il termine "cosmopolita" (la patria di ogni persona è il mondo intero). Ebbene, queste due parole-chiave, oggi, continuano ad essere motivo di riflessione.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Quali altre due parole ti fanno venire in mente il termine "ecumenico" e il termine "cosmopolita"?

Scrivile…

     Il fatto è che Alessandro riesce appena ad avviare questa rivoluzione culturale perché il suo grande impero – bagnato dai fiumi sacri della cultura umana, il Nilo, l’Eufrate e l’Indo – si scompone, subito dopo la sua morte (nel 323 a.C.), in molte monarchie in mano ai suoi generali (i diadochi). Naturalmente scoppia subito una guerra tra i diadochi (i generali dell’esercito di Alessandro) per la conquista del potere. Dopo vent’anni di conflitti – dopo la battaglia di Ipso (nel 301 a.C.) i contendenti si riducono a tre: Antigono che governa la Macedonia a cui è soggetta anche la Grecia con la capitale Atene, Seleuco che governa la Siria con la capitale Antiochia e Tolomeo che governa l’Egitto e sceglie per capitale Alessandria, la città fondata da Alessandro Magno. Sul territorio dell’ellenismo si formano quindi, dal 301 a.C., tre regni diversi ma che tuttavia si assomigliano, ma di questi regni e delle loro città capitali ce ne occuperemo non subito bensì strada facendo.

     E ora, per concludere questo primo itinerario con il quale abbiamo preso il passo per affrontare il viaggio dell’anno scolastico 2009-2010, finiamo di leggere Il racconto dell’isola sconosciuta. Ebbene abbiamo preso il via leggendo, dall’inizio alla fine, un intero romanzo (seppur brevissimo), in linea con la natura del nostro Percorso di alfabetizzazione culturale: un’offerta formativa della Scuola pubblica degli Adulti in funzione della didattica della lettura e della scrittura.

LEGERE MULTUM….

 José Saramago, Il racconto dell’isola sconosciuta

 Le aveva augurato sogni felici, ma fu lui che passò tutta la notte a sognare. Sognò che la sua caravella procedeva in alto mare, con le tre vele triangolari gloriosamente spiegate, facendosi strada sulle onde, mentre lui manovrava la ruota del timone e l’equipaggio riposava all’ombra. Non capiva come potevano trovarsi lì quei marinai che nel porto e in città si erano rifiutati di imbarcarsi con lui per andare alla ricerca dell’isola sconosciuta, probabilmente si erano pentiti della volgare ironia con cui l’avevano trattato. Vedeva bestiole qua e là in coperta, anatre, conigli, galline, i soliti animali domestici, che becchettavano il granturco o masticavano le foglie di cavolo che un marinaio lanciava loro, non ricordava quando li aveva portati sulla barca, comunque era naturale che si trovassero lì, immaginiamo che l’isola sconosciuta sia, come lo è stata tante volte nel passato, un’isola deserta, è sempre meglio andare sul sicuro, sappiamo tutti che aprire uno sportello della conigliera e afferrare un coniglio per le orecchie è stato sempre più facile che inseguirlo per monti e valli. 

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     Anche noi abbiamo preso, metaforicamente, il mare per dedicarci a leggere (quattro pagine al giorno), a scrivere (quattro righe al giorno) e a riflettere sul senso che ha il nostro vivere e il nostro essere " parte dell’Umanità".

     La prossima settimana ci troveremo di fronte al primo significativo paesaggio intellettuale del territorio dell’Ellenismo dove spicca la figura di Alessandro: quanti volti ha Alessandro e che caratteristiche hanno i suoi vari volti?

     Il viaggio è cominciato e la Scuola è qui: buon viaggio

 

Lezione del: 
Venerdì, Ottobre 9, 2009