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I QUATTRO CANTI DEL “POEMETTO DEL SERVO DEL SIGNORE” …

Lezione N.: 
21

Prof. Giuseppe Nibbi       Lo sapienza poetica beritica  2008    26-27-28  marzo  2008

I QUATTRO CANTI DEL “POEMETTO DEL SERVO DEL SIGNORE” …

     Ben tornate e ben tornati a Scuola.

     Con la fine delle vacanze pasquali e con l’arrivo della primavera ha inizio l’ultima parte del nostro viaggio, il quale tuttavia è ancora lungo e ci porterà ad attraversare molti luoghi significativi, sebbene impervi, dove ci aspettano interessanti paesaggi intellettualida osservare.

     Questa sera ritroviamo sul nostro cammino gli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale]. L’obiettivo che la categoria degli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] si pone all’interno del movimento della sapienza poetica beritica– ormai lo abbiamo imparato – è di carattere politico-istituzionale. Questi scrivani vogliono dare all’apparato della Scrittura, che è stato composto negli anni dell’esilio babilonese, un carattere costituzionalein funzione della costruzione – dopo l’Editto di Ciro, nel 538 a.C. – di un nuovo Stato giudaico. Gli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] si sono assunti soprattutto il gravoso incarico di scrivere la seconda versione della Legge [il Deuteronomio] con l’assenso di tutte le parti sociali: l’aristocrazia-sacerdotale, il ceto produttivo, gli ebionim [le classi subalterne]. Per raggiungere il loro intento mettono tutta la loro esperienza [acquisita attraverso la tradizione delle varie categorie degli scrivani d’Israele che abbiamo visto sfilare in questo Percorso] a disposizione della costruzione del testo componendo un certo numero di brani che sono stati definiti anelli di congiunzioneperché capaci di collegare una serie di punti salienti attraverso i quali far transitare e far emergere quella che è stata chiamata la sequenza dell’equilibrio dei meriti [dei doveri]”. Questi anelli, questi brani uniscono il testo del Secondo Libro dei Re con il testo del Libro di Isaia e questa sequenza l’abbiamo studiata negli ultimi cinque itinerari.

     Nel primo anello della sequenza dell’equilibrio dei meriti [dei doveri]” – nel capitolo 22 e nel capitolo 23 del Secondo Libro dei Re – gli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] vogliono, come sappiamo, mettere in rapporto tra loro le parole-chiave tempio, legge e servo: mettendo in relazione queste parole-chiave mettono in relazione, nella Scrittura, anche le tre principali classi sociali [l’aristocrazia, la borghesia, il proletariato] che sono chiamate a fare un patto di solidarietà per garantire l’unità della Nazione.

     Nel secondo anello gli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] vogliono creare l’immagine [l’icona] di un binomio virtuoso che rappresenti la sintesi delle figure dei due re più amati dell’antico Israele Ezechia e Giosia, che abbiamo imparato a conoscere. Il loro intento è quello di collegare strettamente il concetto della servitù con l’idea dellasovranità: la persona che fa il proprio dovere è sovrana, è autorevole, è qualificata, è competente, è affidabile.

     Nel terzo anello della sequenza dell’equilibrio dei meriti [dei doveri]” – inserito dagli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] nella struttura del cosiddetto poemetto del segno dell’Emmanuele che tutti conoscete – abbiamo visto entrare in gioco, quindici giorni fa, il termine germoglio. Sappiamo, però, che gli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] usano questa parola al plurale: i germogli, e questo non è un fatto irrilevante. Abbiamo studiato, a questo proposito, che, nella dinamica delle traduzioni [greca e latina], sono state apportate delle modifiche spesso sostanziali rispetto all’intenzione che gli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] hanno avuto nel costruire il loro testo. Quindici giorni fa, prima delle vacanze pasquali, abbiamo studiato il motivo per cui gli scrivani del ciclo ellenistico-alessandrino, più di duecento anni dopo la fine dell’esilio, nel tradurre in greco i Libri dei profeti posteriori, hanno trasformato i germogli di Iesse [la metafora dell’icona formata dai re Ezechia e Giosia] nel germoglio di Iesse. Il germoglio di Iesse è l’allegoria del messiae sappiamo che il pensiero messianico si sviluppa nella fase ellenistico-alessandrina del movimento della sapienza poetica beritica.

     Dobbiamo chiarire il fatto che il termine messia è già presente nel canone giudaico-palestinese, e la parola māšîah che letteralmente significa unto, consacratoviene utilizzata per definire i re ma, in particolare, per definire quei re stranieri che – secondo il midrash, il racconto biblico – sono stati ispirati dal Signore, Dio d’Israele, o per punire suo popolo, come il re d’Assiria e come Nabucodonosor re dei Babilonesi, oppure a liberarlo da una situazione di schiavitù come Ciro il Grande. Andiamo a prenderne atto di come viene utilizzata la parola māšîah, leggendo in anteprima un frammento [i primi tre versetti del capitolo 45] dal testo del Libro del Deutero-Isaia composto dagli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale], con il quale questa sera dobbiamo entrare in contatto.

LEGERE MULTUM….

Libro di Isaia [del Deutero-Isaia]  45, 1-3

Il Signore dice al re Ciro, al suo unto [māšîah]: «Ti do tutto il mio appoggio per sottomettere le nazioni, per detronizzare i re e spalancare davanti a te le porte sbarrate delle città. Ti precederò, per prepararti il terreno ed eliminare davanti a te ogni ostacolo, per abbattere le porte di bronzo e rompere le spranghe di ferro. Ti farò scoprire tesori segreti, ricchezze ben nascoste. Così tu riconoscerai che io, il Signore, il Dio d’Israele, ti ho affidato un incarico»…

     Prima di sviluppare meglio questo tema, diciamo che la seconda parte del Libro di Isaia, quella che si chiama Deutero-Isaia [dal capitolo 40 al capitolo 55], contiene un messaggio in cui gli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] – dopo aver messo in evidenza, con i primi tre anelli della sequenza dell’equilibrio dei meriti [dei doveri]”, la necessità dell’unione tra le varie componenti sociali della Nazione –vogliono ribadire quanto possa essere consolante trovare l’unità d’intenti in seno a tutto il popolo d’Israele. Questo fatto politico-istituzionale – il manifestarsi dell’unità della Nazione dentro i suoi confini ufficialmente riconosciuti – porta gli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale]a riflettere e a dare forma ad una serie di idee teologiche da inserire nella Scrittura.

     La volontà per il conseguimento dell’unità della Nazione porta a far ragionare gli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale]su una nozione più ampia di unità: con il riconoscimento ufficiale dei confini dello Stato [abbiamo già incontrato ne Le Storie di Erodoto questo concetto] viene a determinarsi l’idea di un Dio che possa superare i confini della Nazione stessa. Siccome – ce l’ha insegnato Hegel ultimamente – per avere una sintesi sono necessarie una tesi e un’antitesi, perché il Signore possa diventare il Dio dell’universo deve poter superare i confini della Nazione che lo ha saputo definire come divinità. Questa considerazione porta con se l’idea che il Signore, in quanto Dio dell’universo, possa essere il creatore [l’ordinatore] del mondo e il promotore della storia per cui anche Ciro diventa – come abbiamo letto – l’incaricato di Dio.

     Per capire meglio le basi di questa riflessione che abbiamo fatto dobbiamo puntare l’attenzione sui cinque versetti precedenti a quelli che abbiamo letto poco fa e che si trovano alla fine del capitolo 44 del Libro del Deutero-Isaia.

LEGERE MULTUM….

Libro di Isaia [del Deutero-Isaia]  44, 24-28

Il Signore che ti ha fatto diventare un solo popolo [la traduzione greca dice: “che ti ha plasmato nel seno materno”] e ti ha liberato, Israele, ti dice: «Io, il Signore, ho messo in ordine ogni cosa. Da solo ho disteso il cielo come una tenda, ho messo in ordine la terra e nessuno mi ha aiutato. Ora annullo le predizioni degli indovini, rendo insensate le previsioni degli astrologi, costringo gli eruditi a ritrattare e rendo folle la loro saccenteria. Ma confermo le parole dei miei servi [‘ebedim], i piani annunziati dai miei profeti. Di Gerusalemme e delle città di Giuda dico: sarete di nuovo costruite e abitate! Io stesso riparerò le loro rovine. Con un mio comando faccio ritirare le acque e prosciugare l’oceano. Al re Ciro ordino: Tu sei il capo che io ho scelto per realizzare i miei piani. Tu farai ricostruire Gerusalemme; farai riedificare il mio tempio» …

     Gli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] – ormai lo sappiamo – operano sulla Scrittura in modo da creare le condizioni per favorire la costituzione di un nuovo Stato giudaico nella terra di Canaan. Il loro obiettivo è quello di nazionalizzare/istituzionalizzare i concetti [i due concetti fondamentali] del movimento della sapienza poetica beriticache avevano preso forma soprattutto durante l’esilio a Babilonia: la berit, il patto di solidarietà che deve essere stipulato tra le varie classi sociali del nuovo Stato e la toràh, la Legge uguale per tutti i cittadini della nuova Nazione giudaica. Anche l’idea che il Signore sia il Dio dell’universo, e possa essere il creatore [l’ordinatore] del mondo e il promotore della storia, serve – secondo il pensiero degli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] – a rafforzare il concetto di unità della Nazione.

     Gli scrivani del ciclo ellenistico-alessandrino nel tradurre, più di duecento anni dopo l’esilio, i Libri della Bibbia in greco – un tema che abbiamo ampiamente studiato in autunno – hanno un obiettivo politico diverso da quello degli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] : quello di internazionalizzare i concetti del movimento della sapienza poetica beritica. La traduzione in greco dei Libri della Bibbia – di cui conosciamo molti aspetti perché siamo stati ospiti di Alessandria per qualche settimana – è una straordinaria operazione intellettuale che interpreta la Scrittura non guardando più alla Nazione ma al Mondo intero, non guardando più allo Stato ma all’Universo, non guardando al popolo [che è una nozione astratta] ma alla persona. In questo contesto nasce un’idea di messianismocon caratteristiche diverse da quella nazionalista degli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale]. L’umanesimo che gli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] hanno cercato di costruire dando voce ai profeti, verrà – secondo il pensiero degli scrivani alessandrini –  realizzato da un intervento di Dio, operato in prima persona o con la mediazione di un personaggio da lui inviato e consacrato: il messia [l’unto, il consacrato], un termine che, nella traduzione greca, viene espresso con la parola christos, una parola che avrà un futuro e che – sulla scia della Letteratura dei Vangeli, in particolare delle Lettere di Paolo di Tarso – andrà ben oltre il movimento della sapienza poetica beritica. Nella traduzione in greco della Bibbia, il concetto del messia viene messo in evidenza in tutte le allegorie che gli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] hanno costruito per esaltare l’immagine del binomio virtuoso Ezechia-Giosia.

     Quindi la metafora che contiene il binomio virtuoso Ezechia-Giosia, creata dagli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] per comporre la sequenza dell’equilibrio dei meriti [dei doveri], viene sostituita dall’immagine del messia. E il tempo del messia sarà quindi un tempo di riconciliazione universale: con Dio, con la natura, tra le persone. E questa straordinaria utopia, di un’armonia universale da realizzare sulla terra, non si è più spenta nella Storia del Pensiero Umano. Quindi nel tradurre la Bibbia in greco gli scrivani alessandrini, per introdurre il concetto del messia, apportano un serie di variazioni che modificano quella che era l’intenzione degli scrivani del Codice Priester-Sacerdotale

     Tuttavia è corretto affermare che gli scrivani del Codice Priester-Sacerdotale hanno comunque ulteriormente favorito (sebbene inconsapevolmente perché la loro intenzione, come sappiamo, era un’altra) la riflessione che ha portato, più di duecento anni dopo, gli scrivani del ciclo ellenistico-alessandrino – mentre traducono in greco i Libri dei profeti posteriori – ad elaborare il nuovo concetto del messia: in che modo hanno propiziato e hanno favorito questo?

     Per rispondere a questa bella domanda, che abbiamo lasciato in sospeso quindici giorni fa, dobbiamo ritornare sul nostro itinerario specifico, dobbiamo ritornare al VI secolo a.C. e dobbiamo tornare ad occuparci del lavoro che stanno compiendo gli scrivani del Codice Priester-Sacerdotale.

     Per gli scrivani del Codice Priester-Sacerdotale i germogli di Iesse– di cui si parla al capitolo 11 del Libro del Proto-Isaia e di cui ci siamo occupati quindici giorni fa – corrispondono al binomio Ezechia-Giosia e rappresentano il terzo anello della sequenza dell’equilibrio dei meriti [dei doveri]”.

     Per rinfrescarci la memoria e riprendere il filo del discorso rileggiamo i primi quattro versetti del capitolo 11 del Libro del Proto-Isaia.

LEGERE MULTUM….

Libro di Isaia [del Proto-Isaia dal canone giudaico palestinese]  11, 1-9

Spunteranno [yāsā] dal tronco di Iesse [il padre del re Davide] come germogli [qîdim] i retti [yāšār] servi del Signore [‘ebedim] e per i loro meriti [per i loro doveri, huqqîm], la berit [berit] sarà una primizia [rē’šît].

Lo spirito del Signore verrà su di loro: gli darà saggezza e intelligenza, consiglio e forza. Conoscenza e amore per il Signore. Essere i servi del Signore [‘ebedim] sarà la loro gioia. Non giudicheranno secondo le apparenze, non decideranno per sentito dire. Renderanno giustizia ai poveri [ebionim] e difenderanno i diritti degli oppressi [‘ebedim].

     Con la creazione del binomio Ezechia-Giosia gli scrivani del Codice Priester-Sacerdotale vogliono mettere in evidenza – come abbiamo imparato – il rapporto che intercorre tra il concetto della sovranitàe quello della servitùinteso come spirito di servizio: è sovrana la persona che fa il proprio dovere, ed è in virtù di questo fatto che la sovranità appartiene al popolo. La relazione che intercorre tra il concetto della sovranitàe quello della servitùinteso come spirito di servizio– nella mente degli scrivani del Codice Priester-Sacerdotale – è la condizione necessaria per edificare una società che possa considerarsi salvata [Isaia]”.

     Abbiamo detto che il terzo anello della sequenza dell’equilibrio dei meriti [dei doveri]” – l’anello dei germogli – avrebbe dovuto dare agli ebionim una piena dignità ma in realtà le classi subalterne vengono menzionate paternalisticamente per esaltare ancora una volta il re Ezechia e il re Giosia, i quali: «Renderanno giustizia ai poveri [ebionim] e difenderanno i diritti degli oppressi [‘ebedim]» ma non garantiranno loro una reale emancipazione. Questa affermazione quindi non bastava a giustificare il fatto che ciascun membro del popolo d’Israele avrebbe potuto avere la possibilità [secondo i suoi meriti] di assumere in sé la sovranità e avrebbe potuto esibire la prerogativa di essere considerato, come i re virtuosi, servo del Signore. Di conseguenza l’idea che ciascun membro della Nazione avrebbe potuto avere la possibilità, per i suoi meriti, di fregiarsi del titolo di servo del Signoreandava espressa con maggiore chiarezza e determinazione nella Scrittura.

     E gli scrivani del Codice Priester-Sacerdotale si fanno carico di questa situazione e, quindi, costruiscono un quarto anello della sequenza dell’equilibrio dei meriti [dei doveri]” nel quale dilatano la figura del servo del Signoredefinendone le qualità in modo che ogni singola persona possa davvero, con spirito di servizio [portato anche alle estreme conseguenze] onorare il patto di solidarietà e rispettare la Legge uguale per tutti. Intorno a questa idea gli scrivani del Codice Priester-Sacerdotale compongono la seconda parte del Libro di Isaia [dal capitolo 40 al capitolo 55]: questa seconda parte è stata chiamata il Libro del Deutero-Isaia.

     Se andate sulla Bibbia ad osservare il testo del Libro del Deutero-Isaia potete constatare che quest’opera è formata da due strutture letterarie che s’intersecano tra loro: per rendersene conto bisogna fare un po’ di attenzione ed è necessaria una spiegazione che fornisca le chiavi necessarie per entrare in sintonia con questo testo.

     La prima struttura letteraria che dà forma al Libro del Deutero-Isaia – la più vasta e compatta – è stata chiamata Libro della consolazione d’Israele. Nel testo di questo Libro gli scrivani del Codice Priester-Sacerdotale – dopo aver messo in evidenza, con i primi tre anelli della sequenza dell’equilibrio dei meriti [dei doveri]”, la necessità dell’unione tra le varie componenti sociali della Nazione – vogliono ribadire quanto possa essere consolante trovare l’unità d’intenti in seno a tutto il popolo d’Israele. La consolazionedi cui si parla sta nel fatto che il Signore, nonostante le infedeltà e i demeriti, ha riconosciuto il popolo d’Israele come suo servo. Quindi con il quarto anello della sequenza dell’equilibrio dei meriti [dei doveri]”, gli scrivani del Codice Priester-Sacerdotale portano a termine un’operazione intellettuale di grande efficacia che permette alle principali classi sociali [aristocrazia, borghesia e proletariato] di sentirsi rappresentate nella Scrittura, di sentirsi descritte nei documenti costitutivi dello Stato. La pari dignità riconosciuta a tutte le classi sociali dà loro la possibilità di stipulare un patto di solidarietà [la berit] attraverso il quale può essere concordato e scritto il testo della Legge uguale per tutti [la toràh].

     L’operazione intellettuale compiuta dagli scrivani del Codice Priester-Sacerdotale prevede che la caratteristica di essere servi del Signore, che hanno assunto i due re virtuosi Ezechia e Giosia, venga assunta da tutto il popolo. Ma siccome il concetto di popolorisulta astratto, si prevede che della caratteristica di servo del Signoresi possa fregiare ciascun membro della comunità in modo che possa trovare in questo titolo e in questo ruolo, prima di tutto, la necessaria consolazione per affrontare le prove, spesso dure, che la vita inevitabilmente propone.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e scrittura:

Non si può fare a meno di riflettere sulla parola “consolazione”…

Quale di queste parole – conforto, sollievo, sostegno, alleviamento, gioia, soddisfazione, ricompensa, riconoscimento – metteresti (pensando alla tua esperienza, alla tua autobiografia) per prima accanto alla parola “consolazione”? 

Hai mai ricevuto un “premio di consolazione”?… 

Scrivi quattro righe in proposito…

     IlLibro della consolazione d’Israele – che è la struttura letteraria più vasta e compatta del Libro del Deutero-Isaia – è composto da una serie di messaggi di speranza di cui si consiglia la lettura. In questi messaggi di speranzache si ripetono più volte in modo ciclico c’è un intento didattico con il quale gli scrivani del Codice Priester-Sacerdotale vogliono insegnare, vogliono trasmettere alcuni principi fondamentali che rappresentano il pensiero su cui si basa il loro lavoro: così facendo mettono in evidenza gli elementi del loro stile [che costituisce lo sviluppo dello stile del proclama di Amos].

     Quali sono i messaggi di speranzache si ripetono in modo ciclico nelLibro della consolazione d’Israele cioè nei sedici capitoli [dal capitolo 40 al 55] del Libro del Deutero-Isaia?

     Il primo messaggio comunica che Dio è unico e rappresenta l’unità della Nazione, gli idoli rappresentano la divisione tribale e il Signore sfida gli idoli compiendo opere straordinarie a cominciare dall’aver steso il cielo, messo in ordine la terrae donato il respiro a tutti gli esseri viventi” [della creazione se ne comincia a parlare nei Libri dei profeti posteriori prima che nel Libro della Genesi].

     Il secondo messaggio comunica che Israele è servo del Signore ma si dimostra un popolo sordo, cieco e dalla dura cervice ma, nonostante questa ricorrente infedeltà, il Signore vuole salvare il suo popolo costruendo una strada nel deserto [il concetto del deserto verrà poi sviluppato nel Libro dell’Esodo]”, e facendo scorrere fiumi nella steppa per facilitare il ritorno degli esiliati dopo la caduta di Babilonia.

     Il terzo messaggio comunica che il Signore vuole salvare il suo popolo liberandolo dall’esilio – vuole essere il protagonista, il signore della storia – e per portare a termine questo programma sceglie il re Ciro [l’unto, il messia] e questo dimostra che il Signore vuole essere il Dio di tutte le Nazioni perché Israele deve essere una Nazione tra tutte le altre Nazioni.

     Questi messaggi di consolazione composti dagli scrivani del Codice Priester-Sacerdotale, per raggiungere l’obiettivo di fare di Israele una società salvata [Isaia]”, sono legati tra loro da quattro tasselli inseriti nei capitoli 42, 49, 50, 52 e 53 del Libro del Deutero-Isaia. Gli scrivani del Codice Priester-Sacerdotale hanno inserito questi quattro canti, staccati l’uno dall’altro che, uniti insieme, danno forma ad un poemetto che è stato intitolato: il poemetto del servo del Signore.

     Gli scrivani del Codice Priester-Sacerdotale pensano [e lo vogliono insegnare nel loro programma di educazione civica”] che il vero servo del Signore debba essere ciascun membro della comunità: la figura del servo del Signore è il modello in cui devono riconoscersi tutte le persone che, con spirito di servizio [portato alle estreme conseguenze], onorano la stipula del patto di solidarietà e partecipano alla promulgazione della Legge uguale per tutti.

     Ma andiamo con ordine e, a questo proposito, cominciamo a leggere l’incipit, l’inizio del Libro della consolazione d’Israele: la Scuola aveva già invitato a leggere il capitolo 40 del Libro del Deutero-Isaia qualche settimana fa, e una parte di questo brano lo abbiamo già letto da un’altra angolazione quando abbiamo riflettuto sul tema del tempo inteso in senso cronologico così come è concepito dalla cultura ebraica, in rapporto al concetto greco de l’eternità.

LEGERE MULTUM….

Libro di Isaia [del Deutero-Isaia]  40, 1-8

«Consolate e confortate il mio popolo!», dice il vostro Dio. «Fate coraggio agli abitanti di Gerusalemme, e annunziate loro: La vostra schiavitù è finita, la vostra colpa perdonata; il Signore vi ha fatto pagare fino in fondo per tutti i vostri peccati» [Secondo la “sequela dei demeriti” il Signore punisce in modo che ciascuno riconosca i propri errori, prenda coscienza, si assuma le responsabilità e possa essere perdonato e redento].

Una voce grida: «Preparate nel deserto una via per il Signore, tracciate nella steppa una strada per il nostro Dio [Il deserto e la steppa diventano i luoghi simbolici che conducono verso la liberazione, i territori dove tanto coloro i quali sono stati esiliati a Babilonia – che hanno attraversato la steppa per tornare in Palestina – quanto coloro i quali, rimasti nella terra di Canaan, sono stati costretti, per sopravvivere, alla transumanza in Egitto – attraverso il deserto – possono incontrarsi idealmente e trovare l’unità]!

Riempite le valli, spianate monti e colline. Il terreno accidentato e scosceso diventi una grande pianura [Rimuovete gli ostacoli che impediscono l’unità della Nazione]. Allora il Signore manifesterà la sua presenza gloriosa e tutti potranno vederla. Il Signore stesso lo ha detto».  Una voce grida: «Annunzia un messaggio!»; e io domando: «Che cosa devo annunziare?»«Annunzia che ogni persona è come l’erba; e la sua consistenza è come il fiore del campo: secca l’erba, il fiore appassisce quando il Signore fa soffiare il vento su di essi.  Sì, la persona è come l’erba: secca l’erba e il fiore appassisce; ma le parole [berit, toràh] di Dio durano nel tempo».

     Quando gli scrivani del Codice Priester-Sacerdotale scrivono: «ma le parole di Dio durano nel tempo» vogliono prima di tutto mettere in evidenza la parola berit [il patto di solidarietà] e la parola toràh [la Legge uguale per tutti] ma vogliono alludere anche ai termini che costituiscono la trafila della sequenza dell’equilibrio dei meriti [dei doveri]”, e soprattutto intendono richiamare alla mente di chi ascolta la parola servo. Infatti – come abbiamo detto un momento fa – all’interno di questi messaggi di speranza che costituiscono la struttura letteraria più vasta e compatta del Libro del Deutero-Isaia, gli scrivani del Codice Priester-Sacerdotale hanno inserito quattro canti, staccati l’uno dall’altro che, uniti insieme, danno forma ad un poemetto che è stato intitolato: il poemetto del servo del Signore. A questo poemetto è sempre stato attribuito un carattere enigmatico, sibillino, arcano [per giunta le Bibbie che possediamo riportano e ribadiscono, nelle note esplicative, proprio il carattere enigmaticodi questo poemetto: sarebbe troppo complicato spiegare, in nota, i meccanismi di costruzione del testo]: sembra infatti che gli scrivani del Codice Priester-Sacerdotale, nei quattro canti che hanno composto, descrivano un personaggio misterioso. In realtà non c’è nulla di misterioso nella figura del servo del Signore: questi quattro canti – che uniti insieme costituiscono un poemetto – sono stati composti dagli scrivani del Codice Priester-Sacerdotale per dare forma al quarto anello della sequenza dell’equilibrio dei meriti [dei doveri]”, e noi che stiamo percorrendo, nel territorio del movimento della sapienza poetica beritica, questi itinerari in funzione della didattica della lettura e della scrittura, puntando l’attenzione sui meccanismi di costruzione del testo, non abbiamo nessuna difficoltà a capire.

     E allora ricapitoliamo il cammino della sequenza dell’equilibrio dei meriti [dei doveri]” che termina con il poemetto del servo del Signore. Dopo aver messo in evidenza, nel primo anello della sequenza, le parole chiave tempio, legge e servo per dare pari dignità di resto d’Israele a tutte le componenti sociali del nuovo Stato giudaico, gli scrivani del Codice Priester-Sacerdotalehanno fatto in modo – nel poemetto del segno dell’Emmanuele [di cui conosciamo i punti salienti] – che queste parole-chiave trovassero il loro coronamento in due personaggi storici considerati virtuosi, il re Ezechia e il re Giosia che, nel secondo anello della sequenza, vengono a simboleggiare la berit e la toràh” cioè i due concetti-cardine su cui si basa il canone giudaico-palestinese della Bibbia che si va formando come se fosse la costituzione del nuovo Stato giudaico. Ma i due re, sebbene virtuosi perché garantiscono la stipula del patto di solidarietà [la berit]” e la promulgazione della Legge uguale per tutti [la toràh]”, non rappresentano di per sé, da soli, l’unità della Nazione ma esprimono – nel terzo anello della sequenza – l’identità tra il concetto di sovranità e il concetto di servitù che porta a codificare il modello del servo del Signoredepositario dello spirito di servizio che è la virtù fondamentale per edificare una società salvata [Isaia]”. Perché l’unità della Nazione si compia è necessario che il titolo di servo del Signore venga attribuito non solo alla figura del re ma anche a tutto il popolo. Siccome però l’idea di popolo finisce per essere un concetto astratto ecco che, per garantire l’effettiva unità dello Stato, occorre che ciascun membro della comunità assuma su di sé il ruolo di servo del Signore con tutto ciò che comporta dal punto di vista dell’impegno: questo è l’obiettivo che, con il quarto anello della sequenza dell’equilibrio dei meriti [dei doveri]”, si prefiggono di raggiungere gli scrivani del Codice Priester-Sacerdotale

     I quattro canti del poemetto del servo del Signore, che formano il quarto anello della sequenza dell’equilibrio dei meriti [dei doveri]”, sono quattro brani che vogliono esaltare questa figura, e la figura del servo del Signore è il modello in cui devono riconoscersi tutte le persone che, con spirito di servizio [portato alle estreme conseguenze], onorano la stipula del patto di solidarietà e partecipano alla promulgazione della Legge uguale per tutti.

     Il quarto anello della sequenza dell’equilibrio dei meriti [dei doveri]” potrebbe essere definito come un vademecum [un manuale, una guida, un libretto delle istruzioni]” per tutti i membri della comunità perché possano agire in funzione dell’unità dello Stato. Il concetto dell’unità dello Stato si presenta anche come una nozione di natura teologica perché – secondo gli scrivani del Codice Priester-Sacerdotale – serve ad avvalorare l’immagine dell’unicità di Dio. Nella sequenza dell’equilibrio dei meriti [dei doveri]” – come negli ordinamenti delle polis greche – troviamo le radici del concetto di cittadinanza: da duemilacinquecento anni aspettiamo che questa idea si concretizzi davvero e che dia i suoi frutti.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e scrittura:

C’è (o c’è stato) un vademecum, un manuale, una guida, un libretto delle istruzioni a cui sei particolarmente affezionata, affezionato?… 

Scrivi quattro righe in proposito…

     E adesso passiamo alla lettura dei quattro canti che formano il celebre poemetto del servo del Signore. Prima però bisogna dire che su ogni versetto, su ogni riga, su ogni parola dei brani che stiamo per leggere ci sarebbero da fare molteplici commenti e numerose considerazioni perché il Libro di Isaia, e nello specifico il Libro del Deutero-Isaia, ha da sempre richiamato l’interesse delle studiose, degli studiosi di filologia biblica e degli esegeti che hanno voluto interpretare e hanno cercato di dare un senso a questo testo, in particolare al testo del poemetto del servo del Signore” [un senso in funzione o del messianismo ebraico o in funzione del messianismo cristiano, qualcuno vi ha visto anche una premonizione della Shoah]. In questo viaggio di studio vogliamo, dobbiamo e non possiamo far altro che mantenerci dentro i confini [e nei limiti] del nostro Percorso che, come sappiamo, per sua natura è in funzione della didattica della lettura e della scrittura per cui l’obiettivo formativo è quello di capire i meccanismi di costruzione del testo ed è quello di conoscere gli elementi principali degli stili dei laboratori di scrittura che hanno operato nel corso del movimento della sapienza poetica beritica. Quindi per noi – che animiamo un percorso di alfabetizzazione – i quattro canti del poemetto del servo del Signore rappresentano materia di studio in quanto formano il quarto anello, l’ultimo anello della sequenza dell’equilibrio dei meriti [dei doveri]”.

     I quattro canti del “poemetto del servo del Signore” valgono perché non sono un punto di arrivo ma un ulteriore punto di partenza nella straordinaria trafila filologica che fa della Bibbia un apparato intellettuale coeso, tenuto insieme da un saldo filo conduttore dato da un significativo catalogo di parole-chiave che trova la sua collocazione nell’albero genealogico lessicale, per la precisione sul ramo dell’Età assiale della storia. I quattro canti del “poemetto del servo del Signore” formano un anello che da una parte chiude una sequenza e dall’altre ne apre un’altra.

     Il quarto anello della “sequenza dell’equilibrio dei meriti [dei doveri]” costituisce infatti un ulteriore punto di partenza che conduce verso la cosiddetta “sequenza delle grandi narrazioni epiche”: un tema di vaste proporzioni che svilupperemo, prossimamente, nelle sue linee generali.

     Ora leggiamo i quattro canti del poemetto del servo del Signore. Abbiamo detto che il quarto anello della sequenza dell’equilibrio dei meriti [dei doveri]” potrebbe essere definito come un vademecum [un manuale, una guida, un libretto delle istruzioni]” per tutti i membri della comunità perché possano agire in funzione dell’unità dello Stato. Con il quarto anello della sequenza dell’equilibrio dei meriti [dei doveri]” il titolo di servo del Signoreviene attribuito a tutte le persone che, con spirito di servizio [portato alle estreme conseguenze], onorano la stipula del patto di solidarietà e partecipano alla promulgazione della Legge uguale per tutti. Difatti nel primo canto del poemetto del servo del Signore – che ora leggiamo –troviamo subito, in evidenza, le parole berit e torah”.

LEGERE MULTUM….

Libro di Isaia [del Deutero-Isaia]  42, 1-9 (primo canto del poemetto del servo del Signore)

Dice il Signore: «Questo è il mio servo che io sostengo, l’ho scelto perché lo amo.

Ho fatto con lui un patto [berit], perché diffonda la mia legge [toràh] tra tutti i popoli. Egli non griderà né alzerà la voce, non farà grandi discorsi nelle piazze.

Se una canna è incrinata, non la spezzerà, se una fiamma è debole, non la spegnerà. Egli farà conoscere la Legge uguale per tutti.

Non perderà né la speranza né il coraggio, finché non avrà stabilito la mia legge sulla terra. Le popolazioni lontane staranno in attesa del suo insegnamento».

Dio, il Signore, ha steso i cieli immensi, ha ordinato la terra con tutte le sue piante, ha dato la vita a chi l’abita, e il respiro a quelli che si muovono in essa [gli scrivani del “Codice Priester-Sacerdotale” ritengono che la figura del servo del Signore si debba legare al racconto epico della creazione del mondo per ribadire che: servo del Signore è ogni essere umano a cui Dio ha dato vita], e dice al suo servo: «Io, il Signore, ti ho chiamato e ti ho dato il potere di portare giustizia sulla terra. Io ti ho formato e per mezzo tuo farò un patto con tutte le componenti del popolo e porterò la luce alla nazione. Aprirai gli occhi ai ciechi, metterai in libertà i prigionieri, e tutti quelli che si trovano in un’oscura prigione.

Sono il Signore, questo è il mio nome. Non cederò ad altri la mia gloria, né agli idoli l’onore che mi è dovuto [il concetto dell’unità dello Stato serve ad avvalorare l’immagine dell’unicità di Dio]. Quel che avevo predetto è già accaduto; ora annunzio cose nuove. Prima che accadano ve le faccio conoscere».

     E ora leggiamo il secondo canto del poemetto del servo del Signore dove possiamo rinvenire i primi elementi che portano verso la cosiddetta sequenza delle grandi narrazioni epiche.

LEGERE MULTUM….

Libro di Isaia [del Deutero-Isaia] 49, 1-9 (secondo canto del poemetto del servo del Signore)

Ascoltatemi, abitanti delle isole, fate attenzione, popolazioni lontane.

Fin dal grembo di mia madre il Signore ha pensato a me e mi ha chiamato per nome. Ha reso la mia parola affilata come una spada e mi protegge con la sua mano.

Ha reso il mio messaggio penetrante come una freccia ben conservata nella sua custodia. Mi ha detto: «Tu sei il mio servo, Israele [Giacobbe], attraverso di te manifesterò la mia gloria». Io ho pensato: inutilmente mi sono affaticato, ho consumato tutte le mie forze, senza risultato. Ma è il Signore che garantisce il mio diritto, è Dio che ricompensa il mio sforzo. Egli mi ha chiamato fin dalla nascita, per essere il suo servo, per radunare i discendenti di Giacobbe [nel Libro del Deutero-Isaia compaiono per la prima volta le figure dei  patriarchi a cominciare da Giacobbe; gli scrivani del “Codice Priester” [del Codice sacerdotale] ritengono che la figura del servo del Signore si debba legare al ciclo epico dei patriarchi per ricondurre queste leggende alla storia reale del nuovo Stato giudaico in via di costituzione; gli scrivani del “Codice Priester” [del Codice sacerdotale] mettono a confronto due figure di servo del Signore: una  virtuale, leggendaria, rappresentata dai patriarchi e una materiale rappresentata da ogni membro della società che è chiamato a costruire l’unità dello Stato] e ricondurre a lui il popolo d’Israele.

Egli, il mio Dio, mi ha parlato e mi rende forte, perché mi considera prezioso. Mi ha detto: «Tu sei mio servo, non soltanto per radunare le tribù di Giacobbe, per ricondurre a me i superstiti d’Israele. Faccio di te anche la luce per le nazioni, per portare la mia salvezza in tutto il mondo».

     Abbiamo detto che nel Libro del Deutero-Isaia compaiono per la prima volta le figure dei patriarchi a cominciare da Giacobbe che viene, come patriarca, nominato per primo in correlazione al nome di Israele, infatti Giacobbe porta anche il nome di Israele: nel capitolo 41 del Libro del Deutero-Isaia al versetto 8 compare per la prima volta il nome di Giacobbe, in concomitanza con il nome di Israele, e poi compare per la prima volta il nome di Abramo: «Tu Israele, sei mio servo; tu, Giacobbe, il popolo da me scelto, discendente dal mio amico Abramo». Con questa formula vengono introdotti i patriarchi Giacobbe e Abramo, la figura di Isacco non è ancora ben definita [Isacco è ancora una risata: a suo tempo capiremo che cosa significa questa affermazione].

     Gli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] vogliono che la figura del servo del Signore si leghi al ciclo epico dei patriarchi che stanno mettendo in ordine proprio per ricondurre e introdurre queste straordinarie leggende nella storia del nuovo Stato giudaico in via di costituzione. Nel secondo canto del poemetto del servo del Signore– come abbiamo letto – il leggendario personaggio di Giacobbe viene presentato come quello che dovrà diventare nel Libro della Genesi: il punto di unione delle tribù.

     Ma Giacobbe rappresenta un servo del Signorevirtuale, ideale, perché in realtà gli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] vogliono affermare che servo del Signore è – in senso materiale – ogni membro dello Stato giudaico che viene presentato come la luce che rende visibile tra le Nazioni la nuova Nazione d’Israele.

     Nel terzo canto del poemetto del servo del Signoreentra in gioco il tema della persecuzione

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e scrittura:

E sulla parola “persecuzione” noi non possiamo fare a meno di riflettere…

Quale di queste parole – sterminio, oppressione, maltrattamento, angheria, sopruso, accanimento, tribolazione – metteresti per prima accanto alla parola “persecuzione”?…

Scrivi quattro righe in proposito…

     Per noi che siamo cresciuti all’interno di una cultura che ha interpretato in funzione cristologicai Libri dell’Antico Testamento, il personaggio del servo del Signorerimanda alla figura di Gesù di Nazareth che – secondo la Letteratura dei Vangeli – è stato arrestato, torturato, processato e condannato a morte. Certamente – come c’informano le studiose e gli studiosi di filologia biblica – gli scrivani della Letteratura dei Vangeli, a cominciare da Paolo di Tarso, conoscono bene il poemetto del servo del Signoree lo hanno utilizzato [anche un po’ adeguandolo] per comporre le pagine delle cosiddette passioniche costituiscono il primo nucleo della scrittura evangelica.

     Leggiamo il terzo canto del poemetto del servo del Signore.

LEGERE MULTUM….

Libro di Isaia [del Deutero-Isaia] 50, 4-9 (terzo canto del poemetto del servo del Signore)

Dio, il Signore mi ha insegnato le parole adatte per sostenere i deboli. Ogni mattina mi prepara ad ascoltarlo, come discepolo diligente. Dio, il Signore, mi insegna ad ascoltarlo, e io non gli resisto né mi tiro indietro.

Ho offerto la schiena a chi mi batteva, la faccia a chi mi strappava la barba. Non ho sottratto il mio volto agli sputi e agli insulti. Ma essi non riusciranno a piegarmi, perché Dio, il Signore, mi viene in aiuto, rendo il mio viso duro come la pietra so che non resterò deluso. Il Signore mi è vicino, egli mi difenderà.  Chi potrà accusarmi? Chi potrà trascinarmi in tribunale? Chi vuole essere mio avversario? Si presenti! Dio, il Signore, mi viene in aiuto, chi mi dichiarerà colpevole? Tutti i miei avversari scompariranno. Diventeranno come un abito logoro divorato dai tarli.

     Quando la persona, mettendo in pratica lo spirito di servizio, opera per la stipula del patto di solidarietà e partecipa alla promulgazione della Legge uguale per tutti, è scelta dal Signore come sua servaperché viene riconosciuta come depositaria dell’onestà e della giustizia.

     Ma nella società ci sono gli onesti e i disonesti, ci sono i giusti e gli ingiusti, e ci sono i perseguitati e i persecutori: di solito il destino del servo del Signore è quello di essere un perseguitato [chi fa le cose in modo onesto e giusto – in una società che tollera l’ingiustizia e la disonestà che pensa alla pancia più che alla patria – rischia di essere considerato anomalo”] ma gli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] vogliono affermare che l’ultima parola non rimarrà agli oppressori perché il Signore insegna al suo servo ad ascoltarlo, perché il Signore viene in aiuto al suo servo, perché il Signore difende il suo servo e quindi il servo del Signore avrà successo nella sua missione. Il quarto canto del poemetto del servo del Signoreribadisce ed amplia questa idea.

     I quattro canti – e tre li abbiamo letti – del poemetto del servo del Signore sono stati composti dagli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] per dare forma al quarto anello della sequenza dell’equilibrio dei meriti [dei doveri]”. Con questo quarto anello gli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] vogliono mettere in risalto una serie di elementi su cui far riflettere ogni singola persona che – indipendentemente dalla tribù e dalla classe sociale di appartenenza – è chiamata a far parte di una società più ampia: quella del nuovo Stato giudaico dopo l’esilio. Come sappiamo è un’operazione ardua quella con cui gli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale]cercano di costruire i canali per creare una società unita e solidale, una società salvata [Isaia]”. La riflessione intellettuale degli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] – che si è dipanata nella sequenza dell’equilibrio dei meriti [dei doveri]” attraverso i quattro anelli che abbiamo studiato, e che continuerà a dipanarsi nella sequenza dei grandi racconti epici [dell’esodo, dei patriarchi e della creazione] – si è trasformata in Scrittura canonica dotata di un suo filo conduttore: la Nazione che si identifica nel Tempio, nello Stato, trova la sua ragione di essere nella Legge uguale per tutti, nella toràh” e la Legge presuppone l’acquisizione dello spirito di servizio da parte di ciascun membro della società che, facendo il proprio dovere merita il titolo di servo del Signore, e servo-serva del Signore è la persona capace di fare patti di solidarietàcon i suoi simili perché ha stipulato il patto, la berit con Dio, il valore supremo, il garante della vita. Dio non fa un pattocon gli esseri umani perché vuole sacrificial pari degli altri Idoli ma perché desidera che si impari a stipulare patti solidali secondo la Legge.

     Lo spirito che anima il movimento della sapienza poetica beriticaè quello di fondare – prima del Tempio, prima dello Stato, prima della Nazione – l’Educazione civica attraverso lo strumento della Scrittura. Il Dio del profeti – secondo gli scrivani d’Israele – è, prima di tutto, un maestro di Educazione civica. I Libri della Bibbia formano una biblioteca dove l’Educazione civica è l’elemento predominante. La Scrittura è lo strumento materiale che – secondo gli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] – deve portare il maggior numero di persone a maturare uno spirito di servizio [anche fino alle estreme conseguenze perché, da che mondo è mondo, i membri delle società umane sono carenti sul piano dell’Educazione civica]. La Scrittura è lo strumento materiale che – secondo gli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] – deve portare i membri della comunità ad imparare a stipulare patti di solidarietà e ad imparare a rispettare la Legge uguale per tutti.

     La situazione era drammatica perché l’esilio è stato il tempo del distacco, dell’indifferenza, del riflusso, dell’insicurezza, della precarietà psicologica prima ancora che materiale. Tutti i membri del nuovo Stato giudaico – all’atto della sua costituzione – provavano una sensazione di impoverimento, in basso come in alto. Tanto chi aveva vissuto in esilio a Babilonia quanto coloro i quali avevano battuto la via della transumanza verso l’Egitto soffrivano come di una perdita di senso. Gli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] capiscono che quando una società si ripiega su se stessa e quando i membri della società, per difendere o per esaltare il loro status, si rifugiano nel loro recinto tribale, scompare uno dei requisiti essenziali della società che è appunto quello della socievolezza, della socialità, della comunicabilità, della trattabilità. E allora subentra la solitudine, subentra la scelta di fare da sé senza stipulare patti, senza darsi regole comuni. Senza patti e senza Leggi– ribadiscono gli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] – non può esistere lo sfondo pubblico dentro al quale collocare il proprio talento e la propria intraprendenza: due elementi che – alla luce dei patti e  delle Leggi – favoriscono la crescita della società tanto sul piano materiale quanto su quello morale.

     Gli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] vogliono scongiurare che i membri della società giudaica diventino amorali e asociali: fiori finti invece che fiori freschi, senza profumo, senza polline, senza miele [sanno metterci anche un po’ di poesia]. Gli scrivani d’Israele hanno cercato di mettere a frutto questa lezione: hanno cercato – con la Scrittura – di contrastare l’indifferenza e di insegnare l’impegno civile. Le nazioni – affermano, con il pessimismo della ragione ma con l’ottimismo della volontà, gli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale]– prosperano quando hanno coscienza di sé, quando invece non sanno uscire dall’apatia della volontà, dalla bulimia delle richieste corporative, dal pantano dei singoli egoismi, allora sono destinate a declinare, a vivere nella confusione. Questo è il sentimento che pervade gli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] nello scrivere il poemetto del servo del Signore. Il servo del Signore – vale a dire la persona dotata di spirito di servizio, capace di stipulare patti e di rispettare la Legge uguale per tutti – è la figura che deve farsi carico dei mali della società [anche fino alle estreme conseguenze perché, purtroppo, le società umane sono carenti sul piano dell’Educazione civica]. Questo è il senso delle parole che compongono il quarto canto del poemetto del servo del Signore .

     Il testo ebraico del quarto canto del poemetto del servo del Signore presenta molti punti oscuri, mancano delle frasi, ci sono diciture diverse da un codice all’altro: questo testo è stato molto utilizzato, lo dimostra il fatto che è uno dei brani ritrovato tra i manoscritti di Qumran ritrovati negli anni cinquanta nelle grotte degli Esseni.

     Non abbiamo tempo, ora, di tornare su questo argomento che abbiamo incontrato qualche anno fa sui Percorsi della Letteratura dei Vangeli: provate voi a fare una piccola ricerca sull’enciclopedia, in biblioteca o sulla rete dove ci sono molti siti su questo tema.

LEGERE MULTUM….

Libro di Isaia [del Deutero-Isaia] 52, 13-15  53, 1-12

(quarto canto del poemetto del servo del Signore)

Dice il Signore: «Il mio servo avrà successo nella sua missione, sarà riconosciuto degno di stima e riceverà grandi onori. Molti, nel vederlo, sono rimasti sconcertati, tanto il suo aspetto era sfigurato e il suo volto non aveva più nulla di umano. E anche, ora, molti popoli si meraviglieranno [il testo ebraico è lacunoso] di lui e i re non sapranno più cosa dire alla sua presenza. Essi infatti vedranno quel che non stato annunziato capiranno cose mai sentite prima [il testo ebraico è oscuro e di difficile traduzione]».

Chi di noi ha creduto alla notizia che abbiamo ricevuto? Chi di noi vi ha visto la mano di Dio [A chi si è rivelata la potenza del Signore]? Davanti al Signore infatti il suo servo è cresciuto come una pianticella, come una radice in terra arida.

Non aveva né dignità né bellezza, per attirare gli sguardi.

Non aveva prestanza, per richiamare l’attenzione.

Noi l’abbiamo rifiutato e disprezzato; come una persona piena di sofferenze e di dolore. Come uno che fa ribrezzo a guardarlo, che non vale niente, e non lo abbiamo tenuto in considerazione.

Eppure egli ha preso su di sé le nostre magagne, si è caricato delle nostre sofferenze, e noi pensavamo che Dio lo avesse castigato, percosso e umiliato. Invece egli è stato ferito per le nostre colpe, è stato schiacciato per i nostri peccati. Egli è stato punito, e noi siamo stati salvati. Egli è stato percosso, e noi siamo guariti. Noi tutti eravamo come pecore smarrite, ognuno seguiva la sua strada. Ma il Signore ha fatto pesare su di lui le colpe di tutti noi. Egli si è lasciato maltrattare, senza opporsi e senza aprir bocca, docile come un agnello condotto al macello, muto come una pecora davanti ai tosatori. È stato arrestato, giudicato e condannato, ma chi si è preoccupato per lui?

È stato eliminato dal mondo dei vivi, colpito a morte per i peccati del suo popolo [il testo ebraico è oscuro, così è tradotto nel manoscritto di Qumran … Non abbiamo tempo, ora, di tornare su questo argomento che abbiamo incontrato qualche anno fa sui Percorsi della Letteratura dei Vangeli: provate voi a fare una piccola ricerca sull’enciclopedia, in biblioteca o sulla rete dove ci sono molti siti su questo tema …].

È stato sepolto con i criminali, si è trovato con i ricchi nella tomba.

Eppure non aveva commesso alcun delitto non aveva ingannato nessuno. Ma il Signore ha voluto castigarlo e lo ha fatto soffrire.

Lui, suo servo, ha dato la vita [se darà la sua vita], come un sacrificio per gli altri, avrà discendenza e vivrà a lungo. Realizzerà il progetto del Signore. Il Signore dichiara: «Dopo tante sofferenze, egli, il mio servo, vedrà la luce [gioirà della vita: così è tradotto nel manoscritto di Qumran] e sarà soddisfatto di quel che ha compiuto.

Infatti renderà giuste davanti a me un gran numero di persone, perché si è addossato i loro peccati. Perciò lo pongo tra i grandi, e parteciperà alla gloria dei potenti.

Perché si è consegnato alla morte e si è lasciato mettere tra i malfattori.

Ha preso su di sé le colpe di tutti gli altri ed è intervenuto a favore dei peccatori [ha sofferto la punizione riservata ai peccatori]».

     Dobbiamo dire – come abbiamo già annunciato quindici giorni fa – che gli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale], con questo testo, hanno comunque, sebbene inconsapevolmente, propiziato la nascita del pensiero messianico e hanno favorito la riflessione che ha portato gli scrivani del ciclo ellenistico-alessandrino – mentre, ad Alessandria, traducono in greco i Libri dei profeti posteriori – ad elaborare il concetto del messia proprio prendendo spunto dall’incipit del quarto canto del poemetto del servo del Signore dove si legge: Dice il Signore: «Il mio servo avrà successo nella sua missione, sarà riconosciuto degno di stima e riceverà grandi onori».

     Nella figura del servo del Signore non c’è nulla di misterioso: i quattro canti – che uniti insieme costituiscono un poemetto – sono stati composti dagli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] per dare forma al quarto anello della sequenza dell’equilibrio dei meriti [dei doveri]”.

     Che cosa vogliono mettere in evidenza gli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] con il quarto anello della sequenza dell’equilibrio dei meriti [dei doveri]”? Gli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] vogliono mettere in evidenza che è necessario comporre la Scrittura in funzione dell’unità della Nazione. E perché l’unità della Nazione si compia vogliono ribadire che il titolo di servo del Signore non deve essere più monopolio solo dei re ma deve trasferirsi a tutto il popolo. Ma siccome l’idea di popolo finisce per essere un concetto astratto ecco che, per garantire l’effettiva unità dello Stato, occorre che ciascun membro della comunità assuma su di sé il ruolo di servo del Signore con tutto ciò che questo comporta.

     I quattro canti del poemetto del servo del Signore, che formano il quarto anello della sequenza dell’equilibrio dei meriti [dei doveri]”, sono quattro brani che vogliono esaltare questa figura, e la figura del servo del Signore si presenta come un modello in cui devono riconoscersi tutte le persone che, con spirito di servizio [portato alle estreme conseguenze perché spesso la pancia prevale sulla patria”], onorano la stipula del patto di solidarietà e partecipano alla promulgazione della Legge uguale per tutti.

     Il poeta Carlo Alberto Salustri (1871-1950), che tutti conosciamo con il nome di Trilussa mette in evidenza – seguendo la tradizione del movimento della sapienza poetica beritica e in particolare l’ammonimento degli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] – il fatto che spesso prevale la panza [gli interessi egoistici] piuttosto che la patria [l’interesse della collettività].

LEGERE MULTUM….

Trilussa, La madre Panza e la madre Patria  (1915)

Vedete quell’ometto sur cantone

che se guarda la panza e se l’alliscia

con una specie de venerazzione?

Quello è un droghiere ch’ha mischiato spesso

er zucchero còr gesso

e s’è fatta una bella posizzione.

Se chiama Checco e è un omo che je piace

d’esse lasciato in pace.

... continua la lettura ...

     I quattro canti del poemetto del servo del Signore – che abbiamo studiato questa sera – formano un anello che da una parte chiude una sequenza e dall’altra ne apre un’altra. Il quarto anello della sequenza dell’equilibrio dei meriti [dei doveri]” costituisce infatti un ulteriore punto di partenza che conduce verso la cosiddetta sequenza delle grandi narrazioni epiche. Nelle grandi narrazioni epiche – che rimandano soprattutto al Libro della Genesi e al Libro dell’Esodo – risaltano due significativi personaggi che tutti conosciamo: Abramo [un personaggio allegorico che prende forma come prolungamento mitico della figura del re Ezechia] e Mosè [un personaggio allegorico che prende forma come prolungamento mitico della figura del re Giosia].

     La figura di Abramo rappresenta la migrazione dalla Mesopotamia [la transumanza verso occidente delle tribù pastorali mesopotamiche dal XII secolo a.C.] e rappresenta anche – per gli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] – l’allegoria del ritorno dall’esilio a Babilonia della classe aristocratico-sacerdotale e del ceto produttivo. Di Abramo parleremo a suo tempo.

     La figura di Mosè rappresenta la migrazione dall’Egitto e verso l’Egitto e, quindi, raffigura l’allegoria della transumanza degli ebionim [dei diseredati] dalla terra di Canaan verso la valle del Nilo per non morire di fame e dalla valle del Nilo verso la terra di Canaan per sfuggire alla condanna ai lavori forzati che, come clandestini, spesso, dovevano subire. Con i racconti che vedono come protagonista il personaggio di Mosè [come se fosse un mitico antico Giosia] gli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] vogliono trasformare una serie di leggende nella storia antica del popolo d’Israele per fornire una tradizione mitica al concetto della torah, della Legge uguale per tutti che, come sappiamo, è stato elaborato a Babilonia dagli scrivani della seconda generazione.  

     A questo punto gli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale], dopo aver coinvolto nella Scrittura tutte le classi sociali del nuovo Stato creando in tutti i membri della società – con la sequela dei demeriti e con la sequenza dell’equilibrio dei meriti [dei doveri]” – l’esigenza di stipulare patti di convivenza, di solidarietà, di mutuo soccorso, possono finalmente dedicarsi alla realizzazione del loro principale obiettivo politico-istituzionale: riscrivere il testo della Legge con una forma che possa ricordare il [non ben identificato] codice deuteronomistico del re Giosia e con un contenuto che si rifaccia al più moderno e funzionale diritto babilonese. Così prende forma il Libro del Deuteronomio che nei canoni diventerà l’ultimo Libro della prima sezione, cosiddetta del Pentateuco [in ebraico Toràh], anche se è quello che è stato messo in ordine per primo.

     Nel Libro del Deuteronomio s’incontra un grande mitico personaggio: Mosè. Quando pensiamo a Mosè, di solito, pensiamo al Libro dell’Esodo ma, prima di essere protagonista nel Libro dell’Esodo, Mosè è – per opera degli scrivani del Codice Priester” [del Codice sacerdotale] – il personaggio principale del Deuteronomio.

     Mosè è un personaggio che non assomiglia al sor Checco che ci ha descritto Trilussa: anche Mosè vuole la sostanza ma, come sapete:

non unisce nella stessa fede

la madre Patria co’ la madre Panza

     E in che cosa consiste la sostanza nel Libro del Deuteronomio?

     Lo scopriremo nell’itinerario della prossima settimana, la Scuola è qui...

 

 

 

 

 

 

 

Lezione del: 
Venerdì, Marzo 28, 2008