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LO SGUARDO DI ERODOTO SULL’ETÀ ASSIALE DELLA STORIA…

Lezione N.: 
11

Prof. Giuseppe Nibbi             Lo sguardo di Erodoto 2006                    18-19-20  gennaio 2006

LO SGUARDO DI ERODOTO

SULL’ETÀ ASSIALE DELLA STORIA…

     Nella Storia del Pensiero Umano, l’opera di Erodoto viene considerata importante e significativa soprattutto in virtù delle sue “forme”. Sappiamo che Erodoto per scrivere il testo de Le Storie utilizza tre tipi di “forme”. Utilizza le “forme intellettuali”, date dalle idee che Erodoto ha acquisito, da giovane, nella sua formazione scolastica avvenuta nella Ionia. Utilizza le “forme culturali”, date dalle idee che Erodoto ha acquisito nel corso dei suoi viaggi per il mondo. E utilizza le “forme allegoriche”, date dalle metafore morali che Erodoto ha colto nelle “storie” che ha sentito raccontare e che ha deciso di scrivere.

     Penso che voi, in questo momento, stiate riflettendo sul fatto che, tutte le volte in cui si racconta, tutte le volte in cui si narra, si utilizzano queste “forme”. Ebbene, questa concatenazione formale – tra le forme intellettuali, culturali ed allegoriche – presente ne Le Storie di Erodoto rappresenta un modello che influenza successivamente la composizione del testo narrativo fino alla creazione del genere letterario per eccellenza dell’età moderna e contemporanea: il romanzo. Nel testo narrativo in genere e nel romanzo in particolare troviamo, di solito, un intreccio tra le idee che l’autore ha assimilato attraverso la sua formazione giovanile (le forme intellettuali), con le idee che l’autore ha acquisito attraverso le sue esperienze di vita vissuta (le forme culturali) e con le idee che l’autore elabora attraverso una riflessione di carattere morale (le forme allegoriche). Il romanzo è un genere letterario che, dal punto di vista formale, nasce da una mescolanza di contenuti intellettuali, argomenti culturali e allegorie morali.

     Le Storie di Erodoto presentano in anteprima questo modello formale, sono una combinazione di trame intellettuali, repertori culturali e di metafore esemplari. Il testo de Le Storie di Erodoto – con le sue forme intellettuali (da osservare), con le sue forme culturali (da esaminare) e con le sue forme allegoriche (da analizzare) – contiene una sequenza di parole-chiave (da conoscere) e di idee significative (da capire). La sequenza delle parole-chiave e delle idee significative che si dipana ne Le Storie di Erodoto è il frutto dell’esercitazione formale (intellettuale, culturale ed allegorica) che questo scrittore è stato capace di compiere con abilità e determinazione.

     Quali sono le parole-chiave che abbiamo già catalogato in questo viaggio? Le parole-chiave che – attraverso le forme del testo – abbiamo incontrato nella prima parte del nostro Percorso, attraversando il vasto territorio rappresentato da Le Storie di Erodoto, sono: ricerca (tesis), analisi (antitesis), giudizio (crisis), allusione (ìchonos), ambiguità (anfibìa-aporìa), vendetta (timorìa), coincidenza (chairòs), corrispondenza (syntesis), allegoria (allegorìa), varietà (diaforà).

     Questa sera riprendiamo il nostro itinerario sulla scia delle forme (intellettuali, culturali ed allegoriche), e sulla scia delle parole-chiave che abbiamo catalogato e che costituiscono il punto di riferimento fondamentale in un Percorso scolastico come il nostro che, per natura istituzionale, persegue obiettivi in funzione della didattica della lettura e della scrittura.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e scrittura:

In attesa di scegliere su un catalogo più vasto alla fine del Percorso: quali sono le parole (due o tre) che preferite in questo primo elenco?  Annotatele e, se credete, potete scrivere quattro righe in proposito per motivare la vostra  scelta…

     Erodoto, anche nella seconda parte del nostro Percorso, continua ad “alludere”, e questo modo di fare non è un vezzo, non è un atteggiamento provocatorio ma si tratta di un’indicazione precisa sulla direzione che dobbiamo prendere. Quale direzione? Da qualche tempo (dall’inizio del secolo scorso) gli studiosi (gli antichisti, gli antropologi) pensano che la lettura (lo studio) del testo de Le Storie di Erodoto sia importante soprattutto per quello che Erodoto non scrive. Pensano che la lettura (lo studio) del testo delle Storie di Erodoto sia significativo soprattutto per quello che possiamo cogliere tra le righe della sua scrittura. Schiller, per esempio, aveva già espresso questo concetto parlando tanto di Erodoto  quanto, in genere, dei Classici greci: «Bisogna saper cogliere – scrive Schilleril senso della scrittura di un’opera, ma soprattutto bisogna imparare a cogliere i significati nascosti, posti spesso involontariamente dall’autore, tra le righe del testo stesso. Importante è saper cogliere ciò a cui allude il testo».

     Che senso ha questa affermazione? Significa che la lettura del testo delle Storie di Erodoto è un continuo misurarsi con l’allusione, tanto con le “allusioni” che fa lo scrittore quanto con le “allusioni” che maturano nella mente del lettore. Questa interessante “parola-chiave”, che contiene un’importante idea-significativa, l’abbiamo ripetuta in continuazione dall’inizio del nostro viaggio. E su questa parola dobbiamo ancora riflettere.

     L’allusione è un procedimento intellettuale di grande dinamismo didattico, è un processo mentale molto attivo: perché? Per dare una risposta dobbiamo domandarci prima di tutto: che cos’è una “allusione”? Un’allusione è solo un accenno, solo un riferimento, solo un richiamo, solo un cenno, solo un’indicazione, solo un riecheggiamento, solo una traccia: quindi una “allusione” presuppone una “precisazione”. E il meccanismo che si mette in moto per fornire la “precisazione” nei confronti di una “allusione” costituisce un proficuo esercizio intellettuale. Infatti per “precisare” ciò a cui qualcuno allude si debbono mettere in moto azioni virtuose per l’apprendimento, per “precisare” a chi o a che cosa si allude è necessario: determinare, specificare, chiarire, spiegare, indicare, puntualizzare. Il fenomeno dell’allusione ci permette quindi di riflettere sui meccanismi che favoriscono l’apprendimento.

     Non dobbiamo mai dimenticare che l’obiettivo istituzionale che la Scuola persegue, l’obiettivo a cui i cittadini che studiano devono tendere è quello di “imparare ad imparare”, di conseguenza, se vogliamo giocare con le parole, possiamo affermare che i contenuti proposti da un itinerario di studio – in questo caso Le Storie di Erodoto – sono sempre “allusivi”.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e scrittura:

Tutti facciamo delle “allusioni”: per scherzare, per denunciare, per provocare, per stimolare la riflessione… Spesso alludiamo sul piano del divertimento, dell’amore, della politica…

Costruite il vostro discorso allusivo: scrivete quattro righe “allusive”…

     Erodoto “allude”, o meglio il testo de Le Storie di Erodoto svolge un’interessante azione allusiva: possiamo spiegare meglio questa idea? In Erodoto – a detta degli esperti – il fenomeno dell’allusione è, prima di tutto, una chiave di lettura importante di cui dobbiamo impossessarci. Se ci appropriamo di questa “chiave di lettura” – se c’impadroniamo del meccanismo dell’allusione – possiamo cogliere quello che gli studiosi chiamano “il sorriso di Erodoto”. A che cosa serve conoscere il “sorriso di Erodoto”? Intanto dobbiamo subito dire che per noi, studenti di questo Percorso, il “sorriso di Erodoto” si presenta allo stesso modo in cui ci si è presentato, l’anno scorso, il sorriso de La Gioconda, cioè come un “pretesto” per acquisire competenze sul piano della didattica della lettura e della scrittura. Lo sguardo sorridente di Erodoto (che si può imparare a comprendere attraverso lo studio – delle forme, delle parole, delle idee, dei contenuti – de Le Storie) è un elemento che ci mette al corrente su un tema di fondamentale importanza per la nostra storia personale, per la nostra “biografia intellettuale”.

     L’opera di Erodoto è come una scatola che contiene una serie di “oggetti culturali” importanti, che ci danno la possibilità di ricostruire il nostro patrimonio intellettuale originario. L’opera di Erodoto è come una scatola che contiene le tracce, le indicazioni, gli accenni, i richiami che fanno riferimento alla nostra storia più antica di esseri pensanti. Sul testo de Le Storie di Erodoto noi possiamo esercitarci – scavando tra le parole, indagando tra le righe – a scoprire i reperti della nostra archeologia intellettuale…

     Ne Le Storie di Erodoto emerge, come in filigrana, un catalogo di “oggetti culturali” che, sotto forma di parole-chiave e di idee-significative, rappresenta lo schema intellettuale più antico della Storia del Pensiero Umano. Il contenuto di questo schema originario – fatto di parole e di idee – si è sedimentato nella nostra mente, e contiene il patrimonio culturale della nostra infanzia intellettuale: la nostra infanzia intellettuale risale a 2500 anni fa. Nel corso di questi 25 secoli l’homo sapiens sapiens – quasi sempre in modo inconsapevole – ha utilizzato questo schema originario, e oggi noi, in modo altrettanto inconsapevole, utilizziamo quotidianamente le parole e le idee del catalogo primordiale perché sono di uso comune. Se noi cittadini non si accostiamo, con la necessaria consapevolezza, alle parole-chiave e alle idee-significative della nostra infanzia intellettuale rischiamo di rimanere, culturalmente parlando, a livello di un neonato. E un neonato ha molte potenzialità ma ancora non espresse, ha molte possibilità ma ancora da mettere in atto. E la figura del neonato ci sollecita ad usare un’ulteriore metafora: è corretto dire che Le Storie di Erodoto (insieme ad una serie di “opere originarie” che abbiamo studiato in questi vent’anni) possono essere utilizzate come (gala nou) “latte della mente”.

     La questione che dobbiamo affrontare – nella seconda parte del nostro viaggio – è quella di riconoscere nel testo de Le Storie di Erodoto le fonti da cui poter attingere il “latte della mente” (gala nou) necessario per la nostra crescita culturale. Questo è il tema specifico da affrontare: che cosa racchiude il testo de Le Storie di Erodoto, un’opera che è considerata un oggetto fondamentale della Storia del Pensiero Umano? Gli studiosi, gli antichisti ci dicono che il testo di Erodoto contiene molte sorgenti, molti “spunti intellettuali, culturali e allegorici” ma riconoscibili solo attraverso le “allusioni” e le “allusioni” dobbiamo saperle leggere dentro la trama dello scrivere. Questo tema, quindi, è bene affrontarlo nell’ambito di un Percorso di didattica della lettura e della scrittura.

     Erodoto, con il suo sorriso, a che cosa “allude”? Intanto “allude” al fatto che dobbiamo continuare a riflettere sul meccanismo dell’allusione. Erodoto contribuisce a creare il meccanismo moderno dell’allusione attraverso l’opera dei pensatori che lo hanno studiato.

     Schiller, studiando Erodoto e studiando i Classici greci, capisce subito l’importanza del meccanismo moderno dell’allusione e nel 1789 – un anno (molte date “alludono”) che rappresenta l’idea della rivolta contro i tiranni – mentre prepara le sue Lezioni di Storia all’Università di Jena, utilizza lo strumento dell’allusione dal punto di vista didattico. Questo strumento – l’allusione – contribuisce a galvanizzare intellettualmente gli studenti e Schiller se ne avvale per aprire un importante dibattito sull’argomento di cui ci stiamo occupando sulla scia dell’opera di Erodoto: la Storia.

     Gli interrogativi proposti da Schiller nel corso di questa discussione servono ancora oggi, servono anche a noi, per riflettere su questo argomento. Che cos’è la Storia? La Storia è allusione? Oppure la Storia è precisazione? Oppure è entrambe le cose?

     In effetti Erodoto insegna che non si precisa senza alludere e non si allude senza precisare.

     Chissà quante altre definizioni che riguardano la Storia (sempre però accompagnate da un punto interrogativo) incontreremo strada facendo: definizioni su cui riflettere per far crescere il catalogo dei nostri pensieri. Nell’Europa degli anni trenta (del secolo scorso, del ‘900) l’atmosfera è tesa. A rendere tesa l’atmosfera sono i grandi dittatori che spopolano – da ovest a est – con le loro immagini e con i loro comportamenti. Alle dittature dell’Europa del ‘900 dobbiamo anche degli efficaci apparati di censura, e, in quegli anni, i censori sono chiamati a raddoppiare la vigilanza.

     Erodoto, nei programmi scolastici ufficiali europei (italiani, tedeschi, sovietici, ma non solo) cade in disgrazia. A Scuola, nei Licei – (quindi dobbiamo dire che, in questo caso, la censura funziona per un’esigua minoranza: la forma di censura più innocua e più redditizia è sempre stata quella di lasciare la popolazione nell’ignoranza, ma, accidenti c’è sempre qualcuno che si ostina a studiare!) dove si traduce di greco e di latino – il nome di Erodoto appare appena e poi sparisce subito. Nei programmi scolastici ufficiali si trovano Eschilo, Pericle, Saffo, Socrate, Eraclito, Platone, ma non Erodoto: a Erodoto tocca appena – quando tocca – un citazione.

     I professori dell’epoca, vecchie volpi – essendo abituati a vivere con i giovani, conservano anche, sotto il tradizionale aspetto burbero e dimesso, uno spirito fanciullesco – a volte trasgrediscono e, a volte qualcuno di loro finisce anche al confino, in villeggiatura (C’è un film, molto significativo, di qualche anno fa, del regista Marco Leto intitolato La villeggiatura: lo avete visto?). Che cosa significa che, a volte, i professori dell’epoca, trasgrediscono? Qualche volta questi professori – sul programma – si lasciano prendere la mano. Invece di dettare le solite due righe di appunti consentiti, in cui si cita Erodoto come “padre della Storia” e come esaltatore della superiorità dell’Occidente sui Barbari orientali, condendo il tutto con la descrizione di un mondo mitico e sconosciuto, con la descrizione un mondo solare e argentato, caldo e luminoso, con la descrizione di un mondo abitato da eroi snelli e statuari e da ninfe danzanti, ebbene, a volte questi professori vanno oltre questa dettatura e queste descrizioni, e si permettono di mettere al corrente gli studenti che Erodoto ha lasciato alla Storia della Cultura un libro straordinario, meraviglioso (citano il termine in greco: deinòs); e qui abbassano il volume della voce, in qualunque lingua – italiano, tedesco, russo, inglese, francese, polacco, ungherese, etc. – stiano facendo lezione.

     Che male c’è, direte voi in tutto questo: che male fanno questi professori? Ne Le Storie di Erodoto si può imparare che Solone (un personaggio particolarmente inviso ai tiranni) è un grand’uomo, si può imparare quale sia il motivo (causato dalla tirannide) della disperazione di Antigone, si può imparare in che modo Temistocle, democraticamente eletto (che non vuole essere un grande condottiero, né tanto meno un grande dittatore ma semplicemente un artigiano costretto a fare la guerra per difendere la patria in pericolo) abbia chiuso in trappola (con intelligenza e non con superbia) i potentissimi Persiani.Ecco il pericolo costituito da Erodoto.

     Ma voi direte: quale pericolo può costituire un libro scritto duemilacinquecento anni prima? E invece questo pericolo c’è, e si aggira per l’Europa. A quel tempo, negli anni trenta (del secolo scorso, del ‘900), dalle nostre parti in Europa, imperversa, contagiando l’intero modo di pensare, di vedere e di leggere, un incubo: l’incubo dell’allusione. Ed Erodoto è un pessimo soggetto: “allude”, e insegna ad “alludere”. Esiste quindi, per la censura (ma che attenzione culturale hanno i censori dell’epoca: sono ammirevoli!) il pericolo di leggere Erodoto.

     La lettura dell’opera di Erodoto insegna, secondo il potere della censura, oltre alla cultura classica che esalta i valori della “democrazia”, anche qualcos’altro, insegna a ricercare un doppio senso, un doppio fondo, ad investigare tra le righe, a far saltar fuori un significato nascosto, a decodificare un elemento cifrato. Secondo i censori (accademici cultori della cultura greca e quindi in contraddizione con loro stessi) niente – leggendo Le Storie di Erodoto – è letterale ed univoco come nella realtà di regime, ma da ogni cosa, da ogni gesto e da ogni parola emana un ammicco allusivo, una complice strizzatina d’occhio che invita alla riflessione. Leggendo Erodoto gli studenti possono imparare che l’allusione è una chiave di lettura che riguarda buona parte della Storia della Letteratura e del Pensiero Umano.

     Chi scrive libri (stiamo parlando sempre del secolo scorso) spesso trova difficoltà a raggiungere chi legge perché quasi sempre, strada facendo, la censura confisca il testo, ma quando il testo arriva finalmente al destinatario, se il destinatario conosce le forme intellettuali, culturali e allegoriche date da Erodoto al genere narrativo, ecco che il destinatario, il lettore, comincia a chiedersi: “Che cosa sta cercando di dirmi, tra le righe,  questo autore, a che cosa allude?”. (Il territorio della Letteratura “allusiva” è vastissimo: in proposito si può leggere il romanzo Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini).

     I grandi dittatori (lo si capisce anche visionando il film di Charlie Chaplin intitolato Il dittatore) insieme ai loro censori sono sempre stati ossessionati dall’allusione. Se un censore, ossessionato dall’allusione, prende in mano l’opera di Erodoto, non scopre soltanto che le allusioni non mancano, ma si rende conto – se è intelligente – che Erodoto innalza l’allusione a sistema intellettuale in funzione dell’apprendimento di un metodo critico con il quale osservare il mondo. Per questo motivo Erodoto ha subìto la censura, ha subito il sequestro tanto nell’Europa ai tempi del “romanticismo” di Schiller quanto nell’Europa dei grandi dittatori del secolo scorso.

     Oggi ci pensa l’ignoranza generalizzata a censurare e a sequestrare Erodoto insieme a tutta la Storia del Pensiero Umano. Su Erodoto, in quegli anni, gli studenti dovevano sapere solo due righe di appunti dettati dalla censura: ma la censura, per fortuna, invita alla trasgressione e i trasgressori sono un drappello di professori – in apparenza dimessi e burberi, a prima vista conformisti e conservatori (forse per non dare nell’occhio) – i quali pensano (hanno idee romantico-liberali nella testa, di stampo schilleriano) che Le Storie di Erodoto debbano essere lette, tradotte e commentate perché i giovani (i cittadini) si devono preparare alla “democrazia” (parola greca di una certa importanza), perché – come allude Erodoto – i tiranni e le tirannie non hanno lunga vita. Erodoto, secondo questi professori, allude anche al fatto che la “democrazia” non s’improvvisa, non s’impone, non s’inventa lì per lì (oggi avrebbero anche aggiunto, alludendo, sulla scia di Erodoto, che la “democrazia” non si esporta, tanto meno si esporta con le armi: questo, se mai – ci racconta Erodoto ne Le Storie – lo fanno le dittature), ebbene, la “democrazia” – “allude” Erodoto – è un sistema che s’impara, che si studia, che si assorbe culturalmente.

     Oggi la censura – per lo meno sembra – non c’è più, ma c’è ancora un sacco di gente ossessionata dall’allusione: sono i “contro-allusionisti”, i quali sembra passino il loro tempo a spiare il mondo dell’informazione (in particolare i palinsesti televisivi) in modo da epurarli da sgradite “allusioni”. Se un “contro-allusionista”, ossessionato dall’allusione, prende in mano l’opera di Erodoto, scopre – se sa leggere – che le allusioni non mancano e allora, se ha potere d’interdizione, la censura. E se un “contro-allusionista” ha potere d’interdizione, allora, anche la carriera mediatica di Erodoto è irrimediabilmente compromessa, e voi in questo momento starete pensando: ma che gliene importa a lui, a Erodoto, che vive 2500 anni fa della carriera mediatica!

     Attenzione, se pensiamo così commettiamo un errore perché Erodoto, probabilmente, è molto attento alla sua carriera mediatica ed è perfettamente cosciente dell’importanza del mercato mediale…e abbiamo già detto di come (molto probabilmente) Erodoto ed Euripide si contendano l’udienza, e di questo argomento ne parleremo ancora. Nonostante l’offensiva – nei secoli – dei “contro-allusionisti” Le Storie di Erodoto sono ben custodite in tutte le biblioteche del mondo e nessuno, oggi, le censura, tanto nessuno le legge se non un esiguo drappello di addetti ai lavori. Sappiamo che Le Storie si compongono di nove libri (come le nove Muse), ognuno dei quali è una vera e propria miniera di “allusioni” che sono valide per Schiller nel 1789, sono valide per i professori dell’anno scolastico 1935-36, e sono valide per noi oggi. Poniamo che un ipotetico lettore, suddito di un ipotetico regime dittatoriale, apra a caso il V libro de Le Storie: che cosa vi trova? Trova che a Corinto, dopo trent’anni di governo sanguinario, è morto un tiranno di nome Cipselo al quale succede il figlio Periandro, destinato a rivelarsi molto più sanguinario del padre. Agli inizi della sua dittatura, Periandro, desideroso di apprendere quale sia il miglior sistema per mantenere il potere, invia al vecchio Trasibulo, tiranno di Mileto, un araldo incaricato di chiedergli che cosa occorra fare per mantenere i sudditi nella sottomissione e nel terrore Scrive Erodoto:

LEGERE MULTUM….

Erodoto,  Le Storie V  92.

Trasibulo condusse l’inviato di Periandro fuori della città e, entrato in un campo seminato, insieme con lui passava attraverso le messi interrogando e tornando a interrogare l’araldo sul motivo della sua venuta a Corinto, e intanto ogni volta che vedeva qualche spiga che sorpassasse le altre la recideva, e poi la gettava via, finché in tal modo ebbe distrutta la parte più bella e più alta della messe. Dopo aver attraversato il campo, senza aggiungere alcuna parola mandò via l’araldo; tornato l’araldo a Corinto, Periandro era curioso di conoscere il consiglio. Ma quello gli disse che Trasibulo non gli aveva dato nessun consiglio, e si meravigliava che l’avesse mandato lì da un uomo simile, che era così dissennato e danneggiava i suoi beni: ed espose quello che aveva visto fare da Trasibulo. Periandro capì la cosa e, comprendendo che Trasibulo gli consigliava di mettere a morte i cittadini che si distinguevano, allora rivelò tutta la sua malvagità. Periandro finì completamente tutto quel che Cipselo aveva lasciato, uccidendo e scacciando.

     Abbiamo letto soltanto un brano del capitolo 92 del V libro:se volete, potete leggerlo tutto intero questo capitolo, se lo farete conoscerete meglio i personaggi che Erodoto ci presenta. E che dire del cupo e ultra-sospettoso Cambise, re dei Persiani? Quante allusioni e analogie fa Erodoto su questo personaggio! Cambise governa l’impero persiano tra il 529 e il 522 a.C. Abbiamo ricucito insieme una serie di frammenti tratti da cinque capitoli del libro III e, se volete potete leggerli per intero questi capitoli, così conoscerete meglio il carattere di Cambise e il carattere dei Persiani. Erodoto scrive:

LEGERE MULTUM….

Erodoto,  Le Storie III  30, 31, 35, 37, 25.

Ma Cambise […] impazzì […]. Il primo atto malvagio lo commise contro il fratello Smerdi […]. Questo primo delitto dicono che diede inizio alle scelleratezze di Cambise; poi in secondo luogo fece uccidere la sorella che l’aveva seguito in Egitto, la quale era anche sua moglie, e gli era sorella sia per parte materna che paterna […], un’altra volta senza adeguati motivi arrestati dodici dei più illustri Persiani li fece seppellire vivi con la testa in giù […], fece molte simili follie […] rimanendo a Menfi e aprendo antiche tombe e esaminando i cadaveri […]. Subito Cambise adirato mosse contro gli Etiopi, senza aver ordinato preparativi per i viveri e senza aver riflettuto che si accingeva a marciare verso l’estremo confine della terra. Ma, pazzo e dissennato com’era […] si mise in marcia […]. Ma prima che l’esercito avesse percorso la quinta parte del cammino, vennero loro a mancare tutti i viveri che avevano, e dopo i viveri vennero meno anche le bestie da soma, che furono mangiate. Se, visto questo, Cambise avesse mutato parere e avesse condotto indietro l’esercito, dopo l’errore iniziale si sarebbe comportato da uomo saggio; invece, non tenendone alcun conto, andava sempre avanti. I soldati, finché ebbero la possibilità di prendere qualche cosa dalla terra, si mantennero in vita mangiando erba; ma quando giunsero al deserto, alcuni di essi compirono un’azione orribile: tratto a sorte un uomo su dieci di loro lo divorarono. Cambise, informato di ciò, temendo che si mangiassero l’uno con l’altro, abbandonata la spedizione […] tornò indietro.

     L’ipotetico lettore di un ipotetico regime dittatoriale, recepisce subito che Erodoto “allude” e continua ad alludere anche a 2500 anni di distanza. Nell’Europa degli anni trenta (del secolo scorso, del ‘900) l’atmosfera è tesa. Erodoto, nei programmi scolastici ufficiali europei (italiani, tedeschi, sovietici, ma non solo) cade in disgrazia.

     Il concetto dell’allusione è senza dubbio la prima idea-significativa che viene messa in evidenza dagli antichisti, dagli studiosi, dagli antropologi sul sentiero dello sguardo di Erodoto. L’opera di Erodoto – abbiamo detto all’inizio dell’itinerario di questa sera – è come una scatola che contiene una serie di “oggetti culturali” importanti, che ci danno la possibilità di ricostruire il nostro patrimonio intellettuale originario. Il testo de Le Storie di Erodoto “allude” al patrimonio intellettuale originario. L’opera di Erodoto è come un contenitore nel quale possiamo trovare i reperti, le prove, le testimonianze della nostra storia più antica di esseri pensanti. Il testo de Le Storie di Erodoto “allude” alla nostra storia più antica di esseri pensanti.

     Sul testo de Le Storie di Erodoto noi possiamo esercitarci – scavando tra le parole, indagando tra le righe – a scoprire gli elementi fondamentali della nostra archeologia intellettuale. Il testo de Le Storie di Erodoto “allude” alla nostra archeologia intellettuale. Ne Le Storie di Erodoto emerge, come in filigrana, un catalogo di “oggetti culturali” che, sotto forma di parole-chiave e di idee-significative, rappresenta lo schema intellettuale più antico della Storia del Pensiero Umano. Il testo de Le Storie di Erodoto “allude” allo schema intellettuale più antico della Storia del Pensiero Umano.

     Il contenuto di questo schema originario – fatto di parole e di idee – si è sedimentato nella nostra mente, e contiene il patrimonio culturale della nostra infanzia intellettuale: la nostra infanzia intellettuale risale a 2500 anni fa.

     La figura di Erodoto è stata per gli studiosi (per gli antropologi…) un punto di riferimento fondamentale per sviluppare il concetto e tracciare una mappa di quella che è stata chiamata l’Età assiale della Storia. Il testo de Le Storie di Erodoto “allude” – secondo gli studiosi – all’Età assiale della Storia. Ed è più che altro in questo senso che oggi (dall’inizio del ‘900) Erodoto viene considerato il “padre della Storia”.

     Di che cosa si parla quando si parla di Età assiale della Storia? Secondo gli studiosi (di antropologia culturale) l’opera di Erodoto documenta un momento nella Storia della cultura che costituisce una specie di spartiacque, di linea divisoria, tra l’età del mito e l’età della ragione. Il testo de Le Storie di Erodoto “allude” al momento in cui la civiltà umana sta passando dalla tradizione mitica alla cultura della ragione. Nella scrittura e nel racconto di Erodoto troviamo, per la prima volta, una riflessione sulle grandi civiltà della Storia. Erodoto “allude” alle prime grandi civiltà della storia, come quella egizia sviluppatasi nella valle del Nilo e quella sumerica sviluppatasi alla confluenza del Tigri e dell’Eufrate. Inoltre, ne Le Storie di Erodoto, troviamo un riferimento alla civiltà indiana sviluppatasi nella valle dell’Indo e anche – ci dicono gli antichisti – un’eco della civiltà cinese sviluppatasi nella valle del Fiume Giallo. Erodoto, con le sue “allusioni”, ci invita a riflettere sul fatto che queste civiltà rimangono per più millenni – nella mappa delle terre abitate – come prodigiose manifestazioni delle capacità dell’homo sapiens. Erodoto, con le sue “allusioni”, ci fa capire che queste civiltà – sumerica, egizia, indiana, cinese – portano l’homo sapiens fuori dall’età della pietra, fuori dalla preistoria. In seno a queste civiltà si formano le parole-chiave originarie e le idee-significative primordiali che danno il via allo sviluppo della Storia del Pensiero Umano. Il testo de Le Storie di Erodoto “allude” a questa partenza, a questa spinta iniziale.

     E siccome il compito specifico di un Percorso di didattica della lettura e della scrittura è quello di fornire le competenze per far conoscere le “parole-chiave” e per far capire le “idee significative”, obbiamo quindi riflettere con attenzione sul fatto che Le Storie di Erodoto sono il deposito, il magazzino, il ripostiglio delle parole-chiave originarie e delle idee-significative primordiali. La conoscenza e la comprensione di queste parole iniziali e di queste idee primarie ci permettono di imparare a leggere la storia dell’infanzia della nostra mente e di imparare a scrivere la nostra autobiografia. Le Storie di Erodoto sono soprattutto importanti perché tra le righe conservano la traccia, l’impronta di questa prima rivoluzione culturale. Il testo de Le Storie di Erodoto “allude” alla prima rivoluzione culturale della Storia. Queste civiltà – sumerica, egizia, indiana, cinese – sanno imporre i tratti tipici della propria cultura, e, questi tratti tipici sono comuni. Comune è la struttura tripartita della società (sacerdoti, guerrieri, produttori), comune è il culto degli antenati, comune è la credenza in una divinità celeste, comune è il fatto di possedere un proprio modello linguistico. Questa situazione determina un risveglio, una rinascita, un primordiale “rinascimento” che l’Umanità ha conosciuto appena varcato il primo millennio a.C. e che tocca il suo culmine attorno al VI secolo a.C., circa 2500 anni fa.

     Il testo de Le Storie di Erodoto “allude” (con un “moderato ottimismo”) a questo risveglio, a questa rinascita, a questo primordiale “rinascimento”.  Con una contemporaneità – che rimane un vero e proprio mistero storico – emergono, attorno al VI secolo a.C, indipendenti l’uno dall’altro, alcuni grandi personaggi il cui pensiero domina ancora oggi la coscienza dell’essere umano. In Cina, Confucio (un personaggio che tutti abbiamo sentito nominare) realizza una significativa riforma morale e politica. In India, vengono composte le Upanishad (i Trattati filosofici) e Buddha (un personaggio che tutti abbiamo sentito nominare) promulga la sua dottrina della liberazione (dal dolore). Nell’Iran, Zaratustra (un personaggio che tutti abbiamo sentito nominare) propone l’idea che esista un cammino, da realizzare nella storia, che conduce verso il raggiungimento della pienezza umana. Fra gli Ebrei prende forma con Isaia (un personaggio che tutti abbiamo sentito nominare) la coscienza profetica, l’idea che bisogna progettare il futuro. In Grecia, Talete (i fisici di Mileto), Parmenide, Eraclito e Pitagora (personaggi che tutti abbiamo sentito nominare), pongono le premesse della filosofia occidentale.

     Nel loro insieme, e distribuiti l’uno accanto all’altro come le vette di una catena montuosa, questi sapienti hanno alimentato fino ad oggi l’intera civiltà umana. Ecco perché il secolo VI a.C. è stato chiamato l’Età assiale della storia: questo momento è infatti l’asse attorno a cui hanno ruotato e ruotano le parole-chiave e le idee-significative su cui si fondano le basi della Storia del Pensiero Umano. Il testo de Le Storie di Erodoto “allude” – secondo gli studiosi – all’Età assiale della storia, ed è un’allusione di prima mano perché anche Erodoto vive a ridosso di quest’età. Volendo giocare con la parola “asse” – possiamo dire che anche il testo de Le Storie di Erodoto costituisce un’asse (forse un’asse d’equilibrio?) su cui si allineano le parole-chiave e le idee-significative sulle quali si fondano le basi della Storia del Pensiero Umano.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e scrittura:

La parola “asse” è una parola molto interessante e vale la pena riflettere sui suoi significati che entrano certamente nell’autobiografia di ciascuno di noi… “Asse” significa: centro, fulcro, perno, retta, segmento, linea, riferimento… Ma l’asse è soprattutto un pezzo di legno ben squadrato, dai molteplici usi: chissà quante volte, nella vostra esperienza, avete avuto a che fare con un’asse …

Che cosa vi ricorda questa parola, a che cosa vi fa pensare questo oggetto nella sua possibile multiformità ? 

Scrivete quattro righe autobiografiche in proposito…

     Il fatto singolare è che, al fondo della loro diversità, – ed essendo le reciproche influenze molto limitate – i messaggi e i pensieri dell’Età assiale, rivelano un patrimonio comune nel quale si legge anche una struttura culturale più antica. Possiamo definire alcuni tratti salienti di questo patrimonio comune? Quella che è stata chiamata l’Età assiale della storia è un momento che segna il trapasso dal mito, dal linguaggio immaginativo, al linguaggio razionale, costruito cioè con parole-chiave e idee-significative di valore universale.

     Questo trapasso non è completo ma è decisivo, e rompe in modo netto con la cultura precedente, ed è un passaggio improvviso, almeno allo stato attuale delle nostre conoscenze. Prima dell’Età assiale della storia lo sforzo per conoscere le origini dell’Umanità, l’impegno per capire come era avvenuto l’inizio della vita nel mondo e la tensione per comprendere il senso del mondo e dell’essere umano si arrestava sulla frontiera dell’immaginazione simbolica. Con l’immaginazione l’homo sapiens, prima dell’Età assiale della storia, si accostava alla realtà in modo emotivo e sentimentale, interpretava in modo mitico la realtà e le interpretazioni mitiche si appoggiavano su tradizioni immemorabili.

     Il testo de Le Storie di Erodoto “allude” a una condizione precedente in cui l’essere umano risolve i problemi della conoscenza e della comprensione con l’immaginazione simbolica piuttosto che con l’indagine razionale. Ebbene, i sapienti dell’Età assiale della storia imparano a districarsi, con decisione e in modo ispirato, dal groviglio delle tradizioni mitiche per cercare e proporre a tutti gli esseri umani una liberazione attraverso lo strumento della ragione, intesa tanto come principio critico, quanto come principio adatto per spiegare il mondo e la vita umana. Non si ha ancora della ragione una consapevolezza di tipo moderno, e i miti non muoiono.

     Il testo de Le Storie di Erodoto “allude” a questa situazione ideologica in bilico tra consapevolezza razionale e tradizione mitica. Ma la ragione comincia ad imporsi e i miti, anche quando sopravvivono, assumono l’aspetto di un linguaggio simbolico e i contenuti dei miti prendono significati diversi da quelli che avevano originariamente. Nell’Età assiale della storia sembra che l’homo sapiens – prima totalmente immerso nella natura e nel gruppo che lo ha generato e formato – diventi all’improvviso, per un soprassalto della riflessione, oggetto di se stesso, luogo privilegiato dell’indagine razionale, che non cerca più la verità al di fuori di sé ma nel profondo della coscienza.

     Il testo de Le Storie “allude” a questo “soprassalto della riflessione”, soprattutto quando Erodoto usa le “forme allegoriche”.

     Il testo de Le Storie di Erodoto “allude” ad una scoperta importante, forse – dicono gli studiosi – la scoperta più importante avvenuta durante l’Età assiale della storia, quella della “dimensione dell’interiorità”. Questa scoperta consiste nel prendere coscienza del fatto che: il mondo veramente umano risiede nell’interiorità della persona: noi sappiamo che questo concetto – l’idea del primato dell’interiorità – raggiunge la sua pienezza in età romantica dal 1790. Nell’Età assiale della storia la scoperta dell’interiorità diventa il primo passo di un viaggio che conduce oltre il mondo mutevole, alla ricerca del Principio. Questo Principio viene chiamato in vari modi ma è ritenuto il fondamento capace di dare un senso al mondo e all’essere umano. L’idea di andare alla ricerca di un Principio è insieme un itinerario dell’intelligenza e della volontà, ma anche del sentimento e del bisogno che ha la persona di liberarsi dalla prigionia del mondo sensibile.

     In merito a questa ricerca i grandi sapienti, “vissuti” nel periodo dell’Età assiale, sono al centro della Storia del Pensiero e anche Erodoto va considerato uno di questi sapienti, quello che riesce a cogliere – e che ci lascia attraverso la sua opera – il clima dell’Età assiale della storia. Ne Le Storie di Erodoto, tra le righe, possiamo cogliere il clima intellettuale di questo straordinario periodo, possiamo cogliere l’atmosfera culturale dell’inizio della Storia del Pensiero Umano e del momento in cui l’homo sapiens ha cominciato a rincorrere l’idea del Principio: quello che in greco si chiama l’arché (arche). La situazione (la natura, il mondo, la realtà) nella quale siamo immersi da dove ha inizio? Quando ha inizio? Da che cosa ha inizio? E soprattutto perché ha inizio? E questo inizio: è provvidenziale, è casuale, è necessario?

     Erodoto nasce in Asia, sulle estreme coste occidentali dell’Asia, ed è quindi capace di raccogliere l’afflato, il soffio, l’ispirazione delle parole-chiave e delle idee-significative che prendono “forma” in questo straordinario, meraviglioso (deinòs) continente. Il continente asiatico ci lascia in eredità due grandi civiltà, due grandi pensieri: quello indiano e quello cinese. Il testo de Le Storie di Erodoto “allude” – con diverse gradazioni – a questi due grandi apparati culturali.

     Questa sera riflettendo sul testo de Le Storie di Erodoto ci troviamo di fronte ad alcune parole significative in funzione della didattica della lettura e della scrittura: la parola “spartiacque” e la parola “asse”, intese entrambe nel senso di “linea divisoria (òros)”. Di fronte a queste due parole – “spartiacque” e “asse” – non possiamo non ricordare l’affermazione di uno scrittore, il quale, nel 1945, “allude” a Le Storie di Erodoto.

     Questo scrittore si chiama Carlo Levi e scrive: «A Gagliano (un paese della Lucania) mi sono sentito come Erodoto, il quale nei suoi viaggi, a contatto con popoli così diversi dalla sua mentalità greca, deve aver provato contemporaneamente indignazione e curiosità, stupore e fascino; il fatto è che io ero una specie di “barbaro” recluso nella Magna Grecia…».

     Per quale ragione Carlo Levi fa questa affermazione, e chi è Carlo Levi? Carlo Levi è nato a Torino nel 1902. A Torino si è laureato in medicina ma svolge solo saltuariamente la professione del medico e si dedica invece alla pittura, alla letteratura e all’impegno politico. Durante gli anni Trenta svolge un’intensa attività antifascista in Piemonte (è uno di quegl’intellettuali che usa anche le “allusioni” di Erodoto e di altri Classici per produrre “controinformazione”, per propagandare le “idee democratiche”) e per questo viene arrestato, processato dal Tribunale Speciale e inviato al confino in Lucania fra il 1935 e il 1936. E proprio a questa esperienza, che lo porta a scoprire la drammatica realtà del Mezzogiorno, si ispira il suo romanzo più famoso. Sappiamo tutti che Carlo Levi ha scritto un romanzo (che però, purtroppo hanno letto e conoscono, pochissimi italiani) che s’intitola Cristo si è fermato a Eboli. Ebbene, questo titolo determina uno spartiacque (oros-òros), un’asse, una linea divisoria.

     «Noi non siamo cristiani…Cristo si è fermato a Eboli», affermano i contadini di Gagliano (Alliano in provincia di Matera), in Lucania, per denunciare il fatto che essi sono stati dimenticati da tutti e vivono come se fossero stati esclusi dal mondo della ragione e della storia. Carlo Levi intitola significativamente con questa espressione, Cristo si è fermato a Eboli, il romanzo in cui – a suo dire come un “novello Erodoto” – registra e analizza il risultato di quella sua esperienza di confinato e l’esito di quel soggiorno in un paese “barbaro” (per usare la lingua greca di Erodoto) dimenticato da Dio e dagli uomini. Questo romanzo è un lucido documento che testimonia come nello scrittore –settentrionale, benestante e colto – la realtà dolorosa degli emarginati del Sud susciti una forte indignazione morale e intellettuale, ma anche una grande curiosità e un elevato interesse soprattutto per gli elementi magici e primitivi (il mito) che in quel mondo permangono.

     Leggiamo due pagine da Cristo si è fermato a Eboli in cui possiamo cogliere (ma si coglie in tutto il testo) entrambe le componenti – l’indignazione e la curiosità –dell’atteggiamento dello scrittore. Carlo Levi descrive con la precisione del cronista le abitazioni dei contadini di Gagliano, il paese in cui è stato confinato, ed è irritato (come politico) e turbato (come medico) per le condizioni in cui vivono queste persone, ma, attraverso questa esperienza, riflettendo ed andando oltre l’indignazione, l’irritazione, il turbamento, scopre il valore della compartecipazione umana. Carlo Levi osserva, studia e interpreta con grande attenzione una serie di fenomeni che apparentemente possono sembrare solo buffi e legati all’ignoranza ma invece stimolano la riflessione intellettuale e la ricerca culturale.

     Nel brano che leggiamo come esempio tra tanti, Levi indaga, con grande curiosità, interesse ed ironia, il processo irrazionale per cui vengono collocati in una dimensione ugualmente mitica la Madonna di Viggiano e il presidente americano Roosevelt. La Madonna di Viggiano – che dovrebbe essere un modello celeste – si presenta come una cupa divinità terrestre (Artemide) e il presidente Roosevelt, invece, appare come il simbolo sorridente della terra promessa.

     Il romanzo Cristo si è fermato a Eboli – di cui si consiglia vivamente la lettura o la rilettura – è strutturato in sequenze descrittive e riflessive, secondo un’impostazione narrativa originale che non è riconducibile ad alcun filone tradizionale e che risulta al tempo stesso autobiografia, reportage giornalistico e saggio politico e antropologico. Forse questa impostazione narrativa può ricordare lo stile di Erodoto?  Forse.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e scrittura:

Le opere letterarie (ci sono anche le opere pittoriche) più significative di Carlo Levi – oltre a Cristo si è fermato a Eboli (1945) - sono L’orologio (1950), Le parole sono pietre (1955), Tutto il miele è finito (1964) e le potete trovare in biblioteca…

Su una guida della Basilicata potete trovare il paese di Alliano in provincia di Matera: andate a visitarlo… Alliano è il Gagliano del romanzo Cristo si è fermato a Eboli e conserva la memoria e i ricordi della permanenza di Carlo Levi (è anche sepolto lì)… Ad Alliano è stato creato un “parco letterario” che si può visitare anche sulla rete, sul sito: www.parcolevi.it  …

Andate alla ricerca e se trovate qualche notizia che ritenete interessante potete scrivere quattro righe in proposito…

Un altro paese che potete visitare – sempre utilizzando una guida della Basilicata (e forse anche la rete) – è Viggiano (in provincia di Potenza), nei pressi del quale c’è il Santuario della Madonna (“dal viso nero”) di Viggiano…

Buon viaggio e buona visita ricordando che Erodoto è un grande visitatore di santuari, che considera depositi molto significativi di narrazioni, di storie, di tradizioni, di informazioni: ha una storia la Madonna di Viggiano ?  Se trovate qualche notizia in proposito scrivete quattro righe…

     E ora andiamo a Gagliano leggendo due pagine tratte da   

LEGERE MULTUM….

Carlo Levi,  Cristo si è fermato a Eboli (1945)

La pioggia non venne neppure nei giorni seguenti, malgrado la processione, le invocazioni di don Trajella e le speranze dei contadini. La terra era troppo dura per lavorarla, le olive cominciavano a risecchire sugli alberi assetati; ma la Madonna dal viso nero rimase impassibile, lontana dalla pietà, sorda alle preghiere, indifferente natura. Eppure gli omaggi non le mancano: ma sono assai più simili all’omaggio dovuto alla Potenza, che a quello offerto alla Carità. Questa Madonna nera è come la terra; può far tutto, distruggere e fiorire; ma non conosce nessuno, e svolge le sue stagioni secondo una sua volontà incomprensibile. La Madonna nera non è, per i contadini, né buona né cattiva; è molto di più. Essa secca i raccolti e lascia morire, ma anche nutre e protegge; e bisogna adorarla. In tutte le case, a capo del letto, attaccata al muro con quattro chiodi, la Madonna di Viggiano assiste, con i grandi occhi senza sguardo nel viso nero, a tutti gli atti della vita.

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     Erodoto nasce in Asia, sulle estreme coste occidentali dell’Asia, ed è quindi capace di raccogliere l’afflato, il soffio, l’ispirazione delle parole-chiave e delle idee-significative che prendono “forma” in questo straordinario, meraviglioso (deinòs) continente. Il continente asiatico ci lascia in eredità due grandi civiltà, due grandi pensieri: quello indiano e quello cinese. Il testo de Le Storie di Erodoto “allude” – con diverse gradazioni – a questi due grandi apparati culturali. Erodoto, ne Le Storie, parla dell’India. Non sappiamo se Erodoto – considerate le difficoltà di spostamento dei suoi tempi – sia mai stato in India: non lo si può escludere con certezza, dopotutto è andato in luoghi talmente distanti dalla Grecia! Ma sembra improbabile che Erodoto sia stato in India, nel cuore dell’India: perché? Per rispondere a questa domanda è necessario intraprendere un nuovo itinerario.

     E ora a proposito di “allusioni”: noi sappiamo che un’allusione comporta sempre una precisazione.  Quale precisazione? La cultura indiana è una delle più significative dell’Età assiale della Storia e ci ha lasciato qualcosa in eredità, ed Erodoto “allude” a questa eredità. E inoltre, a proposito di “allusioni”: l’orologio “allude” al fatto che si è fatto tardi ed è necessario concludere, ma noi sappiamo che un’allusione comporta sempre una precisazione. Quale “precisazione” in questo caso? Che il viaggio continua, quindi, accorrete: la Scuola è qui…

 

 

 

Lezione del: 
Venerdì, Gennaio 20, 2006