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NEL TERRITORIO DELLA SAPIENZA POETICA ELLENISTICA DI STAMPO IMPERIALE C’È LA DEFINIZIONE DEL PUNTO DI PARTENZA DEL PERCORSO DI STUDIO: LA PASSIONE E LA LIBERTÀ ...

Lezione N.: 
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Prof. Giuseppe Nibbi       Lo sapienza poetica ellenistica di stampo imperiale     19-20-21  ottobre  2011

NEL TERRITORIO DELLA SAPIENZA POETICA ELLENISTICA DI STAMPO IMPERIALE

C’È LA DEFINIZIONE DEL PUNTO DI PARTENZA DEL PERCORSO DI STUDIO: LA PASSIONE E LA LIBERTÀ ...

      La scorsa settimana abbiamo celebrato il tradizionale e ripetitivo rituale della partenza. Questa celebrazione non si è ancora conclusa del tutto e non c’è viaggio – di andata [poreia-poreìa] o di ritorno [nostos-nostos] che sia – che non inizi con la partenza. Come si può viaggiare [tanto realmente quanto virtualmente] senza “partire”? Il “rituale della partenza” in un viaggio di studio – come questo che ci predisponiamo ad intraprendere – serve per definire la natura e gli obiettivi didattici degli itinerari che stiamo per incominciare a percorrere.

      Un Percorso di alfabetizzazione culturale che utilizza la Storia del Pensiero Umano [le parole-chiave e le idee-cardine della Storia del Pensiero Umano] in funzione della didattica della lettura e della scrittura deve avere una sua natura specifica [proporre di imparare ad investire in intelligenza] e deve perseguire determinati obiettivi cognitivi [il conoscere, il capire, l’applicarsi, l’analizzare, il sintetizzare, il valutare] e le studentesse e gli studenti che stanno per prendere il passo devono essere consapevoli del fatto che il “ragionamento progressivo” proposto dalla Lezione ha una finalità didattica: quella di stimolare il funzionamento delle “azioni cognitive”.

      Dobbiamo aggiungere che l’obiettivo educativo fondamentale di questo Percorso di studio è molto pratico e consiste nell’imparare a prendere la buona abitudine di leggere dieci minuti al giorno, quattro pagine, e di scrivere per dieci minuti, quattro righe al giorno: questo esercizio [leggere e scrivere poco e costantemente con attenzione: legere et scribere multum] costituisce un investimento in intelligenza che favorisce l’allungamento e l’allargamento della nostra vita; prendere la buona abitudine [eu-ethòs] a compiere questo utile esercizio quotidiano è l’obiettivo educativo fondamentale del viaggio di cui stiamo preparando la partenza.

     Per il terzo anno consecutivo stiamo per attraversare il vasto e complesso territorio della “sapienza poetica ellenistica”.

     Il periodo dell’Ellenismo va dal 313 a.C. [in contemporanea con la morte di Alessandro Magno e di Aristotele] fino al V secolo d.C. quando convenzionalmente inizia quella che è stata chiamata l’Età di mezzo, e si fa riferimento alla data [476 d.C.] della fine dell’Impero romano d’Occidente ma ci sono molte altre ipotesi sulla data d’inizio del cosiddetto Medioevo e ce ne occuperemo a suo tempo: sono molte le porte d’ingresso nel vastissimo territorio dell’Età di mezzo. Le studiose e gli studiosi di filologia, ultimamente [negli ultimi duecento anni], hanno pensato all’esistenza di uno spazio – ad un vero e proprio “territorio di frontiera” –  tra Antichità ed Età di mezzo che hanno chiamato: la “fascia del tardo-antico” e ce ne dovremmo occupare a suo tempo.

     Sappiamo che i programmi scolastici trascurano il periodo dell’Ellenismo proprio per la sua complessità: ma una vera e propria “programmazione” scolastica, oggi, è ancora in via di realizzazione sul territorio dell’Ecumene [della “Terra abitata”, per dirla in termini ellenistici].

     Che cos’è l’Ellenismo? Questa domanda presuppone un gran numero di risposte a seconda dell’ottica con cui noi prendiamo in considerazione questo tema. E noi, ora, dobbiamo rispondere in funzione della natura del nostro viaggio, in funzione della didattica della lettura e della scrittura. In quest’ottica l’Ellenismo è lo scenario delle più grandi operazioni di integrazione culturale che siano mai state fatte nel corso della Storia del Pensiero Umano. Quindi dalla “sapienza poetica ellenistica” noi, oggi, abbiamo molto da imparare nel momento in cui la parola-chiave “integrazione” è all’ordine del giorno: non c’è documento ufficiale che [nel bene e nel male] non la citi.

     Nell’anno scolastico 2009-2010 abbiamo attraversato il territorio della “sapienza poetica ellenistica” per conoscere e per capire come la cultura greca e la cultura orientale [egizia, babilonese, persiana, indiana, cinese] – sulla scia della spedizione di Alessandro Magno – si siano integrate tra loro dando vita alle Scuole ellenistiche epicuree, stoiche e scettiche, alle Scuole indo-ellenistiche e, strada facendo, abbiamo anche incontrato le Cento scuole cinesi che si sviluppano in corrispondenza e con molte affinità nei confronti dell’Ellenismo propriamente detto.

     Nell’anno scolastico 2010-2011 abbiamo attraversato il territorio della “sapienza poetica ellenistica” per conoscere e per capire come la cultura greca e la cultura beritica [dell’Antico Testamento] – sulla scia del significativo fenomeno della diaspora ebraica – si siano integrate tra loro dando vita alla traduzione in greco dei Libri della Bibbia [il più importante avvenimento culturale dell’Ellenismo] e favorendo la nascita e lo sviluppo della Letteratura dei Vangeli [un avvenimento epocale nella Storia del Pensiero Umano] a cominciare dall’Epistolario di Paolo di Tarso, una delle opere più significative della cultura universale che, nel Percorso dello scorso anno, abbiamo utilizzato come bussola.

     Quest’anno attraverseremo il territorio della “sapienza poetica ellenistica” per conoscere e per capire come la cultura greca e la cultura latina – sulla scia dell’espansione dell’Impero romano sul territorio dell’Ecumene – si siano integrate tra loro dando vita ad uno straordinario rapporto di amore e odio [questo succede nelle migliori famiglie: nei grandi romanzi]. Quando, dove e come inizia questo rapporto di odio e di amore tra la cultura greca e quella latina?

     Prima di prendere il passo e di dare una risposta a queste domande in modo da iniziare ad occuparci di questo importante tema dobbiamo dedicarci – come abbiamo anticipato la corsa settimana – ad osservare quale “forma” abbiamo dato – utilizzando il “questionario” di fine Percorso – al territorio che abbiamo attraversato lo scorso anno scolastico.

      Ma prima ancora di dedicarci a questa osservazione abbiamo un appuntamento da rispettare in funzione della didattica della lettura e della scrittura: infatti, per riprendere contatto con l’atmosfera dell’Ellenismo – un’atmosfera tradotta in termini contemporanei – abbiamo iniziato la scorsa settimana a leggere un racconto [ricordate?], un breve romanzo scritto da Giuseppe Tomasi di Lampedusa che s’intitola La sirena.

      La scorsa settimana – nel corso del tradizionale rituale della partenza [lo stiamo ancora celebrando] – abbiamo incontrato, ancora una volta, lo scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa mettendo in evidenza le sue opere a cominciare da l’ormai famoso romanzo Il Gattopardo; ma la qualità de I Racconti, pubblicati postumi nel 1961 a cura di Giorgio Bassani, non è da meno e La sirena è un bellissimo racconto – scoperto recentemente anche dal teatro – nel cui testo è presente tutto il clima [l’ironia, la nostalgia e l’eros] tipico della “sapienza poetica ellenistica”. La voce narrante, in questo racconto, è la voce stessa dello scrittore che veste gli abiti di un giovane giornalista, Paolo Corbera, emigrato dalla Sicilia a Torino, siamo nel 1938. Paolo Corbera di Salina – erede di un’antica famiglia siciliana di stampo “gattopardesco” – fa da spalla al vero protagonista: il vecchio senatore Rosario La Ciura, grande grecista e studioso dell’Ellenismo, del quale abbiamo fatto conoscenza [con tutte le sue stranezze] la scorsa settimana.

      Il senatore Rosario La Ciura sta per partire via mare dal porto di Genova sul famoso piroscafo Rex, alla volta di Lisbona per un importante convegno internazionale e sta anche per raccontare al suo giovane amico – che il senatore ha cominciato a trattare con affetto nonostante lui abbia un carattere poco incline agli affetti – una straordinaria avventura dove molto probabilmente, facendo appello alla potenza del mito, vuole trovare la forza per dare un senso alla sua vita e per dare un significato a quello che sta per fare.

     Ma ora leggiamo:

LEGERE MULTUM….

Giuseppe Tomasi di Lampedusa, La sirena

Due giorni prima della sua partenza per Genova mi disse che l’indomani non sarebbe venuto al caffè ma che mi aspettava a casa sua alle nove della sera.

Il cerimoniale fu lo stesso dell’altra volta: le immagini degli Dei di tremila anni fa irradiavano gioventù come una stufa irradia calore; la scialba fotografia del giovane dio di cinquanta anni prima sembrava sgomenta nel guardare la propria metamorfosi, canuta e sprofondata in poltrona.

Quando il vino di Cipro fu bevuto il senatore fece venire la Bettina e le disse che poteva andare a letto. Accompagnerò io stesso il signor Corbera quando se ne andrà. Vedi, Corbera, se ti ho fatto venire qui stasera a rischio di scombinare una tua qualche fornicazione a Rivoli, è perché ho bisogno di te. Parto domani e quando alla mia età si va via non si sa mai se non ci si dovrà trattenere lontani per sempre; specialmente quando si va sul mare. Sai, io, in fondo, ti voglio bene: la tua ingenuità mi commuove, le tue scoperte macchinazioni vitali mi divertono; e poi mi sembra di aver capito che tu, come capita ad alcuni siciliani della specie migliore, sei riuscito a compiere la sintesi di sensi e di ragione. Meriti dunque che io non ti lasci a bocca asciutta, senza averti spiegato la ragione di alcune mie stranezze, di alcune frasi che ho detto davanti a te e che certo ti saranno sembrate degne di un matto.

... continua la lettura ...

     Quale prodigio si compie sotto gli occhi dell’allora giovane laureato Rosario La Ciura che sta preparando il concorso per la cattedra universitaria di letteratura greca?

     Prima di scoprirlo dobbiamo dedicarci ad osservare quale “forma” abbiamo dato – utilizzando il “questionario” di fine Percorso – al territorio che abbiamo attraversato lo scorso anno scolastico. Il questionario di fine Percorso dell’anno scolastico 2010-2011 ci ha presentato due blocchi di trenta parole-chiave ciascuno.

     Il primo gruppo era formato da parole che possiamo definire “astratte” che fanno riferimento a delle idee, mentre il secondo gruppo era formato da parole che possiamo definire “concrete” e che fanno più riferimento a realtà materiali. Perché abbiamo operato questa differenziazione? Perché è tipica dell’Ellenismo: sono stati i grammatici alessandrini – una categoria di intellettuali protagonisti della cultura ellenistica [nel viaggio di due anni fa li abbiamo incontrati] – a diversificare, per primi, le parole che indicano “concetti ideali” dalle parole che indicano “realtà concrete”.

     Dobbiamo fare una puntualizzazione di carattere filologico: questo tema della differenziazione tra le parole che indicano “concetti ideali [le parole astratte]” e le parole che indicano “realtà concrete [le parole concrete]” è emerso prepotentemente nel corso di quella grande operazione intellettuale [la più significativa dell’età ellenistica] che è la traduzione in greco dei Libri dell’Antico Testamento [un argomento che abbiamo studiato a suo tempo] quando gli scrivani sono stati costretti a riflettere sul modo di tradurre in greco [una lingua ricca di concetti ideali] i termini di una cultura “materiale [dove le parole sono cose]” come quella biblica. Naturalmente gli scrivani della diaspora ebraica, per realizzare i loro progetti letterari [tradurre in greco i Libri dell’Antico Testamento o scrivere opere in greco per contrastare la traduzione in greco dei Libri del Pentateuco], hanno fatto riferimento alla Biblioteca di Alessandria e alle competenze dei grammatici alessandrini: quel grande processo di integrazione culturale tra la “sapienza greca [orfico-dionisiaca]” e la “sapienza beritica [biblica]” ha comportato anche una profonda riflessione sul significato e sul delicato rapporto tra i “termini astratti” e le  “parole concrete”. Nella costruzione del questionario si è voluto tenere conto di questo importante tema di carattere ellenistico.

     Il questionario – al quale hanno risposto 176 persone – ci ha proposto sessanta parole-chiave rappresentative dei temi e degli oggetti culturali della “sapienza poetica ellenistica” e, in particolare, della “sapienza poetica ellenistica di stampo evangelico”.

Il primo riquadro [sul REPERTORIO E TRAMA … è diviso in due parti per ragioni di spazio]

riporta – secondo la grandezza dei caratteri – la quantità di consensi che hanno avuto le parole

che indicano concetti ideali ...

 

la passione la libertà

l’impegno  l’attesa

l’istruzione  il rispetto

la gioia  la volontà   la tristezza

 la forza  il desiderio  la consolazione  il ringraziamento  la sorpresa  la sofferenza  il piacere 

l’orgoglio l’insistenza  l’angoscia  la vittoria  la persecuzione  la santità  l’abbondanza  il vantaggio

 l’impazienza  la perfezione  la supplica  l’immoralità

[la tentazione la gloria]

     Le parole “passione e libertà” [e sarà contento Paolo di Tarso] sono quelle che [praticamente a pari merito] hanno ricevuto più consensi e la prima considerazione che viene in mente è che l’accostamento di queste due termini ha un suo fascino ma anche una sua “pericolosità”. Queste due parole sono seguite dalle parole “impegno, attesa, istruzione e rispetto”, poi si distinguono le parole “gioia, volontà e tristezza”. Poi le scelte hanno cominciato a diluirsi con le parole “forza, desiderio, consolazione, ringraziamento, sorpresa, sofferenza, piacere, orgoglio, insistenza, angoscia, vittoria, persecuzione, santità, abbondanza, vantaggio”. Mentre le parole “impazienza, perfezione, supplica, immoralità” sono state scelte molto poco. E, infine, le parole “tentazione e gloria”, sono state messe tra parentesi per sottolineare il fatto che non sono state scelte da nessuno pur essendo due parole molto significative.

Il secondo riquadro riporta – secondo la grandezza dei caratteri – la quantità di consensi

che hanno avuto le parole che indicano realtà più concrete  ...

 

l’ospite  il ricordo

la legge  la penna

la strada  la notizia

il lavoro il cuore la voce  il tempio la tenda  il parto

il cavallo  la nave  la città  il corpo  il resto  il peccato  il porto  l’inviato  il volto

  la condanna  il carcere  la spada  la cena  il sonno

[la frusta   la tromba   il vaso   la colletta]

     La parola “ospite” è quella che ha ricevuto il maggior numero di consensi [questa parola ci ricorda un grande tema che abbiamo studiato lo scorso anno scolastico] ed è seguita dalla parola “ricordo”. Poi le parole più scelte sono state “la legge, la penna, la strada e la notizia”. Poi si distinguono le parole “lavoro, cuore, voce, tempio, tenda e parto”. Poi le scelte hanno cominciato a diluirsi con le parole “cavallo, nave, città, corpo, resto, peccato, porto, inviato, volto”. Mentre le parole “condanna, carcere, spada, cena, sonno” sono state scelte molto poco e, infine, le parole “frusta, tromba, vaso, colletta”, sono state messe tra parentesi per sottolineare il fatto che non sono state scelte da nessuno.

     Questi due quadri raffigurano la nostra riflessione collettiva sul pensiero della “sapienza poetica ellenistica di stampo evangelico” quindi è un punto di arrivo; ma queste parole, e soprattutto quelle che sono state scelte di più e che possiamo presentare a coppie: “la passione e l’ospite, la libertà e il ricordo, l’impegno e la legge, l’attesa e la penna, l’istruzione e la strada, il rispetto e la notizia”, queste sei coppie di parole – che uniscono idealità e concretezza – fanno anche da battistrada e rappresentano il punto di partenza per il nostro viaggio che sta per avere inizio ancora una volta nel territorio della “sapienza poetica ellenistica”.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Oggi, di queste sei coppie di parole - la passione e l’ospite, la libertà e il ricordo, l’impegno e la legge, l’attesa e la penna, l’istruzione e la strada, il rispetto e la notizia - quale scegliereste per prima ?... 

Scrivetela ...

Queste parole – sei di carattere ideale [passione, libertà, impegno, attesa, istruzione, rispetto] e sei di carattere più concreto [ospite, ricordo, legge, penna, strada, notizia] – sono state accoppiate tenendo conto delle preferenze che hanno avuto: come ristrutturereste voi, secondo il vostro pensiero, queste coppie di parole?... Costruite il vostro catalogo

     I riquadri che illustrano i risultati del questionario – di cui abbiamo preso visione – hanno determinato il punto di arrivo del Percorso dello scorso anno scolastico e ora indicano anche il punto di partenza del nuovo viaggio che sta per iniziare. E allora, con questa immagine nella mente, accingiamoci, ancora una volta, ad attraversare il territorio della sapienza poetica ellenistica. Dobbiamo dire che le prime due coppie di parole che si sono formate – la passione e l’ospite, la libertà e il ricordo – si addicono al racconto che stiamo leggendo il cui testo è il veicolo che ci sta riportando sul territorio dell’Ellenismo. Anche la parola prodigio si addice all’Ellenismo e allora andiamo avanti nella lettura del romanzo breve intitolato La sirena:

LEGERE MULTUM….

Giuseppe Tomasi di Lampedusa, La sirena

Mi ero svegliato da poco ed ero subito salito in barca; pochi colpi di remo mi avevano allontanato dai ciottoli della spiaggia e mi ero fermato sotto un roccione la cui ombra mi avrebbe protetto dal sole che già saliva, gonfio di bella furia, e mutava in oro e azzurro il candore del mare aurorale. Declamavo, quando sentii un brusco abbassamento dell’orlo della barca, a destra, dietro di me, come se qualcheduno vi si fosse aggrappato per salire. Mi voltai e la vidi: il volto liscio di una sedicenne emergeva dal mare, due piccole mani stringevano il fasciame. Quell’adolescente sorrideva, una leggera piega scostava le labbra pallide e lasciava intravedere dentini aguzzi e bianchi, come quelli dei cani. Non era però uno di quei sorrisi come se ne vedono fra voialtri, sempre imbastarditi da un’espressione accessoria, di benevolenza o d’ironia, di pietà, crudeltà o quel che sia; esso esprimeva soltanto se stesso, cioè una quasi bestiale gioia di esistere, una quasi divina letizia. Questo sorriso fu il primo dei sortilegi che agisse su di me rivelandomi paradisi di dimenticate serenità. Dai disordinati capelli color di sole l’acqua del mare colava sugli occhi verdi apertissimi, sui lineamenti d’infantile purezza.

... continua la lettura ...

     L’immagine mitica della Sirena Lighea – interpretata in chiave contemporanea da Giuseppe Tomasi di Lampedusa – ci ha riportato sul territorio dell’Ellenismo.

     Che cos’è l’Ellenismo? Ci siamo chieste e chiesti poco fa dicendo che questa domanda presuppone un gran numero di risposte a seconda dell’ottica con cui noi prendiamo in considerazione questo tema. In funzione della natura del nostro viaggio, nell’ottica della didattica della lettura e della scrittura, l’Ellenismo è lo scenario delle più grandi operazioni di integrazione culturale che siano mai state fatte nel corso della Storia del Pensiero Umano. Oggi sarebbe più che mai necessario appaltare grandi opere di carattere culturale che potessero creare spazi di integrazione tra le persone: la prima attività da promuovere in proposito nella Scuola pubblica è l’alfabetizzazione funzionale. Questo Percorso didattico è finalizzato a creare spazi di integrazione tra le persone perché il più efficace strumento di integrazione è lo “studio” per il fatto che “studio e integrazione” significano entrambi: completamento, compimento, perfezionamento, rinforzo, aumento, valore aggiunto, unione, collaborazione, cooperazione, coordinamento. L’Ellenismo è lo scenario delle più grandi operazioni di integrazione culturale che siano mai state fatte nel corso della Storia del Pensiero Umano.

     E allora ripetiamo che nell’anno scolastico 2009-2010 abbiamo attraversato il territorio della “sapienza poetica ellenistica” per conoscere e per capire come la cultura greca e la cultura orientale [egizia, babilonese, persiana, indiana, cinese] – sulla scia della spedizione di Alessandro Magno – si siano integrate tra loro dando vita a molte Scuole di pensiero.

     Nell’anno scolastico 2010-2011 abbiamo attraversato il territorio della “sapienza poetica ellenistica” per conoscere e per capire come la cultura greca e la cultura beritica [dell’Antico Testamento] – sulla scia del significativo fenomeno della diaspora ebraica – si siano integrate tra loro dando vita alla traduzione in greco dei Libri della Bibbia e favorendo la nascita e lo sviluppo della Letteratura dei Vangeli a cominciare dall’Epistolario di Paolo di Tarso, una delle opere più significative della cultura universale che, nel Percorso dello scorso anno, abbiamo utilizzato come bussola.

     Quest’anno dobbiamo attraversare il territorio della “sapienza poetica ellenistica” per conoscere e per capire come la cultura greca e la cultura latina – sulla scia dell’espansione dell’Impero romano sul territorio dell’Ecumene – si siano integrate tra loro dando vita ad uno straordinario rapporto di amore e odio.

     Non possiamo entrare, prossimamente, nel vastissimo territorio dell’Età di mezzo [del Medioevo] senza conoscere le parole-chiave e le idee-cardine fondamentali che determinano i tre momenti di integrazione che caratterizzano la natura e la cultura dell’Ellenismo: il processo di integrazione tra la cultura greca e la cultura orientale [persiana, indiana, cinese: era il viaggio di due anni fa], il processo di integrazione tra la cultura greca e la cultura dell’Antico Testamento [il viaggio dello scorso anno] e il processo di integrazione tra la cultura greca e la cultura latina [il viaggio che stiamo per iniziare].

     Quando, dove e come inizia il rapporto di odio e di amore tra la cultura greca e quella latina? Con la formulazione di queste domande abbiamo preso il passo e il nostro viaggio è iniziato; naturalmente non possiamo rispondere a questi interrogativi con tre battute: è necessario imbastire un’articolata riflessione sul complesso tema del rapporto di odio e di amore che si sviluppa tra la cultura greca e quella latina e questo tema non ha una sua linearità, il suo sviluppo va osservato come se si seguisse il movimento di un pendolo, ma procediamo con ordine.

     Per conoscere, per capire e per applicarci in proposito bisogna fare qualche passo indietro per prendere atto del quadro della situazione e dobbiamo domandarci: come vengono in contatto i Romani con la Grecia e con “quale” Grecia lo Stato romano viene in contatto?

     Prima che i Romani vengano materialmente e ufficialmente in contatto con la Grecia, con il territorio dell’Ellade, passa un bel po’ di tempo e dapprima queste due civiltà, la civiltà latina degli albori a occidente e la civiltà greca classica a oriente, dal V al III secolo a.C., vivono storie separate. Che cosa succede sul territorio dell’Ellade in questi secoli?

     All’inizio del V secolo a.C. le polis greche, tutte riunite insieme [dal 490 al 479 a.C.], combattono vittoriosamente le guerre contro i Persiani [siamo state e siamo stati informati da Erodoto in proposito, su questi avvenimenti, qualche anno fa] e poi la Grecia vive [nel bene e nel male, dal 461 al 431 a.C.] la splendida età ateniese di Pericle e poi si dissangua [dal 431 al 404 a.C.] con la terribile guerra del Peloponneso [raccontataci dallo storico Tucidide con un’opera, che abbiamo studiato a suo tempo, intitolata “Guerra del Peloponneso”] in cui Atene, Sparta e Tebe vengono in conflitto tra loro [un conflitto sanguinosissimo che provoca anche carestia e peste] indebolendosi a vicenda, e di questo indebolimento ne approfitta l’emergente regno di Macedonia il cui re Filippo II – dopo aver modernizzato il proprio Stato e creato un forte esercito – sconfigge nel 338 a.C. a Cheronea [in Beozia] gli eserciti ateniesi e tebani: questa battaglia segna la fine dell’indipendenza della Grecia che diventa una provincia della Macedonia. Filippo II muore assassinato nel 336 a.C. e gli succede, a soli vent’anni, il figlio Alessandro e con Alessandro – che intraprende la spedizione verso Oriente che suo padre stava preparando approfittando della debolezza dell’impero persiano – entra in incubazione l’età ellenistica.

     Ebbene, mentre nel territorio dell’Ellade succedono queste cose, la Repubblica romana, dal 495 al 275 a.C., riesce a dominare prima tutta la valle del Tevere [il Latium, luogo largo, aperto] poi sottomette i popoli della Penisola italica dall’Arno e dal Rubicone fino allo stretto di Messina e dopo ha inizio il grande duello tra Roma e Cartagine per il predominio del Mediterraneo occidentale. Il duello tra le due rivali [di cui tutte e tutti voi avete sentito parlare], che si conclude con la distruzione di Cartagine, dura oltre un secolo e si articola in tre atti: le cosiddette tre guerre puniche perché i Romani chiamavano Punici i Cartaginese.

     Nella prima guerra punica [264-241 a.C.] i Romani vengono in contatto con la Magna Grecia [con quella terra meravigliosa e ricchissima che è la Sicilia] e si alleano con Siracusa – ne diventano i difensori perché i Cartaginesi attaccano Siracusa e i Romani ne approfittano per dichiarare loro guerra – ma la Magna Grecia è un’altra cosa rispetto all’Ellade vera e propria, comunque alla fine della prima guerra punica i Romani strappano la Sicilia ai Cartaginese.

     Nella seconda guerra punica [218-202 a.C.] i Romani rischiano davvero grosso perché si trovano di fronte un grande personaggio, Annibale Barca che – nella prima fase della guerra – invade l’Italia attraverso le Alpi e sconfigge i Romani in quattro grandi battaglie [al Ticino, al Trebbia, al Trasimeno e a Canne]; ma, nonostante queste vittorie, Annibale rinuncia a dirigersi verso Roma perché la città non era del tutto sguarnita, e si dirige verso sud per trovare nuovi alleati tra i popoli soggetti ai Romani [Capua e Siracusa passano con lui] e questo temporeggiamento dà ai Romani – e qui si passa alla seconda fase della guerra – la possibilità di organizzare la riscossa e poi – di portare addirittura – con una terza fase –, giocando d’azzardo, la guerra in Africa con Publio Cornelio Scipione che assumerà il titolo di Africano perché sconfigge a Zama Annibale richiamato precipitosamente in patria. Annibale fugge in Siria presso il re Antioco III [nel 183 a.C. morirà avvelenato: è un suicidio o qualcuno lo ha fatto fuori?] e Cartagine è costretta a firmare un durissimo trattato di pace che non favorisce la nascita di buoni rapporti di vicinato tra Romani e Cartaginesi e cinquant’anni dopo si arriverà alla resa dei conti, ed è proprio nel mezzo secolo che intercorre tra la seconda e la terza guerra punica che Roma – dopo aver sbaragliato il forte nemico d’Occidente – intraprende la conquista del Mediterraneo orientale. Lo Stato romano rivolge la sua attenzione verso il territorio dell’Ellade e verso il Medio Oriente in piena Età ellenistica.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Ci siamo occupati a grandi linee dei primi due atti del duello tra Roma e Cartagine e a tal proposito potete procuratevi in biblioteca – se non l’avete nella vostra biblioteca domestica – oppure navigando in rete una guida della Tunisia e potete puntare la vostra attenzione su Tunisi in modo da visitare l’interessante Museo nazionale del Bardo e il grande sito di Cartagine

A questo proposito – in funzione della didattica della lettura e della scrittura – potete, in biblioteca, sfogliare il romanzo di Gustave Flaubert intitolato Salambô … Perché dovete sfogliare e magari leggere qualche pagina di questo romanzo?… Scopritelo voi il perché …

Buon viaggio, buona ricerca e buona lettura…    

     Nel mezzo secolo che intercorre tra la seconda e la terza guerra punica, tra il 202 e il 146 a.C., Roma si dedica alla conquista del Mediterraneo Orientale.

     In Oriente, dopo la morte di Alessandro nel 313 a.C., si era determinata [e abbiamo studiato a suo tempo, due anni fa, questi avvenimenti] la disgregazione del vasto impero frutto della spedizione del giovane condottiero macedone. Dalla disgregazione dell’Impero di Alessandro erano sorti alcuni grandi Regni e molti staterelli di piccole dimensioni ma spesso ricchi e posti in posizioni strategiche.

     Quando nel 201 a.C. lo Stato romano [la Repubblica romana forte della vittoria su Cartagine] comincia a puntare il suo sguardo aggressivo verso Oriente trova tre Regni maggiori: quello di Macedonia, quello di Siria e quello d’Egitto.

     Il Regno di Macedonia, nel 200 a.C., aveva ambiziosi disegni espansionistici: era governato dal re Filippo V che durante la seconda guerra punica, quando Annibale aveva invaso l’Italia e stava sconfiggendo i Romani, si era alleato con Cartagine. Questa mossa si rivela fatale per Filippo V perché il Senato romano [l’organo che decreta le guerre] utilizza questo fatto come pretesto per aprire il conflitto nell’Ellade e in Asia. Ma il Senato romano – con grande abilità strategica – decide di dichiarare guerra alla Macedonia di Filippo V con una motivazione molto più “nobile”: quella di proteggere e di garantire la libertà delle città e dei piccoli Stati greci che il re Macedone Filippo V avrebbe voluto conquistare. Infatti Filippo V attacca i piccoli Stati indipendenti di Rodi e di Pergamo i quali chiedono aiuto e Roma è pronta ad intervenire. L’esercito macedone è forte e ai Romani sono necessari tre anni di guerra per piegare Filippo V. Nel 197 a.C. il console Quinzio Flaminino sconfigge i Macedoni a Cinocefale in Tessaglia e costringe Filippo V ad accettare una pace umiliante con la quale deve rinunciare a tutte le sue conquiste in Grecia e in Asia. Il Senato romano adotta una precisa strategia politica – si sa che governare l’Oriente non è cosa facile – e quindi i Romani [abili e ipocriti] si propongono non come conquistatori ma come liberatori di tutti i popoli ellenici e l’anno seguente, nel 196 a.C., a Corinto, durante la celebrazione dei Giochi Istmici, il console Quinzio Flaminino, a nome del Senato e del Popolo romano, proclama solennemente l’indipendenza di tutta la Grecia. Questa proclamazione è una risposta a quello che era successo 140 anni prima con la battaglia di Cheronea quando [lo abbiamo già ricordato] Filippo II, il padre di Alessandro Magno, aveva sconfitto gli Ateniesi e i Tebani decretando la fine dell’indipendenza greca: il Senato romano sembra restituire enfaticamente l’indipendenza alla Grecia, sembra restituire perché in pratica questa “indipendenza” non è una conquista ma la libertà della Grecia è un dono dei Romani e, difatti, dopo l’enfasi iniziale, poco per volta, decreto dopo decreto, questa libertà finisce per tramutarsi in servitù …

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Quale di queste quattro parole: indipendenza, emancipazione, autonomia, permesso ... mettereste per prima accanto alla parola “libertà”?...

Scrivetela...

     Dopo la Macedonia lo Stato che si trova a dover fare i conti con i Romani è il Regno di Siria.

     Al Regno di Siria appartiene quasi tutto il territorio dell’Asia Minore e anche questo Stato coltiva ambizioni espansionistiche verso il territorio dell’Ellade. La Siria è governata dal re Antioco III che ospita alla sua corte un personaggio illustre [ma piuttosto scomodo e pericoloso]: Annibale [abbiamo già detto che Annibale nel 183 a.C. muore avvelenato: è un suicidio o qualcuno lo ha ucciso?]. Annibale naturalmente sprona Antioco a far la guerra ai Romani nel territorio dell’Ellade e Antioco – che lo avrebbe fatto anche senza i consigli di Annibale – varca l’Ellesponto e penetra in Tracia. I Romani non aspettano altro e il Senato romano – impugnando il trattato di Corinto che aveva enfaticamente decretato la libertà della Grecia – ingiunge ad Antioco di restituire l’indipendenza alle città greche della Tracia che aveva occupato: Antioco III rifiuta e l’esercito romano muove guerra contro di lui mettendolo in fuga alle Termopili, inseguendolo poi in Asia Minore e sconfiggendolo definitivamente, nel 190 a.C., a Magnesia. Antioco III è costretto a firmare il trattato di pace di Apamea il quale prevede che il territorio siriano venga diviso in piccoli Stati sotto il protettorato di Roma in modo che non si possano formare grandi potenze pericolose per la supremazia romana. Il trattato di pace di Apamea comincia a parlare anche di tributi che lo Stato romano esige dagli Stati asiatici sottomessi perché le guerre [“il mantenimento della pace e dell’autonomia” si legge un po’ paradossalmente nel testo di questo documento] costano. Questa questione dei tributi – che poi diventano forti tributi annuali – comincia a produrre un gran malcontento [altro che liberatori!] in tutte le città d’Oriente. Di questo malcontento ne approfitta il nuovo re di Macedonia, Perseo, figlio e successore di Filippo V, il quale si avvale di un momento di disattenzione dei Romani [preoccupati della nuova crescita economica di Cartagine] per tessere – senza dare troppo nell’occhio – una rete di alleanze con i piccoli Stati asiatici dissanguati dalla pesante tassazione romana e allestisce [in segreto, tra le montagne della Macedonia] un forte esercito per la riscossa. Quando il Senato romano viene a sapere queste cose attraverso le relazioni degli informatori che operano sul territorio asiatico non indugia e stanzia subito le risorse necessarie per intervenire repentinamente e l’esercito romano, comandato dal console Paolo Emilio [suo padre omonimo era morto nella battaglia di Canne], sconfigge i Macedoni a Pidna nel 168 a.C., il re Perseo viene fatto prigioniero e a Roma deve sfilare nel corteo dell’esercito vittorioso su uno dei carri che trasportano l’immenso tesoro della corte macedone e per la prima volta i cittadini romani, assiepati e plaudenti lungo la via del trionfo, vedono da vicino lo sfarzo delle corti orientali: ha inizio una sorta di contaminazione che – sebbene lentamente all’inizio – comincia a colpire le classi dirigenti romane. Il Senato romano, per impedire ulteriori tentativi di rivincita, decreta che la Macedonia venga divisa in quattro repubbliche separate, e la stessa sorte tocca alla Grecia che – in barba al trattato di Corinto che ne decretava l’autonomia – viene ridotta a provincia col nome di Acaia e questa nuova condizione fa sì che un numero considerevole di tesori d’arte della civiltà greca comincia a prendere la via di Roma per adornare non solo la città [l’Urbe] ma anche le nuove lussuose case [le domus] delle nuove classi dirigenti: in questi anni – gli anni della conquista dell’Ellade – qualcosa è cambiato nello spirito dei Romani e si avvicina l’inizio della crisi della Repubblica.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Scrivete tre parole che, secondo voi, possono descrivere la crisi di un sistema politico: che cosa determina, secondo voi, la crisi di un governo?... 

Scrivete tre parole in proposito...

     Abbiamo detto che i Romani sono preoccupati della nuova crescita economica di Cartagine. Cartagine, vinta a Zama, non era più una potenza militare ma ben presto si riprende economicamente perché non potendo investire nell’esercito – il trattato di pace della seconda guerra punica glielo vieta – aveva cominciato massicciamente ad investire in imprese mercantili. Cartagine era lo sbocco principale dei prodotti africani e il suo porto era affollato di navi cariche di mercanzie, soprattutto di prodotti agricoli provenienti da tutto il Magreb che era una terra fertilissima. Il governo cartaginese adempiva scrupolosamente agli obblighi imposti dal trattato di pace ma un certo numero di senatori a Roma erano sospettosi e timorosi nei confronti di Cartagine.

     Il più tenace nel far emergere sospetti e timori nei confronti dei Cartaginesi è l’ottantenne senatore Catone il Censore il quale tutte le volte che prende la parola in Senato lo fa per sostenere un’idea: «Delenda est Carthago» [Bisogna distruggere Cartagine]. L’occasione del conflitto viene offerta ai Romani da Cartagine stessa che, stanca di subire le superchierìe di Massinissa il re della confinante Numidia alleato dei Romani, il quale sistematicamente entra con i suoi cavalieri nel territorio di Cartagine per rapinare, gli dichiarano guerra violando le condizioni di pace del 201 a.C.. Il Senato romano coglie l’occasione e, invece di rimproverare l’alleato Massinissa che non si comportava bene, dà ordine all’esercito di sbarcare in Africa e di punire Cartagine. Il governo Cartaginese tenta in ogni modo di placare l’ira dei Romani accettando tutte le condizioni che vengono imposte alla città: consegna di ostaggi, distruzione di tutte le potenziali armi e blocco di tutte le navi mercantili. Ma ottenuto ciò il Senato ordina ai consoli che comandano l’esercito in Africa di imporre ai Cartaginesi di sgombrare la città in modo da poterla distruggere: gli abitanti di Cartagine avrebbero potuto costruire un’altra città non fortificata e distante dal mare almeno quindici miglia. I Cartaginesi – di fronte a queste ingiuste imposizioni – ebbero un moto di ribellione e decisero di resistere ed eroicamente, per due anni, difesero la loro città. Cartagine viene assediata per terra e per mare dal più potente esercito del momento, comandato dal generale Publio Cornelio Scipione l’Emiliano [il figlio di Paolo Emilio, il vincitore della battaglia di Pidna], e nel 146 a.C. viene espugnata, data alle fiamme e rasa al suolo e il suo territorio è ridotto a provincia: la provincia d’Africa con capitale Utica. Il Senato romano dichiara orgogliosamente che, d’ora in avanti, il Mar Mediterraneo – conquistato da Occidente a Oriente – può chiamarsi Mare Nostrum, ma non è, quella della distruzione di Cartagine, una bella pagina di storia e saranno gli stessi protagonisti a riconoscerlo.

     Ci siamo occupati di questa pagina di storia per puntare la nostra attenzione sul personaggio che abbiamo citato poco fa: il senatore Marco Porcio Catone detto il Censore. Perché c’interessa incontrare il senatore Marco Porcio Catone soprannominato il Vecchio o il Censore? C’è una ragione che riguarda il tema che vogliamo affrontare, c’è un motivo che riguarda l’argomento su cui vogliamo riflettere in questo viaggio: sappiamo che il movimento della “sapienza poetica ellenistica di stampo imperiale” è caratterizzato dal fenomeno dell’integrazione tra la cultura greca e la cultura latina e il fenomeno dell’integrazione tra queste due culture è soggetto ad un complesso rapporto di amore e di odio, di attrazione e di repulsione. E, a questo proposito, qual è l’atteggiamento del senatore Catone il Censore? La risposta a questa domanda è affidata ad una articolata riflessione che faremo la prossima settimana nel corso del prossimo itinerario.

     Adesso, per concludere l’itinerario di questa sera, dobbiamo occuparci di un altro senatore che sta per partire per un viaggio la cui destinazione non è quella prevista dalla rotta del piroscafo su cui s’imbarca: il senatore Rosario La Ciura ha già preannunciato al suo interlocutore, il giovane Paolo Corbera, quali sono le sue intenzioni. Leggiamo quindi l’ultimo frammento di questo bel racconto intitolato La sirena di Giuseppe Tomasi di Lampedusa che ha il piglio di un romanzo breve e che abbiamo letto per intero in questi due primi itinerari del nostro viaggio in cui abbiamo celebrato il tradizionale rituale della partenza.

LEGERE MULTUM….

Giuseppe Tomasi di Lampedusa, La sirena

Il senatore partì l’indomani mattina; io andai alla stazione per salutarlo. Era scontroso e tagliente come sempre, ma quando il treno incominciò a muoversi dal finestrino le sue dita sfiorarono la mia testa.   Il giorno dopo, all’alba, si telefonò da Genova al giornale: durante la notte il senatore La Ciura era caduto in mare dalla coperta del Rex che navigava verso Napoli, e benché delle scialuppe fossero state immediatamente messe in mare, il corpo non era stato ritrovato.

Una settimana più tardi venne aperto il testamento di lui: alla Bettina andavano i soldi in banca e il mobilio; la biblioteca veniva ereditata dall’Università di Catania; in un codicillo di recente data io ero nominato quale legatario del cratere greco con le figure delle Sirene e della grande fotografia della Corè dell’Acropoli.

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     Molte sono le riflessioni che si possono fare leggendo questo racconto – ne possedete tutto il testo e quindi lo potete rileggere con calma – ma la metafora che emerge in modo più evidente dal testo di questo breve romanzo, a detta dell’autore stesso, è che se vogliamo che la nostra vita abbia un senso dobbiamo fare in modo di essere sempre in viaggio: di essere sempre con la mente sulla strada di un percorso culturale, sul tragitto di un itinerario intellettuale. Quando la spiega l’autore del racconto questa metafora? La spiega quando ci fa dire dal giovane Paolo Corbera – che poi è lo scrittore stesso – che cosa legge il senatore Rosario La Ciura. E che cosa legge il senatore Rosario La Ciura, quali libri ci sono sulla sua scrivania? Ne  parleremo strada facendo.

     La prossima settimana incontreremo il senatore Marco Porcio Catone il Censore. Da che parte sta Catone il Censore? È un “filo-ellenista [un amante della cultura greca]” o è un “contro-ellenista [sospettoso nei confronti della cultura greca]”? Sappiamo che Catone il Censore è un “contro-ellenista”: e allora qual è il motivo per cui ad un certo punto si iscrive alla Scuola degli Adulti per studiare il greco? A questa bella domanda risponderemo la prossima settimana.

     E così anche questo viaggio di studio è davvero iniziato ed ha avuto inizio perché l’Alfabetizzazione culturale e funzionale è un bene comune e l’Apprendimento permanente è un diritto e un dovere di ogni persona; per questo la Scuola è qui, perché è utile che ciascuna e ciascuno di noi possa imparare ad alimentare buone passioni e a controllarle con giuste ragioni: buon viaggio…

 

 

 

  

Lezione del: 
Venerdì, Ottobre 21, 2011