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SUL TERRITORIO DELLA SAPIENZA POETICA E FILOSOFICA DELL’ETÀ TARDO-ANTICA SI SVILUPPA IL PENSIERO NEOPLATONICO ...

Lezione N.: 
24

Prof. Giuseppe Nibbi     Lo sapienza poetica e filosofica dell’età tardo-antica   8-9-10 maggio 2013

SUL TERRITORIO DELLA SAPIENZA POETICA E FILOSOFICA DELL’ETÀ TARDO-ANTICA

SI SVILUPPA IL PENSIERO NEOPLATONICO ...

     Questa sera, con il ventiquattresimo itinerario, inizia [dopo sette mesi di viaggio] l’ultima fase del nostro percorso sul territorio della "sapienza poetica e filosofica dell’Età tardo-antica".

     Quindici giorni fa abbiamo studiato che nelle teologie dei numerosi culti esoterici in voga nel II e nel III secolo – a cominciare dal culto legato ai misteri della dèa Iside [abbiamo, a questo proposito, preparato il terreno per la lettura de "Le metamorfosi o L’asino d’oro" di Apuleio] – emergono prepotentemente idee mutuate dai bellissimi racconti, chiamati "miti", contenuti nei Dialoghi di Platone [in particolare il "mito del Demiurgo" contenuto nel Timeo]. I cultori della dottrina della dèa Iside [un culto esoterico che va per la maggiore in Età tardo-antica] utilizzano il racconto platonico per ribadire che l’anima non è saldamente legata al corpo, ma vi è precipitata dalle regioni dell’aldilà e deve liberarsi da questo vincolo che la imprigiona per tornare [come pura forma] nel Mondo delle idee, nell’Iperuranio. L’anima, alla vista del corpo terreno, s’infiamma d’amore e penetra nella materia e, di conseguenza, per tornare all’origine, deve seguire un itinerario di purificazione: deve attuare, secondo Platone, una presa di coscienza che induca l’anima a seguire un percorso rigeneratore di carattere intellettuale.

     Platone non avrebbe sopportato un’interpretazione sacrale dei suoi "miti", creati per spiegare principi di carattere intellettuale non mistico, ed è appunto per "liberare" le idee di Platone dall’egida mistica e religiosa che si sviluppa, sul territorio dell’Età tardo-antica, una delle correnti filosofiche più importanti di tutta la Storia del Pensiero Umano: il Neoplatonismo. L’ultima volta che abbiamo puntato l’attenzione sulla filosofia neoplatonica è stato durante il percorso dell’anno scolastico 2008-2009 quando abbiamo viaggiato sul territorio della "sapienza ellenica di Socrate, Platone e Aristotele" e, parallelamente, nello spazio di quello straordinario affresco che si chiama La Scuola di Atene di Raffaello: un viaggio di studio che ha lasciato un buon ricordo.

     Abbiamo studiato allora che, all’inizio dell’Età moderna, l’affresco de La Scuola di Atene di Raffaello [dipinto negli appartamenti vaticani tra il 1508 e il 1510] vuole mettere in evidenza soprattutto la cultura neoplatonica: il papa ha deciso di "dichiarare" – attraverso un dipinto [che deve essere un manifesto] – che la dottrina del cristianesimo è saldamente ancorata alla cultura ellenistica e che, quindi, il risorgente Neoplatonismo rinascimentale può svilupparsi, a pieno titolo, nell’ambito della cristianità. I progettisti dell’affresco intitolato La Scuola di Atene [papa Giulio II, il bibliotecario vaticano Fedra Inghirami, l’architetto pontificio Bramante e il pittore Raffaello, che sono tutti di formazione neoplatonica] vogliono [il papa in primo luogo] che questo dipinto illustri il retroterra intellettuale del pensiero cristiano che non esisterebbe se non ci fosse stato il lungo itinerario che, dagli albori della cultura orfico-dionisiaca, attraverso la sapienza di Socrate, Platone e Aristotele, arriva al movimento filosofico neoplatonico il quale, in Età tardo-antica [nel III secolo], ha contribuito in modo decisivo allo sviluppo della dottrina cristiana.

     La filosofia neoplatonica prende le mosse ad Alessandria [nel III secolo] partendo da una riflessione sul dialogo di Platone intitolato Timeo [di Platone possediamo 36 opere, un patrimonio prezioso e importantissimo]. Se osserviamo la celebre figura che rappresenta Platone ne La Scuola di Atene di Raffaello la nostra attenzione si concentra sulla metafora pittorica della mano destra alzata, con l’indice puntato verso il cielo: il cielo è la sede di ogni principio ideale, e questa immagine vuole esprimere, in maniera incisiva, il messaggio metafisico di Platone, fondato sulla trascendenza. Platone è il grande codificatore del mondo soprasensibile: il Mondo delle idee, delle "forme intellettuali" che fanno esistere la realtà delle cose. Platone poi [sempre osservando la figura che lo rappresenta ne La Scuola di Atene], nella mano sinistra, tiene un libro e il titolo di questo volume è ben visibile: Platone tiene in mano il testo del dialogo intitolato Timeo, e non è difficile capire perché il gruppo di studio [composto da Giulio II, da Fedra Inghirami, da Bramante e da Raffaello] ha scelto proprio questo libro.

     Il Timeo è stato sicuramente il dialogo più influente di Platone, il più letto e il più studiato in Età tardo-antica, nel Medioevo e nei periodi dell’Umanesimo e del Rinascimento [oggi continua ad essere studiato con interesse]. Il dialogo intitolato Timeo è quasi un trattato che contiene la sintesi più densa del pensiero cosmologico greco, e Platone si domanda: come sono fatti il Mondo, la Natura, l’Essere umano, l’Anima, l’Universo? Il Timeo è una delle ultime opere scritte da Platone [Platone è morto ad Atene nel 347 a.C.] e i protagonisti di questo dialogo sono: Socrate [ospite quasi fisso nei Dialoghi di Platone], Crizia [uno dei Trenta Tiranni], Ermocrate [famoso generale siracusano] e Timeo di Locri che compare solo in questo dialogo ed è una figura allegorica inventata da Platone. Il personaggio di Timeo viene etichettato come un "pitagorico" e Platone gli fa pronunciare il "grande discorso Cosmologico": un discorso diviso in quattro parti di natura didattica. In questo discorso Platone, per bocca di Timeo, afferma che il Demiurgo [sappiamo che, in greco, la parola "demiurgo" significa "vasaio, artigiano"], ossia l’Artefice divino, impastando insieme le Idee [il mondo intelligibile] e la Materia, produce tutte le cose. Dall’opera mirabile del Demiurgo scaturisce la bellezza e l’unità del Cosmo [l’Universo], deriva la struttura dell’anima, vengono creati il tempo, i pianeti e le stelle, gli animali e gli esseri umani e il "mezzo" di cui il Demiurgo si serve nella costruzione del cosmo è la matematica [il Demiurgo geometrizza]. In questo dialogo si guarda verso il cielo inteso, prima di tutto, come mondo dell’Intelligenza, ma il linguaggio mitico di Platone è tale che il cielo sembra essere davvero anche un trono su cui sta seduto un dio creatore. Nel celebre Discorso sul Demiurgo Platone lo definisce come il Fattore intelligente, il Padre dell’Universo, l’Artefice del Mondo Creato e queste espressioni avvicinano il pensiero di Platone a quello dei Padri della Chiesa. È evidente, quindi, che il dito di Platone puntato verso il cielo serve – all’inizio dell’Età moderna – a trasformare questo territorio [il celeste mondo delle Idee] in un simbolo divino.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Quella volta il cielo vi ha offerto uno spettacolo suggestivo: quando, dove, come?...

Scrivete quattro righe in proposito

     Se scorriamo il testo del Timeo possiamo leggere molte affermazioni significative che possono far pensare al Demiurgo come se fosse il Dio cristiano ma dobbiamo tenere conto che per Platone la "metafisica" è uno spazio da indagare con la ragione e da descrivere con la matematica – non a caso il personaggio di Timeo di Locri è un "pitagorico" – e quindi la "metafisica", secondo Platone, non è un’area sacrale da penetrare religiosamente con la teologia ma un campo su cui indagare in modo "teoretico-razionale" con una mentalità laica dove persino l’anima viene creata dal Demiurgo mediate "complesse operazioni matematiche".

     Leggiamo due brani del Timeo: sono due dei brani attorno ai quali, in Età tardo-antica ad Alessandria, si sviluppa la riflessione che porta alla nascita della corrente neoplatonica che edifica il suo pensiero su tre concetti fondamentali che derivano dal testo del Timeo: l’Uno, l’Intelletto e l’Anima del mondo.

LEGERE MULTUM….

Platone, Timeo

L’essenza del Bene sta nell’Uno che è la Misura suprema di tutte le cose, mentre la natura del male ha le sue radici nel principio della divisione, della Diade indefinita di grande e piccolo, e nel sistema della molteplicità. Attuare il Bene, pertanto, significa dispiegarlo e calarlo in vari modi nella molteplicità stessa, in modo da portare unità nella scomposta divisione della molteplicità, secondo le forme geometriche e i numeri e sulla base di adeguati rapporti numerici: in questo consiste il portare ordine nel disordine. Dunque, il Demiurgo, che è il migliore degli esseri viventi e la migliore delle cause, mette in atto e realizza la Misura suprema, facendo calare l’unità nella molteplicità, ossia collegando l’Uno e i Molti e i Molti e l’Uno nella maniera più compiuta, mediante la matematica, nutrimento dell’Intelligenza.

Il Demiurgo possiede in modo adeguato la scienza e ad un tempo la potenza di mescolare molte cose in unità e di nuovo scioglierle dall’unità in molte, ma non c’è nessuno degli umani ancora che sappia fare né l’una né l’altra cosa, né ci sarà mai in avvenire se l’essere umano non prende coscienza di una serie di precisazioni dirette a dare forma all’intelletto.

Si sappia che, in primo luogo, il mondo è perfetto [téleios, completo] in quanto è uno. Infatti uno è il modello, l’Idea del mondo, e una è anche l’immagine completa di questo modello, ed è un bene tendere a creare la sintesi.

Si sappia inoltre che l’unità dei vari elementi di cui è costituito il cosmo è realizzata dal Demiurgo sulla base del rapporto numerico della proporzione geometrica, ossia mediante quella proporzione nella quale gli estremi moltiplicati fra loro e i medi pure moltiplicati fra loro danno lo stesso prodotto, di modo che gli estremi possono prendere la stessa posizione dei medi, mantenendo sempre la stessa proporzione. Appunto su questa base dei rapporti numerici e delle proporzioni che portano le cose all’unità, il Demiurgo fonda la comunione di tutte le cose fra di loro.

Il cosmo è quindi un unico intero, proprio per il motivo che, inglobando in uno-intero la totalità delle cose, sempre ad opera del Demiurgo, non lascia nulla fuori di sé.

La stessa forma sferica del cosmo realizza perfettamente l’unità, in quanto la sfera è una figura geometrica che include in sé tutte le forme.

Anche il tempo, che è stato realizzato insieme con il cosmo, è un’immagine che imita l’unità dell’eterno, scorrendo secondo una scansione numerica, che si realizza nel giorno e nella notte, nel mese e nell’anno, e, quindi, si muove ciclicamente appunto secondo il numero. Ciò che l’eterno è viene imitato dal tempo, con quei ritmi numerici dai quali nascono ciò che era e ciò che sarà, che sono una copia mobile numerata di ciò che è eterno. In modo straordinario il Demiurgo ha realizzato l’unità mediante i rapporti numerici nella creazione dell’anima e dei quattro elementi [acqua, aria, terra, fuoco]. Si sappia che l’anima è stata creata dal Demiurgo mediante complesse operazioni matematiche. Dapprima il Demiurgo ha prodotto elementi di carattere intermedio mescolando l’Essere, l’Identico e il Diverso per renderli indivisibili. Successivamente ha mescolato questi tre elementi intermedi con opportuni rapporti proporzionali armonici. Nell’Anima del mondo il Demiurgo ha infuso intelligenza e funzione motrice, in modo da poter attuare, mediante essa, nel modo migliore il suo disegno di calare le impronte del mondo intelligibile nel sensibile e così attuare e reggere il cosmo. Non è l’anima ad essere posizionata nel corpo del mondo, ma, viceversa, è il corpo del mondo che è nell’anima. Non è il corpo del mondo che genera intelligenza ma è l’Intelligenza che rivela il corpo del mondo.

    Anche il mondo ha un’anima – scrive Platone – ma, mentre l’anima individuale è dentro al corpo, l’Anima del mondo, fatta di intelligenza e di energia, comprende il cosmo in una sintesi unitaria. Il pensiero neoplatonico, nel III secolo, utilizza tre concetti fondamentali che derivano dal testo del Timeo: l’Uno, l’Intelletto e l’Anima del mondo.

    Platone – e questo è un suo altro merito – scrive sempre con uno stile ipotetico, interlocutorio, problematico e non dice mai: "Le cose sono così", e teme i processi di sacralizzazione della scrittura. Platone, in modo didattico, afferma che l’Artefice è un Fattore [un moltiplicatore] che non si presenta come un dispensatore di dogmi indiscutibili ma come un interlocutore intellettuale che invita a ragionare.

    Nel Timeo Platone presenta una Cosmologia [la forma dell’Universo] fondata sulla matematica: il Demiurgo crea [geometrizza] usando i triangoli regolari e i cinque solidi geometrici regolari per cui gli atomi dei quattro elementi fondamentali [terra, fuoco, aria, acqua], hanno una precisa forma geometrica che trasmettono ai corpi e agli oggetti. Gli atomi della terra hanno la struttura del cubo [di un poliedro a sei facce]. Gli atomi del fuoco hanno la struttura del tetraedro [di una piramide a base triangolare con quattro facce]. Gli atomi dell’aria hanno la struttura dell’ottaedro [di un poliedro con otto facce]. Gli atomi dell’acqua hanno la struttura dell’icosaedro [un poliedro con venti facce]. E il dodecaedro [un poliedro a dodici facce] è la struttura di cui il Demiurgo si serve per ornare il disegno dell’Universo. Queste strutture, descritte a parole, le ha disegnate Leonardo da Vinci per il matematico Luca Pacioli che le ha pubblicate sulla sua opera intitolata De divina proportione del 1498, stampata a Venezia nel 1509.

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I disegni di queste strutture giometriche li potete trovare sull'enciclopedia, in biblioteca, sulla rete andate ad osservare come Leonardo ha disegnato i "corpi geometrici regolari" come li ha descritti Platone nel Timeo...

    Non è casuale il fatto che il volto di Platone ne La Scuola di Atene sia il ritratto di Leonardo da Vinci. Ma i membri del gruppo di studio [Giulio II, Fedra Inghirami, Bramante, Raffaello] che preparano il contenuto de La Scuola di Atene hanno voluto soprattutto mettere in risalto una figura che considerano molto importante [persino più importante di Platone e di Aristotele, anche se non possono, a cominciare dal papa, dichiararlo ufficialmente]: questa figura è stata collocata sulla sinistra del dipinto [sulla destra per noi che guardiamo] nella parte alta e rappresenta un personaggio al quale è stato dato il nome di "nobile vecchio".

    Il "nobile vecchio" è stato raffigurato vestito di marrone, dello stesso colore del saio francescano [è forse un omaggio a Giulio II che è un francescano?], e questa figura è posta davanti alla parete chiara per avere maggior risalto ed è il personaggio che [nel gioco della prospettiva dell’affresco] che sta più in alto di tutti. Giulio II ha molti oppositori in curia che lo accusano di essere troppo "neoplatonico" e, quindi, si capisce per quale ragione la figura di cui stiamo parlando è stata sempre definita con un appellativo, il "nobile vecchio", piuttosto che con il nome del personaggio che questa immagine rappresenta: è un personaggio scomodo e, difatti, questa figura – e le figure che ha intorno [c’è anche il suo maestro] – non può essere nominata esplicitamente e, di conseguenza, si procede per allusioni, per citazioni letterarie. Questa figura rappresenta Plotino di Licapoli, uno dei più grandi pensatori che la Storia della cultura abbia conosciuto. Plotino – il "nobile vecchio" – è il codificatore del pensiero neoplatonico, la corrente di Pensiero che, in Età tardo-antica, fornisce la solida piattaforma filosofica, teologica e dottrinaria sulla quale il cristianesimo pone le basi della sua dottrina.

    Ma Plotino di Licapoli, la città dell’Egitto nella quale è nato nel 205, non è un cristiano, anche se è nato in una famiglia di cultura cristiana. Plotino pensa che il cristianesimo sia una "religione" misterica che ha messo da parte la ragione, e si esprime [con grande rispetto ma anche con grande decisione] dicendo che il cristianesimo è una "teosofia barbara [con un Dio-Padre piuttosto crudele], cannibalica [questo mangiare il corpo e bere il sangue di Cristo lo inquieta], esasperata e fanatica [le lotte ideologiche in corso tra gruppi contrapposti di cristiani non sono indolori e contraddicono la dottrina basata sull’amore solidale e la fraternità]". È evidente quindi che nei confronti di Plotino, del suo maestro e delle Scuole neoplatoniche, ci sia sempre stata nella cristianità una forma di rimozione, di imbarazzo, di distacco, anche quando, silenziosamente, si utilizzerà il suo pensiero per rafforzare, sotto il profilo filosofico, la dottrina cristiana: Plotino non lo si nomina e si fa finta che non sia mai esistito ma Giulio II pensa [agli albori dell’era moderna] che [sebbene con circospezione] debba cadere una volta per tutte questa deleteria pregiudiziale. La pregiudiziale consiste nel fatto che Plotino, nel momento in cui il cristianesimo assume sempre di più i connotati di una religione misterica, si permette di costruire un itinerario di cultura e di morale laica che, attraverso un Percorso intellettuale [in modo alternativo, quindi, alla religione], possa condurre la persona verso la salvezza [a dare un senso alla propria vita] e alla pienezza di sé [a trovare l’equilibrio e la felicità mediante un investimento in intelligenza]. La persona – sostiene Plotino – deve cercare la salvezza [il senso della vita] e deve coltivare la propria dimensione umana utilizzando le risorse che trova in se stessa mediante un corretto uso della ragione e i pensatori cristiani negli anni a venire dovranno fare i conti con questo concetto: trovare un equilibrio tra la fede e la ragione sarà uno dei temi più importanti della filosofia medioevale [che auspichiamo di studiare a suo tempo].

    Plotino, sebbene sia vissuto nel III secolo, è da considerarsi un pensatore che va ben oltre l’Età tardo-antica [comincia con il Neoplatonismo il Medioevo?] e siccome La Scuola di Atene è un oggetto che, secondo l’intenzione di Giulio II, serve perché la cristianità rifletta sulle sue radici culturali [e magari faccia anche autocritica], la figura di Plotino risulta fondamentale nell’affresco [c’è chi afferma che i lineamenti del volto del "nobile vecchio" richiamino quelli del viso di Giulio II], al centro dell’affresco ci sono Platone e Aristotele ma, più in alto di tutti, c’è Plotino. Giulio II pensa che sarebbe necessario imprimere una svolta di Umanesimo laico nella Storia della Chiesa [stava progettando una Riforma che, forse, - dicono le storiche e gli storici - avrebbe anticipato quella di Lutero], e, da neoplatonico-francescano, pensa sia utile studiare il pensiero di Plotino e riconsiderare le opere di quella straordinaria stagione culturale che si è aperta ad Alessandria nel III secolo. Chi è Plotino di Licapoli? In che cosa consiste il suo pensiero?

    Plotino è nato a Licapoli in Egitto nel 205 e, dopo una prima fase di studi nella sua città, si trasferisce nella metropoli di Alessandria che, nel III secolo, è una delle grandi capitali economiche e culturali del bacino del Mediterraneo. Sulla vita e sulle opere di Plotino c’informa uno dei suoi discepoli diretti: Porfirio di Tiro, nato nel 234. Porfirio ci ha lasciato in eredità due opere molto importanti: la Vita di Plotino e le Enneadi di Plotino.

    Plotino ha scritto 54 trattati e Porfirio li ha raccolti per argomenti, li ha messi in ordine in sei gruppi di nove opere ciascuno e li ha pubblicati. Un insieme di nove oggetti in greco si chiama "enneade" perché "nove" si dice "ennea ennèa". Se mettiamo insieme dodici oggetti facciamo una dozzina, se ne mettiamo insieme nove facciamo un’enneade [in latino "enneade" si traduce "novena"]. Quindi il termine "Enneadi" – che dà il titolo all’opera di Plotino – significa: insiemi di nove trattati, e su cinquantaquattro ne vengono fuori sei [54 : 9 = 6] di Enneadi.

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Che cosa vi fa venire in mente la parola "novena"?...

Scrivete quattro righe in proposito...

    Porfirio ne la Vita di Plotino scrive che lui, per studiare filosofia, si trasferisce ad Alessandria e comincia a frequentare le Scuole più famose e più costose della città, quelle gestite dai maestri più celebri, ma esce sempre da queste lezioni con scarso entusiasmo e "pieno di scoraggiamento e di afflizione" perché questi professionisti della saccenteria non stimolano la sua curiosità e non incidono sulla sua volontà di cambiamento. Un giorno – siamo nella primavera del 233 [1780 anni fa: una stagione e una data che costituiscono una svolta nell’Età tardo-antica – Plotino, senza una meta precisa, si addentra nella zona più popolare della città, nel quartiere del porto di Alessandria che dà lavoro a centinaia di operai, e a mezzogiorno va a pranzo in una taverna [il menu è fisso: pane, formaggio, olive verdi e nere, un quarto di vino rosso] nella quale c’è un solo altro commensale che sta mangiando, è un uomo maturo che ha con sé la cartella con gli arnesi appositi dello studente. In queste taverne ci si siede ad un unico tavolo e, ad un certo punto, quest’uomo comincia a conversare con Plotino che, in verità, non ha alcuna voglia di parlare perché è "scoraggiato e afflitto", mentre invece quest’altro dimostra di essere una persona serena e comprensiva tanto che Plotino gli confida la sua delusione per le esperienze che sta facendo [aveva molte aspettative culturali venendo ad Alessandria che sono andate deluse]. Plotino sente di essere ascoltato e, quindi, racconta al suo compagno di mensa le sue disavventure di studente non soddisfatto: critica i celebri e costosi maestri alessandrini e conclude che sta meditando di tornarsene a casa sua, a Licapoli, perché ormai ha ventotto anni e deve decidere che cosa fare nella vita. Quest’uomo presta molta attenzione alle parole di Plotino e "capisce [scrive Porfirio] il desiderio di conoscenza che questo giovane ha nell’anima" e allora gli fa una proposta dicendogli: «Guarda, io sto andando a Scuola, vieni ad ascoltare una Lezione del mio maestro!». Plotino ribatte: «Chi è il tuo maestro? Io le ho frequentate tutte le Scuole di Alessandria, è possibile che non lo conosca?». Il suo interlocutore lo mette al corrente: «È uno che non vende il suo sapere perché è un "vero maestro [un vero discepolo di Platone]" e abita qui, nel quartiere più popolare della città, e lavora al porto per guadagnarsi da vivere, fa lo scaricatore [il saccoforòs] e, anche per questo, di soprannome lo chiamano Sacca, ma di nome si chiama Ammonio, e non credo che tu [conclude ironicamente] non lo abbia mai sentito nominare». «Ho capito [dice Plotino], tutti i maestri che ho frequentato dicono peste e corna di questo Sacca e, quindi, non me ne sono curato». «Te l’ho detto [ribatte l’uomo] lo criticano perché lavora per mantenersi, sostiene che la cultura non si vende e la sua Scuola è aperta a tutti, è sulla strada, e le persone che la frequentano, se vogliono, contraccambiano con un dono, portano un fiore, un uovo, una ciambella, una tazza d’olio, un quarto di vino, una fetta di formaggio, una pagnotta, perché, vedi, "insegnare", così come "apprendere", è un reciproco dono solidale». Plotino s’incuriosisce e decide di seguire lo sconosciuto che, intanto, si presenta: «A proposito, io mi chiamo Origene, sono di Alessandria, ho 48 anni, sono cristiano e frequento anche il Didascalion, la Scuola di un altro maestro che si chiama Clemente Alessandrino». E così Plotino [dopo essersi presentato anche lui], in compagnia di Origene [con il quale continua a chiacchierare perché hanno tempo], va all’appuntamento che cambia la sua vita. Ammonio fa lezione nel cortile antistante alla piccola casa dove abita e quando Origene e Plotino arrivano è ancora presto ma il cortile [che è riparato da una pergola sulla quale si arrampica una bella pianta di glicine] è già pieno di studentesse e di studenti che attendono e conversano sottovoce, e via via ne arrivano altri [l’ambiente è simile a quello del Giardino di Epicuro]. Alle cinque Ammonio apre la porta, esce nel cortile e, dopo aver salutato tutti cordialmente, inizia la sua Lezione. Il programma della Scuola di Ammonio si basa sul commento ai testi [che lui conosce a memoria] dei Dialoghi di Platone e della Metafisica di Aristotele.

    La figura popolare ma autorevole di Ammonio, la sua maniera semplice ma esaustiva d’insegnare [Ammonio sta commentando il Timeo di Platone in modo nuovo e originale] e il contenuto della sua Lezione colpisce positivamente Plotino il quale, ad un tratto, rivolge lo sguardo verso Origene, lo ringrazia, e gli dice: «Ecco la persona che volevo incontrare, ecco il maestro che cercavo». Da quel pomeriggio, per undici anni, Plotino frequenta la Scuola di Ammonio e attraverso questa Scuola [una delle più famose "Scuole di strada" della Storia della Cultura] il giovane Plotino percorre un itinerario intellettuale che lo porta a "mettere piede", per sempre, nella Storia del Pensiero Umano, fino a diventare la figura del "nobile vecchio" che campeggia ne La Scuola si Atene.

    A frequentare la Scuola di Ammonio, oltre a Plotino, in quell’umile spazio nel quartiere del porto di Alessandria, ci sono altri studenti [Erennio, Origene e Cassio Longino, per esempio] che diventeranno protagonisti nella Storia del Pensiero Umano.

    Ammonio Sacca è il proto-fondatore del Neoplatonismo, una delle correnti culturali più importanti della Storia del Pensiero Umano. Ammonio [come i pensatori più accorti] vive appartato e non vuole "apparire": studia, insegna e lavora in una città, l’Alessandria del III secolo, dove ci si nutre di protagonismo e dove il concetto dell’Avere ha soppiantato l’Essere e la Scuola di Ammonio diventa il punto di riferimento per chi dissente e vuole ribadire che solo l’Essere può dare un significato positivo all’Avere [non l’avere per possedere ma l’essere per fare].

    Una serie di notizie su Ammonio Sacca ci vengono date da Porfirio, il quale, nella Vita di Plotino, scrive che "Ammonio è nato ad Alessandria nel 175, in una famiglia agiata ed è stato educato nella cultura cristiana". Porfirio ci racconta che Ammonio ha viaggiato fin sulle sponde dell’Indo: ha fatto un viaggio che allora molti intellettuali affrontavano per andare a studiare i Libri dei Veda [della Sapienza] e per frequentare le Scuole indiane delle Upanishad [la parte filosofica dei "Veda", un tema che a suo tempo abbiamo studiato]. Da circa cinquecento anni [da quando Alessandro Magno aveva aperto delle piste percorribili] il "pellegrinaggio culturale" da occidente verso oriente era diventato un fenomeno comune tra gli intellettuali. C’è chi sostiene che il soprannome "Sacca" sia stato attribuito ad Ammonio, oltre che per i "sacchi da scaricare", anche per il nome Sakyamuni [il "mistico della famiglia dei Sakya"] che era il soprannome di Gotamo Siddarta prima che diventasse l’Illuminato di Benares [il Budda]. Nella formazione di Ammonio emergono alcune significative implicazioni multiculturali, ma la bussola che segue è rappresentata dai Dialoghi di Platone. Tornato ad Alessandria Ammonio ha scelto di condurre una vita umile, appartata, dedicandosi al lavoro e alla sua Scuola di strada che ha gestito fino alla morte, avvenuta nel 244. Da quel momento tutti i suoi studenti cominciano a percorrere la loro strada in modo indipendente facendo tesoro dell’insegnamento che hanno ricevuto.

    La Scuola di Ammonio si propone di potenziare l’intelligenza umana: la persona si distingue non per la classe sociale, per il censo, per la simpatia, per il potere che gestisce, ma per la capacità che ha di coltivare il proprio intelletto, un intelletto che sappia mettere in ordine le idee, secondo l’itinerario già tracciato da Platone, in modo che si crei nella mente della persona una scala di valori che favorisca l’avvicinamento all’idea suprema, all’idea del Bene. Secondo Ammonio la Persona, essendo un Soggetto unico [Uno, En] può e deve trascendere se stessa: che cosa significa? «Quando penso a me stesso [spiega Ammonio interpretando il "Timeo"] posso dire di me molte cose [ho molti attributi e le sfaccettature della mia personalità sono molte] ma, essenzialmente, mi riconosco come "Un unico essere umano" e questo riconoscimento è opera del mio Intelletto [Nous] e, tra me che sono Uno e il mio Intelletto che mi trascende si crea una relazione che si attualizza nella mia Anima [Psiche]. E allora, chi sono io? Io [spiega Ammonio] sono Uno ma, il mio essere Uno, si manifesta in tre idee che in me si personificano [tre "ipostasi ipostasi", in greco] e che danno un senso al mio esistere: io sono Uno [En], ma sono anche Intelletto [Nous] che pensa a me come essere Unico e questo pensiero [che lega il mio Essere al mio Intelletto] è l’Anima [Psiche], quindi, sono Uno in tre persone [ipostasi]». Questo fondamentale ragionamento di Ammonio – "io sono Uno in tre persone [tre ipostasi]" – ci ricorda immediatamente che questo è il primo elemento [assolutamente laico e razionale] su cui va a fondarsi la teologia [la struttura di Dio] del cristianesimo.

    La Scuola di Ammonio propone una "via intellettuale" per insegnare [attraverso un corretto uso della ragione] a disciplinare il corpo a ciò che è essenziale, e a formare l’intelletto perché possa investire in intelligenza per risalire, idea per idea, al sommo concetto del Bene. La Scuola di Ammonio propone un itinerario di istruzione non finalizzato all’erudizione ma insegna uno stile di vita nel quale, equamente ripartiti, ci siano il lavoro manuale, lo studio, la contemplazione e la pratica della generosa solidarietà. Ne La Scuola di Atene la figura di Ammonio è stata dipinta alla sinistra di Plotino con il copricapo tipico dei portuali di Alessandria, con il mantello verde-oliva dei maestri neoplatonici [il verde-oliva è il colore di Atena in quanto dèa della sapienza] e con il bastone in mano, sempre pronto per partire alla volta di un nuovo itinerario.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

È molto facile trovare una raffigurazione de La Scuola di Atene di Raffaello: andate ad osservare le figure di Plotino e di Ammonio...

    Plotino raccoglie l’eredità intellettuale di Ammonio e codifica nelle sue opere, nelle Enneadi [ordinate da Porfirio], i concetti fondamentali del pensiero neoplatonico. Plotino fa diventare universale la riflessione di Ammonio: se l’essere umano è la sintesi di tre elementi fondamentali – l’Uno [En] l’Intelletto [Nous] e l’Anima [Psiche] – anche la realtà dell’Universo [pensa Plotino] può essere così.

    Ma ora, prima di addentrarci nel pensiero di Plotino [nelle Enneadi] dobbiamo aprire una parentesi in funzione della didattica della lettura e della scrittura perché questa visione della natura dell’Essere umano secondo lo schema neoplatonico – Uno in tre persone [Uno, Intelletto e Anima] – ha avuto un’evoluzione in Età moderna e contemporanea che ha condizionato la filosofia e la letteratura. L’Io aspira ad essere Uno come soggetto che in potenza sa raccontarsi, e l’Intelletto fornisce al Sé la funzione di narratore in atto, e l’Anima è l’essenza della narrazione, per cui la persona si trascende in virtù della sua capacità di narrare se stessa.

    Sono molte le autrici e gli autori che potremmo citare in proposito ma ce n’è uno che ha incarnato più di altri questa visione, ed è lo scrittore Jorge Luis Borges. Jorge Luis Borges è nato a Buenos Aires nel 1899 da una famiglia dell’alta borghesia, è vissuto a Ginevra [1914-18] e in Spagna [1919-21], dove ha partecipato al movimento d’avanguardia dell’"ultraismo [dal latino ultra, al di là. Perché l’Intelletto fa calare l’Uno - l’Io narratore - in molteplici Anime, oltre se stesso]". Borges [insieme a sua madre e a sua sorella] è stato un oppositore della dittatura di Perón [1946-55] e, per punizione, subisce il trasferimento dalla Biblioteca di Buenos Aires, in cui lavorava da tempo, alla sovrintendenza delle fiere del pollame [dai libri ai polli]. Caduto il dittatore è nominato direttore della Biblioteca nazionale e docente di Letteratura inglese all’Università. A causa di una malattia ereditaria diventa progressivamente cieco, tuttavia, la crescita internazionale della sua fama, a partire dai primi anni ’60, lo porta a viaggiare per conferenze negli Stati Uniti e in Europa. Nel 1974, con il ritorno del peronismo, si dimette dalla Biblioteca nazionale argentina e prende la via dell’esilio [è più volte in Italia dal 1977 al 1985]. Torna a Buenos Aires per fondare la rivista murale Prisma e poi si trasferisce in Svizzera dove muore, a Ginevra, nel 1986. Tra le molte opere in poesia e in prosa che Borges ha scritto ricordiamo l’Antologia di letteratura fantastica [1940] e i racconti gialli Sei problemi per Isidoro Parodi [1942].

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

I due libri di racconti intitolati Finzioni [1944] e L'Aleph [1949] sono universalmente considerati i capolavori di Jorge Luis Borges e se ne consiglia la lettura...

    L’Aleph è una raccolta di diciassette brevi racconti e un epilogo, e questi racconti potrebbero essere "veritieri" perché contengono dati reali [storici, letterari] autentici e documentati ma l’autore s’intrufola [s’intromette] nella narrazione con la sua soggettività e anima i personaggi [storici, letterari, mitici, inventati] trascendendo [mistificando] intellettualmente la realtà e tirando in ballo temi universali – il tempo, l’eternità, la morte, la personalità e il suo sdoppiamento, la pazzia, il dolore, il destino – che condizionano l’esperienza individuale di ogni persona. Il termine "aleph" rappresenta la metafora dell’Uno che emana l’Intelletto e l’Anima del mondo: "aleph" è la prima lettera dell’alfabeto ebraico e, come simbolo numerico, equivale all’Uno ed è il numero cardinale che caratterizza la potenza di un insieme [una funzione – secondo il matematico Wroński – in cui tutti i coefficienti sono uguali all’unità].

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Il termine "Uno", dal punto di vista dei significati, ci invita a riflettere: quale di questi - uno, solo, distinto, isolato, selezionato, esclusivo, distaccato scelto - mettereste per primo accanto alla parola "Uno"?...

    E ora leggiamo un brano dal racconto intitolato L’Aleph che dà il titolo a questa raccolta pubblicata nel 1949. Non possiamo leggere dall’inizio questo racconto e neppure la fine [potete farlo voi] e, quindi, per entrare nella narrazione dobbiamo sapere alcune cose. Il narratore-protagonista [Borges stesso] racconta che lui – da quando, nel 1929, è morta una donna che gli era particolarmente cara di nome Beatriz Viterbo – ogni anno, il 30 aprile, si reca in via Garay [siamo a Buenos Aires] a trovare il padre e il cugino di lei che si chiama Calos Argentino Daneri il quale aspira a fare lo scrittore e sta componendo un poema intitolato Terra … L’appartamento di via Garay è di proprietà dei signori Zunino e Zungri, padroni di una avviata pasticceria e, un bel giorno, vogliono demolire questo edificio per allargare la loro azienda e Calos Argentino si ribella. Ora possiamo cominciare a leggere:

LEGERE MULTUM….

Jorge Luis Borges, L’Aleph

L’Aleph

A partire dal venerdì di buon’ora, il telefono cominciò a darmi preoccupazione. M’indignava che quello strumento che un giorno aveva prodotto l’irrecuperabile voce di Beatriz, potesse abbassarsi a far da ricettacolo alle inutili e forse colleriche lagnanze dell’ingannato Carlos Argentino Daneri. Fortunatamente, non accadde nulla - se si toglie il rancore inevitabile che m’ispirò quell’uomo che mi aveva imposto un incarico delicato e poi mi dimenticava.

Il telefono perdette il suo alone di terrore, ma alla fine di ottobre Carlos Argentino mi chiamò all’apparecchio. Era agitatissimo; in un primo momento, non riconobbi la sua voce. Con tristezza e con ira balbettò che quegli smisurati Zunino e Zungri, col pretesto di ampliare la loro mostruosa pasticceria, volevano demolire la sua casa.

...(continua la lettura)...

        Plotino raccoglie l’eredità intellettuale di Ammonio e codifica nelle sue opere, nelle Enneadi [ordinate da Porfirio], i concetti fondamentali del pensiero neoplatonico.

    Nelle Enneadi Plotino sostiene che il Tutto, tutta la realtà universale, può essere sintetizzata con la ragione in un concetto che possiamo chiamare l’Uno [En] e che rappresenta la sintesi della trascendenza perché, se risaliamo nella scala dei valori, arriviamo, secondo la logica [afferma Plotino], ad una suprema idea di Unità che trascende Tutto: la quantità, la qualità, l’anima, il pensiero, la volontà e anche Dio [se c’è]. Al di sopra di Tutto c’è l’Uno che è – come lo è il pensiero [chi può fermare l’attività del pensiero?] – un principio dinamico: l’Uno, difatti, ha la capacità di "emanare [di effondere]", e questo concetto lo si capisce benissimo se pensiamo all’attività della nostra Mente la quale non fa altro che emanare pensieri, che produrre elaborazioni intellettuali e questo stesso procedimento avviene nella realtà perché l’Uno è la Mente universale. E l’Uno [scrive Plotino], per emanazione naturale e necessaria, produce l’Intelletto [il Noùs, il Logos, il Mondo delle Idee]. E poi l’Uno attraverso l’Intelletto continua a emanare quella che Plotino chiama: l’Anima del Mondo [l’ineffabile Intelligenza]. Quindi la realtà universale – formata da l’Uno, l’Intelletto e l’Anima – è un "mondo intelligibile", conoscibile con l’esercizio della ragione.

    E la Materia, di cui sono fatte le cose, che cos’è? La Materia [il Non-essere] è il prodotto della lontananza dall’Uno. La Materia, non avendo un’anima intelligibile, è assolutamente inerte, e le persone lo intuiscono perché [scrive Plotino] sentono il bisogno di dire che "sarebbe necessario dare un’anima alle cose".

    E l’essere umano come si configura in questa realtà? La persona [scrive Plotino] possiede l’ultima propaggine dell’Uno imprigionata nella materia: l’Intelletto individuale, l’intelligenza. L’intelligenza della persona [afferma Plotino] fa sì che si manifesti in lei una grande inquietudine che [spiega Plotino] fa nascere nella mente della persona un desiderio profondo di tornare al suo supremo principio: l’Uno. Quindi il senso della vita per la persona consiste nell’intraprendere un processo di liberazione dalla materia attraverso un cammino intellettuale che conduce all’Uno, e la persona [scrive Plotino] deve vivere la propria vita in funzione del suo "ritorno" alla fonte, all’Uno che è la Sintesi suprema.

    In greco la parola "ritorno [il ritorno alle origini]" corrisponde al termine "epistrophé" e questo concetto del "ritornare [epistrepho epistrèphò]" non ha per Plotino una natura di carattere sacrale ma ha una valenza intellettuale: è il bisogno di trovare la sintesi. L’epistrophé [il ritorno all’Uno mediante la capacità di sintesi] è un percorso di studio che consiste nell’attivare la conoscenza, la comprensione, l’applicazione, l’analisi e la sintesi che è a sua volta una nuova conoscenza che mantiene attiva la dinamica dell’investimento in intelligenza.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Quando, come e perché avete intrapreso la via del ritorno?...

Scrivete quattro righe in proposito...

Quale di queste parole - riunione, incontro, unificazione, fusione, accordo, affiatamneto, intesa - mettereste per prima accanto alla parola "sintesi"?

Scrivetela...

    Plotino persegue con coerenza i princìpi di una morale laica, e l’epistrophé [il percorso di apprendimento cognitivo che favorisce il ritorno all’Uno, l’esercizio della sintesi] non è un annuncio o un programma di carattere religioso ma è una concreta proposta scolastica: è un piano di studio. Leggiamo un frammento dal testo delle Enneadi.

 

LEGERE MULTUM….

Plotino, Enneadi

Non si può prescindere dall’epistrophé [il ritorno, l’esercizio della sintesi] che è la condizione possibile e necessaria per trascendere la materia. E non si sta parlando di un ritorno a un passato storico o psicologico, non può essere un andare indietro ma deve essere un andare avanti che, mediante l’intelligenza, non solo vada dentro ma penetri nel profondo. Se il ritorno all’Uno [alla Sintesi suprema] è il massimo trascendimento che sia possibile all’anima, esso è, di fronte a istituzioni religiose e a complessi dogmatici, il più netto dei superamenti: qualsiasi religione storica è inadeguata a rappresentare la Sintesi suprema e il Sacro non è il termine dell’epistrophé che si presenta come una via di carattere intellettuale.

L’anima più desiderosa [erotica, bramante di acquisire il sapere] è la più saggia perché sa che il ritorno [l’esercizio della sintesi] implica lo studio che è la cura adatta alla purificazione etica necessaria per eliminare l’accessorio, il contingente, l’effimero e per tendere all’essenziale. C’è bisogno di un ritorno metafisico [alla sete di conoscenza] che ristabilisca l’ordine ontologico [dell’Essere, essenziale] dei valori e l’epistrophé è il riconoscimento della superiorità della vita contemplativa e intellettiva rispetto a quella convulsa degli affari, l’epistrophé è un richiamo a non risolvere tutta l’esistenza nelle ansie e nei travagli del sistema materiale.

    E allora, come si porta a compimento il "viaggio di ritorno" all’Uno, come si sviluppa l’itinerario verso la fonte dell’Intelligenza [la Suprema sintesi]: come si realizza nella vita quotidiana l’epistrophé? Qual è il piano di studio?

    Plotino, nel testo delle Enneadi, delinea un percorso di studio che ha le sue radici nella didattica della Scuola di Ammonio. Per prima cosa bisogna educare l’Anima a prendere le distanze dalla Materia coltivando le quattro virtù che Plotino chiama "virtù cardinali": la sapienza, la temperanza, la fortezza, la giustizia. A queste quattro virtù cardinali corrispondono quattro azioni fondamentali della nostra vita: studiare [per acquisire la sapienza e far crescere le competenze intellettuali], lavorare [per acquisire la temperanza necessaria per saper gustare i piaceri essenziali frutto di una vita frugale,], meditare [per acquisire la fortezza e coltivare la volontà] e patteggiare [per condividere le regole e garantire la realizzazione della giustizia]. Poi [scrive Plotino] è necessario imparare a percorrere tre vie: la via della musica [per dare armonia alla vita], la via dell’amore solidale [per creare fratellanza nel mondo] e la via della filosofia [l’esercizio di trascendere la materia per imparare a contemplare l’essenza ideale delle cose in modo da valutarne la qualità; "fare filosofia" significa capire che cosa è essenziale e imparare a desiderare ciò che è veramente necessario escludendo tutto ciò che è superfluo]. Il percorrere queste vie [l’armonia, la solidarietà, l’essenzialità], che conducono verso la fonte dell’Intelligenza [all’Uno, alla sintesi], ci permette [scrive Plotino] di trovare le ragioni per amare lo studio, perché l’amore per lo studio [eros-frontis] mette radici e serve per superare la noia, l’insofferenza, l’indignazione spicciola, l’egoismo totalitario, l’attenzione esclusiva per il proprio tornaconto, l’intolleranza verso ogni ostacolo che impedisce il soddisfacimento immediato delle proprie pulsioni: percorrere le vie dell’armonia, della solidarietà e dell’essenzialità ostacola [scrive Plotino] la diffusione epidemica di quella malattia della ragione che si chiama furbizia la quale distrugge i buoni frutti dell’Intelligenza per far dominare l’ignoranza.

    L’acquisizione di competenze utili a far sì che la persona possa diffondere l’armonia, possa praticare la solidarietà e possa coltivare l’essenzialità produce uno stato di soddisfazione, di calma, di piacere e di illuminazione intellettuale che Plotino chiama Ekstasis Ékstasis. Come spiega Plotino il significato del termine "ékstasis" che, in greco, letteralmente significa "che proviene"? Si legge nelle Enneadi: «Se l’Uno è il sole, l’Intelletto è la luce e l’Anima, come la luna, è la luce riflessa che proviene [ékstasis] da dove scaturisce il Sommo Bene».

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Di fronte a quale situazione avete potuto dire: "mi sono sentita, mi sono sentito in estasi" o perlomeno "ho provato una grande soddisfazione"?...

Scrivete quattro righe in proposito...

    Alla morte di Ammonio, Plotino, che ha 39 anni, lascia Alessandria.

    Bisogna ricordare che la situazione politica e istituzionale dello Stato romano è sempre più allo sbando, dopo la morte violenta di Commodo nel 192 era iniziato un periodo di anarchia militare al quale aveva messo fine con la forza, nel 195, Settimio Severo, il primo imperatore d’origine africana al quale nel 211 era subentrato il figlio Caracalla [quello delle famose Terme] che si era distinto per essere particolarmente sanguinario [ha ucciso suo fratello Geta tra le braccia della madre]. Alla morte di Caracalla scoppiano una serie di guerre civili e di congiure che devastano ulteriormente Roma mentre le popolazioni germaniche penetrano ormai lungo tutti i confini a ridosso del Reno e del Danubio. In questo marasma cercano di portare ordine gli imperatori Gordiani: Gordiano I con il figlio Gordiano II, che muoiono insieme in battaglia presso Cartagine, ai quali succede Gordiano III il Pio [figlio di Gordiano I e fratello di Gordiano II].

    Ebbene, Plotino, al seguito dell’imperatore Gordiano III, partecipa ad una spedizione militare fino in India. Plotino segue l’esercito per interessi di natura intellettuale: vuole approfondire la conoscenza della cultura orientale, in particolare i Libri della Sapienza indiana [i Veda]. Questa spedizione si conclude tragicamente perché Gordiano III viene sconfitto in Mesopotamia dai Persiani e Plotino si salva a stento rifugiandosi ad Antiochia e poi riesce a partire per Roma dove si stabilisce.

    Plotino a Roma, nel 247, apre la sua Scuola e mette in atto il suo programma [del quale abbiamo enunciato i punti essenziali]. La Scuola di Plotino vorrebbe educare ad una disciplina di vita che possa contrastare il degrado cognitivo, il deficit di apprendimento e possa stimolare l’investimento in intelligenza. L’Impero romano è sempre più in crisi, aumenta l’ansia, l’insicurezza, l’angoscia e, anche per questo motivo, un numeroso pubblico frequenta la Scuola di Plotino a Roma e tra gli studenti c’è anche l’imperatore Gallieno e sua moglie Saponina. Ma Plotino è insoddisfatto per lo scarso impegno dei suoi studenti i quali preferiscono le risposte prefabbricate, preferiscono trovare subito delle certezze e non sono disponibili a sforzarsi a riflettere per produrre un proprio pensiero sugli interrogativi posti dall’esistenza: preferiscono possedere le cose piuttosto che cercare l’essenza delle cose. Plotino, di conseguenza, chiude la sua Scuola e si trasferisce a Minturno, ai confini tra il Lazio e la Campania, dove possiede un podere e cerca di fondare una città ideale, Platonopolis, sullo stile della Repubblica di Platone, ma questo progetto fallisce perché in pochi lo seguono. Plotino, cagionevole di salute, si ammala gravemente e viene assistito da un amico, Zeto [medico, di famiglia araba], il quale, a Minturno, abita nel podere vicino al suo.

    Lungo la via Appia proprio sul confine tra il Lazio e la Campania nei pressi del ponte sul fiume Garigliano, che unisce le due regioni, si trova il cospicuo sito archeologico dell’antica Minturnae. Tra la nuova Minturno, in provincia di Latina [in Lazio] – che è una cittadina di aspetto medioevale che guarda il Tirreno da un colle ai piedi dei monti Aurunci – e Sessa Aurunca [l’antica Suessa fondata dagli Aurunci], in provincia di Caserta [in Campania] – che si affaccia con i suoi monumenti romani, medioevali e barocchi sul versante meridionale dell’antico vulcano di Roccamonfina – potrebbe sorgere un "parco plotiniano" [c’è da meravigliarsi che ancora non sia stato realizzato].

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Utilizzando le guide del Lazio e della Campania fate un viaggio [virtuale] nei "luoghi plotiniani" Minturno e Sessa Aurunca... Visitateli e dategli forma di parco naturale...

Buon viaggio, sulla scia dell'epistrophé, la via sulla quale cammina Plotino...

    A Minturno Plotino muore, in solitudine, nel 270. Non gli tocca la morte di Socrate in compagnia dei suoi amici, né quella di Epicuro in mezzo ai suoi discepoli, durante una cena, nella sua comunità. Plotino muore raggiunto, all’ultimo momento, da un suo allievo, il medico Eustochio, e le sue ultime parole sono: «Ti ho aspettato, Eustochio, per dirti che se vuoi essere felice devi spogliarti di ogni cosa». Queste sono anche le ultime parole delle Enneadi: "Beate le persone che sanno [che hanno imparato] a spogliarsi di ogni cosa che non sia essenziale".

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

"Spogliarsi di ogni cosa che non sia essenziale" non è facile, ma cominciare a "spogliarsi di qualcosa che appesantisce la nostra vita" è possibile: di che cosa - secondo voi - bisogna cominciare a liberarsi?...

Scrivete quattro righe in proposito, ma basta una sola parola...

    C’è un racconto de L’Aleph di Jorge Luis Borges – che leggiamo per concludere – in cui domina l’essenzialità. In questo racconto – intitolato La casa di Asterione – lo scrittore rovescia le aspettative di chi legge rivisitando in modo inedito il mito. È [pensa Borges] un esercizio "essenziale" della mente [dell’Uno, dell’Io narratore] quello di rielaborare intellettualmente tradizioni e convenzioni consolidate per restituire l’Anima a personaggi che l’hanno perduta: personaggi mitici, allegorici, ma che rappresentano situazioni umane degradate perché sono stati abbandonati a se stessi.

    Qui viene rappresentata la figura del Minotauro, il mostro cretese dalla testa di toro e dal corpo umano [nato dalla relazione tra Pasifae, una delle figlie del re di Creta Minosse, e un toro di proprietà del dio Poseidone] – questa creatura si chiama Asterione nella mitologia greca – alla quale l’autore fa perdere i suoi connotati di cieca bestialità perché possa rivivere in una prospettiva capovolta in modo da diventare un simbolo umanissimo di sofferenza.

    Asterione, tenuto prigioniero nel Labirinto – il palazzo costruito da Dedalo [il padre di Icaro] per ordine di Minosse –, è una creatura deforme e infelice che accoglie con sollievo la morte datagli da Teseo [l’eroe ateniese che entra nel Labirinto con il filo d’Arianna perché possa ritrovare la via del ritorno]: lo scrittore utilizza la figura tragica di Asterione per esprimere la condizione di solitudine dolorosa nella quale, all’interno del "labirinto" dell’esistenza, tutte e tutti noi ci possiamo identificare se perdiamo il senso dell’armonia, della solidarietà e dell’essenzialità.

    Pablo Picasso, quando realizza i disegni sul tema del Minotauro – non è difficile osservarli su un catalogo [che trovate in biblioteca] o sulla rete – ha in mente la riflessione di Borges. E ora leggiamo La casa di Asterione.

LEGERE MULTUM….

Jorge Luis Borges, L’Aleph

La casa di Asterione

So che mi accusano di superbia, e forse di misantropia, o di pazzia. Tali accuse (che punirò al momento giusto) sono ridicole. È vero che non esco di casa, ma è anche vero, che le porte (il cui numero è infinito) restano aperte giorno e notte alle persone e agli animali. Entri chi vuole. Non troverà qui né lussi né la splendida pompa dei palazzi, ma la quiete e la solitudine. E troverà una casa come non ce n’è altre sulla faccia della terra. (Dicono che in Egitto ce n’è una simile). Perfino i miei calunniatori ammettono che nella casa non c’è un solo mobile. Un’altra menzogna ridicola è che io, Asterione, sia un prigioniero.

... continua la lettura...

    Se torniamo ad osservare l’affresco de La Scuola di Atene di Raffaello sappiamo che alla sinistra del "nobile vecchio", di Plotino, ci sono tre personaggi: Ammonio ò Saccoforòs col bastone in mano e il copricapo da scaricatore di porto e, vicino a lui, ci sono Origene e Cassio Longino. I discepoli di Ammonio prendono strade diverse ma l’impegno e la coerenza è la stessa: Plotino [come abbiamo studiato questa sera] s’adopera per fondare Platonopoli, Origene per dare una forma che lui ritiene "logica" alla dottrina del Cristianesimo, e Longino lotta per l’indipendenza di una città: Origene lo incontreremo la prossima settimana, Longino tra due [hanno lasciato la loro impronta in Età tardo-antica]. Ammonio li avrebbe lodati e sarebbe orgoglioso di loro perché l’obiettivo del suo insegnamento è stato quello di istruire delle persone che sappiano dedicare la loro vita ad una giusta causa.

    Si pensa che, ne La Scuola di Atene, Plotino, con il dito indice della mano destra rivolto verso il basso, stia indicando il globo stellato sollevato da Zoroastro come se volesse indicare il cielo, l’Universo, il Sole che sta al centro. Ma le studiose e gli studiosi preferiscono pensare che Plotino stia indicando il suo piede. Il dito di Platone che indica il cielo e la mano di Aristotele che plana verso la terra sono senz’altro segnali significativi ma, forse, l’elemento più importante con il quale si entra a pieno titolo in questo oggetto culturale, La Scuola di Atene, che rievoca ed esalta la potenza della "sapienza poetica e filosofica dell’Età tardo-antica" è proprio: il piede di Plotino! Il piede di Plotino è la metafora dell’essenzialità, di ciò che è sostanziale, necessario, vitale, primario, basilare, determinante, nodale, indispensabile, imprescindibile: ebbene, con questo catalogo siamo già sotto le stelle del Medioevo? Forse. C’è chi sostiene che il Medioevo ha inizio con il Neoplatonismo.

    E pensare che Plotino s’indignerebbe terribilmente nel vedersi ritratto: perché? Per capire dobbiamo leggere un frammento tratto dal primo capitolo della Vita di Plotino di Porfirio: letta oggi è una pagina veramente curiosa in una società dove le persone tendono ad apparire perché, se non appaiono, sembrano dubitare della loro esistenza.

LEGERE MULTUM….

Porfirio, La vita di Plotino

Plotino, il filosofo della nostra epoca, sembrava si vergognasse di essere in un corpo. Con questo sentimento egli non volle raccontar mai nulla né della sua origine né dei suoi parenti né della sua patria. E neppure volle accanto a sé pittore o scultore, sicché ad Amelio che gli domandava il permesso di fargli fare il ritratto disse: "Non è abbastanza portare quest’immagine che la natura ci ha messo intorno, e bisognerà anche permettere che di questa immagine rimanga un’altra immagine più duratura, come se essa fosse degna di uno sguardo?". E così rifiutò e non volle posare. Ma Amelio aveva un amico, Carterio, il migliore dei pittori di allora, e lo fece entrare e assistere alle Lezioni di Plotino: poiché era permesso, a chi voleva, di frequentarle. Carterio, fissandolo a lungo da vicino, si abituò a rappresentarselo con sempre maggiore chiarezza. In seguito dipinse il ritratto conforme all’immagine che conservava nella memoria, mentre Amelio correggeva via via lo schizzo per renderlo più somigliante; e così il talento di Carterio ci diede un ritratto assai fedele, senza che Plotino lo sapesse e, difatti, non lo ha mai saputo.

    Il pensiero neoplatonico ribadisce che l’Alfabetizzazione culturale e funzionale è un bene comune [come l’essenzialità] e afferma che l’Apprendimento permanente è un diritto e un dovere di ogni persona: per questo la Scuola è qui con il suo carattere "peregrinante" per esortarci ad investire in intelligenza.

   Mancano tre itinerari alla fine di questo viaggio: non perdete il passo…

 

Lezione del: 
Venerdì, Maggio 10, 2013