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SI PROFILA LA FORMA DEL PUNTO DI PARTENZA PER IL VIAGGIO DI STUDIO SUL TERRITORIO DELLA SAPIENZA POETICA E FILOSOFICA RINASCIMENTALE ALL’ALBA DELL’ETÀ MODERNA...

Lezione N.: 
2

ASSOCIAZIONE ARTICOLO 34  -  «LA SCUOLA È APERTA A TUTTI.»

PERCORSO DI STORIA DEL PENSIERO UMANO IN FUNZIONE

DELLA DIDATTICA DELLA LETTURA E DELLA SCRITTURA

Prof. Giuseppe Nibbi

La sapienza poetica e filosofica agli albori dell’età moderna      19-20-21  ottobre  2016

 

SI PROFILA LA FORMA DEL PUNTO DI PARTENZA PER IL VIAGGIO DI STUDIO

SUL TERRITORIO DELLA SAPIENZA POETICA E FILOSOFICA RINASCIMENTALE

ALL’ALBA DELL’ETÀ MODERNA...

     La scorsa settimana abbiamo dato inizio a questo Percorso di studio cominciando a celebrare il tradizionale e ripetitivo “rituale della partenza” - del quale dobbiamo compiere ancora alcuni atti - perché questa esperienza didattica ha, metaforicamente parlando, le caratteristiche di un viaggio e non c’è viaggio che non inizi con la partenza. E fa parte ormai della tradizione anche il domandare a voi se durante la vacanza abbiate fatto uno o più viaggi con la relativa “doppia partenza”: quella dell’ “andata” e quella del “ritorno”. I rituali sono ripetitivi e, quindi, anche quest’anno [il 33° di questa esperienza didattica] non possiamo fare a meno di riflettere in proposito.

     Questo Percorso di studio ha, metaforicamente parlando, le caratteristiche di un viaggio e [come sapete, ma vale sempre la pena ripeterlo], dal punto di vista filologico, secondo la lingua greca [che mira ad essere significativa, espressiva, indicativa, efficace, eloquente, e che nel corso dell’Umanesimo e del Rinascimento assume un ruolo molto importante], puntualizza e distingue tra il viaggio “di andata [poreia -poreìa]” e quello “di ritorno [nostos -nostos]”, utilizzando due termini diversi perché “l’andare” [poreìa, come il virgiliano viaggio di Enea] e “il ritornare [nostos,]” come l’omerico viaggio di Ulisse  rappresentano due situazioni differenti.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Avete fatto un viaggio [o più di uno] nel corso di questa vacanza: verso dove?...

Con quale motivazione avete viaggiato?… 

Scrivete quattro righe in proposito…

     Il Percorso di studio [il viaggio virtuale] che ci accingiamo a compiere è suddiviso in itinerari settimanali e ogni itinerario [ogni Lezione] ha la forma di un “ragionamento progressivo”, e la scorsa settimana ci siamo domandate e domandati che significato abbia tale affermazione.

     Ogni Lezione si configura come un itinerario didattico che ricalca l’attività del nostro intelletto perché l’intelletto è lo strumento mediante il quale si sviluppa il processo dell’apprendimento, un procedimento che come ben sapete si concretizza facendo entrare in attività le sei principali azioni [le azioni cognitive] attraverso le quali s’impara: conoscere, capire, applicare, analizzare, sintetizzare, valutare.

     Durante ogni itinerario, che di settimana in settimana percorreremo, faremo in modo di attivare la dinamica delle “azioni cognitive” [attraverso le quali si sviluppa l’apprendimento] cercando di governare la loro potenzialità tenendo conto che la scansione delle azioni dell’apprendimento non ha un andamento regolare - non è che prima si conosce poi si capisce poi ci si applica poi si analizza poi si sintetizza e infine si valuta - ma le sei principali “azioni cognitive” [accompagnate da altre quaranta azioni di supporto] interagiscono simultaneamente nella nostra mente e noi dobbiamo essere il più possibile consapevoli del funzionamento di questo “meccanismo” straordinario che è “l’imparare”; l’obiettivo fondamentale per cui è utile frequentare la Scuola [per tutto l’arco della vita] è quello di “imparare ad imparare”, è quello di saper amministrare la nostra capacità cognitiva [la Scuola più che ad imparare cose serve ad imparare come s’imparano le cose], la Scuola opera per far acquisire alla persona la competenza di investire in intelligenza [questo lo abbiamo già detto la scorsa settimana ma è bene ripeterlo perché: repetita ivant, il ripetere le cose nell’ambito dell’investimento in intelligenza giova all’apprendimento, e l’esercizio dell’apprendimento deve distinguersi dall’addestramento e dall’ammaestramento].

     Nel corso di ogni tappa di questo viaggio ci eserciteremo a conoscere le parole-chiave più rappresentative [una o due] del REPERTORIO...  proposto dalla Scuola perché “conoscere il senso delle parole chiave della Storia del Pensiero Umano”, come ben sapete, giova all’apprendimento.

     Ci eserciteremo a capire le idee più significative elaborate nel corso della Storia dell’Umanità e presenti nei REPERTORI  ... proposti dalla Scuola perché, come ben sapete, “capire le idee-cardine della Storia del Pensiero” giova all’apprendimento.

     Ci eserciteremo ad “applicare”, e questa azione, nell’ambito del nostro Percorso, significa “leggere e scrivere”, due attività, come ben sapete, fortemente trascurate dalla stragrande maggioranza delle cittadine e dai cittadini del nostro Paese [solo circa il 14% delle Italiane e degli Italiani adulti si dedica a scrivere e a leggere costantemente].

     Bisogna prendere la buona abitudine di applicarsi nella lettura e nella scrittura almeno per dieci minuti al giorno, utilizzando, per guida, la “trama” del REPERTORIO... proposto dalla Scuola [scrive Rita Levi Montalcini: «La lettura di almeno quattro pagine giornaliere di buona Letteratura e la scrittura di almeno quattro righe contenenti un pensiero autobiografico sono esercizi che preservano l’elasticità dei neuroni, le cellule del cervello, contribuendo al mantenimento della salute della persona»].

     Avete in mano e sotto gli occhi un fascicolo che s’intitola REPERTORIO E TRAMA ...  che è lo strumento che ci consente [e, in questo momento, state facendo questo esercizio] di orientarci meglio sul nostro cammino per favorire l’azione del conoscere e del capire e, inoltre, ci propone un compito, per favorire l’azione dell’applicarci nell’uso dell’analisi, della sintesi e della valutazione.

E, a questo proposito, è necessario fare il punto sul finanziamento di questa impresa: dobbiamo sostenere una spesa di circa 3600 €. Perché? Noi riceveremo circa 350 pagine di REPERTORIO E TRAMA e questo materiale viene stampato presso la Scuola “Francesco Redi” di Bagno a Ripoli alla quale lo scorso anno abbiamo versato un contributo di 1600 €. [è prevista una produzione di circa 90.000 pagine!]. Poi il gruppo fiorentino è ospite dello Spazio Soci della Coop. di Ponte a Greve e, per contraccambiare con un gesto di solidarietà, prevediamo di versare all’Associazione “Il cuore si scioglie”  un contributo di 800 €., e poi, sempre per solidarietà, prevediamo di versare all’Associazione AISLA di Firenze un contributo di 500 €. perché frequentano la nostra Scuola anche alcuni malati di Sclerosi Laterale Amiotrofica. Inoltre l’Associazione “Articolo 34” ha dovuto obbligatoriamente stipulare un’Assicurazione con un costo di 684 €. Come coprire queste spese? Per coprire queste spese è necessario [atto volontario ma necessario] fare una donazione di 15 €. che non copre interamente le spese però la copertura può avvenire se ogni settimana mettete “uno spicciolo” in questo contenitore: fare questo gesto ci permette di concludere in attivo i nostri viaggi.   

     La buona abitudine a leggere e a scrivere per dieci minuti al giorno [legĕre multum et scribĕre multum, dove il termine latino “multum” significa leggere e scrivere poco ma quotidianamente e con la massima attenzione] favorisce un “investimento in intelligenza” che ha una ricaduta positiva sul nostro ben-essere e su quello della società in cui viviamo.

     Ci eserciteremo ad “analizzare”, e “analizzare” significa riflettere per mettere in ordine i pensieri che affiorano nella nostra mente attraverso la TRAMA proposta dal REPERTORIO... e l’esercizio dell’analisi giova all’apprendimento.

     Ci eserciteremo a “sintetizzare”, e “fare la sintesi” significa “mettere per iscritto” un nostro pensiero perché scrivere quattro righe al giorno [per raccontare, per descrivere, per informare, per esprimere, per interpretare, per argomentare] giova all’apprendimento.

     Infine dobbiamo esercitarci a “valutare”, ad “auto-valutare” l’andamento del nostro cammino intellettuale, e il dispositivo dell’auto-valutazione è legato allo svolgimento del “compito” che - sebbene facoltativo - la Scuola propone di eseguire invitando ciascuna e ciascuno di noi ad utilizzare il fascicolo del REPERTORIO E TRAMA ... in un tempo che va dai dieci minuti alle due ore al giorno, nel corso della settimana, nell’intervallo tra un itinerario e l’altro.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Il materiale riguardante tutta l’attività didattica messa in atto in questo Percorso lo si trova contenuto su due siti: www.inantibagno.it e www.scuolantibagno.net

Sui siti potete leggere e anche scaricare il testo integrale della Lezione e potete ascoltare la registrazione della Lezione stessa; c’è inoltre una pagina facebook intitolata “a scuola con Giuseppe”...  Questi strumenti sono utili per favorire l’attività di studio, utilizzateli...

     Nel corso del nostro viaggio visiteremo un certo numero di “paesaggi intellettuali” ricchi di forme e di contenuti, e avremo a che fare con molte nozioni, enumereremo molti dati, citeremo molte date, visiteremo molti luoghi, faremo conoscenza con molti personaggi, imbastiremo molti ragionamenti e rifletteremo su molti temi, ma - come dicono i manuali di tecnologia dell’apprendimento - “dei contenuti di un Percorso didattico [di un viaggio di studio], in media, oltre il 70% va disperso e all’incirca il 30% rimane in modo frammentato nella nostra mente”. Quindi, di questa conversazione solo “tre oggetti su dieci” rimangono nella mia mente [ma è già una buona acquisizione], e questo perché, come ben sapete, l’obiettivo principale dell’apprendimento cognitivo non è quello di immagazzinare nozioni [le nozioni hanno la loro importanza e dobbiamo ritenerne un certo numero], ma consiste nell’esercitare la mente all’ascolto, alla selezione, alla catalogazione perché «il compito della Scuola [come ci ricorda Michel de Montaigne nei suoi Saggi (1580-1588)] consiste nel favorire la formazione di “una testa ben fatta” piuttosto che di “una testa ben piena” [l’azione dell’apprendimento riguarda la qualità piuttosto che la quantità e se non si ha una testa ben fatta - se non si è capaci di trasformare in conoscenza l’eccesso di informazione cui siamo sottoposte e sottoposti - ebbene, l’ipertrofia tecnologica non può che produrre confusione all’interno del nostro apparato cognitivo]» e questa affermazione che conoscete a memoria: “favorire la formazione di una testa ben fatta” ha la funzione di “una bussola” che serve per non farci perdere l’orientamento nel corso dei nostri “viaggi di studio” e del viaggio al quale molte e molti di voi hanno partecipato durante lo scorso anno scolastico rimane un segno tangibile a dimostrazione che “il popolo della Scuola” non ha perso l’orientamento.

     Del Percorso che abbiamo compiuto nello scorso anno scolastico rimane, ben definita, la “forma” [derivante dai risultati] che noi, attraverso le nostre preferenze, abbiamo dato al territorio su cui abbiamo viaggiato scegliendo su tre cataloghi di parole contenuti nel consueto “questionario” di fine viaggio [ricordate?]. Ora dobbiamo osservare i riquadri riportati in REPERTORIO ... perché il contenuto di queste icone filologiche rappresenta tanto l’immagine di un punto di arrivo quanto quella del nostro punto di partenza [e, difatti, quest’atto che stiamo per compiere fa ancora parte della celebrazione del tradizionale “rituale della partenza”].

     Il questionario di fine Percorso dell’anno scolastico 2015-2016 - al quale hanno risposto 179 persone - riportava tre cataloghi di parole-chiave nelle quali sono incardinate delle idee. Nel primo catalogo del questionario c’erano trentuno parole-chiave che abbiamo incontrato e delle quali abbiamo studiato il significato nei “paesaggi intellettuali” che abbiamo visitato attraversando il territorio dell’Umanesimo, durante l’autunno del Medioevo. Il secondo catalogo del questionario era formato da cinque termini che rappresentano i principi dell’Umanesimo. Il concetto di “humanitas” [come abbiamo studiato fino al giugno scorso] contiene cinque principi fondamentali che corrispondono a cinque parole-chiave che conoscete a memoria: l’uguaglianza, la giustizia, la pace, la solidarietà e la misericordia [che primeggiano in tutti gli apparati della Storia del Pensiero Umano]. Nel terzo catalogo [che osserveremo fra un po’] c’era la mappa dei dieci Cieli che danno forma al Paradiso di Dante: ad ogni Cielo corrisponde una particolare Intelligenza ma, così come lo scorso anno, nel terzo catalogo del questionario c’era qualcosa che non dovevate sapere per favorire la buona riuscita dell’esercizio.

     E adesso puntiamo la nostra attenzione sulla tabella del primo catalogo del questionario e osserviamo il risultato delle nostre scelte. Il primo riquadro riporta – secondo la grandezza dei caratteri – la quantità di consensi che hanno avuto le trentuno parole che abbiamo incontrato sul territorio dell’Umanesimo.

la volontà  la rettitudine

la relazione  la natura

l’esperienza  la filologia  la scienza 

la sfumatura  l’immaginazione  la semplicità  la schiettezza

la necessità  la sperimentazione  l’oriente  l’intuito  l’albero  l’ecumenismo

la misura  la matematica  la mistica  l’indulgenza  la teocrazia  il giubileo  l’analogico 

la magia  la tecnica  la fisica  la distinzione  l’indefinito

[ l’univoco  il denaro]

     Le parole “volontà e rettitudine” sono quelle che, con minimo scarto, hanno ricevuto più consensi [ed era prevedibile un alto gradimento di questi termini, e questa scelta soddisfa certamente tutti i personaggi che abbiamo incontrato sul territorio dell’Umanesimo], seguono [con un buon numero di consensi, e ancora una volta con minimo scarto] le parole “relazione e natura [e il tema del rapporto tra relazioni umane e natura umana ha caratterizzato tutta la stagione dell’autunno del Medioevo]” e, quindi, al vertice c’è un interessante convergenza di idee! Segue poi un bel terzetto di parole: “l’esperienza, la filologia e la scienza”. Quindi, le prime sette parole di stampo “umanistico” che sono state scelte - “volontà, rettitudine, relazione, natura, esperienza, filologia e scienza” - danno forma ad un quadro che illustra non solo il territorio dell’Umanesimo ma costituiscono anche un punto di partenza verso uno spazio illuminato dagli albori dell’età moderna. Poi le scelte hanno cominciato a diluirsi con parole interessanti in ordine decrescente: “la sfumatura, l’immaginazione, la semplicità, la schiettezza, la necessità, la sperimentazione,  l’oriente,  l’intuito,  l’albero e  l’ecumenismo”. Mentre le parole “misura, matematica, mistica, indulgenza, teocrazia, giubileo e analogico” sono state scelte poco. E le parole “magia, tecnica, fisica, distinzione e indefinito” sono state scelte molto poco e le due parole messe tra parentesi “l’univoco e il denaro” non hanno ricevuto alcun consenso. Ebbene fate le vostre riflessioni su questo quadro.

     Il secondo riquadro riporta - secondo la grandezza dei caratteri - la quantità di consensi che hanno avuto i cinque termini che compongono il catalogo dei valori dell’ Umanesimo.

la giustizia

la solidarietà  la pace  l’uguaglianza

la misericordia

     Due termini sono stati scelti nettamente: “la giustizia” con il maggior numero di consensi e “la misericordia” con il minor numero di consensi, mentre in posizione mediana stazionano con scelte in ordine decrescente “la solidarietà, la pace e  l’uguaglianza”. C’è da dire che, paradossalmente, i due termini estremi - “la giustizia e la misericordia” - indicano la direzione che il nostro Percorso deve prendere perché dobbiamo entrare nella Cappella Sistina dove in primo piano, nelle immagini che decorano il soffitto e la parete di fondo, emerge come vedremo l’idea della “giustizia” piuttosto che quella della “misericordia”.

     Questi due quadri [queste due “icone filologiche”] che abbiamo osservato raffigurano la nostra riflessione collettiva sul pensiero della “sapienza poetica e filosofica dell’età umanistica” e quindi indicano un punto di arrivo ma, in particolare, le parole “volontà, rettitudine, relazione, natura, esperienza, filologia e scienza”, che nel primo catalogo sono state scelte di più, fanno anche da battistrada per il nostro viaggio che sta per avere inizio nel territorio della “sapienza poetica e filosofica dell’età rinascimentale”.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Oggi di queste parole – volontà, rettitudine, relazione, natura, esperienza, filologia e scienza - quale scegliereste per prima?... 

Scrivetela...

     Mentre celebriamo il tradizionale “rituale della partenza” ci troviamo davanti al portone, ancora chiuso, della Cappella Sistina, e qui la scorsa settimana abbiamo utilizzato, per dare energia alla nostra mente prima di prendere il passo, quel ricostituente ideale che è “la Letteratura”, un farmaco corroborante che si assimila attraverso uno dei più efficaci integratori intellettuali: “l’esercizio della lettura”, ma voi sapete che per assumere degli “integratori” ci vogliono delle competenze per renderne efficace e non nocivo l’effetto.

     La scorsa settimana [come ben ricordate, per celebrare il tradizionale “rituale della partenza”] abbiamo letto un “romanzo brevissimo” composto da Anton Čechov nel 1884 che s’intitola proprio La lettura ed è formato da un testo dotato di sarcastica ironia secondo lo stile di questo celebre scrittore russo che abbiamo incontrato otto giorni fa.

     In questo brevissimo romanzo si racconta che un povero impiegato viene maltrattato dal suo capoufficio perché non legge e, di conseguenza, non sarebbe un cultore delle buone maniere. Di conseguenza a tutti gli impiegati di quest’ufficio vengono assegnati dei libri da leggere, ma imporre la lettura ad una persona senza dare ad essa un’adeguata preparazione, senza il necessario supporto didattico dato dall’Alfabetizzazione funzionale e culturale [afferma Čechov tra le righe del suo racconto], può procurare gravi danni ad una mente priva delle necessarie competenze cognitive, e, per dare ancor più forza a questa idea, l’autore fa terminare il suo “romanzo brevissimo” in chiave allegorica con un aneddoto di antica tradizione popolare. Il povero impiegato, che ha dato evidenti segni di squilibrio sforzandosi di leggere Il conte di Montecristo [un testo non facile da capire, come abbiamo spiegato la scorsa settimana], viene infine dispensato dalla lettura e così guarisce ma non del tutto, scrive ironicamente Anton Čechov, perché, alla vista d’un libro, trema e si volta da un’altra parte perché considera il leggere alla stessa stregua di un gesto blasfemo, come quello che si raccontava, scrive sarcasticamente Anton Čechov, di una scimmia che, fuggita dalla sua gabbia, si era rifugiata in una chiesa e lì si era mangiata tutte le Ostie consacrate conservate nel tabernacolo, per cui è stata condannata a morte. Ebbene lo scrittore trasforma questo aneddoto popolare in una tagliente metafora facendoci capire che l’atto sacrilego è quello di condannare a morte la povera scimmia, non il gesto che lei ha compiuto, essendo l’animale, per sua natura, al di là del bene e del male e quindi, in definitiva, la mentalità blasfema si annida nell’animo di chi detiene il potere nella società, pur ai livelli più bassi: chi comanda pensa sia meglio che le persone semplici, umili, ignoranti non leggano, e ritiene sia preferibile che il popolo resti analfabeta in modo che “la sua candida anima cristiana non si corrompa”. E purtroppo anche la gente del popolo, denuncia Anton Čechov, subisce questo condizionamento e si convince che è meglio rimanere ignoranti e, per di più, gli intellettuali di regime, afferma Anton Čechov, invece di denunciare la piaga dell’analfabetismo [dell’incompetenza intellettuale], rafforzano la credenza che “leggere fa male ai più”.

     Dalla scorsa settimana noi già sappiamo che la metafora con cui Anton Čechov conclude il suo “romanzo brevissimo” costituisce uno dei fili dell’intreccio filologico che stiamo dipanando nel corso della celebrazione del “rituale della partenza” e siamo al corrente che 372 anni prima, questa allegoria, della quale si è servito Anton Čechov, è stata utilizzata per dare un giudizio sommario sul lavoro di decorazione del soffitto della Cappella Sistina, vi ricordate? 

     Il 31 ottobre 1512, nel giorno del nono anniversario dell’incoronazione di papa Giulio II, ha luogo una fastosa cerimonia per inaugurare il soffitto della Cappella Sistina affrescato da Michelangelo: questo lavoro era durato circa quattro anni e mezzo. Quel giorno, affermano le studiose e gli studiosi, la Storia dell’Arte occidentale ha voltato pagina e c’è una corrente di pensiero che sostiene che questa sia anche la data [il 31 ottobre 1512] d’inizio dell’età moderna [e, in proposito, si fanno, come sappiamo, tante altre ipotesi sull’inizio dell’età moderna, e l’elenco è lungo].

     Nessuno, tranne il papa e un piccolo gruppo di suoi collaboratori [il Bramante, Raffaello, Fedra Inghirami], aveva mai visto quest’opera che avrebbe dovuto “esaltare - secondo il programma illustrato più volte dal papa al collegio cardinalizio - la figura di Gesù Cristo come salvatore dell’umanità”. Quindi, quando quel giorno tutti i cardinali e un certo numero di invitati entrano per la prima volta nella Cappella Sistina per ammirare l’opera michelangiolesca di decorazione del soffitto, “rimangono basiti”, come scrive, in una delle sue Lettere, Fedra Inghirami [il bibliotecario pontificio dal cui Epistolario noi attingiamo molte, oggi interessantissime, notizie]. Il soffitto della Sistina è stato decorato con un numero considerevole di figure ma dell’immagine di Gesù Cristo non c’è neanche l’ombra. Nella Cappella, mentre tutti stanno con il naso all’insù, cala un silenzio glaciale che dura fino a quando prende la parola il supremo magistrato del tribunale dell’Inquisizione di Santa Romana Chiesa, il severo fino al fanatismo frate domenicano Giovanni Rafanelli il quale, rivolto verso il papa, emette una sentenza dicendo: «È come se la bestia immonda dell’Apocalisse fosse entrata in questo sacro Tempio e avesse profanato il tabernacolo mangiandosi le Ostie consacrate».

     Quindi, ben prima di Anton Čechov e con un’intenzione assai diversa, l’inquisitore Giovanni Rafanelli utilizza la stessa metafora di tradizione popolare per giudicare blasfema l’opera di “affrescatura” del soffitto della Cappella Sistina.

     Ma Michelangelo ha davvero commesso un grave atto di profanazione, e perché, secondo l’inquisitore Rafanelli, la decorazione del soffitto della Cappella Sistina avrebbe un aspetto blasfemo? Che cosa ha dipinto, che cosa ha scritto Michelangelo - in accordo con il papa - su questo, ormai famosissimo, soffitto? Bisogna saper leggere e, se avesse saputo e voluto leggere senza pregiudizi, anche il fanatico Rafanelli avrebbe capito che i messaggi inseriti in questa massa di corpi dipinti non sono né riprovevoli né blasfemi ma provocatori nei confronti di una Chiesa che andava profondamente riformata [e su questo il pittore e il papa sono perfettamente d’accordo].

     Ebbene, noi [ci siamo domandate e domandati] riusciremo a leggerli questi messaggi? Saremo in grado di leggerli dopo aver osservato il contesto culturale nel quale ci troviamo [siamo agli albori dell’età moderna] e dopo aver studiato il percorso della formazione intellettuale di Michelangelo a Firenze.

    Ma prima di rispondere a queste domande [prendendo decisamente il passo] dobbiamo ancora compiere due atti che si collocano nell’ambito della conclusione del tradizionale “rituale della partenza” e consistono in due esercizi propedeutici per dare inizio al nostro viaggio vero e proprio che, per sua natura, è in funzione della didattica della lettura e della scrittura.

     Il primo atto che ora compiamo riguarda l’osservazione del terzo riquadro del questionario di fine Percorso [poco fa abbiamo osservato i primi due riquadri]. Il terzo riquadro riporta - secondo la grandezza dei caratteri - la quantità di consensi che hanno avuto le “dieci Intelligenze” che corrispondono ai “dieci Cieli” che compongono Il Paradiso di Dante.

     Secondo la tradizione neoplatonica del Dionigi Areopagita di Proclo di Costantinopoli, il Paradiso di Dante è formato da dieci Cieli ciascuno dei quali è animato da una particolare forma di Intelligenza e sono, a cominciare dall’alto: il Cielo Empireo animato dall’Intelligenza teologica, il Cielo Cristallino animato dall’Intelligenza morale, il Cielo Stellato animato dall’Intelligenza della natura, il Cielo di Saturno animato dall’Intelligenza astrologica, il Cielo di Giove animato dall’Intelligenza geometrica, il Cielo di Marte animato dall’Intelligenza musicale, il Cielo del Sole animato dall’Intelligenza aritmetica, il Cielo di Venere animato dall’Intelligenza poetica, il Cielo di Mercurio animato dall’Intelligenza razionale, il Cielo della Luna animato dall’Intelligenza grammaticale. C’è inoltre da dire che all’atto della scelta - per non subire il condizionamento dato dalla potenza significante delle parole - voi non sapevate che ogni Cielo, oltre ad essere animato da una particolare forma di Intelligenza, possiede anche una sua caratteristica [o virtù] specifica, ed è proprio la trafila di queste qualità che volevamo mettere in evidenza.

     Se osserviamo il riquadro capiamo senza difficoltà quali sono state le nostre scelte.

     Osserviamo la sequenza delle forme di Intelligenza che animano i Cieli del Paradiso di Dante con le loro caratteristiche specifiche secondo l’ordine in cui sono state scelte ...

morale [il Cristallino, l’onestà]

razionale  [Mercurio, la chiarezza]   poetica        [Venere, la bellezza]

naturale [le Stelle, l’azionemusicale [Marte, l’armonia]

aritmetica  [il Sole,  l’autorevolezza]    grammaticale [la Luna, la regola]

teologica  [l’Empireo, la fede]    geometrica  [Giove, la misura]

astrologica [Saturno, la malinconia]

     La forma di Intelligenza che ha avuto il maggior numero di consensi è quella “morale” del Cielo Cristallino che ha come caratteristica specifica “l’onestà”. Seguono con un alto numero di consensi l’Intelligenza “razionale” del Cielo di Mercurio che ha come caratteristica specifica “la chiarezza” e l’Intelligenza “poetica” del Cielo di Venere che ha come caratteristica specifica “la bellezza”. Quindi, il nostro pensiero collettivo sulle caratteristiche che deve avere l’Intelligenza [dato dalla maggior quantità di scelte fatte] è questo: l’Intelligenza deve prima di tutto [secondo noi] orientarsi verso “l’onestà, la chiarezza e la bellezza”.

     Poi hanno avuto un certo numero di consensi l’Intelligenza “naturale” del Cielo delle Stelle fisse che ha come caratteristica specifica “l’azione” e l’Intelligenza “musicale” del Cielo di Marte che ha come caratteristica specifica “l’armonia”, poi, in ordine decrescente, hanno ricevuto consensi l’Intelligenza “aritmetica” del Cielo del Sole che ha come caratteristica specifica “l’autorevolezza” e l’Intelligenza “grammaticale” del Cielo della Luna che ha come caratteristica specifica “la regola”, mentre hanno avuto pochi consensi l’Intelligenza “teologica” del Cielo Empireo che ha come caratteristica specifica “la fede” e l’Intelligenza “geometrica” del Cielo di Giove che ha come caratteristica specifica “la misura”. Il minor numero di scelte, infine, lo ha ottenuto l’Intelligenza “astrologica” del Cielo di Saturno che ha come caratteristica specifica “la malinconia”.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Voi, oggi, di queste caratteristiche - l’onestà, la chiarezza, la bellezza, l’azione, l’armonia, l’autorevolezza, la regola, la fede, la misura, la malinconia - quale mettereste per prima accanto alla parola Intelligenza...

Scrivetela, investite in intelligenza...

     Queste dieci caratteristiche, specifiche delle forme di Intelligenza che animano i Cieli del Paradiso di Dante, emergono anche nel lavoro di “affrescatura” del soffitto della Cappella Sistina perché rappresentano dieci temi tipici della “sapienza poetica e filosofica dell’età umanistica” agli albori della modernità.

     Ci siamo domandate e domandati se riusciremo a leggere i molti messaggi contenuti negli affreschi che decorano il soffitto della Cappella Sistina e abbiamo detto che, prima di rispondere a questa domanda [procedendo con ordine], dobbiamo ancora compiere due atti che si collocano nell’ambito della conclusione del tradizionale “rituale della partenza” e il primo atto, che ha riguardato l’osservazione del terzo riquadro del questionario di fine Percorso, lo abbiamo appena compiuto, e ora passiamo al secondo atto che è ancora più direttamente legato alla didattica della lettura e della scrittura.

     Non abbiamo ancora finito di dipanare l’intreccio filologico legato all’aneddoto di carattere popolare che, per rimarcare la natura blasfema di un gesto, fa ricorso all’immagine di un animale che entra in un tempio e profana il tabernacolo mangiandosi le Ostie consacrate.

     A questo proposito, seguendo la trafila delle azioni dell’apprendimento [conoscere, capire e applicare] incontriamo uno scrittore italiano - considerato tra i più significativi autori del ‘900 - il quale però, come spesso succede, gode di scarsa fama in Italia: stiamo parlando di Tommaso Landolfi il quale è noto in campo editoriale soprattutto per il suo lavoro di traduttore dal russo [Landolfi è stato un  importante slavista]. Chi è Tommaso Landolfi?

     Tommaso Landolfi è nato il 9 agosto del 1908 a Pico in provincia di Frosinone.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Con la guida del Lazio e navigando in rete fate una visita a Pico [oggi è un comune di poco più di tremila abitanti] già possedimento dei Farnese e dei Medici e collocato in un bel paesaggio a ridosso del Parco naturale dei monti Aurunci...   Questa cittadina merita di essere visitata...

     A Pico c’è la casa della nobile famiglia Landolfi [suo padre Pasquale è erede di un’antica famiglia longobarda], e a Pico Tommaso, durante la sua vita, ha sempre soggiornato per un certo periodo dell’anno [ha scritto: «A Pico la penna scorre, altrove s’inceppa»] e lui si definiva un po’ ironicamente l’ultimo rappresentante genuino della gloriosa nobiltà meridionale”. Tommaso Landolfi ha trascorso tra Pico, Roma e in Toscana gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza: la sua infanzia è stata segnata dalla morte della madre Ida quando lui aveva due anni. Compie gli studi universitari prima a Roma e poi a Firenze, ma il giovane Landolfi, ancor prima di frequentare l’Università, è già dotato di una vasta cultura, sostenuta da un’intelligenza lucida e dialettica e c’è da dire che ha vissuto una giovinezza piuttosto inquieta perché è stato insofferente ad ogni tipo di autorità, viene bocciato molte volte e fugge da tutti collegi che ha frequentato [compreso il Cicognini di Prato] e difatti acquisisce la maturità classica da privatista nel 1927. Nel 1932 si laurea a Firenze in lingua e letteratura russa con una tesi su Anna Achmatova, e diventa un magistrale traduttore dal russo [così come dal francese e dal tedesco]. Subito dopo la laurea comincia a collaborare con diverse testate giornalistiche e a Firenze fa parte di quella brigata di intellettuali che si riunisce tra le due guerre nel caffè delle Giubbe Rosse, e scrive per le riviste Letteratura e Campo di Marte. Essendo uno spirito libero e aristocratico Tommaso Landolfi è stato un naturale oppositore del regime fascista e nel 1943, a Firenze, è stato arrestato e ha trascorso un mese di carcere alle Murate, da dove per fortuna è riuscito ad evadere. Nel dopoguerra, oltre a collaborare negli anni Cinquanta con Il Mondo di Mario Pannunzio e con Il Corriere della Sera negli anni Sessanta e Settanta, ha scritto molti racconti riuniti in raccolte e poi ha tradotto dal russo tutte le Opere più importanti di autori come: Aleksandr Puškin, Fëdor Dostoevskij, Lev Tolstoj, Ivan Bunin, Michajl Lermontov, Nikolaj Leskov, Nikolaj Gogol’ [famosa la traduzione dei Racconti di Pietroburgo].

     Tommaso Landolfi ha tradotto tutte le Opere di Anton Čechov compreso il romanzo brevissimo intitolato La lettura che abbiamo letto in partenza. Tommaso Landolfi ha ricevuto i maggiori premi letterari italiani, dallo Strega al Campiello, al Viareggio, al Bagutta, al Pirandello ma non si è mai presentato personalmente a ritirarli e ha sempre vissuto sotto traccia, e si è sempre sarcasticamente compiaciuto di avere scarsa fama e uno scorso numero di lettrici e di lettori.

     Tommaso Landolfi ha trascorso lunghi soggiorni nelle “città del gioco”, a Venezia e - dopo essersi sposato nel 1955 con una ragazza appena maggiorenne, Marisa Fortini anche lei nata a Pico - a San Remo dove si è stabilito perché dichiara di aver preso dagli scrittori russi la passione [o il vizio] per il gioco d’azzardo e su questo tema scrive molte pagine in modo ironico.

     Tommaso Landolfi scrive per il gusto di scrivere ed è stato coerentemente un autore schivo e appartato, insofferente alle mode e ai meccanismi preposti al raggiungimento della fama e del successo, e oggi è considerato fra i massimi scrittori del Novecento, non solo italiano perché è stato tradotto in più di dieci lingue diverse. Tommaso Landolfi è morto nel luglio 1979, e negli ultimi vent’anni, soprattutto per interessamento di sua figlia Idolina, morta nel 2008, si sono moltiplicati  gli studi e i convegni sulla sua figura e la sua Opera.

     Lo stile di Landolfi - e la sua scrittura non è di facile lettura - si caratterizza per essere di natura sperimentale [secondo lo stile di Carlo Emilio Gadda, ve lo ricordate?]. Tommaso Landolfi si definisce “un glottoteta [o un glossopoieta]” cioè [scrive]: «L’ideatore di una lingua immaginaria o formata da termini ormai desueti che sono però presenti nel dizionario ed è un peccato lasciarli estinguere perché altrimenti la lingua, soggetta [scrive ironicamente] alle magnifiche sorti della società dei consumi, si impoverisce inesorabilmente invece di arricchirsi». Il compito di chi scrive, afferma Landolfi, è quello di “dare più possibilità alla lingua”, ed è esemplare l’incipit del racconto del 1966 intitolato La passeggiata, leggiamolo: «La mia moglie era agli scappini, il garzone scaprugginava, la fante preparava la bozzima … Sono un mùrcido, veh, son perfino un po’ gordo, ma una tal calma, mal rotta da quello zombare o dai radi cuiussi del giardiniere col terzomo, mi faceva quel giorno l’effetto di un malagma o di un dropace!». Dizionario alla mano fate l’esercizio di tradurre l’italiano in italiano, ma il linguaggio di Tommaso Landolfi è nella maggior parte dei casi comprensibile di primo acchìto. Citiamo soltanto quattro delle sue molte opere: Dialogo dei massimi sistemi, La pietra lunare, Il Mar delle Blatte e altre storie, e la raccolta intitolata A caso per la quale, nel 1975, Tommaso Landolfi ha ricevuto il premio Strega.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

In biblioteca e navigando in rete potete allargare il vostro orizzonte sulla vita di Tommaso Landolfi, sul Centro studi a lui dedicato e sulle sue Opere in modo da leggerne qualche pagina

     E ora veniamo al dunque perché l’idea a Tommaso Landolfi è senz’altro venuta dopo aver tradotto il romanzo brevissimo La lettura di Anton Čechov: può uno scrittore che ama l’ironia e il sarcasmo, dallo stile sperimentale e dal lessico barocco, non lasciarsi coinvolgere da un finale tanto travolgente? E così, nel 1946, nasce il romanzo breve di Tommaso Landolfi intitolato Le due zittelle [con due “t” per far assimilare la parola al termine “zitto”]. La storia è presto detta: due anziane e devote sorelle, Lilla e Nena, sono le protagoniste di questo romanzo e vivono insieme alla vecchia e autoritaria madre, alla domestica Bellonia e alla scimmia Tombo, regalata a loro da un fratello marinaio che poi è morto in terre lontane. Un giorno, una suora si presenta a casa delle due sorelle dicendo che Tombo è sospettato di aver violato la Cappella del monastero. Dopo opportuni appostamenti, si scopre che la scimmia [la “scimia” con una “m” sola nel testo, quasi a contrastare il fatto che “zittelle” è scritto con due “t”] ha davvero imparato ad aprire la sua gabbia per andare nottetempo nella Cappella a simulare il rito religioso, con tanto di consumazione di Ostie consacrate e di vin santo e, di conseguenza, il destino di questo animale “sacrilego” viene affidato al giudizio di due religiosi che imbastiscono una disputa di carattere teologico-dottrinale.

     Ma, oltre al contenuto, a noi interessa entrare in contatto con la forma, non facile da leggere, del testo di questo romanzo breve perché ci spinge ad esercitarci ad investire in intelligenza con la conseguenza virtuosa di mettere in funzione le azioni dell’apprendimento. E ora leggiamo l’incipit di questo romanzo.

LEGERE MULTUM….

Tommaso Landolfi, Le due zittelle

In uno scorante [triste] quartiere d’una città essa medesima per tanti versi scorante, al primo piano d’una casa borghese vivevano due zittelle [con doppia t per evocare il termine “zitto”] colla vecchia madre. E buon per il lettore ch’io non sento il dovere, che altri sente imperioso, di descrivere minutamente simili luoghi! Ce ne sarebbe di che fare entrar le paturnie al meglio disposto.

Il quartiere era tutto risonante di nomi di patrie battaglie, come sarebbe Montebello, Castelfidardo e simili, le quali vie sboccavano in una piazza denominata appunto Indipendenza, o le correvano nei pressi. Pure, tanta gloria era lì fuori di posto, per non dire addirittura sconveniente, e ad ogni modo non riusciva a turbare in nulla la tranquilla, degna e un poco sonnolenta vita delle persone e delle cose. A farla breve, lì lungo le strade, alle case s’alternavano frequenti muri di giardini che appartenevano ai numerosi monasteri del quartiere, i quali, per essere attaccati alle case e per altri motivi più profondi, estendevano in parte su queste e dentro queste il loro dominio e il loro sentore. Epperò, volendo dir tutto e in modo sbrigativo, nell’intero rione si respirava una vaga aria di grettezza e di reazione, in aperto contrasto colla nomenclatura stradale; e si sentiva un riserbo alquanto ipocrita nonché, più pertinentemente, un odor di moccoli e di panni sporchi. E, insomma, a un ignaro visitatore sarebbe sembrato che su ogni cosa si fosse deposta un’impalpabile polverina grigia.

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     E anche noi, adesso, facciamo “punto” prendendo in considerazione il fatto che non dobbiamo cadere “nel vizio più deprecato di attribuire ad una bestia abitudini e sentimenti umani” perché questo atteggiamento ci può portare ad alterare il senso della “giustizia”: la parola-chiave che ha ottenuto il maggior numero di consensi nel secondo riquadro del questionario di fine Percorso nel quale, con le nostre scelte, abbiamo dato un ordine al catalogo dei principi dell’umanesimo: la giustizia, la solidarietà, la pace,  l’uguaglianza, la misericordia.

     E così anche il tradizionale “rituale della partenza” si è concluso e il viaggio vero e proprio sta per iniziare, ma prima di entrare nella Cappella Sistina ad osservare “l’affrescatura” del soffitto dobbiamo studiare, come abbiamo già ricordato, il contesto culturale nel quale ci troviamo [siamo agli albori dell’età moderna, e quando inizia l’età moderna? Sappiamo, in proposito, che le linee di confine sono tante!] e dobbiamo studiare con ordine il percorso della formazione intellettuale di Michelangelo a Firenze [chi sono i suoi maestri? La sua formazione culturale ha contribuito a dare un profilo alla sua genialità!].

     Per rispondere a queste domande dobbiamo prendere il passo facendo leva sul carattere utopico che lo studio porta con sé e sulla convinzione che “non dobbiamo mai perdere la volontà d’imparare”: è questa la qualità fondamentale che ci stimola, che c’invoglia ad esercitarci nell’investire in intelligenza.

     Il viaggio sta per iniziare e la Scuola è qui…

 

 

 

 

 

Lezione del: 
Venerdì, Ottobre 21, 2016