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SUL TERRITORIO DELLA SAPIENZA POETICA E FILOSOFICA DELL’ETÀ ALTO-MEDIOEVALE ENTRANO IN CONTATTO DUE REALTÀ AMMINISTRATIVE, QUELLA DEI CALIFFATI ARABO ISLAMICI E QUELLA DEI FEUDI CRISTIANO CAROLINGI

Lezione N.: 
25

Prof. Giuseppe Nibbi   La sapienza poetica e filosofica dell’età alto-medioevale   14-15-16  maggio  2014

Morte di Orlando - (Jean Fouquet)

SUL TERRITORIO DELLA SAPIENZA POETICA E FILOSOFICA DELL’ETÀ ALTO-MEDIOEVALE

ENTRANO IN CONTATTO DUE REALTÀ AMMINISTRATIVE

- QUELLA DEI CALIFFATI ARABO ISLAMICI E QUELLA DEI FEUDI CRISTIANO CAROLINGI -

E TRA QUESTI DUE MONDI SI SVILUPPA UNA RETE DI RELAZIONI

MILITARI, POLITICHE, ECONOMICHE E CULTURALI] ASSAI ARTICOLATA …

   Con il venticinquesimo itinerario del nostro viaggio di studio sul territorio della “sapienza poetica e filosofica dell’Età alto-medioevale” ci avviamo verso la conclusione del nostro Percorso [compreso questo dobbiamo percorrere ancora tre itinerari, più uno breve in contesto conviviale]. Insieme al REPERTORIO E TRAMA ... questa sera vi è stato consegnato anche il tradizionale “questionario di fine anno” – intitolato PER INVESTIRE IN INTELLIGENZA ... – che serve per dare una forma al territorio attraversato e per indicare un punto di partenza per il prossimo viaggio: compilatelo!

   Ci troviamo ancora di fronte al “paesaggio intellettuale della Letteratura del Corano” e questo vasto e complesso argomento lo stiamo affrontando seguendo la trafila narrativa con la quale la tradizione islamica illustra la vita di Muhammad, il protagonista [dopo Allāh] del Libro del Corano, un testo che prende forma alla metà del VII secolo, in Età alto-medioevale.

   Ai primi di aprile dell’anno 628 Muhammad ha una visione nella quale Dio gli annuncia che, fra breve, lui e i suoi seguaci, potranno compiere il pellegrinaggio al Santuario abramitico della Ka’ba e, quindi, lui si prepara per il viaggio verso La Mecca e questo è il momento in cui inizia l’ultimo atto della vita di Muhammad: gli ultimi quattro anni della vita del Profeta. A questa “visione che invita il Profeta a compiere il pellegrinaggio” fa riferimento il testo del Corano nella XLVIII. La sura della Vittoria al versetto 27, che ora leggiamo.

LEGERE MULTUM….

XLVIII. La sura della Vittoria   27

Nel nome di Dio, clemente misericordioso!

E certo Dio confermò al Suo Messaggero la veridicità della visione, quando Egli gli disse: «Voi entrerete nel Sacro Tempio, se Dio vuole, sicuri, con le teste rasate alcuni, coi capelli accorciati altri, senza timore. Perché Dio sa quel che voi non sapete, ed oltre a questo Egli ha decretato per voi vicina vittoria».

   Questo testo come risulta dalle parole “con le teste rasate alcuni, coi capelli accorciati altri” fa riferimento al rito del pellegrinaggio perché era costume tagliarsi i capelli per andare in pellegrinaggio al santuario de La Mecca.

   La Mecca, nella primavera dell’anno 628, è nelle mani dei nemici di Muhammad: è la città più importante della penisola arabica ed è la città che Muhammad e i suoi seguaci aspirano a conquistare ma, anche se Muhammad si è rafforzato politicamente e militarmente, la conquista de La Mecca non si presenta come una cosa facile ed è, quindi, necessaria una strategia. I beduini delle tribù con cui Muhammad è alleato si rifiutano di partecipare al pellegrinaggio alla Ka’ba che lui vuole intraprendere in fedeltà alla visione che ha avuto in cui Dio lo esorta a compiere quest’atto rituale: temono di cadere in una trappola e poi vorrebbero continuare a fare la guerriglia assaltando le carovane che arrivano a La Mecca, ma Muhammad si muove comunque alla volta del Santuario della Ka’ba con un gruppo non molto numeroso di fedeli formato da poche decine di persone, e per segnalare ai Qurajs le loro intenzioni pacifiche e religiose, arrivati nei pressi de La Mecca, Muhammad e i suoi fedeli indossano gli abiti bianchi dei pellegrini e si tagliano i capelli, secondo le regole rituali stabilite. Però gli avversari di Muhammad, che governano la città, temono questo comportamento: pensano che l’ingresso pacifico di Muhammad a La Mecca faccia diminuire il loro prestigio e, quindi, fanno in modo che Muhammad e i suoi seguaci non si avvicinino troppo.

   Muhammad, con i suoi, si accampa in un luogo che si chiama al-Hudaybiyya e da lì manda dei messaggeri in città chiedendo di intavolare una trattativa: chiede che lui e i suoi fedeli possano visitare il santuario della Ka’ba fondato da Abramo e da Ismaele per volere di Dio. Le trattative tra gli inviati di Muhammad e i Qurajs sono lunghe e complicate ma portarono ad un accordo e per siglare questo accordo i governanti meccani mandano ad al-Hudaybiyya un autorevole personaggio: Suhayl ibn ‘Amr. Questo accordo prevede che Muhammad debba accettare – e lui le accetta – alcune condizioni “umilianti” che lo mettono in difficoltà anche con i suoi seguaci.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

A voi è capitato di fare un accordo in cui avete dovuto accettare delle condizioni umilianti [sfavorevoli]?...   

Scrivete quattro righe in proposito…

   Le condizioni “umilianti” che Muhammad decide di accettare provocano delle tensioni all’interno della comunità mussulmana: che condizioni sono e che cosa ci racconta in proposito la Sira, la vita modello del Profeta? Leggiamo questo brano.

LEGERE MULTUM….

Ibn Ishaq-Ibn Hisam,  Sira - La vita-modello del Profeta

Dal suo accampamento di al-Hudaybiyya il Profeta manda a La Mecca dei messaggeri che propongono questo compromesso: le tribù fedeli al Profeta rinunciano ad assalire le carovane meccane se in cambio potrà visitare la Santa Ka’ba insieme ai suoi credenti. Si arriva ad un accordo dopo lunghe trattative, per concludere il quale i meccani mandano ad al-Hudaybiyya l’autorevole Suhayl ibn ‘Amr. In questo accordo Muhammad deve accettare alcune umiliazioni, puramente esteriori, che provocano delle tensioni all’interno della comunità. L’accordo non si conclude nel nome di Dio, clemente misericordioso, come sarebbe stata volontà del Profeta, bensì si conclude con la formula nel tuo nome, o Dio, come in uso tra le tribù dell’Arabia fino ad allora per volere dei Qurajs. Inoltre Muhammad non viene riconosciuto dall’inviato de La Mecca come il Messaggero di Dio [Rasul Allah]” e la sua firma sull’accordo è semplicemente quella di Muhammad Ibn ‘Abdallah [figlio di Abdallah]”. In questo accordo i Qurajs de La Mecca si rivelano la parte contraente più forte ma il Signore guarda al suo Profeta.

   Muhammad viene fortemente criticato dai suoi per aver accettato un accordo che lo umilia davanti ai governanti de La Mecca: che l’intransigente monoteista Muhammad firmi un’intesa “nel nome del Dio de La Mecca”, il Dio di un santuario politeista, suona come una bestemmia, e poi che Muhammad rinunci al titolo di “rasul Allah [il Messaggero di Dio]”, un titolo che tutti i suoi seguaci gli riconoscevano, suona come una sorta di tradimento nei loro confronti. Quindi nascono delle fortissime tensioni in questa prima piccola comunità islamica in pellegrinaggio. Ma ancora una volta Muhammad si dimostra capace di far valere le sue doti di politico, di guida  e di mediatore spiegando che in condizioni di inferiorità bisogna “saper trattare” e Muhammad spiega ai suoi quali siano i vantaggi di questo accordo, e come sia necessario saper cedere qualcosa per ottenere qualcos’altro di utile. Per Muhammad il fatto di firmare un’intesa con i custodi della Ka’ba e con i governati della Mecca costituisce un enorme guadagno: intanto la sua comunità ha avuto un riconoscimento ufficiale dal punto di vista politico e lui diventa un capo ad alto livello perché ha trattato con un personaggio molto autorevole come Suhayl ibn ‘Amr, quindi, con questo atto Muhammad ibn [figlio di] ‘Abdallah fa il suo ingresso sulla scena pubblica. E ora vediamo qual è il contenuto di questo cosiddetto “accordo di armistizio”.

   Quali sono i punti principali di quello che è stato chiamato “l’accordo di armistizio di al-Hudaybiyya”? Muhammad rinuncia per quell’anno [il 628] a compiere il pellegrinaggio e, quindi, cede alla richiesta dei governanti de La Mecca e in cambio ottiene un armistizio di dieci anni e ottiene che l’anno successivo, il 629, i musulmani avrebbero potuto per tre giorni occupare la città per compiere il rituale della circumambulazione alla Ka’ba. Questo accordo così formulato è sicuramente “umiliante” ma permette a Muhammad di preparare e di propagandare questo pellegrinaggio. Muhammad predica il valore religioso “in senso monoteista” del pellegrinaggio e riunisce [questa volta] un grande numero di pellegrini che si prepararono materialmente e spiritualmente a questo evento. E Muhammad, interpretando i vecchi riti, mette a punto una nuova liturgia e codifica un nuovo modo di fare il pellegrinaggio: costruisce il senso e lo stile islamico del pellegrinaggio che diventa un modello anche per i cristiani.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Qual è stato il pellegrinaggio [religioso o laico] più significativo al quale avete partecipato?...

Scrivete quattro righe in proposito...

   Il tema del pellegrinaggio viene trattato in molti brani del Corano. Leggiamo in proposito un brano dalla XXII. La sura del Pellegrinaggio.

LEGERE MULTUM….

XXII. La sura del Pellegrinaggio   26-35   40-41

Ricordati quando facemmo abitare Abramo nel recinto della Casa di Dio dicendogli: «Non associarMi oggetto alcuno, ma purifica la Mia Casa per quelli che vi girano attorno pii, per quelli ritti in preghiera, per chi s’inchina e si prostra! E leva fra le persone la voce d’invito al pellegrinaggio, sì che vengano a te a piedi, e su cammelli slanciati da ogni valico fondo tra i monti. Sì perché chiunque rispetterà i sacri comandamenti di Dio, sarà meglio per lui presso il Signore. Vi sono permesse le carni degli armenti, offritene ai bisognosi: astenetevi dalla contaminazione degli idoli, astenetevi dai discorsi mendaci! Volgetevi in semplice fede verso Dio, senza associarGli altri esseri; ché chi associa altri esseri a Dio, è come se cadesse dal cielo e lo rapissero coi loro artigli gli uccelli e lo trasportassero turbini di vento in lontanissimo abisso. Chi rispetta i riti di Dio, sappia che sgorgano dal sacro timore dei cuori. Il vostro Dio è un Dio unico, a Lui abbandonatevi tutti, e tu dà liete novelle a quelli che si umiliano a Dio, che soccorrerà chi và pellegrino verso di Lui; in verità Dio è potente possente; soccorrerà coloro che, quando Noi li abbiamo stabiliti nel paese, osservano la Preghiera e pagano la Decima e invitano al Bene e sconsigliano il Male: a Dio tutte le cose ritornano in fine.

   Il “pellegrinaggio islamico” è un rito [faticoso, impegnativo] che ha come obiettivo quello di permettere alla persona-peregrinante di “avvicinarsi a Dio” per potersi trasformare in un vero e proprio “santuario vivente”. Durante il cammino la persona-peregrinante deve rafforzare il suo convincimento di compiere quotidianamente gli atti che permettono il suo avvicinamento alla divinità: il pregare, il solidarizzare [pagare le tasse e ridistribuire], il pensare che Dio [il Bene] è il fine di tutte le cose.

   Nel 629 Muhammad accompagnato da una schiera di circa duemila seguaci può – come era stato stipulato con il patto di al-Hudaybiyya – entrare ne La Mecca e compiere, nella città deserta, la “visita [‘umra]” al santuario della Ka’ba. Questo atto simbolico si rivela molto importante e diventa un fatto propagandistico fondamentale che fa crescere il prestigio della figura di Muhammad e molte persone autorevoli, molti alti esponenti della gerarchia coreiscita, rimangono colpiti da questo evento cerimoniale che esalta la fede monoteista e scredita la rozza religione degli idoli, e i governanti della città rimangono impressionati [emozionati] dal ruolo politico e religioso che ha assunto il “personaggio di Muhammad” e molti cominciano a pensare che non solo La Mecca ma l’intera Nazione araba avrebbe bisogno di una guida così carismatica.

   Dopo il pellegrinaggio a La Mecca del 629 Muhammad capisce di aver ricevuto una legittimazione politica e religiosa: torna in processione a Medina [che è diventata la sua città] e comincia a comportarsi come uno statista, ed è in questo periodo che la tradizione pone le famose “ambascerie”. Le “ambascerie” sono “Lettere” che Muhammad avrebbe scritto ai principali sovrani dell’epoca per farsi conoscere e per aprire un rapporto di comunicazione, queste “Lettere” sono indirizzate all’imperatore di Bisanzio Eraclio, al re di Persia Cosroe, al negus dell’Etiopia e anche ad un misterioso personaggio detto “muqauqis di Alessandria” che, forse, è il patriarca della Chiesa ortodossa egiziana [copta]. Sicuramente Muhammad, essendo un personaggio politico che predilige le trattative, ha cercato di comunicare il suo messaggio in modo epistolare e inviando degli ambasciatori ma tutte le studiose e gli studiosi di filologia affermano che le “Lettere” scritte a questi illustri personaggi risultano apocrife: sono state compilate successivamente perché gli eventuali messaggi originali sono andati perduti.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

A quale illustre persona, del presente o del passato, voi mandereste una lettera?...

Scrivetela, bastano poche righe in proposito...

   Non doveva essere una cosa facile per Muhammad comunicare con gli Stati limitrofi e c’è un esempio storico che documenta questa difficoltà: Muhammad dopo il pellegrinaggio a La Mecca nell’agosto del 629 torna a Medina e poi con un folto gruppo dei suoi fedeli [tra questi c’è anche una guarnigione armata perché tutte le carovane viaggiano con una scorta armata] si dirige verso nord e si avvicina al limes [al confine] con l’Impero bizantino ma la guarnigione armata musulmana viene subito affrontata dall’esercito imperiale a Mu’ta, viene sconfitta e Muhammad con i suoi seguaci deve battere in ritirata verso sud senza neppure poter comunicare che si era avvicinato con intenzioni pacifiche.

   Questa esperienza negativa non toglie nulla al prestigio del Profeta che capisce di dover organizzare un esercito forte perché purtroppo i rapporti tra gli Stati sono regolati più dalla potenza armata che dalla potenzialità delle trattative. All’esercito di Muhammad, in pochi giorni, aderiscono più di diecimila giovani e, con la consistenza di questo esercito Muhammad conquista il potere a La Mecca senza combattere.

   Che cosa succede: perché si rompe l’accordo di armistizio siglato ad al-Hudaybiyya tra Muhammad e i governanti de La Mecca? I governanti de La Mecca vogliono rafforzare la loro potenza [economica e militare] e decidono di allearsi con una potente tribù dell’area di al-Ta’if: l’unica tribù ostile a Muhammad, e questo fatto viene interpretato dal Profeta come una violazione della tregua stabilita dall’accordo di armistizio siglato ad al-Hudaybiyya e, di conseguenza, Muhammad con il suo forte esercito si dirige verso La Mecca. I governanti meccani mandano una delegazione guidata dal loro capo Abu Sufyan per capire quali siano le intenzioni di Muhammad. Abu Sufyan è sorpreso quando vede l’esercito di Muhammad schierato nei pressi della città, e la tradizione ci racconta che Abu Sufyan si limita a prendere atto della situazione e a rendere un deferente omaggio al Profeta. Il Profeta lo ringrazia e lo rimanda subito a La Mecca ad annunciare per gli abitanti della città “ampie garanzie di pace”.

   Quindi la conquista de La Mecca si risolse in una consegna della città che avviene in modo pacifico: rimangono uccisi [ci racconta la tradizione] soltanto alcuni, molto ostinati, nemici di Muhammad, e tra gli uccisi – sei persone in tutto – ci sono, come ci racconta emblematicamente la tradizione, due schiave del notabile ‘Abdallah ibn Khatal che “cantavano canzoni satiriche contro il Messaggero di Dio”. Le studiose e gli studiosi di filologia ci fanno sapere che si tratta di un fatto leggendario inserito in tarda età nella tradizione ma l’ammonimento è molto chiaro: non si scherza, non si deve scherzare sulla figura del Messaggero di Dio.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Conoscete un brano satirico, in versi o in prosa, che vi piace particolarmente perché prende in giro con intelligenza qualche persona famosa?

Scrivete [escludendo il messaggero di Dio] quattro righe in proposito...   

   E ora leggiamo come la tradizione per mezzo della Sira, la vita modello del Profeta ci racconta l’avvenimento dell’ingresso di Muhammad a la Mecca.

LEGERE MULTUM….

Ibn Ishaq-Ibn Hisam,  Sira - La vita-modello del Profeta

Quando Muhammad arrivò a La Mecca e la gente si sentì sicura, andò alla Ka’ba e le girò intorno, cavalcando il suo cammello, sette volte, toccando, con il suo bastone, l’angolo dove si trova la Pietra Nera. Quando ebbe finito i giri, chiamò ‘Uthman ibn Talha, prese da lui la chiave della Ka’ba, aprì la porta ed entrò. Nella Santa Casa trovò una colomba in legno di aloe; la ruppe con le sue mani e la buttò via. Quindi, davanti alla porta, pronunciò un breve sermone e disse: «Dio ha portato via l’orgoglio del periodo pagano e la sua esaltazione degli antenati; tutte le persone discendono da Adamo, e Adamo è stato creato dalla polvere». Con queste parole il Profeta ha voluto far riferimento alla caratteristica principale della nuova comunità [umma]: l’uguaglianza di tutte le persone davanti a Dio, clemente misericordioso!

   Le cronache dell’epoca riferiscono che Muhammad entra nella “città santa [La Mecca]” nel gennaio dell’anno 630 senza colpo ferire manifestando un atteggiamento di grande tolleranza. Il santuario della Ka’ba viene “purificato” dagli idoli e dal culto idolatrico: vengono aboliti tutti i privilegi che i Qurajs, come custodi del Santuario, si erano attribuiti.

   Sul tema della “purificazione del Tempio di Dio [un tema che la Letteratura dell’Antico Testamento tratta con abbondanza di particolari]” il testo del Corano si esprime nella IX. La sura della Conversione o dell’Immunità e a questo proposito leggiamo i versetti 17, 18, 19. Sappiamo che La IX sura è di 129 versetti ed è l’unica che non possiede la formula introduttiva “nel nome di Dio, clemente misericordioso!”.

LEGERE MULTUM….

IX. La sura della Conversione o dell’Immunità   17-19

Non s’addice agli idolatri visitare il Tempio di Dio testimoniando contro se stessi la propria empietà. Vane sono le opere loro e nel fuoco resteranno in eterno. Visiteranno il Tempio di Dio quelli che credono in Dio e nel Giorno del Giudizio, e compiono la Preghiera, rispettano il digiuno e pagano la Dècima e non hanno paura d’altri che Dio. Questi può darsi che siano da Dio guidati al Bene. Forse che vendere da bere ai pellegrini e pulire il Tempio Sacro sono atti da mettere alla pari col merito di chi ha creduto in Dio e nell’Ultimo Giorno e si è sforzato per camminare sulla Via di Dio?

   Nella cultura islamica l’idea della “purificazione del Tempio” ha assunto un carattere di tipo metaforico perché il “Tempio è la persona stessa” depositaria dei principi fondamentali [le cinque colonne portanti] su cui si regge la “fede”. Il concetto della “purificazione del Tempio” ha un valore metaforico e consiste nell’affermare che “prima viene la fede” che si esplicita in precise manifestazioni e atti concreti: con la dichiarazione di sottomissione alla volontà di Dio [islam], con la preghiera [cinque volte al giorno], con il contributo [quotidiano] di solidarietà per i bisognosi, con il digiuno [nel mese prescritto], con il pellegrinaggio [annuale] e, quindi, le opere di culto diventano secondarie anche perché spesso rasentano l’idolatria che porta a trasformare la fede in religione affaristica.

   Le cronache dell’epoca riferiscono che dopo la conquista de La Mecca il comportamento di Muhammad è esemplare: divide in modo chiaro e preciso la fede dalla politica per cui anche se in questo momento è virtualmente il Signore di tutta l’Arabia tuttavia non vuole far diventare la “città santa” una capitale e soprattutto respinge con caparbietà l’idea di “essere idolatrato [La Mecca è la città di Dio e il Profeta è un uomo come tutti gli altri]” e, quindi, se ne torna a Medina dove lo attendono molti impegni di carattere politico e militare ai quali il testo del Corano fa riferimento. Il testo del Corano cita la “battaglia di Hunayn” contro la confederazione beduina di al-Ta’if [i tradizionali nemici del Profeta], cita gli scontri con le tribù beduine ed ebree nell’aria di Medina, cita una “spedizione in Transgiordania” verso Tabuk per vendicare la sconfitta subita contro i Bizantini ma non ci sono dati reali che giustifichino queste campagne: secondo le studiose e gli studiosi di Storia, in realtà, non ci sono stati significativi combattimenti e Muhammad acquisisce delle apparenti vittorie ideali attraverso delle “trattative di pace” ed è proprio per questo motivo che si rende visibile come “capo di Stato” e ne trae vantaggi politici.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Vi è capitato di dover fare delle concessioni per concludere una trattativa?...

Scrivete quattro righe in proposito...

   Nei confronti della Nazione araba che va unificandosi Muhammad è il grande “capo-tribù” ma di fronte a Dio, nonostante l’importante ruolo che riveste di Divino Messaggero [rasul Allah], Muhammad si considera, e vuole essere considerato, un credente [un muslim] come tutti gli altri. Ed è per questo motivo che nel 631, l’anno dopo la conquista della “città santa”, Muhammad non va personalmente in pellegrinaggio alla Mecca ma [secondo la tradizione] invia a rappresentarlo Abu Bakr seguìto da Alì. Abu Bakr ha il compito di leggere un messaggio del Profeta contro il politeismo, contro il paganesimo e di grande apertura nei confronti delle altre fedi [l’ebraismo e il cristianesimo] monoteistiche. L’anno seguente però, il Profeta, come se fosse spinto da un presentimento, si reca egli stesso a guidare il pellegrinaggio nel mese prescritto [febbraio-marzo dell’anno 632] e questo pellegrinaggio è noto, nella tradizione, come il “pellegrinaggio d’addio”. E la descrizione che ne è stata fatta, secondo la tradizione, è servita e serve di base per fissare le modalità rituali definitive di questa importante cerimonia.

   La tradizione ci ha tramandato il significativo discorso che Muhammad ha tenuto ai credenti in questa occasione sul collina di ‘Arafat. Leggiamo dalla Sira, la vita modello del Profeta il testo di questo discorso.

LEGERE MULTUM….

Ibn Ishaq-Ibn Hisam,  Sira - La vita-modello del Profeta

In occasione del pellegrinaggio d’addio, sulla collina di ‘Arafat, il Profeta disse: «Ascoltate le mie parole perché non so se potrò di nuovo incontrarvi qui il prossimo anno. Conservate in modo sacro i vostri beni e la vostra vita finché incontrerete il Signore nel Giorno del Giudizio. Satana ha perduto ormai la speranza d’esser più adorato in questo vostro paese. Voi, uomini, avete dei diritti verso le vostre donne, ma anche le vostre donne hanno dei diritti su di voi. Trattatele bene, esse devono essere preziose per voi. Meditate bene le mie parole, io ho compiuto la mia missione e vi lascio una guida, se vi atterrete alla quale, non potrete sbagliare: il Libro di Dio e l’Esempio del suo Inviato. Sappiate che un credente è fratello dell’altro, tutti i credenti sono fratelli, e a nessuno è permesso prendere da un altro quel che non gli dia di sua volontà: non commettete ingiustizie contro voi stessi! O Dio: ho compiuto io fedelmente la mia missione?». Il popolo in coro gridò: «Sì, l’hai compiuta!». E Muhammad aggiunse: «Signore, siine tu testimone!».

   Pochi mesi dopo il “pellegrinaggio d’addio” Muhammad si ammala: ha la febbre e non si riprenderà più, non riuscirà a guarire. Durante il decorso della malattia viene amorevolmente assistito dalla moglie Āiša, la figlia di Abu Bakr. Poco prima di morire il Profeta compare nella moschea, che era separata dall’abitazione di Āiša solo da una tenda, prende la parola e pronuncia un brevissimo discorso che la tradizione ci ha tramandato.

   L’ultimo breve discorso di Muhammad è collegato alla dolorosa esperienza delle scissioni e delle guerre fratricide che si svilupperanno in seno all’islam subito dopo la morte del Profeta: ancora prima della morte di Muhammad si scatena la guerra di successione nell’ambito della sua famiglia. Leggiamo questo breve e accorato discorso come ci viene riportato, secondo la tradizione, dalla Sira.

LEGERE MULTUM….

Ibn Ishaq-Ibn Hisam,  Sira - La vita-modello del Profeta

Un fuoco viene acceso e arrivano scissioni e guerre civili [fitan] come tappe di una lunga notte. Ma, Dio mio, non mi potete rimproverare niente, perché vi ho permesso solo ciò che il Corano permette e vi ho proibito solo ciò che il Corano proibisce.

   Secondo la tradizione Muhammad muore [poco più che sessantenne] l’8 giugno dell’anno 632 tra le braccia della moglie Āiša, era un lunedì.

   Āiša è la terza moglie di Muhammad: dopo la morte di Khadija, la prima moglie, Muhammad ha contratto molti matrimoni e il tema delle “mogli del Profeta” è un complicato argomento di studio, tuttora in corso, che ha sempre suscitato un grande interesse sul piano letterario. Muhammad sposa la giovanissima Āiša nel 623 e questa persona ha una parte molto importante nella successiva storia dell’islam e, tra le undici o dodici mogli di Muhammad che sono state identificate, Āiša è l’unica a non essere una vedova.

   Muhammad su questo “tema delle mogli” è stato molto calunniato ma le studiose e gli studiosi di filologia ci ricordano che questi matrimoni sono stati contratti per motivi di opportunità politica: secondo un costume del tempo e del luogo di legarsi tra famiglie beduine con “vincoli di sangue” per cui il matrimonio serve per “stipulare delle alleanze”. Cinque mogli di Muhammad sono quraiscite, una è ebrea, una è hilaliena, una asadita e una egiziana copta: sono matrimoni non consumati dettati dalle regole tribali, anche perché Muhammad fino all’età di cinquant’anni è stato fedele, nella vedovanza, alla sua prima moglie Khadija.

   Con Āiša, che è la figlia di Abu Bakr il fedele compagno del Profeta, Muhammad sembra avere un legame profondo e significativo e, quindi, questa persona viene considerata dalla tradizione la “moglie prediletta di Muhammad”.

   Nei racconti della tradizione è entrato un episodio molto curioso: è di carattere leggendario questo episodio che riguarda il rapporto tra Muhammad e Āiša? Nel novembre-dicembre del 626 ad Āiša, la giovanissima e prediletta moglie di Muhammad, capita un “incidente” che, sebbene da prima sia risultato insignificante, ha lasciato poi però ampi strascichi nella storia successiva dell’islam. Che cosa è successo? È capitato che nel corso di una spedizione Āiša è rimasta indietro dal grosso della carovana e sembra si sia persa, difatti quando tutti si sono accampati per la notte lei non è presente, ma ricompare il mattino seguente in sella ad un cammello guidato da un giovane cammelliere e sostiene di essere stata raccolta da lui perché, essendosi attardata, aveva perso il contatto con il gruppo in cammino. Ben presto si sono diffuse varie dicerie [sappiamo che “la calunnia, è un venticello…”] e sembra che il cugino Alì – che non ha mai potuto sopportare Āiša [e questo scontro sfocerà nella guerra civile] – abbia consigliato al Profeta di divorziare subito, di abbandonare questa ragazza, ma Muhammad considera calunniose queste ipotesi e le respinge.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Che cosa vi fa venire in mente la parola “calunnia”?...

Scrivete quattro righe in proposito…

   Le studiose e gli studiosi di filologia ritengono che a questo episodio faccia esplicito riferimento il Libro del Corano nel testo della XXIV. La sura della Luce. Nel testo di questa sura, mentre viene trattato il “tema dell’adulterio”, è stata inserita, dal versetto 11 al versetto 26, un’invettiva contro “questa” calunnia. Leggiamo quattro versetti di questa invettiva confezionata con un velo di ironia.

LEGERE MULTUM….

XXIV. La sura della Luce   11-14

Certo quelli che hanno inventato questa calunnia sono parecchi fra voi: ma non crediate che questa calunnia sia un male per voi, anzi è un bene. E ognuno di quelli che l’hanno propalata [diffusa] avrà quel che s’è guadagnato col suo peccato, ma chi s’è incaricato dell’essenziale avrà un castigo tremendo! - Perché, quando udiste questa calunnia, i credenti e le credenti non pensarono fra sé al meglio e non dissero: «Questa è bugia manifesta?» - Perché gli accusatori non hanno portato quattro testimoni? Se dunque non hanno potuto portare i testimoni, sono loro, presso Dio, i mentitori! - E se non fosse per il favore di Dio e la Sua misericordia in questo mondo e nell’Altro, per quel che avete divulgato v’avrebbe colpito un castigo tremendo

   Quindi Muhammad non vuole assolutamente ascoltare i “calunniatori” che vociferano sul presunto comportamento adulterino di sua moglie: lui la difende e non solo non divorzia ma continua ad amarla con grande affetto e, come abbiamo letto, riceve persino una Rivelazione dall’alto che la assolve. Tuttavia l’inimicizia tra Āiša e Alì aumenta e diventa una delle cause delle lotte di successione che portano allo scisma tra i sunniti [i compagni di Abu Bakr e di Āiša] e gli sciiti [i compagni di Alì].

   Āiša è certamente la protagonista principale dell’ultimo atto della vita del Profeta e, secondo la tradizione, il significativo racconto della morte di Muhammad è affidato proprio a lei e l’episodio ce lo racconta la Sira, la vita modello del Profeta.

   Dieci itinerari fa [ai primi di febbraio] abbiamo letto un primo frammento dalla Sira [sul pastorello Muhammad, timido e solitario], questa sera con la lettura del brano che racconta la morte del Profeta ci congediamo da quest’opera e ciò significa che si sta per concludere l’osservazione che abbiamo riservato al paesaggio intellettuale della Letteratura del Corano seguendo – in funzione della didattica della lettura e della scrittura – un criterio: quello di prendere come filo conduttore i più importanti  avvenimenti della vita di Muhammad [documentati, tra storia e leggenda, in Età alto-medioevale].

   E ora leggiamo il commovente racconto con cui Āiša descrive la morte di Muhammad in cui, ancora una volta e in modo definitivo, il Profeta, sebbene investito del compito di Messaggero di Dio [rasul Allah], ribadisce di voler morire come un uomo qualunque così come ha vissuto.

LEGERE MULTUM….

Ibn Ishaq-Ibn Hisam,  Sira - La vita-modello del Profeta

[Āiša, la moglie di Muhammad, racconta…]  In quel giorno l’Inviato di Dio tornò in casa rientrando dalla contigua moschea e si sdraiò di fianco sul pavimento appoggiando la testa sul mio grembo. Entrò da me allora un uomo della famiglia di Abu Bakr con in mano un siwak verde [un ramoscello usato per pulirsi i denti]. L’Inviato di Dio guardò la mano di colui in modo ch’io intesi che lo desiderava, e gli domandai: «O Inviato di Dio vuoi che ti dia questo siwak?» Rispose: «». Allora lo presi, lo masticai per lui sin ché lo ebbi reso tenero, poi glielo diedi e con esso egli si pulì i denti usando il massimo di forza ch’io gli avessi mai veduto adoperare nel fare ciò; poi lo depose. Io sentii l’Inviato di Dio farsi sempre più pesante sul mio grembo, gli guardai il viso, ed ecco che il suo sguardo era diventato fisso, mentre egli mormorava: «Al contrario, io voglio il Compagno Sommo dal Paradiso». Allora esclamai: «Ti è stata data la possibilità di scegliere tra il rimanere in terra e il salire in Cielo, e tu hai scelto! Tu hai scelto per Colui che ti ha mandato a recitare il Libro della Fede!»  Ma l’Inviato di Dio non mi poteva rispondere perché, oramai, era già spirato.

   Con la lettura di questa pagina della Sira, la vita-modello del Profeta concludiamo la nostra escursione nel paesaggio intellettuale della Letteratura del Corano e, come abbiamo ripetuto molte volte, questa esplorazione ha seguito il filo che lega i temi inerenti agli avvenimenti più importanti della vita di Muhammad, ma sono molti i temi che potremmo ancora approfondire per continuare a leggere e a riflettere su questa Letteratura confezionata in Età alto-medioevale: per esempio potremmo sviluppare il tema dell’idea di Dio o quello degli Angeli, dei Diavoli e dei Dèmoni, o quello dell’origine e della fine del mondo, o quello della Resurrezione, o quello del Paradiso e dell’Inferno, o il tema dei Patriarchi e dei Profeti, o il tema della Giurisprudenza e del comportamento sociale, o quello della Scienza, tutti temi importanti sui quali potremmo costruire molti altri itinerari di studio. La Letteratura del Corano – e, in proposito, abbiamo tirato in ballo la Divina Commedia dantesca – è uno degli Apparati letterari fondamentali della cultura occidentale che influenza la filosofia, la scienza, la sapienza poetica medioevale e, quindi, nei prossimi viaggi che faremo dovremo ancora convergere sui temi della Letteratura del Corano.

   A questo proposito dodici settimane fa abbiamo studiato che gli Arabi in Età medioevale espandono la loro influenza politica, economica, artistica, filosofica, scientifica oltre che in Oriente anche fin nel cuore dell’Occidente e, quindi, adesso facciamo un passo avanti insieme ad un eccellente “viaggiatore arabo” che ci porta nel cuore di un Medioevo in cui la cultura islamica ha lasciato il segno.

   La Letteratura del Corano si è diffusa nel bacino del Mediterraneo tra il VII e l’VIII secolo attraverso quella che si chiama l’espansione dell’Islam, un fenomeno [come abbiamo studiato] che resta, per la sua rapidità e la sua estensione, un grandioso fenomeno storico e culturale. In un secolo la fascia dell’Ecumene che va dal fiume Indo all’Oceano Atlantico entra nell’area della Letteratura del Corano e [come ci spiegano le studiose e gli studiosi] non solo attraverso l’azione militare ma soprattutto tramite una “conquista” di tipo economico e mercantile e poi marcatamente culturale. Difatti, per circa quattro secoli, questa è stata l’area geografica della civiltà più florida che, tra l’altro, ha elaborato, trasmesso e riportato nell’Occidente cristiano l’eredità della Grecia classica con le Opere di Platone, di Aristotele, del Neopitagorismo, del Neoplatonismo [ne abbiamo più volte parlato di questo fenomeno e ancora ne parleremo].

   Il motore dell’espansione della Letteratura del Corano su un territorio così vasto che va dal fiume Indo all’Oceano Atlantico è soprattutto il “viaggio [safar]”, è  [come scrive un commentatore dell’epoca] «l’azione del viaggiare [safara] pellegrinando, magnificando Dio [Allàh] per tutto quello che ha creato». Mentre gli abitanti della Mitteleuropa medioevale [nell’VIII IX X secolo] stanno per la maggior parte del tempo rinchiusi nei loro castelli e nei loro borghi, gli Arabi [navigatori, esploratori, mercanti, pellegrini] viaggiano per mare e per terra. Già nell’VIII secolo le navi arabe salpano dal Golfo Persico percorrono lentamente le coste dell’India, raggiungono la Malesia e, dopo quattro mesi di navigazione, sono a Canton, nella Cina meridionale [quindi molto prima di Marco Polo] per tessere la rete di un vasto sistema di rapporti commerciali. Il 21 giugno del 921 un’immensa carovana, composta da tremila cammelli e dodicimila persone, lascia Baghdad diretta verso nord, verso il centro della Russia: tornano tutti da questo “viaggio” dopo un anno raccontando di aver attraversato un territorio deserto, freddo, non abitabile, un territorio che cominciano a chiamare “paese della Tenebra”. Contemporaneamente mille altri viaggiatori esplorano il Maghreb, le coste dell’Africa occidentale, la valle del Nilo, l’Etiopia, lo Yemen, l’Asia Minore, Costantinopoli, l’Iran, la Mesopotamia, l’Afganistan, le Maldive, l’India, le isole dell’Oceano Pacifico.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Quali di questi paesi vorreste visitare?...  

Basta una frase per rispondere...

   Come facciamo a sapere queste cose? Siamo al corrente perché possediamo un abbondante “materiale scritto”: i viaggiatori arabi dell’VIII IX X secolo tengono sempre un “diario di viaggio” e si lasciano sedurre dallo “spaesamento” e [lo sappiamo bene] lo “spaesamento da viaggio” è una situazione culturale propulsiva, una occasione intellettuale che fa venire voglia di ricordare, di documentare, di descrivere l’insolito momento che stiamo vivendo. Noi sappiamo bene che lo “spaesamento” crea memoria, la memoria crea racconto e il racconto crea scrittura, e siccome la Letteratura del Corano esalta la “scrittura”, di conseguenza, esalta anche il “viaggio” come un’opportunità che ispira l’esercizio della “scrittura”, che ispira lo “spaesamento mistico”. La Letteratura del Corano invita a compiere “viaggi significativi”: viaggi che conducano allo “spaesamento mistico”, vale a dire a “lodare Dio per tutto ciò che di bello ha creato” e a “mettersi in ricerca del bello per poter lodare Dio”.

   E proprio mentre ci troviamo nel vivo di questa riflessione ecco che – come abbiamo detto poco fa – ci viene incontro un “viaggiatore”: un intellettuale arabo che si chiama Ibn Jubayr. Diciamo subito che Ibn Jubayr – con il quale facciamo un passo in avanti nel tempo spostandoci sul territorio che attraverseremo nel corso del prossimo viaggio – è uno dei più grandi scrittori di viaggi della Storia della Letteratura.

   Ibn Jubayr è uno dei più grandi scrittori di viaggi della Storia della Letteratura e ha scritto una famosa Relazione di viaggio. Egli parte il 3 febbraio 1184 da Granada [in Andalusia, dove abita] e ritorna a casa il 25 aprile 1185. Ogni pagina della Relazione di viaggio di Ibn Jubayr è pervasa di “spaesamento mistico” perché questo motivo costituisce una delle componenti stilistiche con cui è scritta la Letteratura del Corano: il Libro del Corano loda poeticamente e ininterrottamente Dio per la “bellezza del creato” e, quindi, il testo della Relazione di viaggio di Ibn Jubayr viene composto sotto il segno della Divinità [di Allàh] che incoraggia a cercare la bellezza e che protegge chi si avventura in questa ricerca.

   Basta leggere un frammento della Relazione di Ibn Jubayr per capire in che cosa consista questo stile ricco di enfasi: «Allàh facilitò grandemente la nostra traversata e noi Gliene rendiamo grazie! Grazie alla onnipotenza di Allàh e alla Sua misericordia, grazie alla sua potenza, che sia esaltata, e al Suo aiuto! Non c’è altro Dio che Lui. Quando arrivò la tempesta, Allàh - che Egli sia esaltato - ci preservò dal pericolo, facendo soffiare un vento improvviso che veniva dalla costa e che ci allontanò, grazie a Dio!». Tutto il viaggio è intriso di questa “pietà” profondissima che «riempie ogni istante del giorno e copre, come una coperta, ogni momento della notte». Ma, soprattutto, questo modo di ragionare [secondo lo stile dello spaesamento mistico], scrive Ibn Jubayr: «risveglia la precisione dell’occhio». Esaltare la potenza, l’onnipotenza, la misericordia di Dio [di Allàh] aiuta a osservare, a conoscere e a capire meglio la realtà, perché tutta la realtà è stata creata da Dio, ed è frutto della potenza, dell’onnipotenza, della misericordia di Dio [di Allàh], quindi, l’esaltazione di Dio nell’osservare le cose che ci circondano, risveglia la “precisione dell’occhio” e si può godere di una più nitida percezione della realtà. Esaltare Dio, il Creatore, rende più penetrante la conoscenza e allarga gli orizzonti della conoscenza [e tutta la Letteratura del Corano esalta il valore della conoscenza].

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Di fronte a quale spettacolo della natura avete sentito “risvegliarsi la precisione del vostro occhio [avete goduto della bellezza del mondo]”?...

Scrivete quattro righe in proposito...

   Qual è l’itinerario del viaggio di Ibn Jubayr? Intanto attraversa il Mediterraneo su una nave genovese perché sono i Genovesi che, in questo momento [siamo nel 1184] hanno in mano il controllo di gran parte delle rotte mediterranee. La prima tappa del viaggio di Ibn Jubayr ha come destinazione Alessandria d’Egitto quando la città ellenistica – quella delle grandi Scuole di pensiero [e noi abbiamo studiato il pensiero delle Scuole alessandrine dal III secolo a.C. al III secolo d.C.] – era ancora visibile nella sua antica struttura originale che era già diventata un “sito archeologico”, e Ibn Jubayr si entusiasma davanti alle rovine dell’Alessandria “classica e pagana” fino a dichiarare che anche questa Alessandria è stata creata da  Allàh e, di conseguenza, il “mondo classico-pagano” è un patrimonio da salvaguardare: leggiamo che cosa scrive Ibn Jubayr nella sua Relazione di viaggio.

LEGERE MULTUM….

Ibn Jubayr, Relazione di viaggio

In questa straordinaria città [Alessandria] non c’è pietra, mosaico, intarsio, monumento, rovina che non debba essere osservato e descritto con meticolosa e meravigliata attenzione, perché ogni colore del mondo è dipinto da Allàh, e descriverlo è necessario, ma essendo creato dall’Onnipotente - che Lui sia esaltato - descriverlo nel profondo è impossibile. I marmi bianchi sono incrostati di arabeschi di marmi colorati così belli che si può a malapena descriverli.

   Da Alessandria Ibn Jubayr raggiunge poi i luoghi delle grandi Piramidi egizie, ed è interessante leggere che cosa scrive.

LEGERE MULTUM….

Ibn Jubayr, Relazione di viaggio

Ho visto le Piramidi, ed esse sono, secondo alcuni, le tombe di Adamo e dei suoi figli: i giganteschi uomini delle origini, che avevano in parte rifiutato la rivelazione di Dio. Secondo altri sono state costruite da Ermes che vi avrebbe nascosto il tesoro delle scienze astrali e angeliche.

Poi ho continuato il mio viaggio lungo il fiume Nilo, il deserto e le piste carovaniere.

Quando la nave attraversò il Mar Rosso, un lampo brillò all’improvviso, la tempesta oscurò il cielo, un vento furioso trascinò indietro la nave, finché la mattina dopo Allàh - che la sua misericordia sia esaltata - calmò il vento, fece dissipare la bruma e rischiarò il cielo con la sua luce onnipotente.

   Attraversare il territorio del Medio Oriente significa per Ibn Jubayr entrare in contatto con il mondo della Bibbia, con la cultura dell’Antico e del Nuovo Testamento di cui la Letteratura del Corano [come sappiamo] si è nutrita profondamente, e Ibn Jubayr attraversa con grande emozione questo spazio che per lui non è solo un luogo geografico ma bensì un grande “paesaggio intellettuale” e, quindi, leggiamo quali sono i luoghi che ci racconta di aver visto.

LEGERE MULTUM….

Ibn Jubayr, Relazione di viaggio

Ho visitato con emozione - grazie a Dio, che sia esaltato - il luogo dove nacque Mosè e quello dove la madre l’aveva esposto sul Nilo. Ho visitato - sia benedetto il nome di Dio - la prigione di Giuseppe e i silos dove raccolse il grano dell’abbondanza. Ho visitato - grazie alla onnipotenza di Allàh - la tomba di Eva, morta mentre cercava di raggiungere la Città santa. Ho visitato - grazie alla misericordia di Allàh - la tomba di Abramo, nostro padre e il mausoleo edificato sul luogo della sua nascita; il pozzo dove fu gettato Giuseppe; la pietra macchiata dal sangue di Abele; la piccola grotta dove si erano rifugiati Gesù e Maria; le tombe di Noè e di Mosè, con le impronte dei piedi sulla roccia; il resto del tronco di palma dove Maria ebbe le doglie del parto; e il luogo dal quale Gesù salì al cielo.

   In questi anni, in cui Ibn Jubayr scrive, a Gerusalemme si sta combattendo la Crociata, le navi cristiane e quelle arabe facevano entrambe razzie sulle coste del Mediterraneo ma, nonostante le guerre, le scorrerie e le maledizioni reciproche, i rapporti tra le popolazioni cristiane e arabe erano discreti: i mercanti e i pellegrini arabi attraversavano il Mediterraneo sulle navi genovesi, e tranquille carovane percorrevano, pagando un pedaggio, le contrade “nemiche”. I contadini mussulmani vivevano e lavoravano tranquillamente nel territorio dei Franchi e gli Arabi ricevevano ospitalità nei grandi monasteri cristiani della Siria, e nei luoghi dove non c’era una moschea pregavano nelle chiese cristiane perché riconoscevano nella religione di Gesù un abbozzo venerabile della propria fede.

   Quindi, complessivamente, il viaggio di Ibn Jubayr è un viaggio tranquillo che, con l’attraversamento del Mar Rosso, finalmente tocca il culmine. Qual è la meta di Ibn Jubayr? Il suo viaggio è indirizzato verso il centro del mondo: La Mecca. E, quindi, leggiamo a questo proposito che cosa scrive Ibn Jubayr.

LEGERE MULTUM….

Ibn Jubayr, Relazione di viaggio

Questa sera - che Dio sia esaltato - ho visto la Ka’ba illuminata da una falce di luna: assomigliava a una giovane sposa che si è tolta il velo e viene condotta in Paradiso circondata dagli ambasciatori, accanto a Dio misericordioso. Il mio cuore si è trovato ad essere pieno di estasi e di angoscia, gli occhi hanno pianto lacrime infuocate fissando con la massima attenzione ogni particolare. La Pietra nera, incastrata nella Casa di Dio, è composta di quattro frammenti, chiusi in una placca d’argento: in un angolo c’è un piccolo punto candido, brillante, che dona splendore agli sguardi. La porta della casa è d’argento dorato: i soffitti coperti di seta colorata; veli di seta verde, fitte di iscrizioni sacre l’avvolgono dall’esterno. Tutto è bagnato di luce: torce, candele, lampadari sono accesi in modo che il cielo sembra diffondere i suoi raggi sulla Casa di Dio. I pellegrini baciano la Pietra nera e la loro bocca sente tanta freschezza e dolcezza che non vorrebbero staccarne mai le labbra. In continuazione il santuario viene lavato con l’acqua della fonte benedetta, i viaggiatori si lavano il viso e le mani e bevono il liquido della Ka’ba. Poi sostano davanti alla porta che esaudisce ogni preghiera dicendo: «Dio, apri per noi le porte della Tua misericordia e del Tuo perdono, Tu il più misericordioso dei misericordiosi». Allora i cuori si infiammano di passione e si sciolgono e i peccatori proclamano il loro pentimento ad alta voce e cadono ai piedi dell’Imam come farfalle che si gettano su una lampada.

Ritornati in patria ricorderemo quei pianti e quelle salmodie, provando una nostalgia straziante, che renderà presente la Casa di Dio e saremo spinti ancora a riattraversare mari e deserti: che Dio onnipotente, clemente e misericordioso, sia esaltato, che non c’è altro Dio che Lui.

   Questi brani che abbiamo letto dalla Relazione di viaggio di Ibn Jubayr  servono [ed è soprattutto per questo motivo che lo abbiamo incontrato] per dare un respiro più ampio al percorso con il quale abbiamo attraversato il territorio della Letteratura del Corano partendo da Abramo [da Ismaele], passando per La Mecca e rievocando gli episodi fondamentali della vita di Muhammad [l’orfano, il pastorello, l’affidabile, il mistico, il perseguitato, l’esule, il combattente, lo statista, il peregrinante, l’umile messaggero]. La Relazione di viaggio di Ibn Jubayr ci permette di uscire dal paesaggio intellettuale della Letteratura del Corano senza abbandonare l’argomento che continua ad accompagnarci.

   Siamo in dirittura d’arrivo di questo viaggio sul territorio dell’Età alto-medioevale ma un po’ di strada la dobbiamo ancora fare e la percorreremo mescolando insieme elementi che abbiamo incontrato e raccolto per via. In questo viaggio abbiamo attraversato ed osservato due grandi “paesaggi intellettuali”: quello della “salvaguardia del patrimonio dei Classici greci e latini” e quello della “Letteratura del Corano”. Facciamo ancora in tempo, come previsto, ad entrare in un terzo paesaggio intellettuale al quale dobbiamo avvicinarci compiendo una riflessione sul quadro storico e politico dell’epoca alto-medioevale.

   Sappiano che in quest’epoca [tra il VII e il IX secolo] sul territorio dell’Ecumene si manifestano due nuove situazioni politiche: la prima dipende da quel fenomeno travolgente che è “l’espansione araba” fino al fiume Indo verso Oriente e fino alle coste dell’Oceano Atlantico verso Occidente [un tema di cui abbiamo già parlato] mentre la seconda riguarda la formazione nel cuore dell’Europa di un “Sacro romano impero” per iniziativa del popolo dei Franchi e, strada facendo, abbiamo già incontrato i Franchi quando [con Pipino il Breve] si sono proposti come difensori del papato [contro i Longobardi] e ancor prima quando nel 732 hanno dato [con Carlo Martello] una “martellata” agli Arabi ricacciandoli al di là dei Pirenei [ricordate questi fatti?].

   Queste due realtà – l’Amministrazione araba islamica [i califfati] e il Sacro romano impero cristiano [le contee e le marche] – entrano bruscamente in contatto in Occidente in prossimità della catena dei Pirenei, e questo contatto non si esaurisce nello scontro armato perché le relazioni commerciali e soprattutto quelle culturali [che avvengono sotto traccia] tra questi due mondi [che hanno tra loro più affinità che differenze soprattutto sul piano intellettuale] si sviluppano attraverso una rete assai articolata. Ma ora dobbiamo rimetterci in cammino con ordine per capire [muovendoci a grandi linee] come si forma il “Sacro romano impero”.

   La creazione del “Sacro romano impero” dipende [come sapete] da un personaggio che si chiama Carlo Magno: negli ultimi cinquant’anni gli studi storici ne hanno ridimensionato la figura. Noi Carlo Magno lo abbiamo incontrato a fine gennaio dicendo che a maggio lo avremmo rivisto [avremmo fatto con lui un “Campo di maggio”].

   Carlo Magno, re dei Franchi dal 768, lo abbiamo visto in azione [dodici settimane fa] mentre interviene in Italia in difesa del papa [Adriano I] contro i Longobardi: era l’anno 773 e sappiamo che Carlo li sconfigge e ne diventa il re [nel 774] e questa è stata solo una delle numerose guerre che Carlo Magno ha combattuto nei quarantasei anni del suo regno con l’intento di costituire un vasto impero in Occidente. Per ben trentadue anni ha guerreggiato contro i Sassoni [sterminandoli pure] che abitavano nella parte settentrionale della Germania [a est del Reno] e, alla fine, il re dei Sassoni, Vitichindo, ha dovuto sottomettersi a Carlo che lo ha costretto, con tutto il suo popolo, a convertirsi al cristianesimo [già allora non è stato considerato un gesto benemerito], stessa sorte è toccata ai Bàvari e agli Àvari [stanziati nell’odierna Austria].

   Carlo Magno combatte contro gli Arabi che stanno governando in Spagna, ed è lui che si spinge al di là dei Pirenei alleandosi con un califfo che stava combattendo contro un altro califfo per poter avere in cambio la città di Saragozza ma poi deve ritirarsi senza raggiungere questo obiettivo. Il fatto è che l’intervento di Carlo Magno al di là dei Pirenei per combattere contro gli Arabi ha fatto nascere una tradizione leggendaria con una fioritura di racconti mitici, il più celebre dei quali narra come, durante la ritirata [nel 778] attraverso i Pirenei, la sua retroguardia sia stata completamente distrutta al passo di Roncisvalle nel corso di un’aspra battaglia: questa battaglia [di Roncisvalle] ha esercitato un fascino particolare sulla fantasia popolare e, quindi, sono state tramandate in proposito molte narrazioni tanto ricche di particolari poetici quanto scorrette sul piano della realtà storica che tuttavia sono diventate la materia di parecchi poemi cavallereschi [scritti da autori francesi e italiani] incentrati sulla figura di Carlo Magno e dei suoi paladini combattenti per la fede e per la patria. A Roncisvalle, secondo la leggenda, sarebbe caduto eroicamente il più famoso dei Conti palatini: Rinaldo detto Orlando.

   Carlo Magno si è impadronito di tutta la regione tra i Pirenei e l’Ebro: la cosiddetta “Marca spagnola” che costituisce una fascia di rispetto tra il “Sacro romano impero” e i “Califfati arabi” della penisola Iberica. Il fiume Ebro segna il confine tra la “Marca spagnola” presidiata dai cristiani carolingi e il “Principato arabo islamico di Sarakusta”.

   La colonia romana Caesaraugusta fondata nel 25 a.C. aveva perso nei secoli, al tempo dei Visigoti, la sua importanza fino a quando, nel 713, viene occupata dagli Arabi che la chiamano Sarakusta [Saragozza] e la fanno economicamente rifiorire elevandola a capitale di un califfato che dura fino al 1118 [poi viene assorbito dal regno di Aragona].

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Cogliamo l’occasione per fare una visita a Saragozza utilizzando la guida della Spagna e navigando in rete: oggi Saragozza è l’elegante e moderna città capoluogo dell’Aragona che conserva un ricco patrimonio di monumenti del suo glorioso passato…

In relazione al viaggio di studio che stiamo compiendo si consiglia di puntare l’attenzione su un edificio che si chiama “Aljaferìa [il Palazzo di Ja’far]”: visitatelo e andate anche a scoprire quale nesso ci sia tra la Torre adiacente a questo complesso monumentale e Giuseppe Verdi…

Chi cerca trova e il verbo “trovare”, in questo caso, suona proprio a proposito...

   In un Percorso [come il nostro] in funzione della didattica della lettura e della scrittura non possiamo non lasciarci coinvolgere dalla tradizione letteraria fiorita intorno alla figura [diventata leggendaria] di Carlo Magno e dei suoi [mitici] paladini, tra i quali spicca la figura di Rolando [altrimenti detto Orlando], quindi ora dobbiamo inserire nella descrizione del quadro storico un elemento di natura poetica. La tradizione letteraria di cui stiamo parlando la troviamo nei poemi noti come Chansons de geste.

   I poemi epici noti come Chansons de geste [Raccolte in versi che tramandano gesta eroiche] fanno la loro comparsa intorno al 1100 e rievocano, amplificandole in forma leggendaria, le imprese di Carlo Magno e dei suoi paladini [il ciclo carolingio] o quelle di grandi feudatari [il ciclo di Guglielmo d’Orange o di Houbon de Bordeaux]. Gli anonimi autori delle Chansons hanno rielaborato poeticamente e messo per iscritto antiche tradizioni orali utilizzando la lingua d’oïl e producendo delle opere formate da lasse [da strofe] composte da un numero variabile di decasillabi in assonanza tra loro, che non appaiono destinate tanto alla lettura appartata e personale ma piuttosto alla recitazione pubblica. Le Chansons vengono portate in giro dai giullari [dai trovatori] i quali si esibiscono con accompagnamento musicale nelle corti, nelle piazze cittadine e lungo le vie che conducono i pellegrini ai più famosi luoghi di culto, in modo tale che il popolo assimila, insieme alla materia stessa dei poemi, gli ideali dell’aristocrazia feudale, come il valore in guerra, la fedeltà al proprio signore e alla patria, la lotta senza quartiere contro gli infedeli.

   Il capolavoro delle “Chansons de geste” è senza dubbio la Chanson de Roland, che ci è stata tramandata in varie redazioni e da numerosi manoscritti, il più autorevole dei quali è un codice anglo-normanno conservato ad Oxford che risale alla prima metà del XII secolo ma l’opera che contiene è stata composta qualche decennio prima, intorno al 1080, da un letterato dell’Île-de-France, forse identificabile con un certo Turoldo nominato nell’ultimo verso del poema, del quale però nulla ci è noto.

   La leggenda di Rolando [detto Orlando] si basa su un episodio di secondaria importanza: l’imboscata di Roncisvalle, e i cronisti dell’epoca menzionano appena Hruotdlandus marchese di Bretagna tra i nobili caduti in questa circostanza. Nel poema, tuttavia, questa vicenda [in cui gli Arabi non c’entrano] appare totalmente trasfigurata e soprattutto resa conforme a quello “spirito di crociata” che appartiene non all’epoca carolingia [all’VIII e IX secolo] ma a quella dell’autore [l’XI e il XII secolo] della Chanson. Infatti, nella seconda metà dell’XI secolo [dell’anno mille], iniziano le guerre dei prìncipi cristiani contro i Califfati arabi [indeboliti e divisi tra loro] per conquistare la Penisola iberica [si parla anche di “crociate di Spagna” e si inizia ad utilizzare il termine improprio di “riconquista”] e il secolo [l’XI] si chiude con la prima crociata in Terrasanta bandita da papa Urbano II nel 1095 a Clermont: è in questo contesto che viene riesumata la figura mitica di Carlo Magno, ormai vecchissimo e già insignito del titolo imperiale, impegnato nella difesa della fede cristiana contro la minaccia dei Mori di Spagna. L’imboscata di Roncisvalle si trasforma di conseguenza nello scontro decisivo fra i due mondi, diventa una mitica battaglia che implica il supremo sacrificio del paladino Rolando [o Orlando] come condizione necessaria per la salvezza della cristianità. Il clima è dunque quello di una contrapposizione ideologica totale fra gli schieramenti avversi: una lotta all’ultimo sangue, condotta dall’eroe franco nella convinzione che [come si legge nel verso 1015 della Chanson de Roland] «i pagani hanno torto e i cristiani hanno ragione [paien unt tort e chrestiens unt dreit]». Il ruolo di Rolando [Orlando nella tradizione nostrana del poema cavalleresco fino all’Ariosto] è sottolineato anche da elementi di ordine strutturale: nell’opera, infatti, costituita da ben 4002 versi e segmentabile in tre parti [le premesse, la battaglia di Roncisvalle e la vendetta di Carlo], la morte dell’eroe si colloca esattamente a metà, al centro della seconda parte.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Intanto - utilizzando la guida della Spagna e navigando in rete - è interessante fare un’escursione a Roncisvalle che si trova nella provincia di Navarra in modo da visitare i monumenti che caratterizzano questa località: da Roncisvalle [ufficialmente dal 1130] parte [in territorio basco] il Cammino di Santiago de Compostela…   Buon viaggio …

   In realtà [abbiamo detto] al passo di Roncisvalle è successo che la retroguardia dell’esercito di Carlo Magno viene assaltata e distrutta dai Baschi, una popolazione cristiana che vive nei Pirenei e che ha sempre subìto le rappresaglie dell’esercito franco e, quindi, quando può reagisce con violenza per difendere il proprio territorio e la propria indipendenza. Noi, in proposito, abbiamo un informatore: il più importante cronista dell’epoca carolingia che si chiama Eginardo [nato nella valle del Meno e morto in Assia nell’840] il quale ha redatto la Vita Karoli [Vita e gesta di Carlo Magno], un’opera scritta in latino con uno stile chiaro e coinciso che corrisponde ad una miniera di informazioni purgate da ogni intento leggendario. Leggiamo la cronaca di Eginardo sull’imboscata al passo di Roncisvalle.

LEGERE MULTUM….

Eginardo, Vita Karoli

Carlo, lasciate guarnigioni in punti opportuni di confine, si rivolse contro la Spagna con quante forze militari poté, superò le gole dei Pirenei, ricevette la dedizione di tutte le città e i castelli a cui si rivolse e tornò indietro coll’esercito sano e salvo; solo che proprio nel versante dei Pirenei ebbe a soffrire alquanto nel ritiro dalla perfidia dei Baschi. Mentre infatti l’esercito marciava in lunga fila, come lo permettevano le strette delle montagne, i Baschi si collocarono in agguato sulla cresta del monte, ove ne dava agio la densità delle selve, ivi abbondantissime. Attaccarono quindi l’ultima parte dei bagagli e la retroguardia che proteggeva il resto dell’esercito e la respinsero nel fondo della valle e impegnata battaglia, la distrussero fino all’ultimo uomo.

Predati quindi i bagagli approfittarono della notte già sopravveniente per dileguarsi rapidissimamente in diverse direzioni. I Baschi furono favoriti dalla leggerezza dell’armamento e dalla natura dei luoghi, mentre i Franchi per la gravezza delle armi e le difficoltà del sito si trovarono in inferiorità completa. In questa battaglia perì Eggihardo prefetto della mensa reale. Anselmo conte del palazzo, e Hruotdlandus prefetto della marca di Bretagna.

   L’episodio della “morte di Rolando [di Orlando]” ha colpito la fantasia dei cantori e, nel tempo, è stato ingigantito e abbellito di particolari fantastici tanto da creare un’epica leggenda che attraverso i versi delle Chansons de geste [nell’XI secolo], il canto dei giullari e dei trovatori medioevali [nel XII e XIII secolo], le strofe dei moderni poemi cavallereschi [nel XVI secolo] e la contemporanea “Opera dei pupi” ha continuato a riprodursi. La leggenda stravolge la cronaca e Rolando [Orlando] viene fatto morire – insieme ai più valorosi Paladini – combattendo non contro i Baschi [insignificanti e cristiani] ma contro gli Arabi infedeli [i Saraceni], e anche a causa del tradimento di Gano di Maganza [un traditore non può mai mancare in tutte le storie eroiche che si rispettino]. 

   Leggiamo un brano tratto dalla Chanson de Roland.

   La battaglia a Roncisvalle è terminata, tutti i Paladini sono caduti, i Saraceni si sono ritirati e Rolando è solo di fronte alla morte che sta per sopraggiungere non a causa di una ferita ma per il totale esaurimento delle energie che ha profuso nel combattimento. I suoi gesti finali fanno parte di un solenne rituale [è teatro]; prima tenta per tre volte di infrangere la propria spada per evitare che cada in mano degli infedeli: la spada [Durindarda] che contiene nell’elsa preziose e sante reliquie e con la quale ha conquistato tante terre al suo imperatore. Poi Rolando si corica sulla spada e sul corno d’avorio [l’olifante] con la faccia rivolta verso la Spagna come si addice ad un vincitore. Infine rivolge la preghiera a Dio a cui offre il guanto in segno di feudale sottomissione perché perdoni i suoi peccati e lo accolga fra i Santi del paradiso e questa cosa avviene prontamente: gli angeli scendono e portano la sua anima in cielo, e così si compie l’apoteosi del personaggio che può incarnare pienamente, come martire della fede, l’ideale eroico e cristiano della nobiltà franca.

   I versi delle strofe della Chanson de Roland sono semplici tanto che sembrano perfino puerili [anche se non banali], ma rappresentano, con questa loro caratteristica, una tradizione popolare di origine misteriosa e antichissima [chi conosce il numero e l’identità dei cantori che nei secoli l’hanno tramandata questa tradizione?], la “chanson [il cunto]” non è andata perduta anche per l’enfasi con cui è recitata.

   E adesso noi dovremmo poterci avvalere della voce tonante di uno dei maggiori pupari e “cuntastorie” del nostro tempo, Mimmo Cuticchio [figlio di Giacomo, puparo “camminante, girovago”], che ha portato nelle piazze dei paesi siciliani e ora porta in tutto il mondo l’arte dell’Opera dei pupi. Il “cunto” ha un ritmo sincopato che viene scandito con un colpo del piede sulla pedana che sottolinea il gesto imperioso della spada [di legno] che Mimmo Cuticchio ha ricevuto in eredità dal suo maestro Peppino Celano [il prestigioso cuntastorie del rione Capo di Palermo] il quale, nel secolo scorso, ha mantenuto caparbiamente in vita le avventure cavalleresche di Orlando e dei Paladini di Francia che, per secoli, i giullari hanno cantato lungo le strade d’Europa attraverso le semplici formule della tradizione orale. L’Opera dei pupi è uno straordinario teatro della memoria che si spalanca nel piccolo recinto del “cunto” in cui “ricordare” – secondo l’etimologia medioevale – significa “recuperare un ampio arco di storia”, significa “rimpatriare nel cuore”.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Sulla rete trovate molti siti che presentano la tradizione dell’ Opera dei pupi

Entrate nel perimetro del “cunto”…

   Per concludere mi permetto di leggere, senza competenza, alcune strofe cruciali della Chanson de Roland nella consapevolezza che giungono dall’anno 1080.

LEGERE MULTUM….

Chanson de Roland   La morte di Rolando

Sente Rolando vicina la sua fine: e prega Dio che accolga i suoi compagni,

invoca Gabriele, prende olifante e Durindarda afferra, verso la Spagna avanza

com’entrasse in campo, sale un’altura, ma poi spossato cade a terra.

Rolando ancor si leva in piedi senza più colore, contro una pietra scura assesta

dieci colpi con furore: stride l’acciaio della spada ma questa non si spezza

né s’intacca. Quand’egli vede che infrangerla non sa, la piange e dice:

«Oh, Durindarda, chiara e tersa, che al sol risplendi con la lama e l’elsa

Carlo si stava nelle valli di Moriana quando Dio comandò di darti a un paladino,

a me la cinse il nobil re e con essa gli conquistai Angiò e Bretagna, gli conquistai

la franca Normandia, gli conquistai Provenza ed Aquitania, e Lombardia e tutta

la Romagna, gli conquistai Baviera e tutta Fiandra, e Bulgaria, e tutta quanta Puglia,

Costantinopoli di cui ebbe l’omaggio, e la Sassonia e la Scozia e l’Irlanda.

Con essa ho conquistato terra tanta cui Carlo regge, che ha la barba bianca.

Oh, Durindarda, bella e santa! Nell’aureo pomo serbi le reliquie:

un dente di San Pietro, di San Basilio il sangue, quattro capelli del signor

San Dionigi, un lembo della veste della vergine Maria, non è giusto che i pagani

t’abbiano in balìa: da cristiani devi essere servita. Non ti possegga uomo

che commetta codardìa e che non abbia persier per l’altra vita».

Giace Rolando riverso sotto un pino, verso la Spagna ha già rivolto il viso.

Di molte cose il sovvenir l’assale, sa che si deve morir nella concordia,

di nulla si vuol dimenticare, ripete il mea culpa ad invocar da Dio misericordia:

«Verace Padre, che mai non mentisti, San Lazzaro da morte suscitasti

e Daniele scampasti dai leoni, salva l’anima mia da ogni iattura

per i peccati che in vita commisi ti offro il guanto della mia armatura».

E, infine, San Gabriele di sua man lo prende e lo affianca anche San Michele

e i due angeli, col sorriso in viso, portano l’anima di Rolando in Paradiso.

   Ma, al di qua della leggenda, come si arriva alla consacrazione di Carlo Magno e alla costituzione del Sacro romano impero? [Abbiamo un informatore in proposito di cui ci dobbiamo avvalere]. E in che cosa consiste quella che è stata chiamata la “rinascita carolingia”?

   Per rispondere a queste domande bisogna continuare a percorrere la via dell’Alfabetizzazione culturale e funzionale che è un bene comune [come la tradizione dei “cunti”, come l’arte di affabulare]. Per promuovere l’Apprendimento permanente la Scuola è qui perché [come avete capito] più importante che sapere è non perdere mai la volontà di imparare e il compito della Scuola è quello di insegnare a “imparare ad imparare”.

   Non mancate al penultimo “itinerario lungo” di questo viaggio…

 

 

    Leggi con attenzione queste parole che - in funzione della didattica della lettura e della scrittura - abbiamo incontrato viaggiando sul territorio della  “Sapienza poetica e filosofica dell’Età alto-medioevale” e fai la tua scelta  … 

l’implosione  il saccheggio  la restituzione  la traduzione  la salvaguardia  la caduta 

la consolazione  la malizia  la causa  la processione  il silenzio  la gerarchia  la mistica

l’etimologia  l’arguzia  il travaso  la pietra  l’affidabilità  l’abbandono  la scala       

   Scegli non più di tre parole e scrivile qui …__________________________________________________________________

 
   

   Scegli in ogni triade la parola che, secondo te, è “trainante” in modo da formare una super “tetrade [un insieme di quattro parole]” che possa rappresentare un punto di arrivo di questo Percorso ma, soprattutto, un punto di partenza per il prossimo viaggio sul territorio del Medioevo ...

Tra  Dio-Intelletto-Anima                       scelgo ___________________________________

Tra  Potenza-Sapienza-Intelligenza      scelgo ___________________________________

Tra  Buono-Bello-Giusto                         scelgo ___________________________________

Tra  Infinito-Molteplice-Composito       scelgo ___________________________________

 

   Scrivi le quattro parole che formano la tua tetrade  … _________________________________________________________________
 

   Leggi con attenzione queste parole: sono tutte di origine araba e oggi vengono utilizzate nelle lingue neolatine e non ...

   Scegli le tre parole che ti piacciono di più ...

il baldacchino  il caffè  la dama  la fanfara  l’haschisch 

la lacca  il materasso  il negozio  l’ovatta  la racchetta 

il safari  l’albicocca  la banana  la camelia  il divano 

la garza  la limonata  il meschino  il rischio  il sandalo 

il talco  l’alcol  la canfora  l’algebra  il barocco 

la caraffa  la dogana  lo zucchero  la gazzetta  l’almanacco 

il talismano  la caravella  gli scacchi  il carciofo  il gelsomino 

l’ambra  la benzina  il carosello  lo sgabello  lo zenith 

l’ammiraglio  il bergamotto  il caso  il monsone  la chimica 

lo smeraldo  la chitarra  il sofà  l’amuleto  la cifra 

la tara  il sorbetto  lo zafferano  l’arancia  la borsa 

la civetta  la giraffa  il liuto  l’assegno  la mummia 

la sottoveste  la tariffa  lo zaffiro  la cupola  il dragoncello 

la mussola  il riso  gli spinaci  il trovatore  lo zero

Scegli non più di tre parole e scrivile qui …__________________________________________________________________

 

 

 

 

 

 

 

Lezione del: 
Venerdì, Maggio 16, 2014