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SUL TERRITORIO DELLA SAPIENZA POETICA E FILOSOFICA DELL’ETÀ ALTO-MEDIOEVALE LA LETTERATURA DEL CORANO SI SVILUPPA NELL’INTRECCIO TRA LA FEDE, LA STORIA E LA LEGGENDA …

Lezione N.: 
18

Prof. Giuseppe Nibbi    La sapienza poetica e filosofica dell’età alto-medioevale     5-6-7  marzo  2014

José Saramago

SUL TERRITORIO DELLA SAPIENZA POETICA E FILOSOFICA DELL’ETÀ ALTO-MEDIOEVALE

LA LETTERATURA DEL CORANO  SI SVILUPPA NELL’INTRECCIO TRA LA FEDE, LA STORIA E LA LEGGENDA

   Con il diciottesimo itinerario del nostro viaggio sul “territorio della sapienza poetica e filosofica dell’Età alto-medioevale” ci troviamo di fronte al “paesaggio intellettuale della Letteratura del Corano” e stiamo percorrendo il sentiero che attraversa lo scenario che illustra la vita di Muhammad, il protagonista, dopo Allah, del Libro del Corano, un testo che, alla metà del VII secolo, ha preso forma.

   Abbiamo concluso l’itinerario della scorsa settimana dicendo che, a un certo punto, nella “vita di Muhammad” – dopo che è stato rappresentato come un “orfano” e come un povero “pastorello” [ma noi sappiamo che una persona destinata a fare il profeta non può non essere stata un pastore, e ne siamo al corrente perché abbiamo studiato il Libro di Amos, e spero ne abbiate letto il testo nella sua interezza, siete sempre in tempo per fare questo esercizio] – viene a determinarsi una cambiamento significativo, ed è capitato a tutte e a tutti noi di dire: «Da quel momento nella mia vita c’è stata una svolta» e lo diciamo con un tono gioioso o preoccupato a seconda della natura di questa svolta. Che cosa ha determinato una svolta importante nel corso della vita di Muhammad?

   Prima di rispondere a questa domanda, e di proseguire sul filo della “biografia tradizionale” del personaggio-chiave della Letteratura del Corano, dobbiamo ricordare [a scopo didattico, per riprendere il filo del discorso] che “le fonti” per la conoscenza e la comprensione della storia della “vita di Muhammad” sono due, e la prima è costituita dal testo stesso del Libro del Corano che raccoglie un certo numero di “accenni autobiografici” che rappresentano la testimonianza più antica e originale sulla vita di Muhammad. Questa affermazione ci obbliga, adesso, a fare un inciso necessario per proseguire sul nostro cammino.

   In queste settimane di viaggio, abbiamo utilizzato più volte l’espressione “testo del Corano” e, a questo punto, per continuare a procedere sul nostro itinerario, in modo da riflettere sulla storia della “vita di Muhammad”, dobbiamo domandarci: il “testo ufficiale” del Libro del Corano – le CXIV sure che noi possediamo –, il “testo scritto” di quest’opera, che nasce come un apparato poetico tramandato oralmente [recitato, qu’ran], quando e come si è formato? Diciamo subito che se dovessimo affrontare in modo specifico, se volessimo applicarci in modo approfondito su questo tema ci vorrebbero degli anni di studio da dedicare ad argomenti piuttosto complicati e ricchi di molte varianti accompagnate dalle tante polemiche in corso tra gli esegeti relative a questa materia che ha per oggetto la trasformazione della “recitazione [qu’ran]” di Muhammad, tramandata oralmente, in testo scritto. Noi dobbiamo affrontare l’argomento nelle sue linee generali, mettendo sul tappeto gli elementi e i dati essenziali, utili per una conoscenza di base e necessari per proseguire il nostro cammino che, per sua natura, procede sul filo della didattica della lettura e della scrittura. E allora prendiamo il passo.

   Subito dopo la morte del Profeta, nel 632, già esisteva la raccolta delle sue “Rivelazioni”, un consistente apparato di “verità rivelate” conservate a memoria dai suoi discepoli e tramandate attraverso la “recitazione [qu’ran]”, e poi via via trascritte per facilitarne la conservazione e per evitare le variazioni a cui la tradizione orale va soggetta. Le trascrizioni delle “Rivelazioni” fatte dal Profeta si sono moltiplicate in breve tempo e si è formato un vastissimo repertorio di materiali: raccolte di storie, racconti, poesie, poemi, saggi, trattati, romanzi, genealogie, preghiere, liturgia. Questo straordinario ed eterogeneo fenomeno creativo di carattere letterario provocava una certa confusione ideologica e liturgica per cui, intorno all’anno 650, il califfo Utman [644-656] decide di formare una commissione di saggi che metta ordine in tutto questo materiale che era stato già raccolto dal califfo precedente Abu Bakr [suocero del Profeta] e dal califfo Alì [cugino del Profeta e avversario di Abu Bakr]. I saggi della commissione istituita dal califfo Utman hanno lavorato con grande impegno: hanno selezionato tutte le “Rivelazioni” avvalorate dalla tradizione orale, hanno diviso il testo in sure [in capitoli] e le sure in versetti, così come noi le possediamo, dalla sura più lunga [la seconda, di 286 versetti] alle più corte che sono anche le più antiche. La commissione poi ha deciso di far iniziare il Libro con La sura Aprente, per motivi devozionali e liturgici. Il testo “ufficiale” del Libro del Corano, detto del califfo Utman, dall’anno 650 circa, viene imposto a tutta la comunità islamica.

   Il materiale di questo testo “canonico” è stato raccolto con grande severità esegetica, ed è stato messo in ordine lasciando intatto il “disordine” nel contenuto e nella forma delle “Rivelazioni” che il Profeta aveva ricevuto in uno stato di “estasi mistica”, così come la tradizione orale le ha tramandate. Ma, come abbiamo detto, la storia della formazione del testo del Libro del Corano [e questo vale per tutti i testi classici] è un argomento complesso sul quale torneremo quando avremo acquisito qualche strumento in più. I saggi, nel vagliare l’abbondantissimo materiale che era stato prodotto, hanno cercato di capire quali fossero le parole effettivamente “rivelate” al Profeta e, quindi, hanno dovuto riflettere sul significato del verbo “rivelare”.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Quale di queste parole – svelare, confidare, scoprire, divulgare, o quale altra parola – mettereste accanto al termine “rivelare”…

Come avete reagito di fronte ad una rivelazione inaspettata?...

Scrivete quattro righe in proposito...

   Sta di fatto che, intorno al 650, il testo del Libro del Corano viene varato dalla commissione dei saggi istituita dal califfo Utman, e questa commissione ha lavorato su un vastissimo repertorio di materiali che erano stati scritti nel ventennio successivo alla morte del Profeta. Ebbene, tutto il vastissimo materiale esaminato con grande attenzione dai saggi incaricati dal califfo Utman e che non è entrato nel testo “ufficiale [canonico]” del Libro del Corano, in quanto non considerato frutto di una “rivelazione”, che fine ha fatto, è stato distrutto?

   La commissione istituita dal califfo Utman era composta da saggi, i quali, saggiamente, non hanno distrutto nulla: hanno conservato tutto il materiale esaminato anche ciò che poteva suonare sgradito ai fedeli del Corano. I testi di tutte le storie, le leggende, i racconti, le Rivelazioni che – secondo il severo giudizio dei saggi della commissione istituita dal califfo Utman non sono entrati a far parte del Libro del Corano – sono stati conservati e raccolti in numerosi Libri. Questi Libri, contenenti molte raccolte di racconti [in arabo “hadit”] sulla vita, sui detti e sulle opere del Profeta, hanno dato origine alla “fonte” che ha preso il nome di “tradizione islamica”.

   Quindi la cultura islamica nel suo insieme si alimenta a due “fonti” fondamentali: il Libro del Corano che costituisce “la prima fonte” quella ufficiale [canonica], e i Libri degli hadit [le raccolte di racconti, di leggende, di tradizioni, di storie, di rivelazioni non ufficiali] che costituiscono la “seconda fonte” che arricchisce e integra la cultura islamica ufficiale, quella del testo “canonico” del Libro del Corano, così come la Letteratura dei Vangeli “apocrifi” è servita ad arricchire e ad integrare la cultura del cristianesimo ufficiale e il contenuto dei Vangeli “canonici”. Quindi quando circa cento anni dopo la morte del Profeta, si sente la necessità di scrivere una “biografia di Muhammad [la Storia della vita del Profeta]”, oltre alla fonte del Libro del Corano, che riporta solo pochi accenni autobiografici, vengono utilizzati anche i Libri non ufficiali [Le raccolte degli hadit] che conservano un’enorme patrimonio di storie, di racconti, di leggende. Quando e chi scrive la prima biografia di Muhammad?

   Intorno all’anno 750 un intellettuale [che già conosciamo, che già abbiamo citato] nato a Medina, Ibn Ishaq [704-768], decide di scrivere una “vita-modello” del Profeta, che diventa, per tradizione, insieme al testo del Libro del Corano, la fonte principale per conoscere la “storia” di Muhammad. Questa compilazione, questa raccolta di racconti sulla vita del Profeta di Ibn Ishaq, che abbiamo già citato e utilizzato, è conosciuta con il nome di “Sira”, un termine che, in arabo, significa “vita-modello” ed è una “agiografia” cioè una “raccolta di racconti sulla vita di un Santo”. Ibn Ishaq, per compilarla, utilizza la fonte [prima] del testo del Libro del Corano e poi, essendo questa fonte troppo avara in proposito, utilizza [cucendo, ricucendo, tagliando, modificando, completando, rapsodiando] il vasto materiale contenuto nei Libri degli hadit. Ibn Ishaq nel compilare la Sira, la vita-modello del Profeta compie un’operazione culturale molto significativa: non solo raccoglie e ricuce le storie, i racconti, le leggende che riguardano la “vita del Profeta” e che sono sparse nel vastissimo repertorio degli hadit, degli scritti non ufficiali, ma dispone questo materiale biografico, mitico e leggendario, con ordine secondo gli spunti autobiografici presenti nel testo ufficiale del Libro del Corano. Per cui il testo della Sira, la vita-modello del Profeta tende ad armonizzare le storie, i racconti mitici, le leggende della tradizione non ufficiale con gli “accenni autobiografici”, presumibilmente storici, che si possono leggere nel testo ufficiale [canonico] del Corano.

   Così nasce, intorno al 750, più di un secolo dopo la scomparsa di Muhammad, una nuova “tradizione agiografica” che diventa ufficiale per la cultura islamica in cui la “vita del Profeta” viene narrata con tutte le caratteristiche tipiche della vita di un Santo. Nel compiere quest’opera Ibn Ishaq – avendo dovuto vagliare una quantità enorme di materiali – ha dimostrato di avere notevoli doti di compilatore.

   “Compilare” significa anche “saper fare un utile inventario”, in modo da raccogliere e trattenere l’essenziale.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Voi avete certamente fatto molti inventari nella vostra vita...

Che cosa avete dovuto inventariare?...

Scrivete quattro righe in proposito...

   Nelle scorse settimane abbiamo riflettuto sui primi anni della vita di Muhammad, e abbiamo considerato i due aspetti principali della vita del Profeta bambino: la “condizione di orfano” e le “radici dell’importanza di essere pastore”, e ora – per mettere ulteriormente ordine nell’inventario che stiamo facendo – dobbiamo ritornare sul sentiero dei primi anni della vita di Muhammad utilizzando il testo della Sira, la vita-modello del Profeta anche per ragionare su come ha lavorato quest’esperto esegeta, questo attento lettore che è Ibn Ishaq nel compilare la sua “agiografia”.

   E, a questo proposito, leggiamo l’incipit della Sira, il brano con cui inizia la “vita-modello” del Profeta. Di quest’opera ne abbiamo già letto un frammento, la scorsa settimana, sul tema del “lavaggio con la neve del cuore e del ventre di Muhammad pastorello” e, anche in questa occasione, abbiamo potuto constatare in che modo opera lo scrivano islamico Ibn Ishaq: compone il suo testo fondendo insieme un racconto mitico proveniente dagli hadit [dai racconti tradizionali] con il brano di una sura [con la Rivelazione canonica]. Ibn Ishaq, in questo caso, fa interagire il racconto tradizionale in cui si narra che “due angeli aprono il petto del pastorello Muhammad e gli lavano il cuore e il ventre” con il testo della XCIV. La sura dell’Apertura [che abbiamo letto la scorsa settimana] dove c’è un invito mistico a purificarsi dal male e a liberarsi dal peccato. Questi due elementi – il mitico-leggendario degli hadit e il mistico-autobiografico del Libro del Corano – vengono a loro volta miscelati [come sappiamo] con l’eco della Letteratura del Libro dei Salmi, in questo caso con il versetto del Salmo 51[50] che dice: “Purificami, o Signore, sarò più bianco della neve”, e il richiamo alla Letteratura dell’Antico Testamento [nella traduzione latina di Gerolamo] serve ad Ibn Ishaq per rafforzare il testo della sua opera perché la tradizione letteraria islamica nasce e si sviluppa attraverso una grande operazione di integrazione culturale.

   E ora leggiamo l’incipit della Sira - La vita-modello del Profeta.

LEGERE MULTUM….

Ibn Ishaq-Ibn Hisam,  Sira - La vita-modello del Profeta

Abd al-Muttalib, il nonno di Muhammad era custode della Ka’ba e, insieme ad altri custodi, viveva nell’attesa di un Profeta sul quale Dio, clemente misericordioso avrebbe fatto scendere il Libro con la Sua parola. Il padre di Muhammad, ‘Abd Allàh, morì prima che il bambino vedesse la luce. La madre Amina, alla nascita del bambino, ebbe, mescolate ai dolori del parto, meravigliose visioni di gloria. Il Profeta nacque nell’anno dell’Elefante e la Sua nascita santa propiziò la vittoria miracolosa sull’esercito di Abraha [sura CV]. La madre fece crescere il bambino tra i pastori del deserto per temprarlo nell’animo e nel corpo, com’era costume dei Quraish. Il Profeta bambino, mentre con altri coetanei pascolava il gregge, fu afferrato da due uomini  vestiti di bianco (due angeli), che lo gettarono a terra; gli aprirono il petto, ne estrassero un grumo di sangue nero, e, presa un po’ di neve che avevano portato con sé in una tazza d’oro, ne lavarono il cuore e il ventre. Poi, rinchiuso il seno di Muhammad, scomparvero [sura XCIV]. Rimasto orfano anche di madre a sei anni [sura XCIII], venne educato alla devozione della Ka’ba dal nonno Abd al-Muttalib, che morì anch’egli due anni dopo. Il Profeta bambino fu allevato in casa dello zio Abu Tàlib che lo amò come uno dei propri figli. Quando Muhammad fu cresciuto abbastanza per intraprendere dei viaggi, lo zio, Abu Tàlib, lo portò con sé in Siria dove si recava per commercio. Fu in uno di questi viaggi, durante una sosta presso un eremo cristiano, che un monaco di nome Bahira, vide nel giovane Muhammad, i segni della profezia. Ne informò lo zio e a lui fu raccomandato di proteggere il giovane da coloro che un giorno lo avrebbero osteggiato. Qualche anno dopo, quel che Bahira aveva annunciato del fanciullo, fu nuovamente predetto da un altro monaco di nome Nèstor. Questo avvenne quando Muhammad, ormai ventenne, intraprese un viaggio in Siria per conto di Khadìja, una delle più ricche mercantesse de La Mecca. Khadìja fu informata dell’accaduto al ritorno del giovane e allora si recò dal cugino Waraqa, un hanìf cristiano (devoto del Dio-Unico), il quale le disse: Se quel che dici è vero, Muhammad è il Profeta del nostro popolo. Allora Khadìja, che era già vedova, propose a Muhammad di sposarla, ed egli acconsentì [sura XCIII].

   Dobbiamo fare alcune considerazioni sul testo appena letto: intanto in questo bel brano poetico – che viene considerato un “testo ufficiale [canonico]” sulla vita del Profeta – abbiamo ritrovato episodi già conosciuti, frammenti letterari che abbiamo già citato e che ora riutilizziamo per fare una riflessione più ampia.

   Intanto diciamo subito che il testo della Sira, la vita-modello del Profeta – qualche pagina più avanti – ci informa che il matrimonio tra il giovane Muhammad [venticinque anni lui, secondo la tradizione] e la quarantenne ricca vedova [secondo la tradizione] Khadìja è stato particolarmente felice ed armonioso e [come riporta il testo della Sira] da quest’unione sono nati [e questo avvenimento contiene qualcosa di miracoloso] sei figli: due maschi, che muoiono in giovane età, e quattro femmine. Dobbiamo sapere che la più nota e importante delle figlie di Khadìja si chiama Fàtima e farà parlare di sé. Questo matrimonio determina, anche se storicamente non sappiamo come siano andate le cose, una svolta [la svolta fondamentale] nella vita di Muhammad e un capovolgimento nella situazione finanziaria del futuro Profeta.

   Nel testo del Corano non c’è nessun accenno autobiografico esplicito sul matrimonio di Muhammad con Khadìja. La tradizione della Sira, la vita-modello del Profeta riconosce un eco del matrimonio di Muhammad con la ricca vedova nella XCIII. La sura del Mattino [che abbiamo letto due itinerari fa] al versetto 8 dove si legge: «Non t’ha trovato povero e t’ha dato dovizia di beni?». Il compilatore della Sira, Ibn Ishaq, pensa che Dio abbia fatto arricchire materialmente Muhammad attraverso questo matrimonio, e la tradizione ufficiale accetta questa interpretazione. Questo matrimonio, secondo la tradizione, determina una svolta nella vita di Muhammad.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

C’è un fatto che ha determinato una svolta importante nella vostra vita?...

Scrivete quattro righe in proposito...

   Poi sulla pagina iniziale della Sira che abbiamo letto si trova questa affermazione: «Il Profeta nacque nell’anno dell’Elefante e la sua nascita santa propiziò la vittoria miracolosa sull’esercito di Abraha». Abbiamo già citato [tre itinerari fa] questo fatto dicendo che ce ne saremmo occupati: che cos’è l’anno dell’Elefante? Che significato ha il frammento che abbiamo letto e perché Ibn Ishaq evoca questo fatto? Anche il testo del Corano cita la “gente dell’Elefante” e noi sappiamo che Ibn Ishaq vuole rapsodiare, vuole creare un’armonia tra il testo del Corano [il Libro della Fede], la storia [gli  avvenimenti storici documentati] e la leggenda [depositaria della forza che ha il mito]. Questa idea di creare armonia tra la Fede, la Storia, la Leggenda e il Mito è caratteristica del genere letterario della “agiografia [del racconto della vita dei Santi]” che ha le sue radici nelle “apologie [le eroiche esaltazioni]” dei Santi cristiani, a cominciare dal testo degli Atti degli Apostoli, prodotto intorno all’anno 95 dalla Scuola ellenistica clementina. Il ricucire insieme [il rapsodiare] concetti della Fede, dati storici e racconti leggendari rafforza la figura del Santo creando una Tradizione secondo la quale questa figura va ammirata e imitata.

   Naturalmente nel testo del Corano esiste La sura dell’Elefante, ed è la CV sura. La CV. La sura dell’Elefante è una delle ultime perché è corta: è formata da 5 versetti e prima di leggerla dobbiamo fare le considerazioni necessarie per capire il significativo intreccio letterario tra la fede, la storia e la leggenda che questo brano contiene.

   Chi sono “quelli dell’Elefante”? “Quelli dell’Elefante” sono i soldati dell’esercito abissino, e in questo esercito, secondo la leggenda, era stato arruolato anche un elefante sul quale stava in groppa il viceré di Abissinia, Abraha. Le studiose e gli studiosi di Storia c’informano che questo esercito si diresse in spedizione contro La Mecca intorno al 530 ma fu distrutto da un’epidemia quando stava per raggiungere la ricca città per saccheggiarla. Naturalmente intorno a questo avvenimento storico sono fiorite molte leggende che si sono diffuse in Arabia al tempo di Muhammad.

   Muhammad conosce queste leggende e il testo del Corano riprende l’avvenimento in funzione mistico-religiosa per esaltare l’onnipotenza di Dio e per rafforzare la Fede in Lui. Dopo la morte del Profeta, quando si trattò di dare una data alla sua nascita, la tradizione ha ritenuto opportuno utilizzare la “saga letteraria dell’Elefante” con tutto il repertorio di leggende sulla sconfitta della “gente dell’Elefante”. E la data della spedizione di “quelli dell’Elefante” è stata fatta combaciare dalla Sira con quella della nascita del Profeta, con l’anno 570, come afferma la tradizione ufficiale islamica. Secondo il testo della Sira, la vita-modello del Profeta è stata la nascita del Santo che ha determinato la miracolosa sconfitta dei nemici invasori.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

La data della vostra nascita, l’anno della vostra nascita è caratterizzato da qualche avvenimento o situazione particolare?... Non importa che siano fatti “eccezionali”: scrivete quattro righe in proposito…

   La “leggenda miracolosa”, in tutte le culture religiose, è sempre strettamente legata alla vita del Santo a maggior gloria dell’Onnipotenza di Dio e il testo della Sira, la vita-modello del Profeta è costruito in modo da armonizzare la fede con la storia e con la leggenda, e il “genere letterario agiografico di impronta apologetica” è lo stile su cui si basa la tradizione culturale islamica canonica, così come succede nella tradizione dell’ebraismo e del cristianesimo.

   Il miracolo operato da Dio per sconfiggere l’esercito abissino [che, in realtà, è stato decimato da un’epidemia] guidato dal viceré Abraha che sta in groppa ad un elefante e che vuole assaltare e saccheggiare La Mecca, la città santa dell’islam, consiste nel far bombardare i nemici con una pioggia di pietre lanciate da un nugolo di misteriosi uccelli: la parola araba “abābīl” significa “a schiere” ma potrebbe anche essere il nome di una specie di uccello visto che, per esempio, nella lingua persiana significa “rondine”.

   E ora leggiamo il testo della CV. La sura dell’Elefante.

LEGERE MULTUM….

CV. La sura dell'Elefante

Nel nome di Dio, clemente misericordioso!

Non hai visto come operò il tuo Signore con Quelli dell’Elefante? Non mandò forse in malora la loro astuzia? Inviò contro di loro uccelli ababil che colpirono con pietre indurite [la parola di origine persiana siğğīl significa argilla], facendo loro come pula di grano svuotata.

   La presenza di un elefante sul nostro itinerario non può che determinare un intreccio filologico significativo in funzione della didattica della lettura e della scrittura: nel 2008 lo scrittore portoghese José Saramago [1922-2010], al quale è stato attribuito il premio Nobel per la Letteratura nel 1998 e che più volte abbiamo incontrato nel corso dei nostri viaggi, dà alle stampe [dopo averci lavorato per una decina d’anni] un romanzo intitolato Il viaggio dell’elefante. Diciamo subito che l’intreccio filologico in questione non dipende soltanto dal fatto che il protagonista del romanzo di Saramago è un elefante, ma riguarda anche la forma con cui è scritta quest’opera e il modo in cui José Saramago scrive: in tutti i suoi romanzi riesce sempre ad unire con maestria la storia con la leggenda e con il mito.

   Il protagonista del romanzo è l’elefante Salomone, che era stato portato dalla misteriosa India in Portogallo e donato al re João III. Dopo l’ammirazione iniziale, però, l’animale diventa una presenza inutile e viene relegato presso la torre di Belém in un recinto. Allora il sovrano portoghese João III su consiglio della sua sposa, la pia Caterina d’Austria, decide di regalarlo al cugino, l’arciduca Massimiliano d’Austria che, in questo momento, si trova in Spagna a svolgere la funzione di reggente. Il dono regale viene accettato [non proprio con convinzione] e inizia così il viaggio, surreale e pittoresco, dell’elefante dalla Spagna verso Vienna, accompagnato da una folta scorta militare, da preti, da cavalli e da buoi, ma, soprattutto, dal suo affezionato custode indiano, Subhro. L’elefante ci deve andare a piedi fino a Vienna perché siamo a metà del Cinquecento, precisamente nel 1551 e il fatto è che questo episodio è avvenuto realmente: un elefante in quell’anno – in un’Europa percorsa dalla riforma luterana – ha effettivamente compiuto un viaggio dal Portogallo all’Austria, partendo da Lisbona e passando per i confini della Spagna, per Valladolid, Genova, Mantova, Verona, Padova, il Brennero, Innsbruck, fino ad arrivare a Vienna, dove risiede Massimiliano e dove l’elefante compirà un gesto molto bello.

   Con la sua solita ironia e la sua leggerezza, Saramago – tra storia, fiaba e cronaca – fa percorrere alla lettrice e al lettore un itinerario scandito da tutta una serie di episodi ricchi di potenza, di immaginazione, di delicatezza e di umanità. Adesso noi non possiamo far altro che leggere l’incipit di questo romanzo e poi voi, per conto vostro potete continuare la lettura, prima di leggere l’incipit leggiamo però anche la “nota iniziale” con la quale lo scrittore ringrazia la persona che gli ha permesso di conoscere, in modo casuale, questa storia.

LEGERE MULTUM….

José Saramago, Il viaggio dell’elefante

Se Gilda Lopes Encarnação non fosse lettrice di portoghese all’Università di Salisburgo, se io non fossi stato invitato ad andare a parlare agli studenti, se Gilda non mi avesse invitato a cena nel ristorante L’Elefante, questo libro non esisterebbe. C’è voluto che gli ignoti fati si coniugassero nella città di Mozart perché io potessi domandare: «Che cosa sono quelle figure?» Le figure erano delle piccole sculture di legno disposte in fila, la prima delle quali, guardando da destra a sinistra, era la nostra Torre di Belém. Venivano di seguito rappresentazioni di vari edifici e monumenti europei che chiaramente enunciavano un itinerario. Mi fu detto che si trattava del viaggio di un elefante che nel XVI secolo, precisamente nel 1551, sotto il re Dom João III, fu portato da Lisbona a Vienna. Intuii che lì poteva esserci una storia e lo feci sapere a Gilda Lopes Encarnação. Lei pensò che sì, o che forse, e si offrì di aiutarmi a ottenere l’indispensabile informazione storica. Il libro che ne risulta è qui e deve molto, moltissimo, alla mia provvidenziale commensale, alla quale desidero esprimere pubblicamente i miei più sentiti ringraziamenti e anche l’espressione della mia stima e del mio maggior rispetto.

... continua la lettura ...

   Alla fine di questo itinerario concluderemo la lettura di questo primo capitolo. Tra le righe dell’incipit del romanzo Il viaggio dell’elefante che abbiamo appena letto serpeggia sotto traccia la parola “affidabilità” che stiamo per incontrare sul nostro sentiero specifico. Perché sta per entrare in gioco la parola “affidabilità”?

   La tradizione islamica – tra accenni autobiografici, storia e leggenda – vuole che il primo titolo onorifico di Muhammad, acquisito al tempo del suo matrimonio, sia “al-Amìn”, che [in arabo] significa “l’Affidabile”. Come mai Muhammad è considerato una persona “affidabile”? Si può affermare che “l’affidabilità” di Muhammad sia un tratto caratteriale della sua personalità, e si pensa che riguardi soprattutto l’affidamento sul piano del lavoro: una qualità che gli viene riconosciuta dai mercanti de La Mecca.

   C’è una persona in particolare – secondo la tradizione – che riconosce, più di tutti gli altri, l’affidabilità di Muhammad, ed è la mercantessa più ricca de La Mecca, è Khadija, la quale avrebbe impiegato il giovane Muhammad come suo fiduciario proprio per la sua onestà, ed è probabilmente per questo motivo – l’affidabilità – che Khadija, vedova quarantenne, fa richiesta [come sappiamo] di matrimonio a Muhammad e [come sappiamo] lui accetta. In qualità di fiduciario dell’azienda di Khadija, Muhammad, ha fatto numerosi viaggi con le carovane mercantili e nel corso di questi viaggi in Siria, nel territorio degli èremi cristiani dei Padri del deserto, Muhammad – che è una persona curiosa e desiderosa di apprendere e di studiare – è venuto a contatto con la cultura della Letteratura dei Vangeli e dell’Antico Testamento, e tanto i testi evangelici [canonici e apocrifi] quanto i Libri dei profeti lo affascinano da subito.

   Muhammad è anche un giovane predisposto alla meditazione e alla contemplazione mistica e i “monaci cristiani sirani Bahira e Nèstor”, con i quali entra in contatto, vengono citati dalla tradizione islamica, dal testo della “Sira” [lo abbiamo letto poco fa], perché riconoscono nel giovane Muhammad “il dono della profezia”. Quindi, inizialmente, l’itinerario della formazione culturale di Muhammad si avvale della sapienza cristiana oltre che di quella ebraica.

   Il giovane Muhammad ha praticato la disciplina del “ritiro spirituale” negli èremi cristiani del deserto siriano e, facendo questa esperienza, ha maturato – attraverso i Detti dei Padri del deserto – delle competenze sui concetti di “monoteismo”, di “risurrezione”, di “giorno del giudizio” e questi temi diventeranno gli assi portanti della Letteratura del Corano.

   Naturalmente, per conoscere e per capire meglio questa situazione, noi dobbiamo incontrare i Padri del deserto. Per fare questa esperienza dobbiamo percorrere un itinerario lungo e tortuoso e, forse, lo faremo la prossima settimana. Come sarebbe a dire: forse? I “Padri del deserto” non sono personaggi con i quali si comunica facilmente: non si sono appartati nel deserto senza una ragione. Ma c’è da dire che verso la Scuola hanno un grande rispetto e penso che si faranno trovare.

   Ma ora torniamo a riflettere sulla parola-chiave “affidabilità”. A questo proposito – sul tema dell’affidabilità del giovane Muhammad – la “Sira” riporta un racconto dalla forte valenza simbolica, leggiamolo.

LEGERE MULTUM….

Ibn Ishaq-Ibn Hisam,  Sira - La vita-modello del Profeta

A quell’epoca le mura della Ka’ba non erano molto alte e mancava il tetto. Un giorno avvenne un furto al tesoro che essa custodiva. Allora i Quraish decisero di demolire parte delle mura per ricostruirle più alte e chiudere la sommità con un tetto.  Quando i lavori arrivarono al punto per cui doveva essere collocata la Pietra Nera, si misero a discutere a chi dovesse spettare l’onore di collocarvela; discussero a lungo senza trovare una soluzione. Alla fine decisero di sottoporsi al giudizio della prima persona che in quel momento si fosse presentata nel recinto del Tempio. 

Dopo poco si presentò Muhammad e tutti ne furono soddisfatti perché egli aveva fama di essere al-Amìn, l’Affidabile per eccellenza. Messo al corrente della situazione, Muhammad si fece portare un mantello, vi depose la Pietra Nera e lo fece sollevare dai rappresentanti dei diversi clan dei Quraish, in modo che nessuno si sentisse escluso; prese quindi la Pietra con le sue mani e la collocò nell’angolo orientale della Ka’ba portando così a compimento la costruzione.

   Questo episodio, fortemente simbolico, in cui si prefigura l’idea di “unità [unità di Dio, della Fede, del popolo arabo]” determina l’inizio della missione di Muhammad come Profeta.

   Dai venticinque ai quarant’anni circa è il periodo [intermedio] in cui Muhammad è considerato “al-Amìn, l’Affidabile”. Ogni periodo della vita del futuro Profeta – secondo i racconti della “Sira” – è fatto di simboli: da bambino Muhammad è “l’orfano nelle mani di Dio”, da adolescente è “il pastorello, perché tutti i profeti sono stati pastori”, da giovane è “al-Amìn, l’Affidabile”. E “l’affidabilità” è indubbiamente una grande virtù pubblica e privata. Il testo del Corano sul tema dell’affidabilità di Muhammad non fa alcuna allusione perché sarebbe di carattere autobiografico e, l’essere “affidabili”, significa anche non esaltare le proprie virtù perché “affidabilità” e “modestia” devono andare di pari passo.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Che cosa vi ricorda, a che cosa vi fa pensare la parola “affidabilità”?…

Quale termine affianchereste a questa parola?...

Scrivetelo…

In quale situazione siete state, siete stati considerati “affidabili”?...

Scrivete quattro righe in proposito...

   Secondo le studiose e gli studiosi di filologia l’episodio simbolico che abbiamo appena letto tratto dalla “Sira”, che prefigura l’idea di “unità [unità di Dio, della Fede, tra le tribù del popolo arabo]” e con il quale si determina anche l’inizio della missione di Muhammad come Profeta, farebbe da commento ad una sura del Corano. Infatti nel testo del Corano c’è una sura, la CVI. La sura dei Qurajs, che auspica l’unione concorde intorno alla Ka’ba, e questa sura sarebbe la fonte da cui sgorga l’episodio leggendario riportato dalla “Sira” che abbiamo appena letto. La CVI. La sura dei Qurajs è molto corta, è composta da quattro versetti ed è tra le primissime sure rivelate, e predica l’unione concorde per il timore che il messaggio del Profeta avrebbe scatenato lo scontro tra gli tra hanīf [i monoteisti] e politeisti. E, difatti, così accade.

   Per fare chiarezza in proposito leggiamo il testo della CVI. La sura dei Qurajs.

LEGERE MULTUM….

CVI. La sura dei Qurajs

Nel nome di Dio, clemente misericordioso! Per l’unione concorde dei Qurajs, unione concorde in carovane d’inverno e d’estate! Adorate dunque il Signore di questa Santa Casa [Ka’ba] che li sfamò quando ebbero fame, e li rassicurò da ogni timore!

   Sulla scia del tema de “l’unità” le commentatrici e i commentatori si domandano se in questo periodo, dai venticinque ai quarant’anni, Muhammad fosse pagano: se, nel corso della sua gioventù, abbia accettato genericamente la tradizione del paganesimo locale. E il titolo di “al-Amìn, l’Affidabile” serve soprattutto per dichiarare che il futuro Profeta, anche se da giovane è stato pagano, è comunque una persona “virtuosa”. Tuttavia intorno a questo tema delicato si è scatenata la discussione e la polemica tra le studiose e gli studiosi nel corso dei secoli tanto che la tradizione ufficiale islamica ha creato un dogma [se possiamo dire così] che prevede per il Profeta [come si usa fare quando si parla della vita dei Santi] “la continua perseveranza nel monoteismo”: quindi, secondo la tradizione, il Profeta ha “sempre creduto nell’Unicità di Dio”. Il fatto è che il testo del Corano – come ci fanno osservare le studiose e gli studiosi di filologia  – contraddice questa “affermazione dogmatica”.

   Per il testo del Corano, nel periodo precedente la Rivelazione, Muhammad è stato “pagano” secondo gli usi e i costumi de La Mecca. Una serie di passi del testo del Corano avvalorano questa situazione, e uno di questi passi lo abbiamo già citato e letto nella XCIII. La sura del Mattino al versetto 7: «Non t’ha trovato errante [idolatra] e t’ha dato la Via?». Abbiamo già spiegato che la parola “errante” nel testo più antico, quello del califfo Utman [dell’anno 650], era “idolatra” ma, in modo ancora più esplicito, possiamo leggere nella XLII. La sura della Consultazione al versetto 52 queste parole: «Tu non sapevi che cosa fosse Libro [al kitab], non sapevi che cosa fosse Fede [iman]». Di conseguenza è necessario riflettere sul testo di questa sura, soprattutto sugli ultimi cinque versetti.

   La XLII. La sura della Consultazione è formata da 53 versetti e contiene molti argomenti importanti, il più importante è quello che stabilisce le modalità del contatto tra la persona e Dio. Il testo di questa sura dichiara che sono tre i modi nei quali Dio parla e si rivela alla persona. Il primo modo è per “Rivelazione, per suggerimento senza parole”, e questo avviene nel profondo dei sentimenti, per suggestione. Il secondo modo è “dietro un velame, attraverso i sogni o le visioni allusive e simboliche”. Il terzo modo è mediante “un angelo che rivela verbalmente al Profeta le parole divine”. Comunque s’interpretino questi modi sta di fatto che il testo del Corano, ancora una volta, vuole ribadire la distanza tra Dio e l’Essere umano, vuole rimarcare l’assoluta trascendenza e grandezza di Dio. L’iniziativa nella comunicazione dipende solo da Dio perché Dio non è nelle cose, non è nella persona, Dio non s’incarna. Si vuole anche affermare chiaramente che il Profeta è un uomo, è solo un uomo e tutto quello che il Profeta riceve in seguito alla Rivelazione viene da Dio.

   La parola “consultazione” ha una valenza unilaterale: è una prerogativa del Dio-Unico quella di “consultare la persona” per comunicarle le sue decisioni e si presume che la divinità, in quanto clemente e misericordiosa, non possa che sentenziare in funzione del Bene della persona stessa e, quindi, bisogna “abbandonarsi [islam]” alla volontà di Dio. Secondo il pensiero politico alto-medioevale il governante [il monarca degli imperi persiano, bizantino, indiano, cinese] consulta formalmente i suoi paladini solo in ragione del mantenimento del proprio potere, mentre il Dio-Unico – secondo la cultura islamica – consulta, nel senso che “consiglia unilateralmente”, gli esseri umani per manifestare la propria clemenza e la propria misericordia. Secondo la Letteratura del Corano la parola “consultazione”, sul piano umano, non è priva di ipocrisia visto che c’è la richiesta di un parere, di un consiglio, su una decisione già presa in modo da scaricare su altri le eventuali conseguenze negative che questa scelta potrebbe comportare.

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Intorno al termine “consultazione” – che significa “richiesta di un parere, di un consiglio” – ruotano una serie di parole significative: domanda, interrogazione, preghiera, supplica, richiamo, pretesa, rivendicazione, bisogno, esigenza, necessità…

Sceglietene due di queste parole, e scrivetele...

Per prendere quale decisione siete state consultate, siete stati consultati?...

Scrivete quattro righe in proposito...

   E ora leggiamo l’ultima parte del testo della XLII. La sura della Consultazione.

LEGERE MULTUM….

XLII. La sura della Consultazione 49-53

Nel nome di Dio, clemente misericordioso!

A Dio appartiene il Regno dei cieli e della terra, Egli crea quel che vuole, concede a chi vuole femmine, concede a chi vuole maschi, oppure appaia assieme maschi e femmine, e rende chi Egli vuole, sterile. Egli è sapiente possente. A nessun uomo Dio può parlare altro che per Rivelazione, o dietro un velame, o invia un Messaggero il quale riveli a lui col Suo permesso quel che Egli vuole. Egli è l’Eccelso Sapiente. Così noi rivelammo a te del Nostro Spirito: tu non sapevi cosa fosse Libro [al kitab], non sapevi cosa fosse Fede [iman], ma Noi di questo facemmo una Luce con la quale guidiamo chi Noi vogliamo fra i servi Nostri; e tu guiderai le persone certo a Sentiero diritto, il Sentiero di Dio, al quale appartiene quel che è nei cieli e quel che è sulla terra. Non è a Dio che tutte ritornan le cose?

   In molti altri brani del testo del Corano si dichiara la qualità puramente umana del Profeta e la sua “possibilità di errore”, non nelle “Rivelazioni” che queste vengono da Dio e Dio non sbaglia, ma la possibilità di errore sta nelle scelte di vita del Profeta, meno in quelle nelle quali è Dio a voler prendere l’iniziativa. Questa idea di voler affermare con determinazione l’iniziativa assoluta di Dio nelle scelte più importanti della vita di Muhammad ha creato alcuni modi di pensare che hanno assunto una valenza “dogmatica”.

   La prima di queste “affermazioni tradizionali” riguarda il presunto “analfabetismo” di Muhammad. Secondo una tradizione conservatrice il Profeta è “illetterato”, non sa leggere e non sa scrivere e, quindi, tutta la sua cultura “viene da Dio per Rivelazione”. Questa affermazione tradizionale sul “Profeta illetterato” vorrebbe garantire la massima autenticità divina alla sua “recitazione [qur’an]”: nulla di quello che “recita” è farina del suo sacco. Ma l’analfabetismo del Profeta viene smentito tanto dalla sua condotta di vita quanto dalla sua personalità: Muhammad è una persona che vuol sapere, che vuole conoscere, che vuole imparare gli alfabeti e vuol “farsi letterato” [tutta la Letteratura del Corano è un inno alla bontà della conoscenza]. Difatti l’analfabetismo del Profeta è smentito soprattutto dal testo del Corano e su questo tema il passo più significativo è quello della XXV. La sura della Salvazione [una sura medio-lunga di 77 versetti], in cui, al versetto 5, i suoi nemici [gli empi] dicono che Muhammad, le “Rivelazioni”, se l’è scritte lui: «Sono favole antiche che si è scritto sotto dettatura, mattina e sera!». I cittadini de La Mecca, di conseguenza, consideravano Muhammad una persona ben alfabetizzata.

   La seconda affermazione tradizionale [avvalorata dalla polemica cristiana anti-islamica] è che Muhammad non conosca le Sacre Scritture cristiane ed ebraiche, non conosca la Letteratura dei Vangeli e dell’Antico Testamento, perché nel testo del Corano ci sono delle contraddizioni [si fa confusione su alcuni passi biblici, scrive Lutero]. Ma le studiose e gli studiosi di filologia, oggi, sono tutti d’accordo nell’affermare che queste contraddizioni sono più formali che sostanziali e ribadiscono che Muhammad ha una conoscenza della Letteratura biblica stupefacente per il livello medio della cultura della sua epoca. Le prime “Rivelazioni” fatte a Muhammad sono state precedute, secondo la tradizione, da lunghi e periodici “ritiri spirituali”, in arabo “tahannut”. La pratica di ritirarsi in luoghi solitari, nelle caverne dei deserti sassosi delle zone medio-orientali, era molto diffusa, tanto nella cultura del politeismo arabo quanto nella cultura dell’ebraismo e del cristianesimo. Il “ritiro spirituale” aveva per la persona una funzione espiatoria, di avvicinamento a Dio nella solitudine, ma anche un valore più laico di riflessione sul senso della propria esistenza [anche gli Stoici, Epitteto, gli Epicurei, i Neoplatonici si dedicano ai ritiri spirituali].

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

Voi sentite, ogni tanto, il bisogno di “riflettere in solitudine” ?...

Scrivete quattro righe in proposito…

   Muhammad, un bel giorno, inizia a percepire dentro di sé le avvisaglie di un processo spirituale che prepara la sua missione profetica, e la tradizione documenta questa fase. Muhammad ha, da prima, delle “visioni” durante il sonno, che lui paragona alla “luce dell’alba” per dire che sono l’inizio di un nuovo giorno, di una nuova vita. Sollecitato da queste “visioni” cerca il silenzio e la solitudine ritirandosi spesso in una grotta non lontana da La Mecca.

   Il testo del Corano a proposito delle “visioni” di Muhammad ci dà due riferimenti significativi: il primo riguarda la LIII. La sura della Stella e, prima di leggerne una parte, analizziamo alcuni termini significativi.

   La LIII. La sura della Stella è formata da 62 versetti e i primi 18 sono considerati autobiografici e ci mettono al corrente sull’esperienza mistica di Muhammad. Il termine “Potente di Forze”, che troviamo in questo testo, designa, secondo la tradizione, l’arcangelo Gabriele, e “il loto di al-Muntahà [del Termine]” corrisponde a “l’albero delle giuggiole”: questo albero è mitico e, secondo le leggende arabe, fa da confine tra “lo spazio della conoscenza” e “lo spazio, oltre il quale, la conoscenza umana non può andare”. L’albero delle giuggiole [l’albero del Termine] è un simbolo che segna il confine tra la Ragione e la Fede. Quest’albero, il “loto di al-Muntahà”, si trova presso “il Giardino di al-Ma’wà [l’asilo, il ritiro, il rifugio]” che è uno dei giardini del Paradiso. Le parole “quando il loto era coperto d’un velo” hanno fatto pensare che nel testo de La sura della Stella ci possa essere un riferimento al periodo dell’anno in cui Muhammad ha fatto questo sogno: è nella stagione in cui il giuggiolo è coperto di fiori o in quella in cui è carico di frutti che Muhammad ha avuto questa visione?

REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e di scrittura:

L’albero delle giuggiole è da tempo presente nei nostri giardini: che cosa vi ricorda?

Scrivete quattro righe in proposito

   E ora leggiamo i primi 18 versetti de la LIII. La sura della Stella.

LEGERE MULTUM….

LIII. La sura della Stella    1-18

Nel nome di Dio, clemente misericordioso!

Per la stella, quando declina! Il vostro compagno non erra, non s’inganna e di suo impulso non parla. No, ch’è rivelazione rivelata, appresagli da un Potente di Forze [l’arcangelo Gabriele], sagace, librantesi alto sul sublime orizzonte! Poi discese pèndulo nell’aria, s’avvicinò a due tiri d’arco e meno ancora, e rivelò al suo servo quel che rivelò. E non smentì la mente quel che vide. Volete voi dunque discuter quel che vede? Sì, egli già lo vide ancora, presso il loto di al-Muntahà [del Termine, il giuggiolo], presso il quale è il Giardino di al-Ma’wà [l’asilo, il ritiro, il rifugio], quando il loto era coperto come d’un velo. E non deviò il suo sguardo, non vagò. E certo egli vide, dei Segni del Signore, il supremo!

   Poi, la sura della Stella continua con un violento attacco al politeismo, agli idoli e a chi ci crede, ma questo è un altro argomento [gli argomenti sono sparpagliati nel Corano] sul quale ritorneremo a suo tempo.

   Il secondo riferimento “visionario” significativo, lo troviamo nella LXXXI. La sura dell’Avvolgimento. Anche ne La sura dell’Avvolgimento appare a Muhammad l’arcangelo Gabriele detto “il nobile Messaggero, potente”. Questa sura è considerata un brano poetico per eccellenza, ed è formata da 29 versetti scritti con ritmica potenza secondo lo stile letterario “apocalittico”. Ricordiamoci che “apocalisse”, in greco, significa “visione” e la recitazione [qur’an] di Muhammad non si discosta dalla tradizione culturale “apocalittica” e si capisce che lui ha letto il Libro del profeta Ezechiele e il Libro del profeta Daniele e l’Apocalisse di Giovanni. E ora leggiamo il testo de la LXXXI. La sura dell’Avvolgimento.

LEGERE MULTUM….

LXXXI. La sura dell’Avvolgimento

Nel nome di Dio, clemente misericordioso!

Quando sarà ravvolto il sole, e quando precipiteranno le stelle, e quando saran spinti a corsa i monti, e le cammelle pregne saranno abbandonate, e le belve s’aduneranno a branchi, e i mari ribolliranno, e le anime saranno riappaiate ai corpi, e la sepolta viva sarà interrogata per qual peccato fu uccisa, e saran dispiegate le pagine e sarà scoperchiato il cielo, e sarà attizzato l’Inferno, allora ogni anima saprà quel che avrà prodotto. Giuro per i pianeti, correnti occultatesi, e per la notte quando s’ottenebra, e per l’aurora alitante luce, che questo è parola d’un nobile Messaggero, potente [l’arcangelo Gabriele] presso il Signor del Trono e ben saldo, obbedito colà, fedele; e il vostro compagno non è un folle, ma Lo vide sul limpido orizzonte, e non è avaro dell’Arcano di Dio, né segue parole di un dèmone maledetto. Ma dove andate dunque? Non è altro, questo, che un Monito a tutto il creato, a chi di voi vuol esser retto: ma non lo vorrete se Dio non lo vuole, il Signore del Creato.

   Ma le narrazioni tradizionali per eccellenza sulle prime esperienze “visionarie [teopatiche, in cui Dio si rivela]” di Muhammad le troviamo nel testo della Sira, la vita-modello del Profeta: che cosa raccontano queste narrazioni? Ce ne occuperemo prossimamente.

   E ora concludiamo questo itinerario leggendo le ultime due pagine del primo capitolo de Il viaggio dell’elefante.

LEGERE MULTUM….

José Saramago, Il viaggio dell’elefante

Fu solo dopo le cinque e mezza che partirono perché la regina, saputo dell’escursione che si stava preparando, dichiarò che voleva andare anche lei. Fu difficile convincerla che non aveva alcun senso far uscire un cocchio solo per andare a belém, che era il luogo dove si era eretto il recinto per salomone. E certamente, signora, non vorrete andare a cavallo, disse il re, perentorio, deciso a non ammettere replica. La regina soggiacque alla mal dissimulata proibizione e si ritirò mormorando che salomone non aveva, in tutto il portogallo, e persino in tutto l’universo mondo, chi gli volesse più bene. Evidentemente, le contraddizioni dell’essere erano in aumento.

... continua la lettura ...

   Continuate per conto vostro a leggere il testo di questo romanzo che racconta – tra cronaca, storia e leggenda – il viaggio dell’elefante Salomone da Lisbona a Vienna. La prossima settimana viaggeremo per incontrare i Padri del deserto: sarà un incontro inquietante e affascinante, volete forse rinunciare a questa esperienza? [anche il giovane Muhammad è rimasto conquistato da questi personaggi]. Chi sono i Padri del deserto e come si articola il loro pensiero?

   Per rispondere a queste domande bisogna continuare a percorrere la via dell’Alfabetizzazione culturale e funzionale che è un bene comune [come lo sono i sogni che facciamo].

   Per promuovere l’Apprendimento permanente la Scuola è qui perché più importante che sapere è non perdere mai la volontà di imparare e il compito della Scuola è quello di insegnare a imparare ad imparare

 

Lezione del: 
Venerdì, Marzo 7, 2014